Un contesto preoccupante
In ambiti diversi e con ricadute diverse, non possiamo non constatare l’incrementarsi di un brutto clima di pregiudizio e intolleranza nei confronti dei fratelli e delle sorelle di fede mussulmana; sia nella lettura degli scenari della politica internazionale, sia nelle dinamiche legate all’integrazione nella società italiana ed europea di tante persone provenienti da culture diverse.
In particolare ci preoccupa la tendenza a utilizzare in chiave ideologica il termine “cristiano” in riflessioni e argomentazioni sull’Islam che, a nostro giudizio, poco hanno a che fare con la fede cristiana e che mirano invece ad alimentare lo scontro identitario tra civiltà e il rifiuto del diverso.
Gli episodi sono tanti.
Pensiamo alle parole usate dal giornalista Magdi Cristiano Allam nell’occasione del ricevimento del sacramento del Battesimo cristiano: parole polemiche e di radicale spregio nei confronti della religione islamica pubblicate su uno dei maggiori quotidiani italiani nel giorno stesso della Pasqua e poi ripetute nel corso di numerose interviste televisive. Parole in cui si è quasi voluto affermare la chiara superiorità di una religione, quella cristiana, nei confronti di un’altra, quella islamica, portatrice “esclusivamente” di calamità e violenze.
Pensiamo agli argomenti utilizzati da numerosi esponenti politici durante la recente campagna elettorale: espressioni in cui si è tornati a cortocircuitare la difesa delle “radici cristiane” e dell’ “identità cristiana” dell’Italia con il sentimento di insicurezza dei cittadini cavalcato a fini elettorali, impuntando spesso all’immigrato (e a quello mussulmano in particolare) l’insicurezza e la messa in discussione dei valori di riferimento della nostra società. Alcuni manifesti elettorali hanno addirittura sovrapposto ed equiparato il concetto di Moschea, luogo di preghiera, con il volto di Osama Bin Laden volendo consapevolmente affermare che tutti i mussulmani sono automaticamente terroristi.
Da ultimo, anche se fortunatamente si tratta di episodi decisamente limitati, pensiamo alle violenze incendiarie perpetrate nei confronti di alcune comunità mussulmane da parte di un presunto “Fronte Cristiano Combattente” che opera col motto “Stop Islam”. Realtà isolata, a quanto appare, ma figlia di un clima che si respira.
Parole, episodi, una cultura che si diffonde.
Elementi che ci allarmano nei loro effetti e soprattutto nella facilità ad utilizzare a fine ideologico l’aggettivo “cristiano”, brandendo strumentalmente la fede come principio di un’identità sociale e civile chiusa da difendere “contro altri” e come tale esclusivista.
Le nostre “Parole”
Esprimendo innanzitutto ai nostri fratelli e alle sorelle mussulmane solidarietà per quanto sta accadendo, con trasparenza e sincerità vogliamo riaffermare che nulla è più lontano dall’autentica fede cristiana di questo clima! Sentiamo di dover riaffermare che il Vangelo, il Magistero della Chiesa Cattolica e la ricerca e le prese di posizione del cammino ecumenico mondiale ed europeo, ci portano su altre strade e ci propongono altre sfide: quelle dell’accoglienza, dell’ascolto, del dialogo, del rispetto, della reciprocità, della nonviolenza.
In una parola dell’ “amore”.
La società multiculturale verso cui stiamo sempre più velocemente andando è sicuramente una sfida radicale per la fede cristiana e ma lo è anche per la fede mussulmana. E la risposta non può essere un ripiegamento identitario chiuso e violento. La vera risposta è andare alla radice delle verità delle nostre fedi e aprirsi all’altro. Solo così si potrà vivere lo sforzo di una costruzione comune. Solo così si garantirà la pace. Solo così si potranno comprendere seriamente le storie e i vissuti di uomini e donne come noi, ma affascinati da un Dio che chiamano in altro modo. Storie e vissuti che spesso sono esperienze di resistenza, di lotta, di sacrificio, di nonviolenza, di passione per l’altro.
Come cristiani, di fronte a questo contesto e ai semi di violenza che in esso intravediamo, sentiamo allora forte il bisogno di ribadire con abbondanza i punti di riferimento che ci guidano nel dialogo con i fratelli e le sorelle mussulmane:
1) Dalla dichiarazione Conciliare “Nostra aetate”
3. La Chiesa guarda anche con stima i musulmani che adorano l'unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra (5), che ha parlato agli uomini. Essi cercano di sottomettersi con tutto il cuore ai decreti di Dio anche nascosti, come vi si è sottomesso anche Abramo, a cui la fede islamica volentieri si riferisce. Benché essi non riconoscano Gesù come Dio, lo venerano tuttavia come profeta; onorano la sua madre vergine, Maria, e talvolta pure la invocano con devozione. Inoltre attendono il giorno del giudizio, quando Dio retribuirà tutti gli uomini risuscitati. Così pure hanno in stima la vita morale e rendono culto a Dio, soprattutto con la preghiera, le elemosine e il digiuno.
Se, nel corso dei secoli, non pochi dissensi e inimicizie sono sorte tra cristiani e musulmani, il sacro Concilio esorta tutti a dimenticare il passato e a esercitare sinceramente la mutua comprensione, nonché a difendere e promuovere insieme per tutti gli uomini la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà.
5. Non possiamo invocare Dio come Padre di tutti gli uomini, se ci rifiutiamo di comportarci da fratelli verso alcuni tra gli uomini che sono creati ad immagine di Dio. L'atteggiamento dell'uomo verso Dio Padre e quello dell'uomo verso gli altri uomini suoi fratelli sono talmente connessi che la Scrittura dice: « Chi non ama, non conosce Dio » (1 Gv 4,8).Viene dunque tolto il fondamento a ogni teoria o prassi che introduca tra uomo e uomo, tra popolo e popolo, discriminazioni in ciò che riguarda la dignità umana e i diritti che ne promanano.
In conseguenza la Chiesa esecra, come contraria alla volontà di Cristo, qualsiasi discriminazione tra gli uomini e persecuzione perpetrata per motivi di razza e di colore, di condizione sociale o di religione. E quindi il sacro Concilio, seguendo le tracce dei santi apostoli Pietro e Paolo, ardentemente scongiura i cristiani che, « mantenendo tra le genti una condotta impeccabile » (1 Pt 2,12), se è possibile, per quanto da loro dipende, stiano in pace con tutti gli uomini (14), affinché siano realmente figli del Padre che è nei cieli (15).
2) Dalla Charta oecumenica
11. Curare le relazioni con l'Islam:
Da secoli musulmani vivono in Europa. In alcuni paesi essi rappresentano forti minoranze. Per questo motivo ci sono stati e ci sono molti contatti positivi e buoni rapporti di vicinato tra musulmani e cristiani, ma anche, da entrambe le parti, grossolane riserve e pregiudizi, che risalgono a dolorose esperienze vissute nel corso della storia e nel recente passato.
Vogliamo intensificare a tutti i livelli l'incontro tra cristiani e musulmani ed il dialogo cristiano-islamico. Raccomandiamo in particolare di riflettere insieme sul tema della fede nel Dio unico e di chiarire la comprensione dei diritti umani.
Ci impegniamo
- ad incontrare i musulmani con un atteggiamento di stima;
- ad operare insieme ai musulmani su temi di comune interesse.
3) Dal messaggio finale della Terza Assemblea Ecumenica Europea di Sibiu
Riteniamo che ogni essere umano sia stato creato a immagine e somiglianza di Dio (Gn 1, 27) e meriti lo stesso grado di rispetto e amore nonostante le differenze di credenza, cultura, età, sesso, origine etnica. Nella consapevolezza che le nostre radici comuni sono molto più profonde delle nostre divisioni, mentre cerchiamo il rinnovamento e l’unità e la comprensione del ruolo delle Chiese nella società europea di oggi, rivolgiamo la nostra attenzione sull’incontro con le persone di altre religioni ... Oggi non c’è alternativa al dialogo: non un compromesso, ma un dialogo della vita in cui possiamo dire la verità nell’amore. Abbiamo tutti bisogno di imparare di più su tutte le religioni, e le raccomandazioni della Charta Oecumenica andrebbero ulteriormente sviluppate …
Incontrando Cristo nei nostri fratelli e nelle nostre sorelle nel bisogno (Mt 25, 44-45), illuminati insieme dalla Luce di Cristo, noi cristiani, in conformità con i comandamenti della Bibbia per l’unità dell’umanità (Gn 1, 26-27), ci impegniamo: a pentirci del peccato dell’esclusione, ad approfondire la nostra comprensione dell’«alterità», a difendere la dignità e i diritti di ogni essere umano, ad assicurare la tutela di coloro che più ne hanno bisogno, a condividere la luce di Cristo che altri portano all’Europa.
Si, lo ribadiamo con voce alta:
“Oggi non c’è alternativa al dialogo:
non un compromesso, ma un dialogo della vita
in cui possiamo dire la verità nell’amore”
“Una parola comune tra noi e voi”
Nell’ottica di un “dialogo della vita”, ci è parsa oltremodo significativa la lettera che 138 intellettuali e leaders religiosi mussulmani hanno inviato negli scorsi mesi a tutti i leaders delle Chiese Cristiane del Mondo. Il documento (che alleghiamo nella sua forma integrale in versione pdf in calce a questo documento) è intitolato “Una parola comune tra noi e voi” ed è una sorta di lettera aperta in cui si auspica di avviare una stagione di dialogo profondo che è il supremo gesto di responsabilità delle diverse fedi di fronte all’umanità di oggi. Si legge infatti:
Trovare il terreno comune fra musulmani e cristiani non è semplicemente una questione di corretto dialogo ecumenico fra i vari capi religiosi. Il Cristianesimo e l’Islam sono rispettivamente la più numerosa e la seconda più numerosa religione nel mondo e nella storia. Cristiani e Musulmani costituiscono rispettivamente, secondo le statistiche, oltre un terzo e oltre un quinto dell’umanità. Insieme formano oltre il 55% della popolazione mondiale; ciò fa della relazione tra queste due comunità religiose il più importante fattore per il mantenimento della pace in tutto il mondo. Se Musulmani e Cristiani non sono in pace, il mondo non può essere in pace. Con il terribile armamento del mondo moderno e con Musulmani e Cristiani interconnessi ovunque mai come ora, nessuna parte può vincere unilateralmente un conflitto che coinvolga più della metà degli abitanti del mondo. Così il nostro comune futuro è in pericolo. E’ forse in gioco la stessa sopravvivenza del mondo.
E a quelli che ciononostante provano piacere nel conflitto e nella distruzione, o stimano che alla fine riusciranno a vincere, noi diciamo che anche le nostre anime eterne sono in pericolo se non riusciremo a fare sinceramente ogni sforzo per la pace e giungere ad un’armonia condivisa. Dio dice nel Sacro Corano: In verità Dio ha ordinato la giustizia e la benevolenza e la generosità nei confronti dei parenti, e ha proibito la dissolutezza e ciò che è riprovevole e la ribellione. Egli vi ammonisce affinché ve ne ricordiate (Al Nahl, 16:90). Gesù Cristo (su di lui la Pace) disse: Beati gli operatori di pace....(Matteo 5:9), e anche: Qual vantaggio avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima? (Matteo 16:26) …
Facciamo quindi in modo che le nostre differenze non provochino odio e conflitto tra noi. Gareggiamo gli uni con gli altri solamente in rettitudine e in opere buone. Rispettiamoci, siamo giusti e gentili, e viviamo in pace sincera, nell'armonia e nella benevolenza reciproca.
Se il documento non appare completamente esaustivo di un dialogo che crediamo debba toccare anche tutti gli ambiti della vita individuale, sociale e politica affrontando temi come la laicità e la libertà religiosa, pur tuttavia sentiamo che la “prospettiva centrale” che esso pone è quella giusta per vivere una autentica dimensione di dialogo. Il cuore del documento è l’invito, ad entrambe le religioni, a ripartire da un radicale approfondimento del comandamento centrale per Cristianesimo ed Islam: “l’amore a Dio e al prossimo”. Comandamento che diventa la “chiamata universale” che caratterizza le nostre fedi. Una chiamata che è nutrita più da una profonda dimensione spirituale che da riflessioni squisitamente teologiche.
Questa è la prospettiva che anche noi riteniamo autentica e centrale
e ringraziamo di cuore i fratelli che hanno redatto questo scritto!
Solo dall’approfondimento di questa “chiamata universale” e solo da una dimensione di conversione autentica a questo comandamento comune possono nascere e svilupparsi, per entrambe le religioni:
1) la rinuncia ad ogni forma di violenza.
2) la denuncia di ogni fondamentalismo come degenerazione patologica della coscienza religiosa
3) il coraggio di disarmare Dio e disarmare l'umanità in nome del Dio della vita e dell'amore
4) la bellezza della testimonianza nonviolenta come apporto comune alla costruzione del futuro.
Queste sono le parole forti e la testimonianza limpida che il mondo attende. E sono parole che, insieme, le nostre due fedi sono chiamate a dire con chiarezza. Come affermava Giovanni Paolo II, “la violenza è male, la violenza come soluzione ai problemi è inaccettabile, la violenza è indegna dell'uomo. La violenza è una menzogna, poiché è contraria alla verità della nostra fede, alla verità della nostra umanità. La violenza distrugge ciò che sostiene di difendere: la dignità, la vita, la libertà degli esseri umani”.
Una risposta che diventa impegno
Parecchi leader cristiani del mondo hanno già risposto alla lettera.
Molto interessante è il documento del Consiglio Ecumenico delle Chiese che parla dell’apertura di una “nuova stagione del dialogo” tra Islam e Cristianesimo.
Nella Chiesa Cattolica sono stati già avviati una serie di incontri con il Pontificio Consiglio per il Dialogo Inter-religioso in vista di un incontro dei 138 con il Papa e si è proposta la creazione di un Forum di dialogo permanente cristiano-islamico. Lo spirito che li anima è quello affermato dal Papa nel discorso tenuto a Colonia nel 2005:
Il dialogo interreligioso e interculturale fra cristiani e musulmani «non può ridursi a una scelta stagionale. Esso è, infatti, una necessità vitale, da cui dipende in gran parte il nostro futuro [...]. Solo sul riconoscimento della centralità della persona si può trovare una comune base di intesa, superando eventuali contrapposizioni culturali e neutralizzando la forza dirompente delle ideologie [...]. Quante pagine di storia registrano le battaglie e le guerre affrontate invocando, da una parte e dall’altra, il nome di Dio, quasi che combattere il nemico e uccidere l’avversario potesse e essere cosa a Lui gradita. Il ricordo di questi tristi eventi dovrebbe riempirci di vergogna, ben sapendo quali atrocità siano state commesse nel nome della religione. Le lezioni del passato devono servirci a evitare di ripetere gli stessi errori. Noi vogliamo ricercare le vie della riconciliazione e imparare a vivere rispettando ciascuno l’identità dell’altro».
In attesa dell’incontro del Papa con i redattori della lettera dei 138, sentiamo di dover rilanciare a tutti i Punti Pace e agli aderenti del Movimento questo scritto; l’invito è a leggerlo, meditarlo, farlo vostro e a rilanciare le strade del dialogo nei vostri territori, nella ferialità, con i fratelli e le sorelle mussulmane con le quali abitualmente organizziamo percorsi comuni lungo le strade della costruzione della pace. Così come rilanciamo l’invito a vivere localmente l’impegno a proseguire in gesti di amicizia e di stima come la “giornata del dialogo cristiano islamico” che si tiene ogni anno al termine del Ramadam.
Crediamo davvero che possa essere la risposta costruttiva
al clima di sfiducia ed intolleranza che respiriamo quotidianamente.
Vi salutiamo invocando sul cammino di tutti voi le sempre attualissime parole che sono risuonate ad Assisi il 24 Gennaio del 2002. Parole profetiche, parole di pace, parole di impegno!
SHALOM
Il Consiglio Nazionale di PaxChristi Italia
Il Decalogo di Assisi per la Pace
1. Ci impegniamo a proclamare la nostra ferma convinzione che la violenza e il terrorismo si oppongono al vero spirito religioso e, condannando qualsiasi ricorso alla violenza e alla guerra in nome di Dio o della religione, ci impegniamo a fare tutto il possibile per sradicare le cause del terrorismo.
2. Ci impegniamo a educare le persone al rispetto e alla stima reciproci, affinché si possa giungere a una coesistenza pacifica e solidale fra i membri di etnie, di culture e di religioni diverse.
3. Ci impegniamo a promuovere la cultura del dialogo, affinché si sviluppino la comprensione e la fiducia reciproche fra gli individui e fra i popoli, poiché tali sono le condizioni di una pace autentica.
4. Ci impegniamo a difendere il diritto di ogni persona umana a condurre un'esistenza degna, conforme alla sua identità culturale, e a fondare liberamente una propria famiglia.
5. Ci impegniamo a dialogare con sincerità e pazienza, non considerando ciò che ci separa come un muro insormontabile, ma, al contrario, riconoscendo che il confronto con la diversità degli altri può diventare un'occasione di maggiore comprensione reciproca.
6. Ci impegniamo a perdonarci reciprocamente gli errori e i pregiudizi del passato e del presente, e a sostenerci nello sforzo comune per vincere l'egoismo e l'abuso, l'odio e la violenza, e per imparare dal passato che la pace senza la giustizia non è una pace vera.
7. Ci impegniamo a stare accanto a quanti soffrono per la miseria e l'abbandono, facendoci voce di quanti non hanno voce e operando concretamente per superare simili situazioni, convinti che nessuno possa essere felice da solo.
8. Ci impegniamo a fare nostro il grido di quanti non si rassegnano alla violenza e al male, e desideriamo contribuire con tutte le nostre forze a dare all'umanità del nostro tempo una reale speranza di giustizia e di pace.
9. Ci impegniamo a incoraggiare qualsiasi iniziativa che promuova l'amicizia fra i popoli, convinti che, se manca un'intesa solida fra i popoli, il progresso tecnologico espone il mondo a crescenti rischi di distruzione e di morte.
10.Ci impegniamo a chiedere ai responsabili delle nazioni di compiere tutti gli sforzi possibili affinché, a livello nazionale e a livello internazionale, sia edificato e consolidato un mondo di solidarietà e di pace fondato sulla giustizia
Allegati
un parola in comune
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