Latina

Honduras: SABMiller si accanisce contro famiglie contadine

La multinazionale è sul punto di recuperare terre espropriate in un contesto di criminalizzazione della protesta
17 febbraio 2014
Giorgio Trucchi

Disegno Allan McDonald

Nel mese di dicembre dello scorso anno, la Corte suprema di giustizia dell'Honduras ha emesso una sentenza a favore dell'azienda di produzione di zucchero Azucarera del Norte SA (Azunosa), di proprietà della multinazionale anglo-sudafricana SABMiller. Nella sua risoluzione, la Corte avalla la decisione del Consiglio nazionale agrario e della Procura generale di revocare il decreto d'esproprio emesso dall'Istituto nazionale agrario (Ina) su 3.644 ettari di terre situate nella Valle del Sula, presuntamente appartenenti ad Azunosa .

SABMiller (South African Breweries e Miller) è il secondo maggior produttore di birra al mondo. Controlla più di 200 marche, tra cui l'italiana Peroni, vende più di 160 milioni di barili all'anno e rappresenta oltre l'11% del consumo mondiale di birra.

L'ordine di esproprio era stato emesso nel maggio del 2012, in considerazione del fatto che la multinazionale, che in Honduras controlla anche Cervecería Hondureña SA e possiede i diritti per la produzione e vendita della Coca Cola, avrebbe ampliato, senza farne richiesta alle autorità competenti, l'area totale delle sue piantagioni di canna da zucchero oltre i limiti massimi previsti dalla legge di Riforma Agraria.

In questo modo, Azunosa (SABMiller), che in sua difesa rivendica l'esistenza di un trattato bilaterale di protezione commerciale tra la Gran Bretagna e l'Honduras, avrebbe occupato e fatto un utilizzo illegale, per decenni, di queste terre, privando le famiglie contadine del diritto di beneficiare della riforma agraria. La decisione dell'Ina ha dato il via a un processo di "recupero" delle terre da parte di centinaia di famiglie che fanno parte dell'Associazione per lo sviluppo contadino di El Progreso, Adcp, e della Centrale nazionale dei lavoratori rurali, Cntc, scatenando una forte reazione da parte della multinazionale.

 In meno di un anno, le famiglie contadine non solo hanno subito ripetuti attacchi, minacce e vari episodi di persecuzione, ma sono anche state sgomberate per ben quattro volte e i macchinari della azienda di capitale anglo-sudafricano ha distrutto centinaia di ettari di produzione alimentare di prima necessità. A causa degli sgomberi, circa 1600 famiglie continuano a vivere accampate, in condizioni molto difficili, sui terreni del Centro sperimentale di formazione contadina “David Funes Villatoro”, di proprietà dell'Ina nella comunità di Agua Blanca Sur.

Criminalizzazione della protesta

Attualmente, 108 persone, tra cui vari minorenni, sono vittime di una vera e propria persecuzione giudiziaria. Magdalena Morales, segretaria generale dipartimentale della Cntc, è una di loro. Nel luglio 2013 è stata fermata, arrestata e in seguito condannata, concedendole le misure alternative al carcere. Sette mesi dopo e nonostante l'avvio del procedimento di concilizaione, la dirigente della Cntc e gli altri accusati continuano a vivere in una situazione di "limbo legale" e la loro lotta è continuamente criminalizzata.

“Stiamo vivendo una vera e propria tortura. Continuano a perseguitarci e a trattarci come criminali e questo soltanto perché difendiamo il diritto di migliaia di persone alla terra” ha dichiarato Magdalena Morales. La forte pressione esercitata da movimenti di solidarietà nazionali e internazionali ha comunque cominciato a dare qualche risultato. Lo scorso 14 febbraio, infatti, il tribunale di El Progreso, Yoro, ha emesso una sentenza di assoluzione provvisoria per la dirigente contadina, per i presunti delitti di usurpazione di terra, danni aggravati e continuati alla proprietà

Morales ha comunque spiegato che, durante l'ultimo anno, la sua vita è diventata un inferno. “Stiamo parlando con l'impresa, ma per il momento non c'è niente di concreto. Nel frattempo siamo stati additati e marchiati come delinquenti. Per la maggior parte degli accusati è diventato impossibile trovare lavoro. Viviamo in un clima di terrore e sappiamo perfettamente che si tratta di una strategia della multinazionale, la quale vuole obbligarci a rinunciare a questa giusta lotta per la terra. Una lotta che è anche una risposta alle autorità di questo Paese, che continuano a mostrare il proprio disinteresse nei confronti del settore rurale e che si inginocchiano di fronte agli interessi delle multinazionali” ha concluso la dirigente.

Originale: Rel-UITA (spagnolo)

Note: Traduzione: Sergio Orazi

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