Latina

Nel libro pubblicato da Emi il religioso racconta le sue battaglie contro un modello di sviluppo escludente

Ho udito il grido dell’Amazzonia: la lotta di dom Erwin Kräutler a fianco delle comunità indigene

Nel volume dom Erwin denuncia i rischi della centrale idroelettrica di Belo Monte
3 luglio 2015
David Lifodi

internet

Ho udito il grido dell’Amazzonia. Diritti umani e creato. La mia lotta di vescovo, di dom Erwin Kräutler, è una sorta di manifesto politico-ambientalista che ben rappresenta l’impegno in prima linea della Chiesa sociale e progressista brasiliana incarnandone le sue opzioni principali: la lotta a favore degli oppressi e la preferenza per la Teologia della Liberazione.

In un contesto ancora pieno di forti contraddizioni sociali quale è quello brasiliano, dom Erwin Kräutler non esita a schierarsi a fianco delle fasce sociali più deboli della società, calpestate dalle multinazionali e disprezzate dai governi di turno, eppure mai dome. Dom Erwin, di origine austriaca, ha vissuto tutti i principali momenti della storia brasiliana. Arrivato a Belém, stato del Pará, il 25 novembre 1965, il religioso ha sperimentato sulla propria pelle, e su quella dei suoi confratelli, cosa significhino il disprezzo, il razzismo e l’emarginazione di cui quotidianamente sono fatte oggetto le comunità nere e indigene, ma non ha mai perso il coraggio e la ferma volontà di denuncia. L’”afflizione del suo popolo” dom Erwin l’ha provata fin dal suo arrivo in Brasile: più volte sicari al soldo di imprese e proprietari terrieri hanno fatto di tutto per far tacere la sua voce profetica. Il 16 ottobre 1987, ad esempio, mentre dom Erwin Kräutler si stava recando negli accampamenti delle comunità di base che si trovavano sulla Transamazzonica, non lontano da Altamira (la città che oggi rischia di essere inondata dal mostruoso progetto della centrale idroelettrica di Belo Monte), un pick up piombò ad alta velocità sull’auto dove stava viaggiando il religioso insieme ad alcuni laici e ad altri sacerdoti, tra cui padre Salvatore Deiana, di origini sarde. L’obiettivo principale era dom Erwin Kräutler, che a causa dell’”incidente” trascorse varie settimane all’ospedale, ma a morire fu padre “Tore”. L’attacco nei loro confronti rientrava in una delle tante campagne anti-indigene lanciate dalla stampa borghese brasiliana per compiacere e sostenere i latifondisti e le imprese: si voleva impedire che la lotta di dom Erwin, e del Consiglio indigenista missionario (Cimi), per l’inserimento dei diritti indigeni in quella che oggi è conosciuta come la Costituzione del 1988, andasse a buon fine. O Estado de São Paulo per anni vomitò dalle sue pagine una serie di notizie calunniose per screditare dom Erwin Kräutler, il Cimi e le comunità indigene, ma non riuscì nel suo intento: la Costituzione federale riconobbe i popoli indigeni come “portatori di organizzazione sociale propria, usi, costumi, tradizioni, lingue materne e processi di apprendimento propri”, così come i diritti territoriali, a partire dalla demarcazione delle aree indigene. Fu una grande vittoria contro il modello escludente di società propugnato dalle elitesdel paese, ma purtroppo i diritti delle comunità indigene, come anche quelli di ribeirinhos, quilombolas e senza terra, sono rimasti solo sulla carta, travolti dalle politiche del profitto a tutti i costi. A questo proposito, dom Erwin Kräutler è sempre stato molto duro sia nei confronti di Lula sia verso DilmaRousseff, entrambi sostenitori di quel Pac (il Programma di accelerazione per la crescita) che ha, tra i suoi principali obiettivi, proprio l’edificazione del complesso idroelettrico di Belo Monte. Dom Erwin ha attraversato varie epoche storiche del Brasile, a partire dagli oltre venti anni di dittatura che, tra il 1964 e il 1985, cercarono di anestetizzare il paese, ma non ha mai perso la sua schiettezza: allora si schierò contro la costruzione della grande autostrada Transamazzonica (poi inaugurata nel 1972), la cui prima pietra fu posta dal generale Médici, oggi rappresenta la memoria storica delle battaglie per scongiurare la costruzione della megaopera di Belo Monte. La storia del complesso idroelettrico, che ha visto la ferma opposizione dei popoli indigeni che abitano sulle rive del fiume Xingu, è stata contrassegnata spesso dalla violenza, dall’imposizione di un modello di sviluppo socialmente ingiusto e degradante per l’ambiente, dal disboscamento illegale e dall’usurpazione delle terre pubbliche. A questo proposito, in più di una circostanza,domErwin Kräutler ha richiamato il Planalto ad un maggior impegno per l’applicazione di una riforma agraria impossibile da realizzare a causa dell’opposizione della bancadaruralista, trasversale agli schieramenti politici. Tuttavia, il libro di dom Erwin non racconta soltanto le battaglie sociali e politiche condotte dal Cimi e dalla Chiesa progressista brasiliana: una parte è dedicata anche alla mistica, all’incontro del cristianesimo con le culture indigene, all’evangelizzazione liberatrice nel segno delle conferenze di Medellín e Puebla e, ancora, ai tanti religiosi che hanno speso, e talvolta perso la loro vita, per affermare la supremazia della globalizzazione della speranza su quella dei mercati. Suor Dorothy Stang, assassinata il 12 febbraio 2005 per il suo impegno a fianco dei poveri e degli emarginati e per la sua dedizione alla causa ambientalista, solo pochi giorni prima di essere uccisa, aveva dichiarato ad un giornalista: “So che vogliono uccidermi, ma non fuggirò. Il mio posto è qui, a fianco di queste persone, costantemente umiliate da gente che si ritiene molto potente”.

Questo è il vero grido dell’Amazzonia, delle comunità in lotta, dei religiosi impegnati a fianco dei movimenti sociali e di un Brasile che nonostante tutto non intende abdicare la sua sovranità territoriale, ai mercati, al profitto e alle transnazionali.

 

Ho udito il grido dell’Amazzonia. Diritti umani e creato. La mia lotta di vescovo,

di Erwin Kräutler

Casa editrice Emi, 2015, Bologna, pagg. 286

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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