Fermiamo il “geocidio”
Vi riporto al clima di  fine anno per dirvi che bisogna essere un po’ pazzi per fare una veglia  di preghiera nel cuore della notte di capodanno. Sì, è follia aspettare  il nuovo anno, sotto i botti napoletani, pregando e cantando. Ma  l’abbiamo fatto: eravamo una quarantina di persone, in buona parte  giovani. Il fatto ha avuto un preciso significato e ve lo voglio  raccontare.
Al centro della nostra  riflessione-preghiera c’era il tema “44-1 – Salviamoci con il pianeta”.  Perché quei numeri? Perché, quando abbiamo cominciato a fare questa  veglia alternativa, sette anni fa, gli scienziati ci dicevano che ci  restavano 50 anni per salvare il pianeta. Oggi, sei anni dopo, siamo  entrati nel settimo. A motivare l’ultima veglia c’era anche il  fallimento della Conferenza Onu di Durban, in Sudafrica (28 novembre– 10  dicembre 2011) sui cambiamenti climatici e sull’aumento della  temperatura globale.
Dunque, ci siamo trovati la notte di  capodanno, alle 22,30, nella chiesetta da poco restaurata di San  Francesco delle Monache, nel cuore di Napoli, proprio davanti alla  basilica di Santa Chiara. Abbiamo iniziato la celebrazione con una  solenne processione, portando davanti all’assemblea un catino d’acqua e  le bandiere della campagna per l’acqua pubblica, per rendere omaggio  all’acqua come madre di tutta la vita e per ringraziare il Signore per  la straordinaria vittoria del referendum (12-13 giugno 2011).
È seguita la riflessione su due belle e  forti pagine: la lettera scritta nel 1854 da Capriolo Zoppo, grande capo  indiano, al presidente degli Stati Uniti, Franklin Pirce, in cui veniva  riassunta tutta la spiritualità del suo popolo; la seconda, di Roberto  Lessio, tratta dal suo splendido libro All’ombra dell’acqua.  Dopo le due letture, l’assemblea si è confrontata sulla follia  dell’Italia che aveva consentito di privatizzare la madre-acqua.
Abbiamo ringraziato il Signore della vita, cantando il Te Deum,  perché ci ha dato la forza di fare il referendum, consentendo a 26  milioni di italiani di affermare che l’acqua è un diritto umano  fondamentale e non una merce sulla quale speculare.
La seconda parte della veglia è  consistita nell’ascolto di ciò che le Scritture ci dicono sul creato. Ed  ecco il Salmo 104, inno a Dio creatore: «Quanto sono grandi le tue  opere, Signore. Le hai fatte tutte con saggezza; la terra è piena delle  tue creature... Tutti da te aspettano che tu dia loro cibo a tempo  opportuno. Tu lo provvedi, essi lo raccolgono; apri la tua mano, si  saziano di beni» (vv. 24, 28, 30). Ecco le parole di Gesù: «Osservate  come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure, io  vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno  di loro» (Mt 6, 28-29). Ecco i passi dall’Apocalisse in cui si legge ciò che Dio sogna per noi. È proprio vero: la Bibbia ci fa capire che il creato è la prima parola detta da Dio.
Poco prima di mezzanotte, siamo andati  in processione davanti all’icona di Maria (il 1° gennaio è la festa  della Madre di Dio) e abbiamo acceso 12 candeline rosse e cantato “Salve, Regina”.  A quel punto, è scoppiato il finimondo a Napoli, e anche noi siamo  usciti dalla chiesetta, ci siamo abbracciati, ci siamo fatti gli auguri e  abbiamo fatto festa.
Rientrati, ci siamo divisi in piccoli  gruppi e abbiamo riconsiderato i temi affrontati. Ciascuno ha detto dove  intendeva focalizzare il proprio impegno per salvare il pianeta.
Verso le 1,30 abbiamo iniziato la  solenne celebrazione eucaristica, aprendola con una grande benedizione  ai quattro punti cardinali e pregando in particolare per la vecchia  Europa – che sta vivendo un momento difficile – e per l’Africa.  L’Eucaristia è terminata alle 3 del mattino.
Da sette anni facciamo questa veglia. A  dire il vero, non siamo mai in molti: cinquanta persone al massimo. Ma  continuiamo a farla, perché riteniamo importante proporre di aprire  l’anno nuovo in questo modo. La facciamo per dire a tutti che occorre  trovare un’alternativa al nostro modo attuale di vivere.
Se continuiamo a vivere così, rischiamo  che le future generazioni non possano più vivere. Per questo abbiamo  voluto promettere al Signore il nostro impegno. Ci sprona la parola del  teologo cattolico americano, padre Thomas Berry, morto nel 2009:  «Abbiamo sviluppato una risposta al suicidio, all’omicidio e al  genocidio. Oggi però ci troviamo a confrontarci con il geocidio,  l’uccisione del pianeta Terra nelle sue strutture vitali e funzionali. È  un male maggiore di quello che abbiamo conosciuto in altri tempi. È un  male per il quale non abbiamo principi né etici né morali di giudizio».
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