Catena di Sanlibero

Appello per il cinque gennaio duemilaquattro

5 gennaio 2004
Riccardo Orioles (Giornalista antimafia)

Cari tutti,
un tempo, il 5 gennaio era il giorno in cui tutti s'incontravano fra poveri per ricordare un uomo e la sua lotta. Erano tempi durissimi, eppure allora si riusciva a trovare un minimo d'unità nella disperazione, e si riusciva ancora a vedere dove volevamo arrivare. Non era una giornata di bel dibattito e di rimozioni. Era un'altra cosa.
La mia paura è che il 5 gennaio, e lo stesso ricordo di Giuseppe Fava, diventino anni dopo anno qualcosa di sempre più estraneo alla storia, sempre più rituale. Giuseppe Fava ha lottato per un'informazione libera, e dopo vent'anni Catania è più imbavagliata che mai. Contro il potere mafioso - non solo dei killer, ma proprio degli imprenditori - e i rapporti mafia-impresa-politica sono più vivi che mai.
La colpa non è di Ciancio né dei politici né dei mafiosi - che fanno il loro mestiere - ma è vostra, che invece il vostro mestiere non lo fate. Il vostro mestiere sarebbe di unirvi, di fare blocco, da fare tutti insieme un giornale alternativo alla Sicilia e un forte movimento. Ma voi preferite restare ognuno per sé, unirvi - cerimoniosamente - solo nelle occasioni importanti, concedere al potere mafioso la gioia d'una opposizione divisa e sostanzialmente impotente.
Invece, avreste una forza grandissima, tutti insieme. Questa città, rozza e facile da imbrogliare, ha tuttavia una sua generosità. C'è stato un momento in cui ha dato credito alla rete, alla sinistra, a Claudio Fava, a Bianco. Questa fiducia, più o meno giustificata e più o meno meritata da coloro a cui è stata concessa, è tuttavia un segnale che non dovremmo, noi "politici", mai dimenticare. Catania sa rispondere, e quando fugge è solo perché delusa. Catania chiede sacrifici e serietà, scappa a destra quando vede solo politica e propaganda. Catania contiene in sé una minoranza bellissima, che può trascinare tutto il resto, e che non tutte le città avevano ed hanno.
Io voglio adesso approfittare cinicamente dell'importanza di questa data - vent'anni! - di fronte a cui non potete fare finta di niente, per chiedervi dei precisi impegni, delle precise cose da fare. Vi chiedo di dire subito, alla città e a voi stessi, che voi volete essere eredi - con l'impopolarità che ciò comporta - di Giuseppe Fava e dei siciliani.
Vi chiedo di non contribuire a non separare, come tutti cercano di fare ora, la storia di Giuseppe Fava - intellettuale raffinato - da quella dei Siciliani - giacobini esagerati. Vi chiedo di essere tutti insieme, il 5, da qualche parte, per dire che siete uniti, e che vi candidate tutti insieme a governare.
Vi chiedo di organizzarvi subito, a partire dal 5, per cominciare a organizzare non l'ennesimo giornalino di gruppo (ognuno più presuntuoso e impotente degli altri) ma un *vero* giornale.
Vi chiedo di fare il salto di qualità, di non rimuovere nemmeno per un'altro giorno, perché questi vent'anni non tutti li abbiamo vissuto nella stessa maniera. Per alcuni, la nicchia è stata comoda; per altri, è stata una resistenza durissima che ha preso l'intera vita.
Scusatemi se non sono "politico" e se vi parlo con questo tono: ho fretta, abbiamo fretta, la città ha fretta: sono vent'anni! Se volete rimuovere, bene: questa città ha avuto abbastanza matti rimossi dalla sinistra perbene. Se invece avete il coraggio di guardarvi allo specchio, allora abbiate il coraggio di ricordare che queste cose ad alcuni di voi le dicevo nell'85, ad altri nel 93, ad altri ancora - i più giovani - l'anno scorso; e ogni volta si andava avanti e si vinceva finché avevamo la forza di seguire questa strada; appena arrivavano i personalismi e gli sbandamenti (e le grandi politiche politicanti) si perdeva.
Vi saluto con affetto, e vi chiedo di riflettere sul prezzo che è occorso per potervi scrivere questa lettera dopo vent'anni.

Riccardo

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