Gatti e falchi mummificati come i faraoni. Sul corpo degli animali trovati gli stessi oli usati per gli umani
6.10.04
BRISTOL-Che gli antichi Egizi venerassero il gatto ed altri animali, attribuendo loro proprietà e poteri divini, è noto.
Quello che ha sempre affascinato il mondo intero è il processo di mummificazione in grado di mantenere il corpo in ottime condizioni a distanza di millenni. Si sapeva che questo procedimento non era riservato soltanto all’uomo, ma veniva applicato anche sugli animali che ne seguivano il viaggio oltre la vita terrena. Si pensi soltanto che nel 1850 è stato ritrovato un cimitero che ospitava oltre 3000 mummie feline. Ciò che hanno scoperto recentemente gli studiosi dell’università di Bristol è decisamente sorprendente. Si pensava che i gatti e gli altri animali venissero semplicemente avvolti in drappi di lino o tutt’al più immersi nella resina e poi fasciati nel tessuto. Invece i ricercatori britannici hanno scoperto, utilizzando raffinate tecniche di cromatografia e spettrometria di massa, che questi animali subivano gli stessi procedimenti destinati ai loro proprietari. Le analisi sono state effettuate su quattro mummie animali: un gatto, due falchi e un ibis. I risultati sono stati pubblicati su Nature.
Prima di prendere in considerazione le conclusioni di queste ricerche converrà fare un passo indietro. Il clima caldo e secco dell’Egitto permetteva di mantenere i corpi nella sabbia per secoli, ma quando iniziò la costruzione di tombe complesse il corpo non era più a contatto con la sabbia e si dovette inventare un procedimento che lo conservasse. I sacerdoti imbalsamatori avevano un ruolo sociale molto elevato nella società egizia. Erano coloro che si occupavano dei defunti, ma dobbiamo ricordare che, per gli antichi egizi, la morte era solo un periodo di transizione tra due vite. Il procedimento di mummificazione era lungo e complesso. Con la mano di fini chirurghi i sacerdoti praticavano incisioni per sviscerare il corpo, badando bene a non toccare il cuore che doveva controllare la “vita” nell’al di là. L’immersione in bicarbonato di sodio e sale per due mesi lo rendeva secco, dopo di che veniva riempito di segatura, pepe, cipolle, stoffe e altre sostanze volte a dargli una sembianza di vita. Quindi veniva lavato e spalmato di oli balsamici e profumi conservati in preziosi vasi di alabastro. Ogni parte del corpo doveva essere trattata con un olio diverso. Una volta cosparso di incenso si procedeva alla bendatura, non prima di avere messo due globi di cristallo al posto degli occhi. Anche la bendatura era procedimento complesso che utilizzava speciali resine e amuleti utili alla dea protettrice per assicurare la resurrezione del defunto. Infine la mummia veniva depositata in sarcofagi doppi o tripli coperti di papiri e preziosi vari. La procedura, che raggiungeva vertici di vera e propria alchimia quando si trattava di un faraone, decadde con l’avvento del cristianesimo e venne proibita all’imperatore Teodosio nel 392.
I ricercatori inglesi hanno trovato, sul corpo delle mummie studiate, innumerevoli sostanze organiche tra cui cera vergine, gomma dolce, resine vegetali e oli balsamici utilizzati di routine per i parenti (umani) degli animali. Sono state trovate anche tracce di bitume che serviva come repellente per l’acqua, o per colorare di nero le mummie (il colore nero rappresentava la vita). Gli egizi trattavano i loro animali di casa (e anche molti selvatici) con enorme rispetto e lo studio delle mummie ci indica quale grado di benessere essi ricevessero dai loro proprietari. Un po’ come ai nostri tempi.
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