Kimbau

Diario di viaggio

Come è difficile arrivare a Kimbau

Dopo meno di un chilometro, il camion si è fermato. Questa volta ha un problema di trasmissione. E non siamo riusciti ad arrivare a Kimbau. Dopo aver profuso tutte le mie risorse mentali e fisiche, mi rimetto nelle mani di Dio. Che possa illuminare me a trovare altre soluzioni e che possa guidare la mano del meccanico a rendere possibile questo viaggio!
27 febbraio 2011
Paolo Moro

Cari amici,
sono in una situazione molto seria: spero di venirne fuori quanto prima.

Che fatica...! E che stress...! Camion

Dunque, riepilogando, questa settimana è stata caratterizzata da una sfilza di problemi.

Primo: la macchina. Dopo aver avuto, con gran fatica, i documenti, l'autista mi ha chiesto di portarla al lavaggio. Nel lavarla, ha pensato di far bene lavando anche il motore con abbondante acqua. Risultato: panne totale del sistema elettronico. La spesa è stata di 400 dollari circa. Ho avuto difficoltà di spostamento nel momento cruciale di allestimento del carico per Kimbau.

Vi sono stati poi ritardi da parte dell'officina per la consegna dei tubi, ecc.

Finalmente giovedì iniziamo a caricare con non poche traversie. A sera, non avendo potuto finire di caricare, si decide di terminare l'indomani di primo mattino e di partire in giornata. Ma le cose vanno per le lunghe e si fa sera. Ma decido a partire comunque. Alle 18.00 ci mettiamo in marcia. Il venerdì porta scarogna? Bene: il camion ha una panne di balestre. Il tutto rinviato a sabato in mattinata con il proposito di partire nel primo pomeriggio. La riparazione si protrae fino a notte inoltrata, con tutte le conseguenze immaginabili. Alle due di notte, dopo una intera giornata (dalle sei la mattina senza mangiare e bere) siamo pronti per partire: deo gratias! Ma la delusione e lo sconforto è dietro l'angolo. Dopo meno di un chilometro, il camion si ferma. Questa volta ha un problema di trasmissione. Non essendo prudente restare sulla strada a quell'ora, con i miei passeggeri (tre professori ed una suora di Kimbau) decidiamo di tornare al convento creando non pochi disagi anche lì. Mezz'ora fa ho telefonato al proprietario del camion e mi ha assicurato che in mattinata risolve il problema: sarà vero?

Qui nel Congo può succedere tutto e il contrario di tutto. Non so cosa dirvi, né sono in grado di fare previsioni. Dopo aver profuso tutte le mie risorse mentali e fisiche, mi rimetto nelle mani di Dio. Che possa illuminare me a trovare altre soluzioni e che possa guidare la mano del meccanico a rendere possibile questo viaggio!

Non sono riuscito a dormire e comunque mi accingo ad un'altra giornata di calvario.

Ma nella coscienza di aver fatto tutto ciò che è in mio potere, mi impongo di essere calmo in modo di evitare errori. Questa è la sintesi della situazione. Da Kimbau sarà impossibile comunicare, se proprio avrò necessità andrò all'albero della parola (5 ore di macchia): solo in quel punto il cellulare ha un po' di campo.

Un abbraccio a tutti

Paolo

Note: Questo viaggio per Kimbau è importantissimo perché serve a portare il materiale per riparare la centrale idroelettrica che porta elettricità e acqua all'ospedale diretto dalla dottoressa Chiara Castellani.

Questa è la lettera di incoraggiamento di Gaia Spera Lipari spedita a Paolo per email.



C‘è un tempo

per demolire e un tempo per costruire.
Un tempo per piangere e un tempo per ridere,
un tempo per gemere e un tempo per ballare.
Un tempo per gettare sassi e un tempo per raccoglierli,
un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci.
Un tempo per cercare e un tempo per perdere,
un tempo per serbare e un tempo per buttar via.
Un tempo per stracciare e un tempo per cucire,
un tempo per tacere e un tempo per parlare.
Un tempo per amare e un tempo per odiare,
un tempo per la guerra e un tempo per la pace (Qoelet)



Caro Paolo … c’è un tempo ….

Un tempo per scrivere … un tempo per leggere …

Lo spirito di condivisione che soffia e sussurra al cuore di tutti noi … ha fatto arrivare – grazie ad Alessandro - le tue parole nella mia posta …

Parole affannate, sudate, preoccupate … parole stanche, parole arrotolate nel vortice di un fare e disfare quotidiano … parole che trattengono i sentimenti per non restare bloccate nel dubbio come piedi nel fango … parole accennate come le paure che tutti abitano ma nessuno domicilia volentieri.

Parole tue e parole nostre. Parole lontane e vicine. Parole di carne macerata dall’imprevisto e abbronzata dal cocente rischio del possibile fallire.

Le macchine si guastano, i tempi si dilatano, la fatica si moltiplica, le giornate si infuocano, le sfide si perdono (talvolta), le forze si riducono, i progetti si deformano, le ore evaporano come acqua al sole africano …

Eppure … leggendo e rileggendo la tua mail non posso non vedere la luce che filtra tra le righe del tuo scritto e illumina il mio volto e il mio spirito …

C’è un tempo. Ed ogni tempo ha la sua durata.

C’è il tempo dei camion che si rompono e c’è il tempo dei camion che camminano e spostano tutto e tutti.

C’è il tempo dei programmi che saltano e il tempo di quelli che si realizzano

C’è il tempo del digiuno e c’è il tempo della sazietà

Se mi chiedessero oggi: quale di questi tempi ha più valore ?

Grazie a te, a Chiara, ed a quanti come voi fanno delle sfide il pane e del resistere l’acqua della loro sopravvivenza quotidiana … grazie a voi direi che il valore del tempo, di ogni tempo è nel saperlo vivere per quello che è e non per quello che dovrebbe contenere.

Il passo del Qoelet con cui ho iniziato a scriverti dovrebbe essere bussola al camminare di tutti. Una bussola però che voi sapete usare, magari inconsapevolmente, molto meglio di me.

La tentazione subdola nel leggerlo è quella di valutare “cosa buona” il costruire, il ridere, il ballare, l’abbracciare, il cercare, il cucire, l’amare, la pace.

Ma la verità è che la giustapposizione delle alternative sposta il valore dal modo in cui occupi il tempo ricevuto alla capacità di accogliere ogni tempo per quello che esprime: essere dono, sempre e comunque: c’è - dato - un tempo!

E’ un dono il tempo in cui si costruisce ed è un dono il tempo in cui si demolisce, un dono il tempo in cui si cerca ed un dono il tempo in cui si perde, un dono il tempo in cui si ama e un dono anche il tempo in cui si odia.

Un dono il tempo in cui i camion e le macchine si muovono ed un dono il tempo in cui si rompono e si fermano.

Il tempo è un dono al di là di ogni risultato.

Saper vivere ogni tempo in pienezza è la prima e la più grande delle sfide.

Una sfida che te e Chiara sapete affrontare e vincere ogni giorno.

Il valore di ciò che siamo non è – a mio avviso – nei risultati che produrremo ma nella convinzione prima e nella capacità poi di regalare noi stessi, senza se e senza ma, ad ogni singolo istante di tempo vissuto.

Il cuore, la tenerezza, la pazienza, la carità, la tenacia, l’onestà, l’amore con cui avremo riempito l’ istante presente saranno la misura del valore della nostra esistenza. Anche - ed ancor più! - quando quell’istante lo avremo impiegato ad aspettare la riparazione di un’auto rotta!

Ci sono uomini - nell’economia come nella cultura - che portano (hanno portato e porteranno) grandi risultati destinati però ad essere inghiottiti dalla storia come castelli di sabbia e ci sono uomini che hanno vissuto immobili in letti non scelti, in prigioni sbarrate, in apparenti inattività che lasciano ed hanno lasciato alla storia testimonianze feconde ed eterne.

Tu e Chiara siete persone del tempo presente.

Del tempo vissuto con e nella logica del dono scambiato.

Del tempo accolto e restituito … prima di tutto a coloro ai quali è stata negata ogni speranza ed ogni scambio di doni.

Questo fa di voi luce e sale al di là di ogni vostro dire, risolvere o concretizzare.

Perché per me – e non solo per me - il risultato non è e non sarà mai in che ciò che lascerete alle vostre spalle (mai abbastanza a ben pensarci), il risultato è – già qui ed ora - nel voler restare nonostante tutto ad offrire il vostro tempo e tutti voi stessi a chi non chiede di più!

Per questo, e non solo per questo, ti e vi sono grata.

Con affetto ed amicizia

Gaia



p.s.

15 anni fa ho letto un libro di Henri Nouewn.

Non so perché … dopo aver letto la tua mail, caro Paolo, mi è tornato alla mente quel libro. Mi sono messa a cercarlo. L’ho finalmente trovato. Ed ho capito perché mi era tornato in mente: mi parlava di te … di voi … e delle vostre lunghe ed esemplari … attese!



“L’attesa è attiva. La maggior parte di noi pensa all’attesa come a qualcosa di molto passivo, uno stato senza speranza determinato da eventi completamente al di fuori delle nostre mani. Ma non c’è passività nella Scrittura. Coloro che sono in attesa aspettano molto attivamente. Essi sanno che ciò che stanno aspettando sta germogliando dal terreno nel quale si trovano. Questo è il segreto. Il segreto dell’attesa è la fede nel seme, sapere che il seme è piantato, che qualcosa è iniziato. Una persona in attesa è qualcuno che è presente al momento, che crede che questo momento è il momento. Una persona in attesa è anche una persona paziente. La parola pazienza vuol dire la buona volontà di stare dove siamo e di vivere la situazione nella fede che qualcosa di ora nascosto si manifesterà a noi. Le persone impazienti si aspettano che l’evento importante stia avvenendo in qualche altro luogo e vogliono quindi andare altrove. Il momento presente è vuoto. Le persone pazienti, invece, osano restare dove sono . Vivere con pazienza significa vivere attivamente nel presente e qui attendere. Ma c’è di più. L’attesa è senza fine. Un’attesa senza fine è difficile per noi perché tendiamo ad aspettare qualcosa di molto concreto, qualcosa che desideriamo avere. Molto della nostra attesa è pieno di desideri: vorrei … vorrei … vorrei …. Questo nostro attendere è un modo di tenere sotto controllo il futuro. Noi vogliamo che il futuro vada in una direzione molto precisa, e se questo non accade ci rammarichiamo e possiamo persino scivolare nella disperazione. Questo è il motivo per cui ci è tanto difficile trascorrere il tempo dell’attesa; vogliamo fare le cose che porteranno alla realizzazione degli eventi desiderati. E qui possiamo vedere come i desideri tendono ad essere collegati con le paure. Zaccaria, Elisabetta, Maria … non erano pieni di desideri. Erano pieni di speranza. La speranza è qualcosa di molto diverso. La speranza è avere fiducia che qualcosa si compirà secondo le promesse e non semplicemente secondo i nostri desideri o i nostri tempi. Quindi la speranza è senza fine. Attendere a tempo indeterminato è un atteggiamento enormemente radicale verso la vita. E’ avere fiducia che accadrà qualcosa che è molto al di là della nostra immaginazione. E’ abbandonare il controllo del nostro futuro. E’ vivere con la convinzione che Dio ci plasma secondo il suo amore e non secondo la nostra paura. La vita spirituale è una vita in cui aspettiamo, stiamo in attesa, attivamente presenti al momento, aspettando che cose nuove accadano, cose nuove che sono molto al di à della nostra stessa immaginazione o previsione. Questo, certamente, è un atteggiamento molto radicale verso la vita in un mondo preoccupato solo di controllare gli eventi (Henri Nouwen)
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