Diritti Animali

Questa la triste fine degli “animali corridori”

La nazione che vanta la prima associazione protezionistica, a favore degli animali nel mondo, non rinuncia a certe tradizioni profondamente radicate soprattutto a livello di chi è di sangue blu.
23 luglio 2006
Oscar Grazioli

La notizia sulla uccisione dei levrieri inglesi,riportata dal Sunday Times, non sorprende più di tanto. Da molto tempo ci si chiede che fine fanno i cani da corsa che inglesi e spagnoli impiegano nel business delle corse di cani. In realtà la domanda è sempre stata retorica. Sapevamo che la maggior parte faceva una brutta fine. David Smith, un tranquillo padre di famiglia, è accusato di aver sorpreso e bruciato oltre 10.000 levrieri nel giardino di casa sua, a Seaham, nella contea di Durham, Galles. La mattanza andrebbe avanti da 15 anni, e sarebbe connessa con il business delle corse dei cani: a carriera terminata, gli animali sarebbero stati eliminati perché non più competitivi. Questo ci riporta l’ANSA, riprendendo i tabloid inglesi. La nazione che vanta la prima associazione protezionistica, a favore degli animali nel mondo, non rinuncia a certe tradizioni profondamente radicate soprattutto a livello di chi è di sangue blu.

Che poi queste tradizioni vengano inquinate dal profumo dei soldi poco importa e poco importa se decine di migliaia di Greyhounds sacrificano zampe e vita nelle piste da corsa. Strana analogia con la battaglia che sta conducendo Libero a favore di norme più severe che tutelino il benessere animale nelle varie manifestazioni “storiche” che si svolgono in tutta Italia. Strana analogia con l’atavica domanda, anch’essa retorica. Ma dove finiscono i cavalli, che non possono più correre, dopo aver calpestato gli asfalti della Sicilia o la nobile pista del Palio di Siena? Nobile dubbio, anche questo, visto che ogni volta che è stata richiesta una documentazione sui cavalli feriti, la risposta è sempre stata, più o meno “fatti nostri”. Se per i poveri levrieri la fine è l’uccisione e il seppellimento, per i cavalli c’è un fatto aggravante. Che molti di questi possano entrare nel circuito alimentare, visto che in Italia il consumo di carne di cavallo è uno dei più elevati in Europa, mentre i cani almeno non si mangiano. E con tutto quello che gli fanno trangugiare prima dei palii, non sarebbe tutta salute per i consumatori.

Attualmente, in Gran Bretagna, non esiste una legge che vieti espressamente le azioni compiute da Mr. David Smith. E chi se ne frega di un levriero che si è spaccato le zampe e si è dannato l’anima per tutta la vita, senza vedere altro che gabbie e piste davanti a lui? Ho un caro amico che ne ha adottato uno. A quattro anni era già troppo usurato per correre ancora. Era di una dolcezza unica, ma ha dovuto collocarlo presso un amico perché, appena vedeva il gatto muoversi, era una saetta, anzi un levriero: lo aveva già in bocca. Non aveva visto altro che una preda finta davanti agli occhi per tutta la vita. Ora l’Inghilterra dovrà rispondere in Parlamento di quanto accade e forse, come per la caccia alla volpe, qualcosa cambierà anche per i levrieri.

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