Campagna Nazionale "Meno fuochi d'artificio, più compassione". Innovare le feste patronali nella fedeltà a Dio e all'uomo.

LA REAZIONE DEI CRISTIANI SOTTOSOPRA

Riflessioni a staffetta sulle Feste patronali.
10 novembre 2006
Pino Ficarelli

Cristiani sottosopra

Era in corso il Consiglio pastorale in una grossa parrocchia di Foggia. Per questioni di lavoro sono giunto all’appuntamento con ritardo (circa 40 minuti). Come mia abitudine, mi sono messo in religioso ascolto dei relatori di turno per capire di cosa si stesse parlando ma, soprattutto, cosa si volesse realizzare. L’occasione era il centenario di un qualcosa che riguardava il santo a cui era dedicata la Parrocchia.
Dopo una interminabile ora la situazione che si era venuta a determinare, con l’accordo di quasi tutti i presenti (meno i giovani sui cui volti si leggeva tutto il disappunto) era grosso modo questa:
- Un programma di risveglio evangelico a livello territoriale con l’intervento dei padri “Passionisti”, ottimi oratori e conoscitori delle sacre scritture. Dopo lunga discussione, la proposta è stata respinta, sebbene valida, perché il costo da sopportare era ritenuto gravoso.
- Un programma di approfondimento sulla vita, le opere ed il messaggio del Santo “patrono” con l’intervento di un sacerdote diocesano di provata competenza e bravura. Una serie di incontri in parrocchia, momenti di preghiera e di riflessione.
FIRMA ANCHE TU! Aderisci alla Campagna nazionale per l'innovazione delle feste patronali.
La Capagna Nazionale "Meno fuochi d'artificio, più compassione" chiede ai vescovi, ai parroci, ai politici, ai laici ed ai Comitati Feste Patronali delle città d'Italia di:
1) EVOLVERE le feste patronali dallo spreco alla sobrietà compassionevole, destinando ogni anno almeno il 10% (l'ideale sarebbe il 50%) delle spese per le attività tradizionali della festa patronale (fuochi d'artificio, luminarie, bande...), alla realizzazione di impianti fotovoltaici sul tetto delle parrocchie, che produrrebbero energia elettrica rendendosi energeticamente autosufficienti. Di anno in anno si estenderebbe il progetto alle strutture pubbliche del paese.
2) AVVIARE un'opera permanente di restituzione ai poveri, attraverso progetti sociali di autosviluppo nei paesi del Terzo Mondo, utilizzando i soldi spesi abitualmente per pagare l'energia elettrica che le parrocchie e gli enti pubblici risparmierebbero.

Per sottoscrivere l'appello inviare un'e-mail con nome, cognome e città a: sarvodaya@libero.it

Il testo completo dell'appello: http://italy.peacelink.org/pace/articles/art_15974.html
- Necessità di dare visibilità all’evento. I Passionisti sarebbero potuti essere le “campane suonate a festa” per tutto il tempo della ricorrenza. Le luminarie poste lungo le strade di accesso alla Chiesa e nel periplo del piazzale antistante la medesima, sul sacrato e lungo la facciata, sarebbe risultato un forte richiamo ai “festaioli” di turno che non si lasciano mai scappare l’occasione per acquistare palloncini, noccioline, semini vari, lupini, zucchero filato e tanta inutile chincaglieria.
- Processione del Santo lungo le strade del quartiere il giorno della ricorrenza, con intonazione di canti, preghiere e presenza di banda musicale e spettacolo canoro in serata.
- Forte motivazione e attivismo da parte dei membri della Caritas parrocchiale, di Azione cattolica (con consegna delle tessere d’iscrizione fatta in pompa magna e nel corso della messa solenne) e di tutti i vari gruppi in attività (liturgico, della scuola cantorum, catechisti, animatori, ecc.) col fine di “scandagliare” lo stradario parrocchiale in cerca di finanziamenti, offerte, sponsor e cose del genere per affrontare, senza patemi d’animo, la “festa” della Parrocchia e del suo Santo Patrono.
- Dulcis in fundo e per chiudere in bellezza, il fuoco pirotecnico sparato a suggello di una fede chiassosa tanto per poter alimentare l’inutile considerazione “è stata una bella e degna festa grazie agli organizzatori”. La gente questo chiede; il sacerdote, come ministro di Dio, questo dà.
Allora ho chiesto la parola per dire: “non vi sembrano superati i tempi per continuare a proporre questo spreco inutile? Quale differenza c’è tra noi che siamo o ci riteniamo essere credenti e quelli che non lo sono e che noi ci ostiniamo a chiamare “pagani”? Niente! In definitiva facciamo le stesse cose. Credete voi che il Santo che ci apprestiamo ad onorare sia proprio contento della scelta fatta? Cominciamo a definire in maniera diversa la nostra Chiesa, chiamiamola COMUNITA’ e non più Parrocchia. In una comunità non ci sono esclusi, in una parrocchia sì. Una comunità guarda l’ultimo o gli ultimi del proprio popolo, la parrocchia spesso difetta di questa attenzione. Una comunità si fa carico di tutto, la parrocchia spesso presta ascolto solo ai farisei di turno, ai cicisbei di corte e agli adulatori per vocazione. Il sacerdote di una comunità conosce bene le sue “pecore” e le chiama per nome, una per una. Quello della Parrocchia spesso è in attesa perenne del fedele domenicale, semmai sempre in difetto di tempo per la santa messa.
Eliminiamo questa sorta di festa dai connotati di una farsa. Andiamo in cerca di offerte, donazioni, e sponsorizzazioni ma con un diverso proposito: quello di spendere bene e meglio questo denaro. Fermo restando la preghiera, l’approfondimento, le messe, le confessioni, la chiesa aperta fino alle ore 24,00, lo studio e la significatività del messaggio del Santo, cerchiamo di “capitalizzare” le offerte che la generosità della gente ci farà pervenire. Questa Comunità presenta aspetti molto eterogenei per tenore di vita. C’è una vasta zona “popolare” entro cui ci sono fenomeni di estrema povertà, degrado, abbandono scolastico, disoccupazione giovanile, spaccio di droga ed altro ancora. Vogliamo ancora continuare a far finta che questa porzione di comunità non esista? L’aspetto non è tanto quello di vedere o non vedere il problema qui e adesso. Tanto, una cosa è certa ed è quella che prima o poi il problema entrerà nella casa di ciascuno e riguarderà tutti noi. Allora, nessuno avrà cura di noi perché noi non ci siamo presi cura degli altri. La Chiesa è chiamata a prendersi cura degli ultimi e non dei primi!
Così stando le cose, credo che non ci resti altro da fare se non agire diversamente e seriamente, tenendo presente due elementi: cosa e come fare per pre…occuparci degli altri. Ecco la mia idea: ci sono nella nostra comunità molte persone anziane, alcune di queste, nella propria vita lavorativa, hanno esercitato dei mestieri come falegnami, fabbri, calzolai, ecc. Chiamiamoli ad impegnarsi per trasmettere il loro “patrimonio” di conoscenza ai tanti giovani che vanno in giro a far niente. Offriamo lo spazio disponibile e recuperabile nella struttura annessa alla Chiesa e consentiamo di aprire tanti laboratori quanti sono i “maestri” disponibili. In breve: si recuperano mestieri “in via di estinzione”, rendiamo attiva una popolazione anziana spesso dimenticata, offriamo ai giovani una prospettiva ed un’attesa diversa dall’ozio. Questo è un segnale forte di cosa si intende per Comunità. Si recuperano forze e patrimoni che rischiano di essere perduti e si traccia una nuova via alla SPERANZA. Si crea così un clima nuovo, un sentire diverso, dei cristiani capaci di testimoniare la fede.
Il quartiere, la parrocchia, le case belle e quelle popolari, la gente povera e disperata e quella benestante e tranquilla, tutti insieme a sentirsi Comunità di credenti.
L’alternativa, ho proseguito, è quella di metterci in contatto con una delle tante comunità di missionari (comboniani, salesiani, giuseppini, ecc.) per proporre un progetto da realizzare con la popolazione locale ( in Africa, sud America), volto alla costruzione di un pozzo o all’acquisto di attrezzi per lavorare la terra o di animali da pascolo, ecc. . Un progetto condiviso non per mettere le mani su qualcosa ma per mettersi nelle mani di qualcuno. Ecco altro segno di comunità che si prende cura dei disperati della terra.
“Questa è una parrocchia e non spetta a noi preoccuparci di questioni sociali di spettanza degli enti locali”. “ Non si può trasformare questa parrocchia in laboratori di arte e mestieri di cui altri dovrebbero farsi carico”. “Questo è un luogo ove i credenti vengono per pregare e fare attività di formazione e di educazione cristiana”. “I locali servono per le attività dei gruppi impegnati nella catechesi”, ed altre cose del genere, compresa una singolare colta a volo. Diceva: “ma chi è questo un comunista”? I farisei di turno si affannavano a demolire le mie proposte, appoggiati dai satrapi gongolanti della benevolenza del parroco. Quest’ultimo non ha detto niente. Nulla che lasciasse intravedere la sua opinione, il suo sentire, la sua determinazione. Era lì fermo, col volto inespressivo, gli occhi fissi e senza alcun bagliore, portato a sostenere più le posizioni dei cristiani d’occasione che la mia proposta dal segno “rivoluzionario”. L’unico segno di vita era la pelle del suo volto che cambiava colore assumendo le varie tonalità del rosso.
Questo è quanto e correva il periodo sul finire degli anni 80. La data precisa non la ricordo.
Ciò detto, preciso che ho oltre 60 anni, che ho fatto, con mia moglie, attività di catechismo e di animatore. Per scelta ho condiviso con la mia famiglia alcuni anni di esperienza nella Comunità di Emmaus, centro di accoglienza per ragazzi con problemi di droga e di alcolismo (spesso entrambi per la stessa persona).
Per un periodo di tempo ha preso parte, con mia moglie, alla comunità “Vita più” preposta ad accogliere ragazze in difficoltà. Faccio parte dell’Associazione “Tierra sin fronteras” che è confluita nella ONG SOLIDAUNIA, organizzazione non governativa che si occupa dei disperati della terra con proposte, impegni e progetti. Faccio parte da anni, sempre con mia moglie, di un gruppo di preghiere e approfondimento della Parola che fa capo alle suore Oblate del Sacro Cuore, il cui carisma della comunità è, oltre alla preghiera, quello di aiuto e supporto ai sacerdoti. Questa comunità di suore ha anche missioni in Africa, in India, in sud America e negli Stati Uniti. Ecco chi è il “Comunista” indicato nel corso di quel Consiglio Pastorale. Credo di poter dire che ad una buona comunità corrisponde un buon sacerdote. Una buona comunità deve farsi carico del delicato impegno del sacerdote chiamato a rappresentare Cristo. Non può trascurarlo ma neppure adularlo; deve essere sempre pronta all’aiuto ma deve anche saper dire no quando occorre. Deve seguire il suo insegnamento e vigilare sulla qualità della sua chiamata. Deve saper dire “SI “ma poter dire anche “NO”.
Ecco la ragione che mi ha spinto ad aderire alla vostra Campagna nazionale per la riforma delle Feste patronali, volta a scuotere la coscienza assopita di tanti cristiani, ma soprattutto a sensibilizzare quella dei sacerdoti perché capiscano che “il popolo” non sempre fa le scelte giuste. Per questo occorre il buon pastore. *

Pino Ficarelli

www.uomoplanetario.org

Note: Altri link della Campagna:

- don Antonio Ruccia, "Ripensare le feste patronali"

http://italy.peacelink.org/pace/articles/art_18351.html

- Matteo Della Torre, "Lettera al Presidente del Comitato Festa Patronale"

http://italy.peacelink.org/pace/articles/art_18203.html

- APPELLO: "Meno fuochi d'artificio più compassione"

http://italy.peacelink.org/pace/articles/art_16469.html

- Matteo Della Torre, "La retrograda "Diana pirotecnica" - documento mp3

http://italy.peacelink.org/pace/articles/art_18383.html

- Il grido dei poveri - Numero speciale dedicato alla Campagna nazionale "Meno fuochi d'artificio più compassione"

http://italy.peacelink.org/pace/articles/art_16059.html








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