A RITROSO
“Se l'esperienza ricorda il passato, la profezia sonda il futuro. I semi portati dall'esperienza e dalla memoria costruiscono il futuro. Il nostro essere sopravvissuti a tutte le sfide, le tragedie e le difficoltà, è la prova che la nostra memoria ha un futuro, che la nostra esperienza ha un futuro. Che noi abbiamo un futuro.”
(padre Rafiq Khouri, poeta e teologo palestinese, testimone della Nakba)
La Campagna 'Ponti e non muri' da anni lavora per sensibilizzare le persone, e le comunità cristiane in particolare, a coinvolgersi con le sofferenze, le paure e le speranze dei due popoli che vivono in Terra santa, che necessitano del reciproco riconoscimento come abitanti di stati autonomi e liberi e che chiedono entrambi, legittimamente, di poterci vivere in sicurezza.
Pax Christi si augura che il processo di pace possa riprendere sulla scia degli accordi di Ginevra 2003, che affrontava realmente i nodi cruciali di un dramma che dura da sessant'anni.
Se nel 1948 il popolo ebreo, uscito dalla tragedia incomparabile della Shoah, ha visto realizzarsi la creazione dello stato d'Israele e lì vi ha trovato rifugio, da quello stesso anno il popolo palestinese ha visto scemare le possibilità di vivere serenamente nelle case e nei luoghi che gli appartenevano.
Memorie, lutti e ingiustizie si accavallano nelle narrazioni parallele che i due popoli tramandano da allora alle nuove generazioni. Esse chiedono il rispetto e la considerazione di tutti.
Pax Christi, coerentemente con il suo desiderio di porsi a fianco del diritto internazionale, non può esimersi quest'anno dal raccontare le ferite che da allora hanno squarciato, e squarciano ogni giorno, la vita del popolo più debole e meno tutelato: quello palestinese.
Non possiamo farlo anche perché vogliamo rispettare la letterale richiesta d’aiuto che ci è giunta negli anni dai nostri amici israeliani, che continuano a ripetere: ‘chi ama Israele, chi vuole il suo bene deve denunciare le ingiustizie che il suo governo e il suo esercito commette e ha commesso contro il popolo palestinese’. Infatti, solo se il governo israeliano rispetterà la legalità internazionale, il suo popolo raggiungerà quella sicurezza a cui giustamente aspira, superando i lutti e le sofferenze di cui troppo spesso è stato vittima incolpevole.
Oggi, nel 2008, la Palestina, che viene spesso chiamata ‘futuro Stato palestinese’, è una terra frantumata in 4 cantoni e ferita da 730 chilometri di muro, barriere e filo spinato. E' assediata da 250 insediamenti israeliani, spezzettata da un reticolo di strade interdette ai suoi abitanti e soffocata da oltre 500 checkpoint. Quasi 10.000 palestinesi sono detenuti nelle carceri israeliane: tra di essi più di 3000 sono detenuti senza alcun capo d'accusa o senza processo, centinaia sono donne e bambini; si contano anche alcuni parlamentari. Il tasso di disoccupazione ha superato in alcuni luoghi il 70%. L'intera popolazione è sottoposta ad un rigido sistema di controllo attraverso una serie di concessioni di permessi di movimento. Aumenta così sempre di più il numero di coloro che sono costretti ad andarsene.
Una catastrofe.
E prima?
Prima, nel 2006, in seguito al risultato delle elezioni democratiche di gennaio, la comunità internazionale isola e condanna la Palestina ad un totale embargo economico. La repressione militare, le uccisioni mirate, la distruzione delle case e le invasioni dell'esercito con arresti e la “detenzione amministrativa” continuano a seminare morte in tutti i Territori Occupati. L'economia già fragilissima sprofonda in una crisi permanente che impedisce di sperare in qualsiasi possibile sviluppo, fino ad arrivare, in particolare a Gaza, alla “catastrofe umanitaria”
Una catastrofe.
E prima?
Prima, nel 2004, nonostante la Corte internazionale di Giustizia de L’Aja e l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite condannino Israele per il muro che illegalmente viene eretto per lunghissimi tratti in territorio palestinese e non sulla linea verde di confine, la costruzione del muro procede nella totale impunità. Il muro, afferma la Corte, “deve essere smantellato e non può essere giustificato da ragioni militari. Cela la più evidente annessione di terra palestinese con immani conseguenze di restrizioni alla libertà di movimento, gravi ripercussioni sulle attività agricole, sull'accesso ai servizi sanitari, alle scuole, alle primarie risorse d'acqua".
Una catastrofe.
E prima?
Prima, nel 2002, l’operazione dell’esercito israeliano ‘scudo difensivo’ crea ancora una volta il disastro totale nei Territori Palestinesi Occupati: vengono uccise centinaia di persone, distrutte le ‘infrastrutture civili’ delle maggiori città della Cisgiordania, mentre un milione di persone subisce lunghissimi coprifuoco in condizioni proibitive; il campo profughi di Jenin viene devastato, mentre a Betlemme la Basilica della Natività viene posta sotto assedio. Il presidente dell’Anp Arafat viene sequestrato nella Muqata di Ramallah.
L’inizio della costruzione del muro, i permessi negati, le strade bloccate impediscono sempre di più il movimento dei palestinesi.
La gente non può più andare in Israele a lavorare, né muoversi liberamente nel proprio territorio.
Una catastrofe.
E prima?
Prima, nel 1977, inizia a crescere il numero dei coloni che popolano gli insediamenti israeliani illegali in territorio palestinese: dai circa 5.000 di quest'anno si arriverà ai quasi 500.000 trent'anni dopo. L'inarrestabile colonizzazione inizia a compiere una totale frammentazione del territorio sottraendo e rubando non solo la terra, ma anche i pozzi e le sorgenti d'acqua.
Una catastrofe.
E prima?
Prima, nel 1967, con l'occupazione militare dei Territori Palestinesi di Gaza, Cisgiordania e di Gerusalemme est, Migliaia di famiglie vedono le loro case distrutte: più di 200.000 persone sono allontanate dalla loro terra. Molti cittadini palestinesi di Gerusalemme est vengono espulsi e obbligati a firmare un documento di rinuncia al diritto al ritorno nelle loro case.
Una catastrofe.
E prima?
Prima, nel 1950, la ‘legge sulla proprietà degli assenti’, e quella del fondo nazionale ebraico, legalizzano in Israele l’espropriazione delle terre ‘abbandonate’ dai proprietari palestinesi espulsi e la proibizione di vendere ai palestinesi terre di proprietà divenute statali, comprese quelle appartenenti agli ‘assenti’. Più del 60% di terre appartenenti a palestinesi che non avevano mai lasciato Israele, viene ‘messa a disposizione’ di ebrei israeliani. Migliaia di cittadini arabo-israeliani perdono qualsiasi diritto su case e terreni a loro intestati.
Una catastrofe.
E prima?
Prima, nel ’48, l’esercito israeliano espelle illegalmente, con la forza, 750.000 abitanti dai loro villaggi, distruggendo le abitazioni o occupandole. Devasta 418 villaggi palestinesi. I profughi non possono più fare ritorno alla loro casa: sono diventati rifugiati.
E' “La catastrofe”. La ”Nakba”.
E poi?
Oggi, dopo sessant’anni,
i profughi sono diventati oltre 4 milioni. Attendono ancora di veder riconosciuti i loro diritti, come previsto dalla Risoluzione 194 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite dell’ 11 dicembre 1948.
LE VICENDE DELLA TERRA DI PALESTINA OGGI ci inquietano ogni giorno di più, nell'indifferenza e nell'ignoranza della maggioranza degli italiani e nell’amarezza per il colpevole silenzio della comunità internazionale, di fronte al persistere di una catastrofe lunga sessant'anni. Per questo Pax Christi continua la sua Campagna di sensibilizzazione 'Ponti e non muri' per
SOLLECITARE sempre ulteriori approfondimenti attraverso una più vera conoscenza dell'altro a partire dalla sua sofferenza e per evitare inutili semplificazioni che non tengono conto della estrema complessità del conflitto israelo-palestinese
IMPEGNARSI a far maturare tutte le esperienze di dialogo, confronto e azione comune che vedono insieme protagonisti israeliani e palestinesi attraverso la conoscenza e la partecipazione ai tanti percorsi che puntano ad una riconciliazione profonda.
PRESTARE LA VOCE ai milioni di palestinesi della diaspora, dei Territori Palestinesi Occupati e di Israele che da troppo tempo attendono che venga finalmente affrontata la questione dei profughi, nell'individuazione delle possibili, eque soluzioni alle ingiuste sofferenze patite.
NON SOTTRARSI alla fatica del discernimento nella lettura della situazione attuale, smascherando falsità e pregiudizi attraverso una aggiornata controinformazione.
TESSERE legami sempre più profondi tra le comunità religiose che oggi faticano ad incontrarsi, in questa terra, dove nei secoli ebrei, musulmani e cristiani hanno sperimentato e gustato i frutti del dialogo interreligioso e della "convivialità delle differenze".
INTENSIFICARE una presenza di comunione con le Comunità cristiane locali, troppo spesso dimenticate e lasciate sole nella sofferenza, attraverso la promozione di pellegrinaggi di giustizia che moltiplicano le occasioni per gettare ponti di solidarietà e fraternità nella fede.
PAX CHRISTI ITALIA
9 novembre 2007, Anniversario della caduta del muro di Berlino
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