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Lettera aperta a Ciampi

11 aprile 2004
Rodolfo Ricci (Segr. Gen. della FIEI - Federazione Italiana Emigrazione Immigrazione)

Signor Presidente,

il 9 Aprile La abbiamo vista nelle TV pubbliche e private visitare all'ospedale militare del Celio i tre feriti rimpatriati dall'Iraq, colloquiare con essi, affermare che gli italiani sono loro vicini.

Il 10 aprile abbiamo visto il Presidente del Consiglio giocare, con fare da tifoso alla fine di una partita di calcio, con i giovani militari italiani a Nassyria; dire loro che l'Italia e Bush sono orgogliosi di ciò che hanno fatto e che fanno.

Abbiamo sentito i rappresentanti delle forze politiche -a parte quelli dei Verdi e di Rifondazione-, apprezzare la visita di Berlusconi "pur se giunta in ritardo" (dichiarazioni dell'opposizione).

Nessuna parola, letteralmente nessuna, è stata spesa dai rappresentanti delle nostre più alte istituzioni per ricordare i 15 o forse 30 o 50 iracheni (la gran parte civili) che sono rimasti uccisi negli scontri per il controllo dei ponti a Nassyria.

Risulta, dalle testimonianze disponibili, che gli iracheni che avevano occupato i ponti della città, erano armati con mitra kalashnikov. Gli italiani hanno risposto al fuoco con i cannoni piazzati sui carri armati e sugli autoblindo. Gli edifici di fonte al fuoco italiano sono stati devastati dai colpi dei nostri militari.

La grande superficialità e l'assoluto sprezzo dell'intelligenza della nostra opinione pubblica, con cui le istituzioni e gran parte dei media stanno trattando gli eventi iracheni ci appare scandaloso.

E' scandaloso il fatto che si faccia finta di ignorare che la maggior parte degli italiani è contro la nostra presenza in Iraq; è scandaloso il fatto che, a Pasqua, non si spenda una parola di pietà per coloro che i nostri militari -mandati per una missione di pace e trovatisi in piena guerra- hanno ucciso. Questo scandalo, questa terribile ipocrisia, non può essere sottaciuta.

Il giorno 9 Aprile le televisioni hanno diramato le considerazioni a Lei fatte da un nostro giovane militare, probabilmente male istruito lungo il viaggio di ritorno, che è rimasto ferito negli scontri di Nassyria; il giovane ha affermato: "Quella gente non era di Nassyria, veniva da fuori". Ci è sembrato che Lei, Signor Presidente, abbia annuito.

Signor Presidente, conosciamo il ruolo a Lei attribuito dalla Costituzione, comprendiamo la funzione delicata che in questo momento Lei deve svolgere; tuttavia una domanda dobbiamo porre a Lei, come al complesso dei nostri rappresentanti istituzionali e politici: ma noi, Signor Presidente, noi italiani di stanza a Nassyria, da dove veniamo ?

Lei ha, secondo la Costituzione, il Comando delle nostre forze armate; ma Lei, Signor Presidente, in quanto massima carica istituzionale e garante dell'unità nazionale, rappresenta allo stesso tempo tutto il popolo italiano, in Italia e all'estero, di cui ha più volte ricordato l'alto senso di solidarietà; un popolo che Lei sa bene essere in grande maggioranza contrario alla guerra e alla nostra presenza in Iraq.

Nelle prossime occasioni pubbliche, Signor Presidente, è giusto che ne tenga conto.

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