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Sì alla vita delle persone, sì al divieto di uccidere, sì all'abolizione del mercato delle armi

Un referendum che riguarda l'umanita' intera. 19

Il 23 ottobre in Brasile si svolgerà il primo referendum nella storia di quell'immenso paese: la popolazione tutta sarà chiamata a decidere se vuole proibire il commercio delle armi da fuoco
Giacomo Alessandroni24 settembre 2005
Fonte: La nonviolenza e' in cammino. 1063 - 24 settembre 2005

Carla Cohn: Con tutto il cuore, che vinca il si'

[Ringraziamo Carla Cohn per questo intervento. Carla (Carola) Cohn, nata a Berlino nel 1927, deportata e sopravvissuta ai campi di sterminio, e' psicoterapeuta e testimone della Shoah. Alcune sue straordinarie testimonianze sono nei numeri 883, 890 e 895 di questo notiziario]

Sostengo pienamento il referendum brasiliano contro il commercio degli armi. Mi sembra ovvio di essere contro il commercio d'armi di qualsiasi tipo. Per esempio sto pensando alle micidiali mine anti-uomo che, rimaste nascoste e mai del tutto rimosse, tuttora distruggono le vite di tanti bambini ed altri innocenti.
Sto pensando anche alla libera vendita delle armi negli Stati Uniti, dove sono a disposizione di tutti "per l'autodifesa" con disastrosi risultati - per esempio le stragi nelle varie scuole, ecc.
Il referendum brasiliano mi sembra un esempio di grande civilta', e spero con tutto il cuore che vinca il si'.

Mauro Furlan: Alcuni dati dell'Unesco e un estratto da un libro sulla violenza a Rio de Janeiro

[Ringraziamo di cuore Gaetano Farinelli, dell'associazione Macondo per aver chiesto per noi e per averci trasmesso questo intervento di Mauro Furlan. Gaetano Farinelli, prete operaio, educatore, e' uno dei principali animatori dell'esperienza di "Macondo", associazione per l'incontro e la comunicazione tra i popoli (per contatti: via Romanelle 123, 36020 Pove del Grappa (Vi), tel. 0424808407, e-mail: posta@macondo.it). Tra le opere di Gaetano Farinelli: Attraversare il deserto, Macondo Libri - Citta' Aperta, Troina (En) - Pove del Grappa (Vi) 2001. Mauro Furlan, amico e socio dell'associazione di solidarieta' internazionale Macondo, vive e lavora nelle favelas Rio de Janeiro, collabora a "Peacereporter"]

Carissimi amici,
vi traduco e vi invio due testi che possono essere utili per la nostra riflessione e il nostro impegno a sostegno della campagna per il disarmo e per il si' al referendum.
Il primo e' il rapporto dell'Unesco sulla situazione delle morti per arma da fuoco in Brasile, e il secondo e' un estratto da un libro che a me sembra straordinario.

1. Il documento dell'Unesco In Brasile si registrano piu' morti per arma da fuoco che in un guerra armata.
Negli ultimi dieci anni i morti per arma da fuoco registrati in Brasile superano il numero delle vittime di 23 conflitti armati, passando al secondo posto dopo le guerre civili di Angola e Guatemala.
In questo periodo sono morte 325.551 persone, una media di 32.555 morti per anno. I dati fanno parte dello studio "Mortes Matadas por armas de fogo no Brasil 1979-2003", che e' stato diffuso il 27 giugno dal rappresentante Unesco in Brasile, Jorge Werthein, e dal Presidente del Senato Federale, Renan Calheiros, al Senato, a Brasilia (DF).
Questo studio ha come obiettivo sensibilizzare la societa' brasiliana sull'importanza del disarmo della popolazione e l'approvazione del referendum per restringere il libero commercio delle armi da fuoco.
Lo studio rivela che tra il 1979 e il 2003 le armi da fuoco hanno ucciso 550.000 persone, che significa 35.000 vittime all'anno, ovvero 100 al giorno.
La ricerca conferma che i giovani tra i 15 e i 24 anni sono le principali vittime delle armi da fuoco: del totale delle vittime sono 206.000 i giovani in questa fascia di eta'. Solo nell'anno 2003 il 41,6% dei casi erano giovani.
La ricerca e' stata realizzata in base ai dati del sistema di informazione sulla mortalita' brasiliano (Datasus del Ministero della salute), poi confrontati con i dati internazionali. I dati sono stati comparati anche con altre tipologie di morti (incidente stradale, malattie, ecc.). Inoltre queste morti sono state confrontate con il numero delle vittime di 26 conflitti armati di 25 paesi del mondo in diversi periodi.
Quello che risulta impressionante e' che in Brasile, anche senza esserci un conflitto religioso, una guerra con un paese confinante, o una lotta politica armata interna, si verificano piu' vittime per armi da fuoco rispetto a nazioni colpite da un conflitto bellico dichiarato.
Per promuovere una cultura della pace in Brasile si deve passare necessariamente per la riduzione delle armi in circolazione e la proibizione della loro vendita.

Alcuni dei dati principali della ricerca:

  1. Tra il 1979 e il 2003 piu' di 550.000 persone sono morte in Brasile per arma da fuoco in un crescendo continuo. In questi 24 anni le morti violente sono cresciute del 461,8%, mentre la popolazione e' cresciuta del 51,8%. La spinta e' stata data dalla crescita degli omicidi del 542,7%. I suicidi con armi da fuoco sono cresciuti del 75%, e le morti per incidente con arma da fuoco sono cadute del 16,1%.
  2. Dei 550.000 morti, 205.722, ossia il 44,1%, sono giovani della fascia tra i 15 e 24 anni. Considerando che questi giovani rappresentano il 20% della popolazione brasiliana si conclude che in questa eta' muore il doppio di persone rispetto alle altre fasce.
  3. Tra i giovani la crescita e' stata piu' mortale arrivando al 640,3%. Gli omicidi sono aumentati del 742,9%, i suicidi sono cresciuti del 61%.
  4. E' aumentato il numero di giovani come vittime. Nel '79 i morti giovani nel Brasile sono stati 2.208 cioe' il 31,6% del totale delle vittime. Nel 2003, i 16.345 giovani morti per armi da fuoco rappresentano il 41,6% del totale delle vittime.
  5. In Brasile considerando il totale della popolazione la principale causa di morte e' quella cardiaca, seconda la cerebrovascolare, e al terzo posto le armi da fuoco. Tra i giovani invece le armi da fuoco sono la prima, con una incidenza molto maggiore rispetto alla seconda causa che e' la morte in incidenti stradali.
  6. Nel 2003 sono morte di aids 11.276 persone, di cui 606 giovani. Questa epidemia occupa l'undicesima posizione nella popolazione totale, e la sesta nell'eta' tra i 14 e i 24 anni.
  7. Tra il 1993 e il 2003, sono morti in Brasile 325.551 persone, una media di 32.555 morti all'anno per armi da fuoco. Confrontando con la mortalita' di 25 conflitti armati nel mondo il Brasile rappresenta la maggior media per anno.
  8. In termini assoluti il Brasile e' appena dietro la guerra civile in Angola che avrebbe causato 550.000 morti in 27 anni di conflitto, e della guerra civile in Guatemala che tra il 1970 e il 1994 avrebbe fatto 400.000 vittime.
  9. Il Brasile presenta in media un numero di morti piu' elevato delle guerra del Golfo, l'insieme della prima e seconda Intifada, e il conflitto dell'Irlanda del Nord.
  10. Dei 57 paesi analizzati, il Brasile rispetto alla popolazione totale e' al secondo posto dopo il Venezuela, e tra i giovani e' al terzo posto dopo Venezuela e Porto Rico.
  11. Tra la popolazione giovane il Brasile e' al terzo posto per morti e omicidio da armi da fuoco, e al terzo posto per morti la cui causa per arma e' indeterminata. Per quanto riguarda gli incidenti con arma da fuoco occupa la quindicesima posizione e la ventesima in relazione ai suicidi.
  12. Sono pochi i paesi nel mondo, come il Brasile, dove le morti per arma da fuoco superano le morti per incidenti stradali. Tra i 57 paesi analizzati solo in sei casi questo succede, e cinque di questi sono paesi dell'America Latina: Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Venezuela.
  13. Sono anche una minoranza i paesi in cui le morti per armi da fuoco superano il numero dei suicidi. Dei paesi analizzati sono 15 che si trovano in questa situazione, e la maggioranza sono dell'America Latina.

2. Interludio
Da questa breve sintesi che vi ho presentato potere capire come la situazione in Brasile (ma anche di tutta l'America Latina) sia veramente drammatica. Quando in passato ho scritto che i giovani qui a Rio parlano di Iraq per descrivere la situazione in cui vivono, non e' uno scherzo o un paragone forzato. Queste cose le abbiamo denunciate nella camminata per la pace, ma sappiamo che la realta' e' complicata, i fattori in gioco sono molti, la soluzione sembra impossibile.
Per continuare questa riflessione vi riporto un estratto da un libro da poco uscito. Il libro ( che a mio giudizio e' di una ricchezza straordinaria) si intitola "Cabeca de porco", che letteralmente significa "testa di maiale", ma che qui a Rio, nel gergo delle favelas, ha preso il senso di confusione, strada senza uscita. Il libro e' scritto a sei mani. Un sociologo (Luiz Eduardo Soares), un famoso cantante hip-hop (MV Bill) e un produttore di hip hop (Celso Athayde) che ha creato il Cufa (Centrale unica delle favelas). Luis Eduardo si e' assunto il compito di riflettere sulle testimonianze raccolte in vari anni di ricerca, inoltre e' stato protagonista di una singolare vicenda. Dal gennaio all'ottobre del 2003 e' stato segretario nazionale di sicurezza pubblica, cercando di mettere in atto delle azioni congiunte per la diminuzione delle morti violente a Rio. Avendo intaccato principalmente gli interessi della polizia corrotta, e' stato dimesso con un annuncio televisivo da parte del governatore dello stato. Questo libro aiuta ad entrare nei meandri della violenza a Rio e in Brasile, a scoprirne i vari significati e ad indicare delle possibili soluzioni.
Adesso passo alla mia traduzione di alcune pagine, sperando di tradurre altri piccoli spezzoni, questo per darvi l'opportunita' di capire un mondo che sembra irreale.

3. I significati della violenza: la criminalita' in Brasile e a Rio de Janeiro (dal libro "Cabeca de porco")
Rio de Janeiro continua ad essere una bellissima citta', ma nel frattempo Rio de Janeiro ("fiume di gennaio") continua ad essere gennaio, febbraio, marzo, tutto l'anno attraversato dalla paura, dalle pallottole, dal fuoco incrociato. Questo non e' un libro sullo situazione o la citta' di Rio de Janeiro, perche' i problemi di cui si parla sono nazionali e qualcuno supera anche i confini del Brasile. Ma Rio ha anticipato la traiettoria brasiliana lungo la direzione della violenza armata, e probabilmente rende visibile il futuro probabile del paese. Per questo e' importante pensare alla sua storia recente per esorcizzare i suoi mali, aiutarci a vincerli e prevenire la nazionalizzazione del suo dramma. Il traffico delle armi e della droga da molto tempo ha abbandonato il suo confino in una periferia lontana, convertendosi nella principale fonte brasiliana di violenza criminale. Forse c'e' ancora speranza che la dimensione assunta dalla tragedia qui a Rio, non si ripeta nelle altre citta' e stati brasiliani.
Non ho la pretesa di raccontare la storia del narcotraffico di Rio, alcuni lo hanno fatto meglio di quanto potrei fare io, pero' mi piacerebbe completare la conoscenza gia' accumulata, richiamando l'attenzione su alcuni aspetti, prima pero' faccio alcune considerazioni generali.

Violenza e' una parola che solo in apparenza e' semplice. In verita' contiene molti significati differenti. Puo' descrivere un'aggressione fisica, un insulto, un gesto che umilia, uno sguardo non rispettoso, un assassinio commesso con le proprie mani, un modo ostile di raccontare una storia con disprezzo, l'indifferenza di fronte alla sofferenza degli altri, la negligenza verso gli anziani, la decisione politica che provoca conseguenze sociali drammatiche, la svalorizzazione dei figli da parte dei genitori e delle donne da parte dei mariti, le pressioni psicologiche in relazioni di oppressione, le scelte economiche che si abbattono come un disastro naturale su certi settori della popolazione, e la stessa natura quando supera i suoi limiti naturali e provoca catastrofi, per questo parliamo della violenza dell'acqua, del vento e del fuoco; e ci riferiamo anche alle disuguaglianze sociali ingiuste o all'abbandono dei bambini di strada come forme di violenza.
Ma dall'altra parte, quando un padre lotta contro qualcuno per salvare la vita del figlio, non lo descriviamo come violento e neanche intendiamo come un esempio di violenza l'uso difensivo e ben intenzionato che lui fa della propria forza.

Se riuniamo un qualsiasi gruppo di persone e chiediamo che scelgano dei fatti che esemplifichino forme gravi di violenza, probabilmente otterremmo risposte molto differenti, organizzate secondo gerarchie diverse: alcuni faranno riferimento alle guerre tra nazioni e alle forme planetarie di ingiustizia e squilibrio, altri probabilmente alla prostituzione infantile o al flagello della fame e alla mancanza di lavoro, la gravidanza precoce, le condizioni abitative, della sanita', dei trasporti, il latifondo improduttivo chiuso ai senza terra, l'ingiustizia, l'impunita', la distruzione dell'ambiente, la corruzione, il razzismo, l'invasione culturale, il contrasto tra l'automobile di importazione e il mendicante sulle strade, l'omofobia, la situazione delle prigioni superaffollate e le condizioni disumane dei detenuti, la discriminazione delle donne, l'abbandono dei giovani, l'ipocrisia arrogante dei tecnocrati, la tortura, le stragi, la brutalita' della polizia, il salario dei poliziotti, il quotidiano delle periferie nelle grandi metropoli brasiliane.
E' anche chiaro che la maggioranza non tralascer' di evidenziare i crimini, soprattutto le aggressioni contro la persona, specialmente quelle il cui esito e' la morte della vittima.
Per la popolazione , i crimini non sono le trasgressioni della legge penale, ma sono le violazioni colpevoli della legge morale, piu' ampia di quella penale e spesso non coincidente con le sue determinazioni e il suo spirito. Il concetto popolare di crimine e' tanto variabile e inglobante quanto il concetto popolare di violenza. Siccome non c'e' consenso nella societa' riguardo la legge morale, la legge penale deve essere rispettata come l'accordo pratico possibile, che diventa il riferimento delle istituzioni responsabili del mantenimento dell'ordine pubblico democratico orientandone le azioni.

Il Brasile e' ricco in manifestazioni di violenza nelle sue forme piu' diverse, inclusa la crescente criminalita' violenta. La societa' brasiliana nella sua totalita' e' stata raggiunta dalla violenza. Tutte le classi, etnie, fasce di eta' condividono il rischio di diventare l'obiettivo di qualche atto criminoso. In questo senso si puo' dire che la violenza criminale brasiliana, nelle sue molteplici forme, "e' democratica", colpisce uomini e donne, poveri e ricchi, neri e bianchi, indistintamente. Ma nello stesso tempo, se osserviamo attentamente i dati relativi ai morti, cioe' i crimini che provocano la morte della vittima, troveremo un quadro molto differente.
In Brasile la morte violenta intenzionale si distribuisce in modo concentrato. Allo stesso modo del reddito, educazione, abitazione, salute, fognature, accesso al divertimento e beni pubblici, i morti a causa della violenza anche questi sono un privilegio, anche se perverso, ma in questo caso con il capovolgimento della piramide distributiva: chi piu' ne soffre sono i piu' poveri. E neanche i poveri in generale. Le vittime tipiche della violenza brasiliana sono i giovani, di sesso maschile, di eta' tra i 14 e i 24 anni (anche se la fascia di eta' si estende rapidamente sia verso il basso che verso l'alto), che vivono in quartieri o nelle favelas alla periferia delle metropoli, e frequentemente sono neri. Anche se ci sono tanti casi di persone di altri gruppi sociali colpiti, l'obiettivo secondo le statistiche piu' probabile delle forme piu' gravi di violenza ha eta', colore, sesso, indirizzo e classe sociale. In altri termini, la criminalita' violenta e' un problema di tutti i brasiliani, ma e' soprattutto il dramma dei giovani, specialmente poveri e particolarmente neri.

E' chiaro che ci sono tante tragedie che coinvolgono anche i giovani della classe media. Ma tutte le analisi convergono nell'indicare la stessa concentrazione, senza ombra di dubbio. Il problema e' cosi' grave che ha gia' lasciato un segno nella struttura demografica.
C'e' un deficit di giovani, tra i 15 e i 24 anni, nella societa' brasiliana (fenomeno che si verifica solo nelle strutture demografiche delle societa' che sono in guerra). Si puo' affermare che il Brasile vive le conseguenze di una guerra non dichiarata, e un settore sociale piu' di altri sta pagando con la vita il prezzo di questa tragedia.
Questo processo puo' essere descritto, senza alcuna esagerazione retorica, come genocidio: un genocidio paradossale, autofagico e fratricida. Giovani poveri uccidono giovani poveri, in una dinamica che non conoscono e non controllano, in cui tutti sono vittime, anche quelli che provvisoriamente svolgono il ruolo di torturatori, nel circolo vizioso che li portera' a una morte precoce e crudele.
Quando completano il percorso e assumono la posizione di vittime, infine sono gettati via, nella dinamica torbida che ri-alimenta il gioco della violenza e li sostituisce come pezzi di una macchina e ricomincia il circuito perverso della violenza.

Varie sono le matrici della criminalita', e le sue manifestazioni variano a secondo delle regioni del paese. Il Brasile e' tanto diversificato, che nessuna generalizzazione e' sostenibile. La sua molteplicita' lo fa diventare refrattario anche a soluzioni uniformi. La societa' brasiliana a causa della sua complessita' non ammette semplificazioni, ne' camicie di forza.
A San Paulo, la maggioranza degli omicidi rivela conflitti interpersonali, il cui risultato sarebbe meno grave se non ci fossero cosi' tante armi in circolazione.
Nello stato dello Spirito Santo e nel Nordeste, l'assassinio su commissione di persone scomode e' prevalente, alimentando l'industria della morte, il cui affare coinvolge "pistoleros" professionali che agiscono individualmente o si riuniscono in "gruppi di sterminio" ai quali con frequenza partecipano poliziotti.

Nella misura in cui prospera il "crimine organizzato" i mercanti di morte tendono ad essere inglobati dalla rete clandestina che penetra le istituzioni pubbliche, che si vincola ad interessi politici ed economici specifici, ai quali non e' mai estraneo il riciclaggio di denaro, principale mediazione delle dinamiche che rendono possibile e riproducono la corruzione e le piu' diverse pratiche illegali veramente redditizie.
Ci sono investimenti del crimine in rapine e furti di macchine e camion carichi di merce, entrambe le modalita' chiedono una articolazione stretta con le strutture della ricettazione, sia per rivendere, sia per smontare, sia per il recupero finanziario. Assalti alle banche, alle case di residenza, agli autobus di breve o lunga percorrenza, cosi' come i sequestri, specie i sequestri lampo, che sono diventati comuni e pericolosi, perche' in funzione (anche in questo caso) della disponibilita' di armi, questa pratica che ha come obiettivo il patrimonio, si e' convertita con paurosa frequenza in crimine contro la vita (l'espansione delle aggressioni che si concludono con la morte o il ferimento costituisce il ritratto di questa tendenza).

La violenza domestica, specialmente la violenza contro le donne, cosi' come le piu' diverse aggressione contro i bambini, si sono rivelate piu' intense e costanti quanto piu' si approfondisce la conoscenza dei casi. Il dato piu' sorprendente riguarda l'autore: in piu' del 60% dei casi osservati nelle ricerche realizzate in Brasile, chi perpetra la violenza e' conosciuto dalla vittima (parente, marito, amante, padre, patrigno, ecc.). Questo significa che questa matrice della violenza, a cui dobbiamo la massima attenzione e che costituisce una problematica della massima gravita' per quelli che soffrono violenza o ne sono testimoni (sia per le conseguenze immediate, sia per gli effetti futuri), non e' azionata generalmente da criminali professionali o da persone che stanno costruendo una carriera criminale. Lo stesso si puo' dire per quanto riguarda altre forme di violenza...

Pierluca Gaglioppa: Si'

[Ringraziamo Pierluca Gaglioppa per questo intervento. Pierluca Gaglioppa, dottore forestale ed esperto di questioni ambientali, cooperante internazionale di vasta esperienza, con una lunga esperienza di formatore e responsabile degli obiettori di coscienza in servizio civile presso l'Arci provinciale di Viterbo, tra i principali collaboratori del Centro di ricerca per la pace, e' impegnato in molte attivita' di pace, di difesa dell'ambiente, di solidarieta', per la nonviolenza; e' autore di varie pubblicazioni scientifiche]

Credo che il referendum brasiliano per l'abolizione delle armi sia un esempio per tutto il mondo; il solo fatto che sia stato proposto e che si tenga e' un risultato incoraggiante per tutti i popoli della terra. Senza retorica, mi piacerebbe che tale scelta venisse fatta anche in Italia e che anche nel nostro paese si provi effettivamente a promuovere una cultura nonviolenta.
In questi nostri tempi in cui sempre piu' gli insegnamenti si discostano da ideali di pace, integrazione e conoscenza, e' fondamentale tornare a ribadire quali debbano essere le nostre azioni e i nostri obiettivi di progresso.
Tanto merito va dato agli amici brasiliani se proprio da quella terra nasce questa rivolta contro la violenza e contro i poteri economici che fanno profitti sulla sofferenza e sulla morte.
La sola sofferenza fisica di alcune fasce di popolazione costrette alla fame e agli stenti e' sufficientemente violenta; annientiamo la violenza tra i poveri e i diseredati dove trova terreno fertile ma soprattutto eliminiamola ovunque; creiamo le basi nei nostri figli perche' sappiano distinguere e scegliere pace e nonviolenza.
Per questo noi piu' degli altri dobbiamo sostenere la campagna per far vincere i si' nel referendum brasiliano contro le armi.
Per noi, per tutti. E grazie ancora agli amici brasiliani.

Alcuni riferimenti utili per sostenere il referendum che salva le vite

Per promuovere iniziative in Italia per sostenere la campagna per il "si'" al referendum brasiliano si puo' contattare Francesco Comina in Italia e padre Ermanno Allegri in Brasile (sito: www.adital.com.br).
Alcuni altri riferimenti utili in Italia: il Centro per la pace del Comune di Bolzano (tel. 0471402382); la Rete italiana per il disarmo; il Centro di ricerca per la pace di Viterbo che cura il notiziario "La nonviolenza e' in cammino" che ogni giorno propone interventi e materiali.
Utilissime informazioni sul referendum brasiliano sono nel fondamentale sito www.referendosim.com.br (in lingua portoghese-brasiliana). Tutti gli interventi a sostegno del si' al referendum brasiliano per proibire il commercio delle armi da fuoco e delle munizioni ospitati su questo foglio compaiono anche in una apposita pagina web del sito di Peacelink, curata da Giacomo Alessandroni: italy.peacelink.org/pace/articles/art_12631.html. Nel sito di Peacelink e' anche possibile consultare tutti i fascicoli di questo foglio a partire dal dicembre 2004 alla pagina web: lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html.
Invitiamo nuovamente tutte le persone che ci leggono sia ad inviarci interventi a sostegno del si' al referendum brasiliano per abolire il commercio delle armi, sia a scrivere a giornali, riviste, siti, mass-media, a istituzioni, movimenti, associazioni, a persone amiche, per diffondere l'informazione e la sensibilizzazione sul referendum brasiliano, e chiamare tutte le persone di volonta' buona ad esprimere sostegno alle sorelle e ai fratelli che in Brasile sono impegnati a far vincere il si' al diritto a vivere, il si' al disarmo, il si' alla civilta' umana, il si' alla gestione nonviolenta dei conflitti, il si' alla pace fra tutti gli esseri umani, il si' alla convivenza di tutte e tutti sull'unica terra che abbiamo.

Alcuni utili contatti in Brasile: Adital
"Forum comunitario di lotta alla violenza" di Bahia
Instituto "Gota de Orvalho" di Sao Paulo
Instituto Sou da Paz

Alcuni siti particolarmente utili
a) in Brasile:
www.referendosim.org.br
www.adital.com.br
www.desarme.org
www.soudapaz.org.br
www.vivario.org.br
b) in Italia:
www.amnesty.it
www.archiviodisarmo.it
www.controlarms.org
www.disarmo.org
www.disarmonline.org
www.exa.it
www.ildialogo.org
www.nonviolenti.org
www.paxchristi.it
www.peacelink.it
www.retelilliput.net

Note: Breve nota sul Centro di ricerca per la pace di Viterbo
Attivo dagli anni '70 (dapprima con la denominazione "Comitato democratico contro l'emarginazione - Centro di ricerca per la pace"), nel 1987 ha coordinato per l'Italia la campagna di solidarietà con Nelson Mandela allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a "Primo Levi, testimone della dignità umana". Dal 1998 ha promosso una "campagna contro la schiavitù in Italia".
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