Un'esperienza a Palmares - Brasile
Sono partito per questa esperienza conoscendo poco o nulla della realtà a cui andavo incontro, e con un po’ di timore per quello che avrei dovuto affrontare. La paura più grande era legata alla comunicazione visto le mie difficoltà nell’imparare le lingue ed effettivamente è stata l’unica grande problematicità che ho trovato. Infatti, anche ora dopo quasi tre mesi di permanenza, le mie difficoltà nell’esprimermi in portoghese sono notevoli. Nonostante ciò ho instaurato un rapporto bellissimo con tutti gli abitanti della Granja, grazie anche ai loro sforzi nel voler a tutti i costi comprendere le mie frasi sgrammaticate e forse comprensibili solo a me.
Sin dal primo giorno di permanenza, nonostante la stanchezza del viaggio e il cambio di fuso orario, ho avuto la sensazione di essere a casa: alle 6.30 del mattino, dopo poche ore di sonno, uscendo dal mio alloggio mi sono ritrovato circondato dai mille sorrisi dei bambini che mi guardavano incuriositi e ho avuto la netta percezione di ritrovarmi nel mio ambiente. Ero a casa. La mia nuova vita stava per iniziare!
A Granja Paraiso mi sono subito integrato a meraviglia nella grande famiglia composta da educatori, ragazzi, impiegati, dal presidente Enrichi e da Padre Angelo anima di tutta la comunità ASPP (Associazione Sociale Parrocchie Palmares).
Tutti loro mi hanno subito accettato e coinvolto nella loro vita quotidiana, scandita secondo ritmi molto intensi e coinvolgenti.
Man mano che passavano i giorni e le settimane, conversando con uomini e donne che lavorano nell’associazione, mi sono reso conto del grande lavoro svolto finora da Padre Angelo, che non solo gestisce direttamente la comunità dei ragazzi ma cura anche tutti i centri d’incontro dei vari bario, che sono i quartieri di Palmares. Egli accoglie non solo i ragazzi di strada, ma collabora col governo dello Stato di Pernambuco per dare ospitalità anche a chi ha problemi familiari e viene mandato lì dai giudici tutelari.
Sono ragazzi molto provati dalla vita che hanno vissuto violenze e soprusi di ogni genere, ma che hanno una grandissima voglia di vivere che trapela dai loro sorrisi, dai loro abbracci e dai loro sguardi luminosi. Vedendo tutto questo calore umano mi sono reso conto di quanto ero arido io, abitante del cosiddetto primo mondo, che avevo ormai perso la capacità di cogliere la vera essenza della Vita e cioè la possibilità di esprimere emozioni e sentimenti. Questo l’ho imparato da loro, quando il primo giorno, dopo la colazione alle 7 del mattino, alcuni ragazzi mi hanno invitato a giocare una partita di calcio e con mia sorpresa tutti quanti calciavano il duro pallone di cuoio a piedi nudi! E la mia preoccupazione che si facessero male è svanita dopo pochi minuti, nell’assaporare la gioia e l’entusiasmo dei ragazzi dopo un goal. Oppure quando uno di questi ragazzi mi ha chiesto di andarlo ad aiutare a tagliare l’erba nel prato di Casa Elenìa (la casa delle ragazze), e sotto una pioggia battente abbiamo lavorato duramente due ore ridendo e scherzando, nonostante le vesciche sulle mani e i vestiti inzuppati.
Tornando al lavoro del Padre la mia sorpresa è stata quella di vedere la grande quantità di iniziative che l’Associazione svolge in ambito sociale, come dare la possibilità ai ragazzi indigenti di frequentare gratuitamente i corsi di computer oppure i pacchi alimentari che settimanalmente vengono distribuiti alle famiglie più povere; per non parlare delle borse di studio destinate a ragazzi molto bravi a scuola ma che non avrebbero la possibilità di studiare o i corsi professionali per insegnare un mestiere a chi ha terminato gli studi.
Ora che la mia partenza si avvicina mi rendo conto sempre più che la mia vita è cambiata: in Italia tornerà un Carlo molto diverso da quello che è partito. La mia mente corre già a quando potrò tornare qui nel prossimo autunno e mi rattrista l’idea di non ritrovare più alcuni di questi ragazzi, che nel frattempo avranno presto altre strade. Ognuno di loro mi ha dato un qualcosa e ho imparato molto. Mi rendo conto di aver trovato una grande famiglia che d’ora in poi si affiancherà a quella piccola lasciata in Italia.
I miei ringraziamenti vanno, innanzitutto, a mia madre e mio fratello che mi hanno sostenuto in questa decisione.
A Cilla che mi ha fatto conoscere questa realtà e ai vecchi compagni di scuola che hanno fatto il tifo per me.
Ai vecchi amici di Fossano che mi hanno accompagnato con il loro affetto e ai quali sicuramente chiederò aiuto e collaborazione per l’attuazione di progetti futuri.
Ai ragazzi che non mi hanno fatto sentire un volontario ma bensì uno di loro.
A Davide Mondino e a Padre Angelo che mi hanno accolto amorevolmente.
E a Lia che ha seguito e segue questo mio viaggio e mi accompagna ogni giorno.
Giugno 2010
Carlo Cosa
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