Latina

Le sfide del movimento zapatista e dei sem terra nel loro ventennale

3 ottobre 2004
David Lifodi


I movimenti degli zapatisti e dei Sem Terra hanno compiuto 20 anni: nati per contestare la politica economica liberista, dal Nafta al più recente Alca, sono diventati due tra i movimenti simbolo della lotta contro le imprese multinazionali e i governi a loro subordinati che rifiutano di rispettare i diritti fondamentali degli esseri umani, delle collettività e dei popoli indigeni. In due paesi, Messico e Brasile, dove pochissimi hanno tutto e moltissimi non hanno niente, Mst e Ezln partono da una visione locale, quella dell’impegno per i diritti, rispettivamente, di contadini e indios, ma la loro lotta è diventata universale al fine di dar vita ad un movimento mondiale ancora in fieri, sfida crescente ai poteri del liberismo incarnato da Fox e da quel capitale finanziario internazionale che finora ha costretto Lula a rimanere legato agli impegni economici presi con il Fmi dal suo predecessore Cardoso . La lotta per il possesso della terra rappresenta la principale causa degli squilibri sociali in Chiapas, così come in Brasile, ed entrambi i movimenti si rendono portavoce della rottura con la vecchia idea che “i contadini non sono capaci di inventare il loro futuro” . Nel loro ventennale, quindi, zapatisti e sem terra lanciano la loro sfida su due aspetti: 1) la costruzione di un nuovo rapporto tra potere e cittadino; 2) lo stretto legame creato con la società civile, ritenuta il principale soggetto interlocutore e base d’appoggio dei movimenti.
Nuovo rapporto tra potere e cittadino. Zapatisti e sem terra aspirano alla costruzione di una società nuova in cui si crei un rapporto tra potere e cittadino che conduca ad una reale democratizzazione di Messico e Brasile non vincolata ai modelli economici imposti dalla globalizzazione: secondo i criteri del mercato, indios e contadini non sono utili alle dinamiche del neoliberismo e quindi vanno eliminati, per cui, afferma Marcos, “ciò che dobbiamo fare nell’era della globalizzazione è costruire un nuovo rapporto tra potere e cittadino” . Nel modello ideale di società per cui si batte il Mst, assume un ruolo centrale la riforma agraria associata ad un nuovo modello agricolo che garantisca un reddito agli agricoltori ed un futuro per chi vive nelle campagne, mentre l’Ezln chiede prioritariamente il riconoscimento della specificità dei diritti degli indios a cui il priista Zedillo e il panista Fox si sono sempre opposti. Inoltre, se entrambi i movimenti rivendicano una propria autonomia basata sulla conservazione e il rispetto delle risorse naturali e sul riconoscimento di un esercizio alla democrazia diretta e comunitaria che intende coinvolgere nelle decisioni l’intera collettività, il Mst ha poi trasformato questi temi in bandiera di lotta per tutta la società come parte integrante della riforma agraria, mentre l’Ezln ritiene fondamentale l’approvazione della cosiddetta “Legge Cocopa”. In tal modo il Mst rappresenta i desideri e le speranze di quasi 5 milioni di famiglie di lavoratori rurali senza terra che occupano latifondi e fanno pressione sul governo Lula che da solo non è in grado di attuare la tanto attesa riforma agraria stretto tra gli interessi dei grileiros (persone che cercano di impossessarsi di terre altrui attraverso falsi documenti di proprietà) che hanno invaso illegalmente le terre dell’Amazzonia e delle imprese, che hanno abbattuto gli alberi per aprire pascoli al bestiame o contaminato i fiumi con il mercurio per estrarre metalli preziosi. Il progetto della riforma agraria all’interno della società risolverebbe, secondo i sem terra, i problemi di lavoro, casa, educazione, salute e produzione degli alimenti per tutto il popolo brasiliano e permetterebbe di formare un fondo nazionale di investimenti sociali per la creazione di posti di lavoro e per l’aumento del potere d’acquisto della popolazione . Il Mst individua quindi nella riforma agraria la più efficace forma di lotta contro il pagamento del debito estero e le privatizzazioni delle imprese brasiliane contestando inoltre il modello delle élites che difendono i prodotti transgenici, i monopoli e le multinazionali; l’Ezln invece si oppone ai “progetti espansionistici del capitalismo messicano e internazionale che vogliono distruggere la cosmogonia indigena per integrarla, al primo cedimento, nella modernità” . L’approvazione della “Legge Cocopa” riconoscerebbe i popoli indigeni come parte del Messico, darebbe loro una specifica forma di organizzazione sociale e politica, ne garantirebbe inoltre la consultazione quando si prendono decisioni che li riguardano, il rispetto della cultura e uno spazio speciale per la donna indigena nella società messicana. “Nel Messico che vogliono gli zapatisti noi indigeni siamo indigeni e messicani” , ha ricordato la Comandante Esther, sia evidenziando l’aspirazione a divenire cittadini di prima classe e partecipare allo sviluppo del paese senza cessare di essere indigeni sia chiedendo che la democrazia diventi una realtà per tutti i messicani. In questo modo gli zapatisti potrebbero fare politica come qualsiasi cittadino senza bisogno né delle armi né dei passamontagna. In questo contesto, quindi, lo zapatismo non si propone di prendere il potere, ma si para di fronte al potere resistendogli e rifiutando le sue regole del gioco, è come un giocatore che, invece di muovere i pezzi degli scacchi della politica istituzionale, dà scacco agli avversari mettendo il loro scarpone sulla scacchiera.
La società civile. Grazie a movimenti come Mst e Ezln, è finita l’epoca in cui il neoliberismo era considerato acriticamente, come dimostrano le proteste contro l’impatto economico ed ecologico
dell’Alca sui popoli latino-americani (le più recenti in occasione del primo Forum Sociale delle Americhe tenutosi a Quito) e le critiche relative alla riforma indigena in Chiapas. La Jornada aveva definito questa riforma “light” perché, se un nuovo articolo della Costituzione riconoscerà la libera determinazione e l’autonomia dei popoli indigeni, i loro diritti saranno limitati ad una serie di cautele, come ad esempio, il mancato riconoscimento del pieno diritto delle comunità indigene alle risorse naturali dei propri territori ed una generica potestà sui luoghi che abitano e occupano.
Entrambi i movimenti si sentono eredi di 500 anni di lotte, quella per la terra del Mst, quella per un’esistenza dignitosa per le popolazioni indigene, prima sterminate e umiliate dai conquistadores e poi rimaste emarginate anche dopo la rivoluzione del 1911, che, nonostante lo slogan “Terra e Libertà”, le ha viste cacciate, sfruttate e attaccate da latifondisti e bande paramilitari. Ezln e Mst chiedono quindi quei diritti fondamentali per cui non siano esclusi dai benefici del progresso e condannati a vivere con meno di un dollaro al giorno. “I sem terra - sostiene Joao Pedro Stedile - vogliono appena i diritti sociali elementari garantiti dalle innumerevoli e innocue dichiarazioni sui diritti umani, quelle che in molte società sviluppate sono diritti acquisiti dagli animali: il diritto di vivere con dignità, lavorare la propria terra senza dovere più vendere le proprie braccia ai latifondisti, avere un salario capace di mantenere la famiglia, una casa per vivere ed una scuola per i figli” . Della richiesta di diritti e della dignità in quanto persone si è fatto portavoce anche l’Ezln che, seguendo un percorso molto simile a quello del Mst, ha messo al centro del suo agire politico la questione indigena e contadina per poi proporre un nuovo progetto di sviluppo non limitato al Chiapas, ma esteso a quella radice indigena e popolare che coinvolge l’intero paese. Al manifesto del Mst, dove emergono le necessità di base del popolo e la volontà di costruire un Brasile migliore per tutti i brasiliani (lavoratori, intellettuali, pensionati, studenti, casalinghe), l’Ezln si è idealmente collegato tramite Marcos. Nel discorso dello Zocalo di Città del Messico, è infatti parsa evidente l’ambizione del subcomandante di uscire dalla specificità indios per trasformare la sua battaglia nella difesa di una base sociale molto più ampia, dei poveri e delle classi popolari più in generale, appoggiandosi a quella società civile che costituisce il principale interlocutore per zapatisti e sem terra: operai, studenti, campesinos, maestri, disoccupati, lavoratori... . L'Ezln ha compreso fin dall’inizio l’entrata in gioco della società civile che avviene tramite la celebre parola d’ordine zapatista “mandar obedeciendo”, seguendo cioè una pratica politica che non cerca la presa del potere, ma l’organizzazione della società, come è emerso poco più di un anno fa in occasione della nascita delle Giunte del buon governo. All’Ezln non interessa la gestione del potere o avere incarichi nel governo, ma porsi come guida in una transizione alla democrazia a cui la popolazione partecipi, sia ascoltata e considerata. Gli zapatisti si propongono quindi di “comandare obbedendo”, ossia che la gente obblighi il governante a realizzare il proprio lavoro in accordo con gli interessi delle comunità e non con quelli di un gruppo economico o religioso:
è la società civile a determinare il modo d’agire dell’Ezln e ad aver imposto la scelta della non violenza, poiché, sostiene Marcos, la nostra principale arma non è il fucile, ma la parola . In questo contesto emerge la peculiarità della strategia zapatista: l’Ezln rinuncia ad essere protagonista della lotta impegnandosi perché questo ruolo sia sempre più assunto dalla società civile nella quale trovino posto molti mondi, a partire da un progetto in cui l’asse portante diventi il diritto all’autodeterminazione solidale di tutti i popoli e di tutte le persone. La società civile rappresenta per i sem terra come per gli zapatisti tutti quei gruppi sociali esclusi dal sistema e che lottano per uscire da questa condizione, guadagnarsi il diritto all’autodeterminazione e giungere ad una trasformazione della società dal basso. Il Mst si caratterizza per essere un movimento popolare e, come l’Ezln, è un’organizzazione autonoma che non ha mai pensato di trasformarsi in partito. A differenza degli zapatisti, il Mst ha una forte componente sindacale che ha avvicinato i sem terra prima alla CUT (Centrale Unica dei Lavoratori), al MPA (Movimento dei Piccoli Agricoltori) e alla CMP (Centrale dei Movimenti Popolari) e poi a Via Campesina, mentre il ruolo delle diocesi, ispirate al riconoscimento degli indigeni e dei contadini come soggetti nella società e nella Chiesa, ha creato uno stretto legame tra la Teologia della Liberazione e molti militanti del Mst e dell’Ezln: la diocesi di San Cristobal in Chiapas e la CPT (Commissione Pastorale della Terra) in Brasile, spinte dall’opzione per i poveri, hanno applicato le encicliche progressiste del Concilio Vaticano II e svolto un ruolo d’appoggio indispensabile per entrambi i movimenti.
In conclusione, alla globalizzazione del mercato Ezln e Mst contrappongono la globalizzazione della speranza e della lotta e si battono per quelle che i governi dei paesi industrializzati ritengono “utopie”, ossia democrazia, libertà, giustizia, come emerge anche dalla poesia di un anonimo zapatista:

“Insegna ai tuoi bambini quello che noi/ abbiamo insegnato ai nostri bambini:/ che la Terra è la nostra madre./ Qualsiasi cosa accada alla Terra/ accade ai figli della Terra./ Questo noi sappiamo:/ la Terra non appartiene all’uomo,/ l’uomo appartiene alla Terra”.

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