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Meditazione sul tempo

L'Origine è Futuro

20 febbraio 2007

L’Origine è Futuro
(16-18-31 agosto, e 28 dicembre 2006)

«L’Origine del mondo e dell’esistenza di tutti è anche il Futuro. Non perché il secondo sia la mera ripetizione della prima, ma perché il mistero del divino è generazione, eccedenza incessante, creatività radicale, ulteriorità inedita, ecumene e ricapitolazione dei tempi. È il pensiero dualista che spezza passato e futuro, congelando l’uno e condannando l’altro ad essere mera ripetizione».
(Roberto Mancini, La costituzione dialogica dell’uomo, in Servitium n. 166, Dialogare, luglio-agosto 2006, p. 24).

L’Autore usa poi più volte l’espressione «risalire al futuro». Risalire al Futuro è l’Origine più il Cammino e l’Incontro. L’Origine ci ha donato – ha donato noi a noi, e agli altri – senza che noi operassimo con volontà e coscienza. Il ritorno cosciente all’Origine, all’essere-donati, non è retrocedere, ma pro-seguire, ri-salire, salire di nuovo incontro al nuovo presentarsi donativo dell’Origine, questa volta invitante la libertà e la coscienza, nella forma pro-mossa e pro-motrice del Futuro.
Che cosa vuol dire «L’Origine del mondo e dell’esistenza di tutti è anche il Futuro»? Forse dice che nell’Origine c’è il germe del Futuro, come nel Futuro c’è il sempre nuovo fruttuoso venire dell’Origine. Garaudy diceva, interpretando Marx: «Siamo creati creatori». Origine dà origine. Dall’Origine viene origine.
L’Origine è continua e mai compiuta, perciò è passato, presente, futuro. Il tempo non è l’esaurirsi di un’esplosione, di un big bang, ma la sua espansione, il fluire di una fonte.
L’Origine si riceve, non ce la diamo da soli – è questa la nostra prima essenziale caratteristica: venire originati - , perciò siamo “da altri”, cioè siamo fatti di Incontro, di Dono. Siamo costituiti da una Venuta a noi veniente, in un limite fisico-spazio-socio-temporale, ma non solo come sorte segnata, come passivo destino, bensì come fondazione di una relazione viva, aperta.
Ri-salire all’Origine: come avviene questo nella realtà? Avviene nell’incontro con ogni Altro, che è per me il Nuovo Originario, sempre. Vale qui l’antica idea sacra che l’Ospite porta il Divino, perciò accoglienza, ascolto, venerazione, perdono, amicizia, pace, nell’incontro con l’Altro, sono il sacramento del Divino.
Questo è vero non solo per chi crede in Dio con la mente e con l’affidamento, ma anche per chi coglie che l’Altro ha diritto al pieno ri-spetto (non possesso) perché è Ab-soluto, nel senso che non può essere legato a me come dominato al dominatore (cioè, è sciolto da me, libero, non possedibile, inviolabile), e al contempo è Re-lativo, cioè in collegamento nativo, libero e indissolubile, con me (come io con lui), perché in lui avviene, rispecchiato, lo stesso evento originario che costituisce ciascuno di noi, uguali e diversi. Egli viene a me come io a lui, e ciascuno appare all’altro come un ri-presentarsi dell’Origine, ora veniente, e ciascuno è ormai Venuto, e ora dunque è Presente Ineliminabile.
Quando conosciamo lo sconosciuto, perché “ci presentiamo”, o qualcuno ci “presenta”, quel tale nasce nel raggio delle mie “conoscenze”, da quasi-assente diventa Presente, è nato a me. Anche prima di conoscerlo non mi era assente in modo totale, perché io devo un rispetto potenziale a chiunque può entrare in relazione con me. La legge della società è questo: è la “tutela dello sconosciuto”, che tutela ciascuno di noi al di là del cerchio e della protezione della famiglia, dell’amicizia, del clan. L’universalità del mio dovere, al di là della relazione concreta, è fondamento e garanzia corrispettiva del mio diritto, e così reciprocamente. Anche dopo aver conosciuto l’altro, col nome, con la stretta di mano, posso dimenticarlo (non tutte le relazioni possono avere la stessa intensità e durata), ma il gesto del conoscersi rimane, tanto è vero che, se ci incontriamo di nuovo, ci ri-conosciamo, perché ci siamo già conosciuti. Eppure, giustamente diciamo anche che il diritto-dignità di ognuno, anche di coloro, la maggioranza degli umani, che non conosceremo mai, deve essere nei fatti “ri-conosciuto”: è vero infatti che noi, se abbiamo rispetto per l’umanità e per la vita, preventivamente conosciamo la dignità dello sconosciuto; è vero che ogni nuovo “conoscimento” personale è un “ri-conoscimento” della sua dignità.
L’incontro mio con l’Altro è la sua nascita a me, è l’apparire a me cosciente dell’Origine che ha donato me a me senza che ne avessi coscienza, ed è nello stesso tempo il Futuro che ad-viene a me. Il Futuro, nel venire, come Avvenire, rinnova l’Origine e mi offre quella fonte di nuova vita da cui sono venuto, senza poterla all’inizio vivere in consapevolezza e libertà, come ora, sicché questa Origine di oggi è ancora più creativa di quella di allora.
Il segno comunicato e riconosciuto nell’evento dell’Incontro è che l’Origine non si allontana all’indietro e non si perde nel nulla di un passato che risucchia e affonda con sé ogni tempo ed ogni evento, cosicché tutto, dall’origine all’incontro, sarebbe «per la morte». Che si nasca già morendo è visione reale, ma monca e mutilante. Il segno è piuttosto che l’Origine continua ad originare e fruttare, che si ripresenta in ogni Evento e Incontro, sempre attiva, in modo sorprendente, almeno quanto, o quasi quanto fu sorprendente nel mio nascere, nel mio essere dal non-essere.
Siamo nati, naturalmente, come frutto biologico dai nostri genitori, ma come persona, nuovo “io” che proprio non c’era, era nulla, siamo un Comparire Assoluto da una Origine, qualunque sia la spiegazione ultima che dell’Origine possiamo dare. Chi può riconoscere nell’Origine quel Vivente Comunicante vita, creatore di senso attraverso le leggi del mondo, che siamo soliti chiamare Dio, riceve dell’Origine un’idea e un’immagine particolarmente viva e promettente. Ma anche se non possiamo dare nome e vita personale all’Inizio, restiamo pensosi e interrogativi davanti al sorgere del Valore alto, inviolabile, dal piano inferiore delle cose.
Questa nuova unicità, perché ognuno è Unico e Originale, esige, in quanto tale, di non essere ignorata, menomata, distrutta, ed è la ragione della dignità inviolabile della persona: cioè che non deve, e neppure può, essere distrutta.
L’Origine è altra cosa dal Termine, e trasforma ogni termine in un passaggio, a due facce come ogni passaggio: la vigilia dell’Origine e il giorno dell’Origine, l’attesa e la comparsa, il perdere e trovare. Noi moriremo, perché ogni giorno moriamo, ma non moriremo, perché ogni giorno è Origine continua. Ogni alba lo suggerisce, antica e nuovissima, in solenne silenzio. Siamo mortali e, di più, poiché siamo nati, siamo natali, nascenti, nascituri e genitori, generanti. In Aldo Capitini, non cristiano ma evangelico, troviamo l’intuizione che ciò che nasce è un’aggiunta definitiva alla realtà, e sta ormai per sempre compresente a tutte le presenze venute venienti e venture.
La nonviolenza non è un’astensione dal fare violenza, come alcuni credono: essa è venerazione della realtà viva, è rispetto, cura, ammirazione della realtà nella sua rischiosa nascita-crescita, fragile e forte. La nonviolenza, se volete chiamarla così, è essenzialmente una religione, che non lega e non obbliga, ma tutto collega e abbraccia. Se volete, è una fede nella vita. Comunque, è un amore.
Enrico Peyretti

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