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“El tempo magna le ore”

C’è un tempo per ridere e un tempo per piangere, un tempo per vivere e un tempo per morire…
24 gennaio 2008

Volo di gabbiano verso l'orizzonte "El tempo magna le ore."
Ecco la frase di mia nonna: riemerge spesso dal labirinto della memoria, e si riaccende il ricordo di lei. Che ebbe di certo vita non facile, istriana anzi profuga istriana fuggita all’arrivo di Tito, vissuta per un lungo arco della sua esistenza in quel mare d’Italia su cui si specchiano i monti del Carso, e portata a finire, ancora lunghi anni del suo respiro, ai bordi di quell’altro splendido mare cui il Tigullio fa un’ampia ansa ricca di colore.

“El tempo magna le ore”: sbrigati, non perder tempo, è il tempo stesso che lo richiama inglobando a sé i minuti e i giorni del cammino. Le cose da fare van fatte. Gli impegni sbrigati. Gli appuntamenti ricordati. I desideri che si snocciolano via via nel pensiero, poi apparire concreti - qualcuno sì qualcuno no - man mano che il corso della vita si propaga.

“El tempo magna le ore”; ma a lei, al di là del cancello della sua ultima dimora, territorio neutrale e spartiacque tra la vita e la morte, la frase non poteva più dir tanto. Nell’istituto per anziani dei suoi ultimi dieci anni (e quasi sfiorò il centesimo prima di lasciarci!) il tempo aveva altro aspetto. Dilatato, annacquato, dissolto negli interminabili istanti dell’abitudine ripetuta delle piccole semplici cose ancora possibili - il mangiare, il dormire, il restare ai bordi del giardino intorno a respirare l’aria primaverile - era quasi un’anteprima, un assaggio di futuri silenzi, una pista di decelerazione tra l’autostrada della vita di fuori e l’immenso prato fiorito entro cui prima o poi sarebbe arrivata.

Ecco. Il di fuori - dove stavo io, dove stanno i vivi, gli impegnati, i frettolosi - e il di dentro. Dentro quel cancello, in quel limbo di attesa dal respiro ovattato e dai passi lenti e sommessi. Con le frenesie della vita oramai cancellate - i radi ricordi che riemergono ogni tanto dalla nebbia del cervello addormentato - e l’attesa paziente di quel momento finale che cancella il tempo, e fissa nell’eterno il passaggio tra il quando e il dove, tra il fare e l’essere, tra il relativo e l’assoluto.

Fuori ancora vi resto. E il tempo "magna le ore” ancora per me. Esigendo momenti di impegno e isole di gioco, e portando schizzi di tristezza e lampi di felicità.
Al mio ultimo traguardo - e chissà se vi arriverò con calma oppure all’improvviso - sarà il riposo. Intanto, continuo a camminare.

Note: Mia nonna. In questi giorni sono due anni dalla sua morte. E ho voluto qui lasciare un ricordo.
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