Brasile: di’ no alle armi e sì alla vita
Esiste un organismo multilaterale chiamato OCDE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) che riunisce i 30 paesi ricchi. Per ogni dollaro destinato alla cooperazione, i trenta spendono 10 dollari per attività militari. Il dato è del Rapporto sullo Sviluppo Umano, ONU/2005.
Nel 2000 sono stati spesi in armamenti 524 miliardi di dollari. Nel 2003, pós-Bin Laden, 642 miliardi di dollari. Un aumento del 25%. E nel 2003 i 30 paesi hanno destinato alla collaborazione con i paesi più poveri solo 69 miliardi di dollari. Cioè, 10% di quanto si è investito in armi. Il caso degli USA causa orrore, come direbbe mio nipote: 1% del suo bilancio è andato per gli aiuti internazionali e il 25% per attività belliche.
Tutto l’aiuto che, durante un anno, quei paesi danno per combattere l’AIDS rappresenta appena tre giorni di spese militari. Conviene ricordare che l’AIDS uccide circa 3 milioni di persone all’anno. La fame, 5 milioni di bambini all’anno. Un genocidio. La stessa ONU pratica quello che critica. Nel 2005, sta spendendo per mantenere i suoi caschi azzurri nelle zone di conflitto, più di quanto i paesi ricchi daranno in aiuti per l’Africa.
Nel Brasile, il 23 ottobre, votiamo per decidere se il commercio di armi deve o no essere proibito nel paese. Voterò SÌ. Risposta 2. Inchiesta dell’Unesco, diffusa il 9 settembre, dimostra che nel 2004 il numero di morti per armi da fuoco è diminuito del 15,4% rispetto alle previsioni. Sono state risparmiate 5.563 vite. E questo grazie alla campagna per il disarmo del governo Lula.
Tra il 2003 e il 2004, confrontati i numeri di vittime da armi da fuoco, c’è stata una riduzione dell’8,2%. Sono state risparmiate 3.234 vite. E’ un piccolo passo in avanti. Rispetto all’indice dei morti, è quasi niente. L’anno scorso, le pallottole uscite dalle canne di revolver e fucili, pistole e mitragliatrici, hanno falciato 36.119 vite in Brasile. Se non ci fosse la campagna per il disarmo sarebbero state circa 42 mila le vittime fatali.
Grazie al fatto che molti hanno detto addio alle loro armi, nella regione Sudest la riduzione di morti per armi da fuoco, nel 2004, è stato dell’ordine del 20,1%, la maggiore del paese. Meno armi, meno morti. Votare sì nel plebiscito del 23 ottobre è dire un sì alla vita.
L’argomento di che i malviventi continueranno armati è una fallacia. Meno commercio di armi, meno possibilità di ottenerle. Oggi i malviventi agiscono sotto l’effetto della droga. Quando vedono la vittima armata, sparano per uccidere. Le statistiche comprovano che una vittima disarmata ha più chance di sopravvivere di quella che porta con sé un’arma.
Il paese più violento del mondo sono gli USA. Più di 2 milioni di persone nelle prigioni. Ciò dimostra che violenza non è risultato della miseria, ma della mancanza di una cultura umanista. Chi impara a sentire piacere nell’uccidere pupazzi virtuali nei videogame sta bevendo il veleno bellicista. Ricerca recente rivela che, negli USA, 1,7 milioni di bambini vivono in una casa con armi. E 1/3 degli adulti possiede revolver o qualche tipo di fucile in casa (www.pediatrics.org). Nel 2002, gli spari hanno fatto 1.400 vittime tra bambini e adolescenti, dei quali 90% si incontravano in casa quando è avvenuta la fatalità.
Bush crede che la pace verrà come risultato dell’imposizione attraverso le armi. Il profeta Isaia indica il cammino contrario: solo ci sarà la pace come figlia della giustizia (32,17). Una civilizzazione dell’amore non sarà mai conquista di spiriti guerrieri.
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