Vi racconto la tragedia
MELISSA 02 agosto 2022
Sono in vacanza in questi giorni a Torre Melissa, località balneare calabra frazione di Melissa, ma non sono qui solo per godermi il mare. Sono legato a questi luoghi da un affetto profondo che mi deriva dall’essere figlio di una “melissese” che si trasferì al Nord per amore e lì visse dignitosamente fino alla morte. Il motivo per il quale scrivo è che ci stiamo avvicinando al 2 agosto e per me significa ricordare quello che è successo il 2 agosto di 42 anni fa, la strage alla stazione di Bologna con lo scoppio di una bomba fascista che fece 85 vittime.
IL RACCONTO - “2 agosto 1980, ore 10, stazione di Bologna, binario n. 3: sono appena sceso dal treno che da Torre Melissa in Calabria, paese natio della mia adorata mamma, mi ha portato a Bologna e sto aspettando la coincidenza delle 11 per Piacenza. Ero stato in vacanza a Melissa, bellissimo paese anche se dal territorio brullo e spopolato dalla povertà e dalla necessità di trovare un’occupazione lontana per poter vivere. Mi ero recato a Melissa (si trova in collina a pochi chilometri dal mare) non per il mare, che pure è bello, ma alla ricerca delle radici di mia mamma e di ciò che potesse raccontarmi un pezzo della sua sfortunata esistenza. In quel periodo mia madre era malata, colpita da un ictus che da lì a poco l’avrebbe portata alla morte. Tutta la vita ha sofferto, ed io con lei, di un razzismo più o meno strisciante perpetrato ai danni della gente del sud, i “terroni”, ma questo è un altro capitolo e comunque meriterebbe una riflessione. Comunque devo la mia salvezza quel 2 di agosto, all’essere parente di “terroni”, di quegli speciali emigranti che partivano con la valigia di cartone per recarsi in Germania a lavorare. Io non avevo la valigia di cartone, ma un canestro di vino e una cesta di salamini piccanti e di olio che i miei zii avevano voluto darmi e che io portavo a casa con orgoglio. Ebbene, la stanchezza per il viaggio (ero partito la sera prima alle 19) e la pesantezza di questi “bagagli” mi indussero a rimanere sul binario e a non recarmi in edicola a comprare i giornali. Quella fu la mia salvezza, poiché di lì a pochi minuti mentre ero chinato a prendere una pesca dalla famosa cesta, sentii un forte boato e immediatamente dopo vidi un fumo alto levarsi oltre il treno che era fermo sul primo binario. Sul momento rimasi interdetto e non riuscii a capire cosa fosse successo, poiché il treno sul binario impediva una visione reale dell’accaduto, ma dopo pochi secondi si iniziarono a sentire le urla delle persone, in particolare di quelle che avevano amici o parenti che si erano recati all’edicola o al bar. I vetri dei gabbiotti lungo i binari erano andati in frantumi e la gente era in preda al panico. Pochissimi minuti e si fecero sentire i rumori delle sirene delle ambulanze e dei motori degli elicotteri. Io ero come inebetito e non riuscivo a rendermi conto che quello che vedevo era tutto vero, che le lenzuola trasportate dai soccorritori volontari contenevano persone o quel che ne rimaneva. Appena riuscii a realizzare che qualcosa di tremendo era successo, telefonai a casa per tranquillizzare i miei famigliari.
Dissi una bugia alla signora che assisteva mia mamma e cioè che era successo un piccolo incidente e che sarei arrivato tardi, appena possibile. Cercai di nascondere la gravità del fatto per non preoccupare mia madre e la mia famiglia, ma ormai la televisione aveva trasmesso le prime immagini con le notizie sulle decine di morti. Seppi poi che a casa ci fu una ridda di ipotesi e che pensavano che quella non fosse la mia voce e che dovevo essere rimasto almeno ferito. Nel frattempo io mi aggiravo stordito dentro la stazione, e ricordo che nonostante i morti, i feriti. la distruzione e la disperazione, la società civile di Bologna tenne. Gli sforzi e l’impegno delle forze di pronto soccorso uniti a quelli dei volontari, semplici cittadini, ferrovieri, taxisti ecc…, riuscirono ad impedire che la situazione degenerasse. Dopo qualche ora i primi treni ricominciarono a partire. Allora non ci feci caso, ma oggi questo mi sembra straordinario. Riuscii anch’io a ripartire, ma il treno si fermò appena fuori dalla stazione di
Bologna e subito cominciarono le voci: “C’è una bomba sui binari del treno”… “Una persona si è buttata sotto il treno”. Fortunatamente dopo mezz’ora circa il treno riprese il cammino e tornai a Piacenza dove in stazione mi aspettavano ansiosi mio fratello e Teresa la mia futura cognata. Iniziavano intanto a circolare le prime idee su quanto era successo: bomba, fuga di gas, ecc. L’obiettivo politico di un atto del genere a me parve subito chiaro: impedire la partecipazione democratica dei cittadini, gettare nel panico la società per poi presentarsi come i paladini dell’ordine e della legalità. Io due giorni dopo quel fatto ero di nuovo a Bologna in Piazza Maggiore per manifestare il mio no a quel disegno politico. Quel giorno il governo fu fischiato e avvisato: vogliamo giustizia e che siano riconosciute le responsabilità dei servizi segreti.
Le riflessioni
A quarantadue anni di distanza, giustizia ancora non è stata fatta: ottantacinque persone sono morte e non si conoscono i nomi dei mandanti di quella strage fascista. A me, che pure potevo essere una delle vittime e mi sento colpito come cittadino democratico, non interessa la vendetta, ma ottenere giustizia, poiché è attraverso essa che si può impedire il ripetersi di simili attentati e si può mantenere viva la democrazia. Il fatto che ancora oggi giustizia non sia stata compiuta e che il governo sia stato addirittura in dubbio se partecipare o meno alla manifestazione di commemorazione della strage, mi pone pesanti interrogativi e mi fa sentire distintamente tanti campanellini d’allarme. Vorrei invitare tutti a mantenere viva l’iniziativa per la democrazia, a non smettere di chiedere giustizia e pari dignità per tutti i cittadini, anche a fronte delle recenti discussioni parlamentari che a mio parere mettono in discussione tali principi.” Un’ultima riflessione: giustizia e pari dignità sociale, unite al diritto al lavoro, sono le stesse richieste che da sempre muovono le lotte dei lavoratori calabresi, e si riallacciano idealmente alle tragiche giornate delle occupazioni delle terre a Melissa nel 1949 che si conclusero con tre morti innocenti colpiti inopinatamente dalle forze dell’ordine.
Donne, uomini, vecchi e bambini accomunati da una vita misera e che volevano poter vivere del loro lavoro, cioè poter lavorare le terre lasciate incolte dai pochi che non avevano il problema della sopravvivenza. L’attacco ordinato contro di loro, e che causò tre morti e una ventina di feriti, fu il tentativo di impedire che il mondo potesse vedere la violenza della loro povertà e l’iniquità di non condividere quello che la terra metteva a disposizione.
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