Latina

Il libro “Mães de Maio, mães do cárcere – A periferia grita” raccolgie le testimonianze dei parenti degli scomparsi

Brasile: le Mães de Maio denunciano la violenza poliziesca nelle periferie urbane

Sulla crescita della violenza pesa la politica repressiva del governatore Geraldo Alckmin
24 dicembre 2012
David Lifodi

Mães de Maio, mães do cárcere – A periferia grita è il titolo del libro uscito all’inizio di dicembre in Brasile e curato dalle madri di maggio in cui si chiede la smilitarizzazione delle forze di polizia nello stato di San Paolo e in tutto il Brasile.

La storia delle Mães de Maio brasiliane non è poi così diversa dalle più conosciute Madres de la Plaza de Mayo argentine. Quest’ultime si sono battute per ottenere verità e giustizia per i loro figli, inghiottiti nei centri di tortura clandestini e nei commissariati di polizia della dittatura, mentre le Mães de Maio esigono anch’esse notizie sui loro figli, spesso uccisi da una polizia militare con il grilletto facile, soprattutto nelle sterminate periferie urbane delle megalopoli brasiliane. Il movimento delle Mães de Maio, costituito da una rete di madri, ma anche da parenti e amici di persone assassinate dallo stato, sono sorte a seguito del sanguinoso maggio 2006 nella periferia paulista. A San Paolo in quel mese di sei anni fa si scatenò una guerra senza quartiere tra i gruppi legati al crimine organizzato e la polizia militare: in soli otto giorni furono uccisi sommariamente 506 civili, molti dei quali perché semplicemente sospettati di appartenere alle bande criminali. Su molti omicidi, condotti a termine senza alcuna prova, pesano le forti responsabilità di una polizia militare che nelle periferie antepone per principio le pallottole al dialogo. Nei primi sette mesi del 2012, ha rilevato il quotidiano Estado de São Paulo, nella capitale dello stato si sono già registrate circa un migliaio di esecuzioni extragiudiziali, oltre quattrocento nel solo mese di luglio. Un altro reportage, curato da Folha de São Paulo, segnala che la polizia militare brasiliana uccide con più frequenza di tutti i reparti di polizia statunitensi. I morti ammazzati a San Paolo sono di gran lunga superiori a quelli nella Striscia di Gaza, denunciano gli attivisti per i diritti umani. Sull’aumento della violenza poliziesca nelle periferie e nelle favelas pesa la politica repressiva di Geraldo Alckmin, il governatore dello stato di San Paolo, le cui politiche securitarie hanno dato mano libera alla polizia militare. La risposta di Alckmin alla richiesta di sicurezza è stata quella di militarizzare il territorio, rispondere alla violenza con altra violenza, autorizzare la polizia alla repressione indiscriminata, imporre lo stato d’assedio in molte zone difficili della capitale, giustificare gli omicidi dei militari con la legittima difesa. Agghiacciante, a questo proposito, una sua recente dichiarazione: “Il bandito può scegliere tra due opzioni: il carcere o la bara”.  “La polizia non vuole la gente nelle strade e il governatore Alckmin criminalizza la protesta sociale”, spiegano le mães, che parlano di una vera e propria emergenza democratica. Lo stato uccide tutti i giorni e i giovani uccisi dalla polizia vengono descritti come banditi di fronte all’opinione pubblica. Nel 2011 le madri avevano pubblicato un altro libro dal significativo titolo Do Luto á Luta, in cui parlavano della presenza, nelle file della polizia, di veri e propri squadroni della morte che facevano giustizia sommaria al di fuori della legge. Mães de Maio, mães do cárcere – A periferia grita, è suddiviso in tre capitoli. Il primo, grito familiar, è dedicato alle denunce raccolte dalle madri e dai familiari degli scomparsi. Il secondo, grito poético, ospita racconti e poesie di circa quaranta scrittori. La terza ed ultima parte, grito dos parceiros, dà spazio ai compagni di strada delle mães, collettivi e movimenti che hanno fatto propria la loro denuncia e l’hanno diffusa in tutto il Brasile. Il libro, che rende omaggio a tutte le vittime delle periferie urbane nel 2012, è stato presentato presso la sede del Sindicato dos Jornalistas de São Paulo. In quella circostanza è emersa, ancora una volta, la critica delle madri allo stato di San Paolo, e, più in generale al Brasile, che pure avrebbe sottoscritto precisi accordi internazionali in materia di diritti umani.  Sui giovani che abitano nelle periferie pende la spada di Damocle di una pena di morte che potrebbe essere eseguita ogni giorno per conto degli agenti paramilitari infiltrati nelle forze di polizia: i morti ammazzati sono principalmente neri, poveri e residenti  nei quartieri più degradati delle megalopoli. In una lettera aperta del 22 novembre indirizzata al governatore Alckmin, allo stato brasiliano e alla società civile, le madri chiedono che le esecuzioni extragiudiziali di cui si è resa responsabile la polizia siano trattate con la dovuta urgenza e che sia costituita al più presto una commissione parlamentare in grado di indagare sugli omicidi compiuti ai danni dei giovani delle periferie urbane. Inoltre, le mães esortano gli Istituti Medici Legali, che svolgono le perizie investigative su ordine della polizia, a rendersi autonomi e indipendenti dal punto di vista tecnico e finanziario. Infine, sottolineano ancora le madri, in uno stato di diritto dovrebbe essere esaminato attentamente il profilo sociale degli agenti che andranno a prestare servizio nelle periferie.

Le Mães de Maio sono in realtà madri dell’anno intero, il 2012, contrassegnato da una crescita costante della violenza urbana e di un razzismo istituzionale che legittima le azioni delle squadre paramilitari. Il Brasile che ha fatto della crescita economica il suo biglietto da visita, dovrebbe occuparsi anche delle madri e di tutti quei movimenti che, con le loro lotte, mettono in evidenza le enormi contraddizioni del gigante dell’America Latina. 

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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