Latina

La Ley Camarón cancella introduce una lunga serie di misure capestro

Panama: divieto di sciopero

Il Frenadeso chiama alla resistenza popolare
20 giugno 2010
David Lifodi

 A Panama è vietato scioperare. La norma, inserita astutamente all'interno di una riforma dedicata alla legislazione in materia di aviazione commerciale, diminuisce anche il potere di controllo dell'esecutivo in materia ambientale e introduce una lunga serie di misure capestro. Approvata in soli tre giorni da entrambe le camere del Parlamento, la "Ley 177", significativamente ribattezzata dalle organizzazioni popolari "Ley Camarón", riforma il Codice Penale, Giudiziario e del Lavoro, ma soprattutto cancella i diritti dei lavoratori. La manifestazione organizzata nei giorni dal Frenadeso (Frente Nacional por la Defensa de los Derechos Economicos y Sociales, un fronte plurale che raggruppa sindacati, movimenti e realtà di base del paese) nella capitale Ciudad de Panamá sarà solo la prima di una lunga serie finché la legge non sarà ritirata, spiegano i sindacalisti del Suntracs (Sindicato Único Nacional de Trabajadores de la Construcción y Similares). Sotto accusa il presidente Ricardo Martinelli, a cui si rimproverano inoltre le numerose assenze dal paese: secondo un'indagine indipendente del Frenadeso, in undici mesi di governo avrebbe trascorso oltre due mesi fuori da Panama. C'è chi giura che l'ultimo viaggio, mantenuto segreto dopo la visita ufficiale in Grecia, sia stato in Sudafrica per seguire i mondiali di calcio.
Di fronte al governo, che ritiene la limitazione del diritto di sciopero "un impulso allo sviluppo economico e alla creazione di nuovi posti di lavoro", le critiche provenienti dai sindacati sono molteplici. Innanzitutto preoccupa la norma varata per compiacere le imprese: in caso di sciopero, i padroni posso ricorrere ai crumiri, gli esquiroles, per mandare avanti la produzione e far fallire il blocco del lavoro. Dal Ministero del Lavoro, la ministra Alma Cortés ha spiegato che questa misura sarebbe stata presa in seguito ad una sollecitazione giunta dall'Oit (l'Organizzazione Internazionale delle Nazioni Unite, emanazione dell'Onu). In realtà l'Oit aveva si chiesto una riforma dei diritti del lavoro, ma nel segno di una maggiore apertura che il governo panamense ha sempre rifiutato di mettere in pratica. Inoltre, l'abolizione dell'obbligatorietà di pagamento della quota sindacale (altra norma all'interno della Ley 177) mette ancor più in difficoltà le organizzazioni sindacali poiché le priva di una significativa fonte di entrate.
L'obiettivo reale della cosiddetta "Ley Camarón" è quello di mettere fuori gioco i sindacati a vantaggio delle grandi imprese, ma non solo. Dall'approvazione della nuova legge lo Stato non sarà più obbligato a svolgere valutazioni d'impatto ambientale prima di nuove edificazioni. Questo avrà un impatto devastante nello sfruttamento dei territori e sulla vita delle persone che vivono nelle zone più appetibili per gli speculatori nel campo dell'edilizia, non a caso il fenomeno degli sfollati ambientali cresce quotidianamente soprattutto nel sud del mondo. L'eliminazione dello studio di impatto ambientale per opere che lo Stato consideri di interesse sociale vìola la Costituzione e i diritti umani, hanno spiegato le oltre 60 organizzazioni sociali, sindacali e ambientali che hanno promosso la mobilitazione di questi giorni.
La chiamata alla resistenza popolare contro la "Ley Camarón", o "Ley Chorizo", è dettata anche da un ulteriore motivo. La legge legalizza l'impunità della polizia e giustifica gli agenti coinvolti in casi di omicidio se commessi come cumplimiento del deber: potranno continuare a lavorare tranquillamente anche se soltanto per lo svolgimento di mansioni amministrative. Anche questo è fonte di forte preoccupazione in un paese dove già nel recente passato sindacalisti del Suntracs sono stati assassinati.
Infine, un appunto sull'approvazione della legge, avvenuta in fretta e furia. Anche in questo caso si parla di violazione della Costituzione: l'articolo 165 stabilisce che la riforma del Codice Penale, Giudiziario e del Lavoro spetti alla Corte Suprema di Giustizia e non all'esecutivo come invece è avvenuto.

 

 

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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