I dati personali degli utenti inglesi depositati sui più diffusi sistemi di memorizzazione 'cloud' possono essere regolarmente spiati dalle autorità americane

31 gennaio 2013
Rob Hastings

Il grande fratello può nascondersi fra le nuvole. No, non quelle che portano pioggia ma quelle virtuali, il cosiddetto "cloud storage", la tecnologia che permette agli utenti di salvare i propri dati e i propri documenti su hard disk per noi invisibili, ma che fisicamente si trovano dall'altra parte dell'oceano, negli Stati Uniti.
Proprio gli Usa, a Natale scorso, hanno rinnovato il Foreign Intelligence Surveillance Act (FISA), precedentemente introdotto da George W. Bush nel 2008. Secondo questo provvedimento, le agenzie governative statunitensi possono avere libero accesso a tutte le informazioni memorizzate da utenti stranieri sui server di società americane. Il che vuol dire che se avete salvato i vostri dati su Google Drive, piuttosto che su Apple iCloud o Amazon Cloud Drive, i vostri documenti possono essere consultati senza alcuna restrizione dalle autorità statunitensi, mentre voi siete all'oscuro di tutto.
Non solo: tutte le informazioni che vengono raccolte, attraverso dei sistemi molto più complessi e precisi rispetto ai motori di ricerca che siamo abituati a utilizzare dai nostri pc, possono essere conservate e utilizzate a fini politici.
Come abbiamo detto, ciò è permesso dal 2008, ma oggi, con l'uso sempre più diffuso dei sistemi di cloud storage, il problema sta diventando veramente serio.
Per difendere il sacrosanto diritto alla privacy (ormai sistematicamente violato in tutti i modi possibili), attivisti e legali di mezzo mondo stanno alzando la voce.
Uno di loro, l'avvocato Caspar Bowden (che ha lavorato come consulente per la privacy in Microsoft per nove anni), ha ricordato come i gruppi religiosi, le organizzazioni e i giornalisti potrebbero essere i primi soggetti presi di mira.
Sophie in 't Veld, un'europarlamentare olandese che è anche vice presidente della commissione per le libertà civili del Parlamento europeo, ha chiesto che le autorità europee agiscano il prima possibile, sottolineando un altro aspetto inquietante della questione: "Se, invece degli Stati Uniti, a mettere le mani sui nostri dati fossero i russi o i cinesi, lo riterremmo un problema urgente?"
C'è chi definisce quest'invasione della privacy "ingiustificata, irresponsabile e terrificante", notando come in questo modo "tutti i cittadini non statunitensi vengono trattati come nemici". Anche Google, attraverso un portavoce, ha chiesto maggiore trasparenza alle autorità americane. E se lo dice una delle aziende che ha avuto i maggiori problemi con il diritto alla privacy, vuol dire che il problema esiste davvero.

Note: Traduzione di Andrea Andrei per www.dagospia.com
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