L’Uruguay esce da Unasur e aderisce al Tiar
Il cambio di rotta in politica estera ha rappresentato uno dei primi passi di rottura di Lacalle Pou e della sua Alianza Multicolor rispetto alla coalizione di centrosinistra che, a partire dal 2004, aveva governato ininterrottamente l’Uruguay, il più piccolo paese del Cono Sur latinoamericano. Del resto, non ci voleva molto ad immaginare che un governo di destra, convinto sostenitore del neoliberismo in economia, si allineasse alla visione degli Stati uniti a proposito della politica estera verso il continente, come testimoniato anche dalla presenza nel paese del sottosegretario Usa David Hale, il quale ha tenuto comunque a ricordare al piccolo stato divenuto da pochi mesi alleato che la sicurezza a livello globale rappresenta un tema ineludibile.
Sempre su indicazione, o forse sarebbe meglio dire imposizione, degli Stati uniti, l’Uruguay ha deciso che Antel, l’azienda statale di telecomunicazioni, non utilizzasse la tecnologia 5G sviluppata dalla cinese Huawei, da cui è scaturita una piccola crisi diplomatica con l’ambasciata della Cina a Montevideo.
La decisione dell’Uruguay di uscire da Unasur fa seguito a quella della Bolivia della presidenta golpista Añez, con la singolare motivazione che il blocco integrazionista aveva un’impostazione “politico-ideologica”. Al tempo stesso, la richiesta di Lacalle Pou di far tornare l’Uruguay all’interno del Tiar preoccupa perché il Tratado interamericano de Asistencia Recíproca è una creatura dell’Osa, l’Organizzazione degli stati americani che ha avuto come ultimo segretario quel Luis Almagro espulso dal Frente Amplio per aver promosso una serie di iniziative volte a destabilizzare il Venezuela bolivariano. Il Tiar ha una reale impostazione politico-ideologica.
Proprio ieri, Almagro è stato di nuovo rieletto, per il quinquennio 2020-2025, alla guida dell’Organizzazione degli stati americani, con il voto favorevole di 23 stati su 34, e questo non farà che rafforzare il Tiar, in più di una circostanza già espressosi a favore della soluzione militare contro Maduro. Lo stesso Lacalle Pou aveva già preannunciato che, in seno all’Osa, avrebbe votato per Almagro. In pratica, hanno appoggiato il falco anti-Venezuela la Colombia e gli Stati uniti, come era logico aspettarsi, il Canada, i poco credibili, e ancor meno democratici, presidenti di Paraguay, Brasile, Cile, Honduras, Guatemala, El Salvador ed Ecuador. Maria Fernanda Espinosa, rivale di Almagro, ha ottenuto il sostegno solo da Messico, Nicaragua, Panama, Argentina e dai paesi del Caricom, la comunità del Caribe. Addirittura l’Ecuador del traditore Moreno ha imposto al suo rappresentante in seno all’Osa di non votare per la connazionale Espinosa.
Sembra altrettanto probabile anche l’adesione dell’Uruguay a Idea – Iniciativa Democrática de España y las Américas, di cui già fanno parte l’ex presidente colombiano Uribe, il boliviano Jorge Quiroga, tra le altre cose braccio destro di Hugo Banzer, e gli ex presidenti messicani Vicente Fox e Felipe Calderón. Anche Idea va sempre più configurandosi come uno strumento di aggressione al Venezuela e di riposizionamento, a destra della destra, dei partiti ultraconservatori latinoamericani, non a caso tra i suoi fondatori vi è anche l’ex presidente spagnolo Aznar, da sempre in prima fila contro il chavismo.
La visita del nuovo cancelliere uruguayano Ernesto Talvi a Washington, proprio in occasione delle elezioni in seno all’Osa, per sostenere Almagro, rappresenta un chiaro e ulteriore messaggio del cambio di rotta dell’Uruguay.
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