Latina

Brasile:le relazioni pericolose di Lula

L`ex capo dell`Abin denuncia l'intero sistema di collusioni tra Fbi, Cia e polizia brasiliana
15 dicembre 2004
Francesco Giappichini

La scorsa primavera le dichiarazioni dell’ex capo dell’Fbi in Brasile, Carlos Costa, hanno scosso le fondamenta dei servizi segreti brasiliani e rivelato una intricata rete di collusioni che coinvolgerebbero lo stesso Fbi, Cia, Abin (il servizio segreto brasiliano), nonché polizia federale e polizia civile del paese sudamericano. Gli Usa, secondo le rivelazioni di Costa, controllerebbero l’intero apparato brasiliano di pubblica sicurezza. E approfittando delle sue limitate disponibilità economiche lo userebbero come un proprio strumento, soprattutto al fine di avere informazioni su cittadini brasiliani. Cosí Lula, mosso dal malcontento generato da queste rivelazioni, oltre che da scandali di altra natura, ha ordinato la riforma dei servizi. Il simbolo dell`ABin, l`agenzia di intelligence brasiliana

Se poco ha sorpreso il licenziamento del vecchio gruppo dirigente, molto vicino all’apparato militare e deciso fautore di metodi di intelligence ormai superati, caratterizzati da arbìtri e brutalità, accese polemiche ha provocato la designazione dei nuovi vertici, in particolare del direttore generale. Infatti il governo ha nominato - e secondo alcuni vi é stato costretto - un uomo legatissimo all’Fbi, di fatto un suo “collaboratore”: Mauro Marcelo Lima e Silva. Segno che non é ancora scattata l’ora di un servizio segreto brasiliano autonomo e indipendente dinnanzi alle ingerenze degli Stati uniti, l’Abin sará guidata da chi, per dirla con l’ex capo dell’Fbi in Brasile «da tempo lavorava per noi. Ci ha sempre dato assistenza quando glielo abbiamo chiesto [...] ha la nostra fiducia piú completa».

Ma Mauro Marcelo è anche amico di Lula e come delegado della polizia civile paolista ne è stato il consulente personale per gli affari criminali e la repressione del crimine informatico. Tanto che molti malignano che nell’imminenza delle elezioni presidenziali la Cia sia ricorsa a lui per conoscere in anticipo le mosse di chi era ormai destinato a stravincere.

I nuovi servizi segreti di Lula

Il 18 maggio scorso il governo federale dà inizio alla tanto attesa riforma dell’Abin, (Agência brasileira de Inteligência), la Cia brasiliana, 1800 agenti operativi in Brasile ed altri dislocati in Argentina ed a Miami. Sin da quando Lula è asceso alla presidenza della Repubblica, nel gennaio 2003, tutti attendevano e molti auspicavano una ristrutturazione radicale dell’intelligence. Il presidente però ha atteso quasi un anno e mezzo, e molti sono convinti che avrebbe atteso anche di più se non fosse venuto alla luce il caso del bicheiro, ossia la vicenda di corruzione che ha coinvolto Waldomiro Diniz, stretto collaboratore del ministro José Dirceu. L`ex capo dell`Fbi in Brasile, Carlos Costa
>. Nel caso specifico l’Abin fu accusata di non avere fornito tutte le informazioni necessarie su Diniz, prima che lo stesso fosse chiamato a un incarico tanto importante nel Governo.

A dare un nuovo colpo alla credibilità dell’Abin due ulteriori scandali. Anzitutto le clamorose dichiarazioni di Carlos Costa, il cui incarico di copertura di «incaricato per gli affari legali dell’Ambasciata statunitense in Brasile» ha in realtà celato la direzione dell’Fbi in Brasile per circa quattro anni. Quindi l’oscura vicenda di spie all’interno del palazzo presidenziale, che secondo alcune denuncie, grazie al supporto dell’Abin, avrebbero “controllato” sia il Ministro Dirceu che il sindaco uscente di San Paolo, Marta Suplicy. Quindi il governo ha dato il benservito a Maria Del’Isola e Diniz, al vertice dell’Abin dal novembre 2000, che secondo i soliti bene informati mai aveva goduto della sua più assoluta fiducia. Del resto i suoi rapporti con la “cupola” del Pt, non idilliaci prima, si erano definitivamente incrinati in seguito alla pubblicazione della suddetta intervista a Costa: la funzionaria fece circolare la voce di essere rimasta delusa dai vertici dell’esecutivo, che a suo parere non le avrebbero rivolto neppure mezza dichiarazione di solidarietà.

Comunque sia il Governo, pur coinvolto da affari forse più urgenti, a un dato momento si convince della necessità di voltare pagina. Agli occhi della stessa opinione pubblica la dirigente rappresentava un modo vecchio di fare intelligence. Era molto legata ai militari e in particolare al generale Alberto Cardoso, che dinnanzi ai giornalisti, al momento del suo insediamento, la presentò così: «La signora è il nuovo direttore generale, e voi non la intervisterete mai». Il nuovo capo dei servizi segreti brasiliani, Mauro Marcelo Lima e Silva
La frase sollevò critiche da più parti: si fece infatti notare che il direttore generale è comunque tenuto a esporsi affinché la società percepisca che si sta operando con trasparenza e senza irregolarità. Tuttavia ogni confronto tra la gestione di Maria Del’Isola e quelle precedenti va di sicuro a vantaggio della prima; senza voler infatti risalire alle famigerate imprese dello Sni (Servizio nazionale di informazione) degli anni della dittatura, ricordiamo solo che la dirigente fu nominata in sostituzione del colonnello Ariel de Cunto, “dimissionato” a causa di denuncie secondo cui avrebbe assunto come agente un noto torturatore.

Per il nuovo corso dello spionaggio brasiliano José Dirceu e Jorge Felix, capo del gabinetto di sicurezza istituzionale, hanno scelto Mauro Marcelo Lima e Silva, delegado della polizia civile di San Paolo e specialista nella lotta ai crimini informatici. Il 13 luglio Mauro Marcelo assume ufficialmente l’incarico, e alla cerimonia di insediamento è comparso un po’ a sorpresa il presidente Lula, che non si è limitato a dichiarazioni di circostanza: «L’Abin può e deve essere più efficiente ora rispetto a quanto lo sia stata in qualsiasi altro momento - ha affermato. - Povero quel governante che non abbia informazioni adeguate per prendere le buone e importanti decisioni che deve prendere. É importante che in cima a tutto ci sia la professionalità». E ha aggiunto di sperare che l’Abin si consolidasse come una istituzione rispettata «senza quella sfiducia che talvolta genera nelle persone. Ogni volta che ero vicino a una vittoria elettorale mi dicevano: “loro [i militari] non lo consentiranno”».

Durante la stessa cerimonia Marcelo Silva ha lasciato intendere di credere e sperare in una rielezione del presidente Lula: «Abbiamo ancora molto tempo e la partita é ancora lunga, ma siamo certi che vinceremo con una goleada ed alla fine i tifosi, estasiati dal gioco della squadra, grideranno: “è campione, è campione”. E non sarà una sorpresa per me se alla fine della partita i tifosi chiederanno il bis». Silva ha poi aggiunto che bisogna fare «intelligence con intelligenza» e scrivere una nuova storia dell’intelligence brasiliana. E che la sua sfida sarebbe consistita nel demistificare un organo come l’Abin, facendolo operare con trasparenza.

Lima e Silva: amico di Lula, sostenitore di trasparenza e legalità, lontano da militari, arbitri e brutalità

Mauro Marcelo, nuovo capo dell’Abin, brillantissima carriera nella polizia civile, lo sostiene da sempre: perché un poliziotto sia efficiente è più importante un buon computer che una pistola. «Ritengo il lavoro di informazione e di intelligence come un compito dello stato al servizio della società e non come un mezzo per vigilare la società», ha chiarato. «Bisogna finirla con questa storia di abusi, di metodi illegali per ottenere informazioni e di spiate nella vita altrui. Opereremo con trasparenza ed agiremo solo all’interno dei limiti di legge». Le sue parole d’ordine sono trasparenza e legalità: «Bisogna finirla con l’idea che l’agente segreto può arrestare, interrogare ed uccidere, magari non in questo ordine. Il personale dell’Abin non può arrestare, interrogare, e ancora meno uccidere». Chiarisce quindi che il servizio di intelligence, secondo la legge 9883/1999, pianifica ed esegue operazioni, anche segrete, al solo fine di ricercare informazioni.

Sino alla nomina di Mauro Marcelo la carica di direttore generale era stata ricoperta solo da militari o da persone da essi indicate, tanto che i servizi d’informazione di Esercito, Marina ed Aeronautica gli avevano fanno una certa resistenza, se non proprio una vera opposizione. Si ventila inoltre che il suo nome non avrebbe suscitato l`entusiasmo del generale Jorge Armando Felix, ministro capo del gabinetto di sicurezza istituzionale, a cui l’Abin é direttamente subordinata. Del resto Lima e Silva non ha mai taciuto le proprie opinioni negative sui metodi arbitrari dello Sni, né ha mai nascosto di avere «una visione completamente diversa dai militari su cosa sia una attività di intelligence». Il suo curriculum vanta la creazione, nel ’99, del “Dipartimento crimini informatici” (il Sicat: Setor de investigações de crimes de alta tecnologia) della polizia civile di San Paolo. E proprio come esperto di questo settore ha spesso raggiunto l’onore delle cronache: se alcuni lo associano a inchieste sulla pedopornografia via web, gran parte dell’opinione pubblica ricorda che fu lui a smascherare l’adolescente di San Paolo penetrato nel sito della Casa bianca per minacciare l’allora presidente degli Stati Uniti Clinton.

Nel discorso di insediamento é parso avere a cuore le sorti del Governo Lula, e di sicuro molti parlano di una sua «prossimità» al Pt. Tuttavia Mauro Marcelo tiene a chiarire: «Abbiamo vissuto insieme per dieci giorni. All’inizio non avevo fiducia in loro, non sono petista; né loro, Lula e l’oggi deputato del Pt Greenhalgh, l’avevano verso di me, perché sono un poliziotto. Ma dopo si é sviluppata una sorta di sindrome di Stoccolma e ci siamo approssimati molto». Il direttore fa riferimento a una vicenda occorsa nel 1994, quando fu sequestrato lo studente Marcelo Teixeira, nipote dell’imprenditore Roberto Teixeira, amico di Lula e tesoriere della sua prima campagna elettorale, quella dell’’89. In undici giorni il giovane delegado risolse il caso in modo brillantissimo: ostaggio liberato, nessun riscatto, l’intera banda arrestata.

Lula rimase tanto colpito dalle sue capacità tecniche che lo chiamò al proprio fianco come «consulente informale» per gli affari criminali. Partecipò così alle indagini per il tentativo di estorsione nei confronti del sindacalista Vicentinho; quindi fu in prima linea nel caso delle presunte intercettazioni telefoniche illegali ai danni del comitato elettorale di Lula, all’epoca delle elezioni presidenziali del ’98. E l’ammirazione é reciproca, tanto che nel suo ufficio di San Paolo campeggiava una bandiera brasiliana autografata dal presidente Lula e sventolata dallo stesso durante lo storico giorno della vittoria elettorale.

Le polemiche dell’insediamento: alla guida dell’Abin un uomo degli Stati Uniti, dell’Fbi, un estimatore dell’anticomunista Hoover”.

Un aspetto del personaggio che ha provocato numerose polemiche, tenuto conto anche del passato non del tutto autonomo dell’Abin, è la mai smentita ammirazione di Mauro Marcelo verso l’Fbi e verso il suo leggendario capo John Edgar Hoover, che la diresse tra il 1924 ed il 1972. E a spargere benzina sul fuoco sono arrivate le dichiarazioni dell’ex capo dell’Fbi in Brasile Carlos Costa: «Mauro è un ottimo poliziotto per quanto riguarda il cybercrime, e da tempo lavorava per noi. Ci ha sempre dato assistenza quando glielo abbiamo chiesto, é uno dei migliori poliziotti, e ha la nostra fiducia più completa. Quando avevamo bisogno di informazioni su brasiliani, per certe operazioni, ricorrevamo a lui».

In effetti i rapporti con gli Stati uniti sono di lunga data: Mauro Marcelo frequenta il corso in Giustizia criminale presso l’Universitá della Virginia e riceve l’invito per un master di quattro mesi presso l’Accademia nazionale dell’Fbi di Quantico. Prima di assumere l’incarico di capo dei servizi segreti ha detto su questa esperienza: «Quando un poliziotto é invitato presso l’Accademia dell’Fbi é come quando un attore vince l’Oscar o un giornalista riceve il Prenio Pulitzer. Perché non é il poliziotto che ci va, ma é l’Ufficio che lo invita. Ho fatto il corso dell’Fbi a Quantico per quattro mesi e ne sono orgoglioso».

E da persona che non ama nascondere ciò che pensa affronta anche il tema più delicato, ovvero i suoi rapporti con la polizia degli Stati uniti: «Si immagini cosa significa convivere per quattro mesi con gli americani nell’Fbi. Alla fine si conoscono le loro mogli, i loro figli, é come una confraternita. Se io oggi ho bisogno di qualcosa in qualsiasi stato americano, ho un agente dell’Fbi pronto a darmi l’informazione. Allo stesso modo, quando gli americani hanno bisogno di qualcosa in Brasile, chiedono a me, o ad altri di San Paolo, oppure ad altri da loro preparati. Si tratta di informazioni di doppia mano. L’elemento di contatto, in questi casi, era Carlos Costa. Tutto quanto dobbiamo comunicare agli Stati uniti passa attraverso il capo dell’Fbi in Brasile; quindi prima tutto passava attraverso Carlos Costa, incaricato per gli Affari giuridici».

Mauro Marcelo possiede uno dei simboli dell’americanità, la driver’s licence, patente di guida statunitense, che rinnova periodicamente; e non lo fa a caso, visto che i suoi viaggi negli States sono frequentissimi: «Ho sempre ammirato l’Fbi per il fatto che hanno il culto della continuing education. E per questo ogni due anni vado negli Stati Uniti per seguire nuovi corsi». E comunque l’ammirazione deve essere veramente tanta, visto che nel suo biglietto da visita non campeggia solo il simbolo della polizia paolista ma anche l’emblema dell’Fbi, con annessa la foto del suo discusso ex direttore Hoover.

Il fatto che quest’ultimo sia oggi ricordato soprattutto come cacciatore di comunisti e sinistrorsi di varia matrice, oltre che per aver ricattato persino il presidente Usa con le informazioni raccolte, non pare smuovere di molto il neocapo dei servizi Mauro Marcelo: «Ho sempre ammirato Hoover per le sue tecniche investigative e come artefice di una polizia di eccellenza; non per gli altri aspetti». La sua vicinanza sia con l’Fbi che con l’universo petista ha scatenato le deduzioni più maligne, e molti hanno immaginato che nell’imminenza della vittoria elettorale di Lula i servizi segreti Usa si siamo rivolti a lui per conoscere le reali intenzioni e le linee guida della sinistra brasiliana.

Carlos Costa, il portoghese che ha guidato l’Fbi-Brasile per quattro anni: «L’Abin, non ha missione, si interessa solo al Mst»

Carlos Costa, figlio del capo della temibile polizia segreta del regime di Salazar (polizia internazionale di difesa dello stato), raggiunge gli Stati uniti nel 1968. Insieme al padre divenuto dissidente deve abbandonare in modo rocambolesco il Portogallo, ma ciò gli darà l’opportunità di percorrere sino in fondo l’american way of life e di raggiungere il «sogno americano». E secondo il tipico canovaccio del self made man, nel 1999 diviene il potente capo dell’Fbi in Brasile. Lascerà l’incarico alla fine del 2003, e nei primi mesi del 2004, a soli 49 anni, viene pensionato: si sarebbe rifiutato di eseguire certi ordini particolarmente delicati, tra cui una vera e propria schedatura nei confronti della comunità musulmana presente in Brasile.

A questo punto ha deciso di aprirsi e rivelare un intero sistema di collusioni tra Fbi, Cia e polizia brasiliana, che se non è una violazione della sovranità nazionale per opera del potente «alleato» nordamericano, vi somiglia molto. E le sue dichiarazioni, come detto, non risparmiano neppure il nuovo capo dell’Abin Marcelo Lima. Il giudizio di Costa sull’Abin é quantomeno derisorio, se non sprezzante: «L’Abin è un servizio segreto senza missione. Non opera all’estero come dovrebbe fare un organo vincolato alla presidenza della repubblica. Viveva e vive investigando l’Mst e altri cittadini brasiliani più o meno illustri. Questa é una violazione dei diritti civili in qualsiasi paese democratico. In Brasile dovrebbe investigare gli stranieri che vi operano, come ad esempio gli agenti di altri paesi».

In effetti si é parlato molto del rapporto tra l’Abin e il Mst, specie per quanto attiene alla questione degli agenti infiltrati. Mauro Marcelo però chiarisce: «Non ci occupiamo dell’Mst, ma della questione agraria, che è un problema sociale. Sotto il mio comando non prenderemo in considerazione l’idea di infiltrare persone nei movimenti sociali. Ma dobbiamo seguire tutto ciò che succede. Ci sono vicende che non possono sorprendere il governo». Le denigranti dichiarazioni di Costa sull’Abin contengono anche rivelazioni paradossali: «L’Abin non può essere neppure definita. É stata creata con le buone intenzioni di un servizio segreto, ma non ha il denaro sufficiente per svilupparsi. Quando un servizio segreto diviene dipendente dagli stranieri finisce per esporsi e non sarà più segreto. E tutto ciò con immensi rischi. L’Abin, come del resto la polizia federale, richiede equipaggiamento, risorse e preparazione a vari paesi, e non solo agli Stati uniti. Fanno richieste ad Israele, Russia, Giappone, Francia, tra gli altri. L’Abin si prostituisce. Quando si ricevono equipaggiamenti in uso ai servizi segreti, bisognerebbe sapere che la routine é la clonazione. Le attrezzature spesso hanno doppie intercapedini, che trasferiscono al “donante” le informazioni disponibli in quel momento».

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