Guerra all'Iraq: «Immorale e illegale»
Sembra  che la politica della "guerra                     infinita" continui il  suo valzer verso un nuovo                     obbiettivo: l'Iraq. Il  vicepresidente Usa Dick Cheney in un                     pesante  discorso pronunciato a Nashville (Tennessee, Usa) ha                      detto: «Il regime iracheno si è molto dedicato a                      potenziare le sue capacità nel campo delle armi chimiche e                      batteriologiche, e continua ad attuare il programma nucleare                      che ha iniziato diversi anni fa». Ha poi aggiunto:  «Molti                     di noi sono convinti che Saddam Hussein  acquisterà armi                     nucleari molto presto». Ha poi  concluso: «Prenderemo                     qualsiasi contromisura  necessaria per difendere la nostra                     libertà e la  nostra sicurezza».
 
 Questo discorso è stato ritenuto da molti  come l'effettiva                     posizione dell'amministrazione  Bush. Se questo è vero,                     siamo sul piede di guerra. È  di una gravità estrema. Dopo                     l'Afghanistan… è il  turno dell'Iraq, già martoriato da                     una guerra,  continuamente bombardato, prostrato dalle                     sanzioni,  pagate soprattutto da donne e bambini (si stima                     che  250 bambini muoiano ogni giorno a causa dell'embargo).                      Non meno gravi le conseguenze dell'utilizzo delle bombe                      all'uranio impoverito, che potrebbe far sì, come afferma                      Stefano Salvi ("L'informazione deviata", Zelig,                      2002), che nei prossimi cinque anni il 48 per cento della                      popolazione irachena venga a «contrarre» il cancro (si                      tratta di oltre 9 milioni di persone).
 
 Non  siamo certo qui a difendere Saddam Hussein e la sua                      cricca, una delle peggiori dittature sulla faccia della                      terra. Ci sta a cuore un intero popolo, che ora dovrà                      sorbirsi un'altra guerra spaventosa. A questa gli Stati                      Uniti si stanno preparando con 200mila uomini in armi e uno                      stanziamento di 60 miliardi di dollari. Come al  solito, le                     vittime saranno, nella stragrande  maggioranza, civili.
 
 In profonda sintonia con quanto affermato                      dall'organizzazione cattolica Pax Christi  Internazionale e                     da Pax Christi Italia nella  dichiarazione "fermare la                     macchina da guerra", e da  altri gruppi religiosi,                     vogliamo anche noi affermare  che:
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l'Iraq non costituisce una minaccia contro di noi, per cui attaccarlo sarebbe un atto di aggressione; 
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sarà la popolazione civile, già così provata, a pagare la guerra contro il regime di Saddam (sarebbe come combattere la mafia bombardando Palermo); 
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la guerra avrebbe ripercussioni ambientali paurose, in un momento in cui l'ecosistema mondiale è in difficoltà; 
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c'è il pericolo reale dell'uso di armi nucleari, dato che gli Usa affermano che utilizzerebbero l'atomica ovunque i loro interessi vitali fossero minacciati. 
Perciò noi, con fermezza e senza riserve, bolliamo come immorale e illegale una guerra contro l'Iraq.
Un attacco non provocato tradirebbe:
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la nostra Costituzione, che all'articolo 11 non ammette la guerra come strumento di offesa; 
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per i cristiani, i principi evangelici ed etici che stanno al cuore della loro fede. 
Invece dell'azione militare crediamo che deve essere tentata:
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ogni via diplomatica, 
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ogni opportunità per negoziare, 
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ogni richiamo alla moderazione, 
privilegiando come canale l'Onu. (Sarebbe                     anche l'ora di finirla con le sanzioni contro l'Iraq).
 
 Ci ritroviamo in pieno accordo con quanto afferma Pax                      Christi Internazionale nella succitata dichiarazione –                      firmata anche dall'arcivescovo di Canterbury, Rowan                      Williams, capo della chiesa anglicana – che qualifica                      l'attacco all'Iraq come «immorale e illegale. È vergognoso                      che le nazioni più potenti del mondo continuino a  giudicare                     la guerra e la minaccia di guerra come  strumento accettabile                     di politica estera, in  violazione dell'ethos tanto delle                     Nazioni Unite  quanto della morale cristiana».
 
 5 settembre 2002
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