Miracolo economico

17 febbraio 2001
Stefano Mencherini (regista RAI e giornalista indipendente)

Il comune di Padre Pio agli arresti domiciliari per associazione a delinquere

Questo reportage corredato da tre box (un'intervista all'architetto Renzo Piano, una allo scrittore cattolico Vittorio Messori e alcuni dati contraddittori sull'affluenza al santuario di Padre Pio e sui proventi del mercato che ruota attorno alla sua figura) e' uscito il 17 febbraio del 2001 su "Specchio", il settimanale della "Stampa".
Ai tempi non erano ancora iniziate le inchieste sulla giunta comunale di San Giovanni Rotondo. Oggi, il Sindaco di Forza italia Antonio Squarcella, il vicesindaco, l'assessore al turismo e l'ex presidente del consiglio comunale sono tutti agli arresti domiciliari per associazione a delinquere.
s.m.

L’eliporto, gli alberghi, il palazzo dello Sport, la metropolitana. Persino un parco a tema. Viaggio nel paese di Padre Pio, dove un business miliardario e progetti faraonici rischiano di stravolgere per sempre il volto di San Giovanni Rotondo.
di Stefano Mencherini
Sogna ad occhi aperti le opere, i progetti che diventeranno realtà. Ne parla come se pregasse, con lo sguardo e il cuore in attesa. Padre Paolo Covino è il frate che ha dato l’estrema unzione a padre Pio e che padre Pio ha visto nascere ottantatre anni fa:“Era un uomo modesto,umilissimo.Si arrabbiava solo con chi veniva a chiedere dei soldi o i numeri del lotto. Cacciateli via, diceva. Ma per le opere di bene lui era entusiasta, entusiasta davvero!”. Oggi, dalla celletta di clausura del convento dove dormiva il frate con le stigmate si vede il “Gran Paradiso”, un ecomostro da quattro stelle e quattrocento camere ancora in costruzione.
A San Giovanni Rotondo piove a più non posso in questa domenica di fine gennaio. I pellegrini guadagnano il sagrato del santuario con i piedi inzuppati. Uno di loro, coperto alla meno peggio da un impermeabilino di plastica trasparente, regge con fatica che non svela una grande croce di legno. A due passi la signora Domenica. Tutta la vita ha fatto l’infermiera nell’ospedale psichiatrico di Reggio Calabria. Ora sta uscendo col gruppo della parrocchia da una visita all’ospedale “Casa sollievo della sofferenza”. E’ eccitata e commossa questa settantasettenne calabrese, anche se non è la prima volta che si trova qui. E giura che dalla sua piccola pensione ogni mese toglie una cifra per mandare un vaglia ai frati Cappuccini, “perché padre Pio per me è tutto”.
Non c’è grande trambusto nel paesotto che in media, ogni giorno, a detta dell’amministrazione comunale, raddoppia i suoi ventiseimila abitanti:“Siamo in bassa stagione”. I numeri comunque sono impressionanti. Li danno senza problemi al primo piano del comune gli stati maggiori della nuova giunta di centro destra. Tra scale appoggiate alle pareti, attrezzi di ogni genere e secchi di vernice in mezzo ai corridoi, perché sotto Natale qualcuno ha dato fuoco al presepe, giù nel chiostro, e loro hanno pensato bene di cogliere l’attimo per rifare tutto nuovo. “Vuole sapere i progetti per la mia città? –attacca Antonio Squarcella, giovanissimo avvocato e primo cittadino di Forza Italia- Un parco monotematico stile Italia in miniatura, quella di Rimini.
Con riprodotti i luoghi di Padre Pio e San Francesco. Costo tra i cinquanta e i settanta miliardi. Vuole saperne di più?”. Non fai neppure in tempo a capire chi sta dall’altra parte della cornetta che ti passa il dottor Bezzi Stefano, “un imprenditore che ha un complesso turistico sul Gargano e che fa il consulente finanziario”. E lui parte con le merchant banking inglesi e i projet financing, con “alcuni grossi investitori stranieri” fino “alla Lega cooperative”. Tutti “molto interessati allo sviluppo di San Giovanni Rotondo, perfino gente che sta dall’altra parte!”. Gli esclamativi si sprecano. Anche, ovviamente, nei confronti di “quei ragazzi molto decisionisti”, gli amministratori della città del Beato.
Si sprecano come “i miliardi che qui volano”, calca il sindaco. Giusto: quanto denaro ogni anno? Il primo cittadino e la pletora di collaboratori che gli sono accanto si consultano. Lui, il suo vice di An, il capogruppo Ccd, l’addetto stampa arrivano in breve ad una risposta:” Sette, ottocento, forse anche mille miliardi. Ma non voleva sapere dei progetti?” incalza Squarcella. “Un museo delle cere riprodurrà i dieci momenti più importanti della vita di padre Pio. I lavori sono già partiti, costerà un miliardo e mezzo. Un centro congressi e un palazzo dello sport da dodici miliardi. Un eliporto da nove miliardi. Una metropolitana da sessantuno miliardi e mezzo più iva. Il sessanta per cento con finanziamento pubblico del ministero dei Trasporti e il quaranta attraverso privati con società a prevalente capitale pubblico”.
Una metropolitana? “Aspetti, le passo l’ingegnere Ciuffini Fabio Maria, il progettista, uno che ha fatto le scale mobili di Perugia e la metropolitana di Torino”. L’ingegnere è l’unico che non si allarga. Dice che sta studiando i numeri “per capire quale progetto adattare”. Ripete che “una parte non irrilevante di pellegrini arriverà alla nuova chiesa di Renzo Piano seguendo il percorso penitenziale”, cioè se ne andrà su a piedi. A lui adesso tocca “personalizzare” il progetto con i centosettanta milioni del bando comunale. Dal ministero si aspetta una risposta entro marzo, prima delle elezioni. Altrimenti “sarà il prossimo governo a decidere”. La metro dovrebbe essere lunga poco più di un chilometro.
Con tanto di tunnel e “un carico di punta di seimila persone all’ora”, sempre che si scopra che i dati sull’afflusso dei pellegrini siano veritieri. Il tutto in un territorio classificato come zona sismica che ha già prodotto alcune “sorprese geologiche” alla vecchia amministrazione di centro sinistra(così si espressero i tecnici) che con i fondi del Giubileo iniziò i lavori di un mega parcheggio a cinque piani (che non si potranno mai vedere) a ridosso del convento. E che con quei dieci miliardi oggi ha dato posto sì e no a trecento auto. Su quell’opera volarono anche alcuni avvisi di garanzia nei confronti di alcuni vecchi amministratori del comune e il cantiere fu sottoposto ad un sequestro da parte della Procura di Foggia.
Pane quotidiano per l’attuale sindaco i nervi scoperti dei suoi predecessori. Così inizia la visita guidata nella città di Padre Pio. E se nei sogni dell’avvocato e dei suoi appare una Disneyland su misura per i pellegrini, sotto gli occhi di chiunque si svela lo scempio permesso da quelli che si sono dati da fare fino all’aprile scorso: novanta concessioni edilizie, rilasciate negli ultimi due anni in deroga al piano regolatore, solo per gli alberghi. Che si sono aggiunti ai quaranta già esistenti, mentre sei sono in attesa dell’agibilità e ventiquattro non si sa se saranno mai terminati. Il perché lo spiega forse Michele Abbatescianni, presidente dell’Azienda di promozione turistica di Foggia e provincia, che oltre a segnalare un netto calo negli arrivi e nelle presenze dell’anno giubilare (vedi box), si scaglia contro quegli alberghi “che sono troppi e troppo cari rispetto alle altre mete religiose”.
Gli scheletri degli hotel incompiuti campeggiano un po’ dappertutto e fanno il paio con la fogna che scoppiando ha allagato la strada che tentiamo di guadare con la macchina del sindaco, con vie e vialetti che più di strade da città santa sembrano tratturi in perfetto stile albanese. E con il viale dei Cappuccini, quello che porta dal centro abitato alla chiesa di Santa Maria delle Grazie, che è stato oggetto di una denuncia alla magistratura e di un appello al Presidente della Repubblica da parte di “Insieme per Padre Pio”, un’associazione di disabili. La “ristrutturazione” pagata con circa due miliardi di fondi giubilari per abbattere ogni barriera architettonica, non solo non l’ha fatto ma ne ha create di nuove impedendo totalmente l’accesso ai portatori di handicap.
E i frati Cappuccini, depositari dell’immagine e della “voce” di padre Pio? Tra loro e l’amministrazione non corre buon sangue. Il sindaco li ha accusati solo qualche settimana fa, con tanto di lettera al Pontefice e di raccolta firme tra la popolazione, di aver venduto ad un altro comune, in cambio di un terreno, alcune reliquie del beato di Pietralcina. I frati hanno negato e corretto il tiro. Poi la tregua, siglata in presenza del Prefetto di Foggia. Una “tregua armata”, confida oggi il responsabile provinciale dei Cappuccini.
Il telecomando del grande cancello verde che ci separa dalla nuova chiesa di Renzo Piano ce l’ha solo lui, padre Gerardo Saldutto, il responsabile dei lavori. Classe quarantatre, due lauree, una in teologia ed una in lingue, un carattere allegro e giocoso nonostante la pioggia.
Attorno a lui saltella padre Angelico, cappellano militare della Guardia di Finanza, lanciandogli qualche battuta ironica quando posa di fronte agli scatti di Maki Galimberti. Con la chiesa dei record alle spalle: l’arco in pietra di cinquanta metri, il più grande del mondo; quaranta metri di croce in pietra finanziata con qualche miliardo dalla regione Puglia, la più alta della terra; un progetto complessivo che non ha precedenti di cui però furono bocciati i calcoli statici, qualche anno fa, dal ministero dei Lavori pubblici, poi sbloccati con la ripresa dei lavori dopo la riprogettazione strutturale. Tutto sarà in pietra, una pietra estratta ad Apricena, a trenta chilometri da qua, lavorata a Carrara e ritrasportata in loco. Tutto tranne poche opere oltre alle otto grandi aquile di marmo che saranno ai piedi di otto enormi campane e ad una croce di Arnaldo Pomodoro, un bronzo dorato che sarà sospeso sull’altare.
Anche i nomi degli altri artisti che stanno collaborando “agli arredi” sono di fama mondiale “perché Piano vuole così”. A Rauschenberg, l’inventore della pop art, hanno chiesto di realizzare un dipinto su una tela traslucida larga quanto l’arco di pietra, ma lui ha presentato un bozzetto che non è piaciuto: un mondo con un’antenna in mezzo. Settemila posti a sedere e qualche altro migliaio in piedi tra dentro e fuori. “Cinquanta miliardi raccolti con le offerte dei fedeli che non bastano mai”, bisbiglia una fonte bene informata. E nonostante l’inaugurazione fosse stata prevista per l’inizio dell’anno santo “ci vorranno ancora un paio d’anni”, assicura padre Gerardo. “A Piano dicevo che l’avremmo utilizzata solo nei mesi estivi. E lui: ne farò una bomboniera, vorrete starci sempre. Aveva ragione.
Pensare che abbiamo dovuto rimpicciolirla di un terzo, forse perché non doveva essere più grande di San Pietro, sussurra il frate”. E sorridendo ancora:” E’ piccola, è troppo piccola!”.
La sera, dopo cena, San Giovanni Rotondo si svuota dei pellegrini che tiratardi non lo sono per natura. E nella discoteca del paese o nei pub sparsi qua e là trovi solo compaesani doc. Ai “Satiri” si ascolta dall’ house alla disco anni Settanta, a seconda del dj. Si beve una Becks, si mangiano un hot dog o un piatto di orecchiette con le cime di rapa. Padre Pio è anche qui, sulla parete. Il tempo di fare due chiacchiere e arriva Angelo Di Mauro, un ragazzetto rubizzo e un po’ petulante. “Fotogiornalismo” c’è scritto sul biglietto da visita. Anche lui ha qualcosa per far soldi:” So dove va a scuola, a che ora entra e a che ora esce. Conosco tutti i suoi spostamenti. Si può fare, si può fare tutto se volete…”. Il soggetto è l’ultimo miracolo di Padre Pio, un bambino di otto anni guarito da una meningite fulminante. Il miracolo post mortem che presto dovrebbe donare al beato la santità.

(collaborazione di Sergio De Nicola)


da LA REPUBBLICA del 12 giugno 2005

San Giovanni Rotondo, schianto tra i fedeli al nuovo tempio
Un uomo ferito lievemente e dimesso dopo poche ore
Santuario di Padre Pio
cade il campanone: tutti salvi


Due tonnellate di bronzo sbriciolate nell'impatto
Il racconto dei presenti: "Siamo vivi per miracolo"
dal nostro inviato RAFFAELE LORUSSO

SAN GIOVANNI ROTONDO - Le campane del santuario di San Pio da Pietrelcina adesso tacciono. Dopo il boato che nella tarda mattinata ha rotto la quiete e l'incanto di questi luoghi, nella chiesa disegnata da Renzo Piano si prega e si canta come ogni sabato all'ora dei vespri. Solo che la messa ha un significato particolare. Quello celebrato da monsignor Cosmo Francesco Ruppi, presidente dei vescovi pugliesi, è per molti un rito di ringraziamento per un pericolo scampato che fa gridare al miracolo. Sì, perché dopo che una campana del santuario si è schiantata al suolo senza provocare danni, c'è chi parla apertamente di un segno della presenza di San Pio, ma anche, azzardano alcuni, di Giovanni Paolo II, il Papa che elevò il frate delle stimmate alla gloria degli altari e al quale i Cappuccini di San Giovanni Rotondo hanno intitolato da poco il sagrato del santuario aperto al culto un anno fa. Negli occhi di tanti fedeli e dei frati che partecipano alla funzione ci sono ancora le sequenze della mattinata, quei lunghissimi secondi di paura che hanno fatto temere il peggio.

Le undici sono passate da poco, quando una delle otto campane del santuario, quella consacrata a San Michele, che è anche la più grande, rompe improvvisamente l'armonia del suono a distesa che chiama i fedeli alla messa e si schianta al suolo, dopo un volo di una ventina di metri. Due tonnellate di bronzo che si sbriciolano in pochi secondi. Sono attimi di paura e di panico. Alcune schegge colpiscono la gamba di un pellegrino, che rimane lievemente ferito.

Una donna viene trasportata in ospedale in stato di choc. Niente di grave. Per fortuna, non ci sono conseguenze: tutti e due vengono subito dimessi. L'uomo guarirà in sette giorni, la donna è già ristabilita. "Poteva finire in tragedia, è stato un miracolo di Padre Pio", giura la signora Maria, giunta da Battipaglia con tutta la famiglia, che ha assistito alla scena.

Sì, poteva essere una tragedia. Soprattutto se la campana, sistemata insieme con le altre sette al lato del santuario, fosse caduta sul sagrato, una distesa di pietra bianca di Puglia modellata da Renzo Piano sul declivio naturale di questi luoghi, che a quell'ora accoglieva un centinaio di pellegrini in attesa della messa delle undici e trenta. Invece, è finita nella parte inferiore del colonnato, alla base della grande croce di pietra costruita a sinistra dell'ingresso del santuario, lungo la salita che conduce al sagrato, dove per fortuna c'era soltanto qualche pellegrino.

Un botto tremendo, raccontano i testimoni. Qualcuno ha gridato. Qualcun altro è scappato verso il vecchio santuario di Santa Maria delle Grazie, in cima alla collina, dove sono custodite le spoglie di San Pio. C'è chi si è fatto il segno della croce. "Ho avuto paura, ho pensato al terremoto, ma i frati sono arrivati immediatamente e ci hanno rassicurato", racconta un altro pellegrino giunto dalla vicina Bovino.

I frati cappuccini del santuario non hanno perso tempo. Frà Gerardo, il frate guardiano ha chiamato subito alcuni tecnici di fiducia, incaricandoli di stabilire le cause della caduta. Il primo verdetto è arrivato a metà pomeriggio: la caduta della campana sarebbe stata provocata dalla rottura accidentale di un cuscinetto di produzione industriale. Si tratta di un componente che ha percentuali molto basse di difetto di fabbrica. I frati, però, vogliono vederci chiaro: nei prossimi giorni saranno effettuate verifiche più approfondite.

Per precauzione le campane non suoneranno fino a quando tutti i meccanismi non saranno stati revisionati. Niente, però, potrà fermare i devoti di San Pio. In tanti ieri hanno partecipato alla consueta fiaccolata del sabato sera. Altri sono attesi per oggi al santuario. Sarà come sempre una domenica di preghiera. Anche se per ora le campane continueranno a tacere.

(12 giugno 2005)


Una denuncia dall'ospedale dei miracoli
A: Signor Presidente della

REGIONE PUGLIA

Lung. Nazario Sauro, 33

70100 BARI

Signor Procuratore della Repubblica

di Foggia

Viale 1° Maggio

71100 FOGGIA

Presidente Commissione d’inchiesta

sul Servizio Sanitario Nazionale

Senato della Repubblica -ROMA

Assessore Politiche della Salute

della REGIONE PUGLIA

Via Caduti di tutte le Guerre,15

70100 BARI

Presidente I.R.C.C.S.

“Casa Sollievo della Sofferenza”

Viale dei Cappuccini

70013 S. GIOVANNI ROTONDO (FG)

Direttore Sanitario I.R.C.C.S.

“Casa Sollievo della Sofferenza”

Viale dei Cappuccini

70013 S. GIOVANNI ROTONDO (FG)

Organi di Stampa

Bari, 11 luglio 2005

Quella che si riporta di seguito è la cronaca drammatica di un’esperienza allucinante, tremenda e vergognosa, vissuta presso la Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo.

L’incubo – non lo si può che definire così - è iniziato il giorno 30/06/2005, quando mia madre, la sig.ra Maria Pizziferri, è stata ricoverata per effettuare un intervento per “nutrizione parenterale”, presso il Reparto di Medicina Generale, Reparto femminile.

Un passo indietro è, tuttavia, necessario : la paziente pesa circa 35 kg. ed è divorata da un anno e mezzo da un male tremendo, che le ha precluso pressoché ogni possibilità di ingerire qualsivoglia sostanza, e liquida e solida.

La nutrizione parenterale è stata prospettata, quindi, come l’unica soluzione per la sopravvivenza e l’Ospedale di San Giovanni Rotondo indicato quale struttura modello per professionalità e, soprattutto, per umanità ed attenzione al paziente.

In virtù di tali referenze, la sig.ra Maria Pizziferri si è sottoposta ad un viaggio di circa 300 km, con 35° di temperatura esterna ed il cuore colmo di fiducia.

Lo scenario che, però, si è ben presto presentato, è stato, a dir poco, desolante e, comunque, ben lungi dall’oasi di umanità tanto propagandata.

Un episodio per tutti.

La notte del giorno 05/07/2005, alle ore 04,00, dopo l’ennesima giornata trascorsa in Ospedale fino alle ore 23,15 , ad assistere da sola, senza l’aiuto né di medici, né di infermieri, mia madre, ho ricevuto una telefonata dalla paziente, vicina di letto, la quale mi ha avvisato che – da ore – mia madre urlava per i dolori, vomitava, con una temperatura di 39 gradi. Avevo, peraltro, personalmente e ripetutamente chiesto, invano, consulenza medica sin dalle 19,00 del giorno precedente.

Mi sono immediatamente precipitata in Ospedale, dove – dopo lunga e disperata ricerca – sono stata raggiunta dalla dottoressa di turno, alla quale, ho comunicato gli antidolorifici che abitualmente le venivano somministrati .Mi è stato risposto: “faccia a casa sua quello che vuole, qui siamo in ospedale” .

E’ tornata con alcuni medicinali ed a quel punto, ho precisato, che mia madre è allergica ai fans.

La stessa dinanzi al letto della paziente , in stato di coscienza, ha urlato istericamente ed impietosamente di non rendermi conto della situazione “la signora è una paziente in stadio terminale, cosa vuole???”.

V’è di più. La detta dottoressa – nell’evidente assoluto oblio del giuramento di Ippocrate – ha lungamente insistito, invitandomi nuovamente a fare quello che volevo a casa mia, per somministrare un farmaco a base di fans, sostanza alla quale mia madre è allergica, come risultante dalla cartella clinica, oltre che riferito e ribadito verbalmente .

Tanto farebbe intendere , quindi, che le allergie si modificano, si curano e si gestiscono in base ai domicili.

Inoltre, ha aggiunto di disporre solo di un tipo di anti-dolorifico a base di fans e solo dietro la mia disperata ed esasperata insistenza, ha procurato – probabilmente da altra clinica – un sedativo.

Pare quasi superfluo dover evidenziare che l’accaduto , gravissimo, è stato solo uno dei tanti episodi di mala sanità subiti.

Senz’altro il più doloroso, il più irriverente e beffardo verso la morte e, più ancora, verso le sofferenze incommensurabili che rendono l’essere umano indifeso, quindi vittima degli attacchi più vili e vergognosi.

Che dire, poi, della ausiliaria che - richiesta di fornire una pala e di pulire il comodino - ha, con ineguagliabile sgarbo, invitato i familiari della paziente a provvedere direttamente, sul presupposto che la “collaborazione” sarebbe uso consolidato presso la Struttura, dove, probabilmente si ritiene che la disumanità possa superarsi con gli altarini e le cappelle diffusi un po’ ovunque.

Cosa direbbe San Pio di fronte al dolore ignorato, beffato, vilipeso ed all’uomo crudelmente abbandonato?

Ed il Sistema Sanitario, per quale ragione continua ad erogare finanziamenti e/o a mantenere accreditamenti a strutture che, almeno in certi Reparti, somigliano più a lager che a luoghi di cura?

Al proposito è, peraltro, d’uopo un ultimo rilievo : in circa una settimana di degenza, sempre vicina al letto di mia madre, non mi è mai capitato di incrociare il primario del reparto – auspicabilmente impegnato in studi e ricerche -, con la conseguenza che la gestione della struttura è rimasta probabilmente delegata a soggetti privi della necessaria qualificazione.

Ad ulteriore comprova, si riferisce che il medico responsabile della stanza ha “dimenticato” di determinare il valore dell’ammonio, indispensabile per la puntuale preparazione della sacca parenterale. La terapia, quindi, è iniziata al buio ed anche in questo caso, dopo innumerevoli richieste, questa analisi è stata effettuata solo la mattina del giorno delle dimissioni. Tant’è che il medico nutrizionista ha dovuto, all’ultimo momento, rideterminare i parametri di composizione della preparazione parenterale.

La mia è una denunzia accorata , affinché, quello che io e soprattutto mia madre abbiamo vissuto e sofferto, non abbia a ripetersi mai più e nei confronti di alcuno.

E’ una rivendicazione in favore del rispetto della persona, la prima legge che dovrebbe ispirare ogni azione umana. Una legge evidentemente ignorata presso la Casa Sollievo della Sofferenza, dove non c’è rispetto neppure per la morte.

E, dove non alberga neanche l’applicazione di quanto la Scienza Medica prescrive in tema di “Terapia del Dolore”, surrogata, piuttosto, da cinico sadismo, palesemente ostentato e da una inutile crudeltà, che merita giustizia.

Rimango a completa disposizione per ogni e qualsivoglia ulteriore contributo possa offrire, invocando attenzione e sensibilità alle Autorità in indirizzo che, uniche, possono evitare il ripetersi di simili vergognose situazioni e sanzionare oggettive e gravissime responsabilità personali e professionali.

Con deferenza.

dr.ssa Carmela Sarao’

P.S.: Mia madre è stata dimessa alla vigilia della visita della Commissione Parlamentare!

MITTENTE:

Carmela Sarao’

Via Giulio Petroni, 114
70124 BARI


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