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Sì alla vita delle persone, sì al divieto di uccidere, sì all'abolizione del mercato delle armi

Un referendum che riguarda l'umanita' intera. 9

Il 23 ottobre in Brasile si svolgerà il primo referendum nella storia di quell'immenso paese: la popolazione tutta sarà chiamata a decidere se vuole proibire il commercio delle armi da fuoco
Giacomo Alessandroni16 settembre 2005
Fonte: La nonviolenza e' in cammino. 1055 - 16 settembre 2005

La nonviolenza e' in cammino. 1055 - 16 settembre 2005

Ariel Ricci: La nostra lotta per il disarmo, la pace e la vita

[Ringraziamo Ariel Ricci (per contatti: "Instituto Gota de Orvalho") per questo intervento. Ariel Ricci opera nell'esperienza educativa dell'Istituto Gota de Orvalho, nello stato di Sao Paulo, in Brasile, ed e' tra i soggetti promotori e referenti del movimento impegnato per il si' al referendum del 23 ottobre]

Grazie di sostenere e diffondere la nostra lotta per il disarmo, la pace e la vita.
L'Istituto Gota de Orvalho e' stato creato nell'agosto 2004, dopo l'assassinio del nostro fratello Daniel Contesini, ex-metalmeccanico che lavorava come tassista.
La nostra filosofia e' che solo per mezzo dell'educazione e della cultura sara' possibile risolvere il problema della violenza. Per questo lavoriamo con bambini e adolescenti per creare future generazioni di cittadini con principi e valori umanistici.
Abbiamo fondato a Taubate', una citta' dello stato di Sao Paulo, in Brasile, un movimento per il disarmo, per la vittoria del si' nel referendum del 23 ottobre, riunendo sindacati, diverse religioni, istituzioni sociali ed educative e leader politici della regione.
Siamo certi che il popolo brasiliano votera' si' e il commercio delle armi da fuoco sara' proibito in Brasile.
Siamo anche consapevoli che la nostra vittoria aprira' un nuovo orizzonte nella lotta per la pace in tutto il mondo, proponendo un modello per la pace mondiale.

Anna Maffei: Nel giardino del Gethsemani, in Brasile, il 23 ottobre

[Ringraziamo Anna Maffei per averci messo a disposizione questo suo articolo che sara' pubblicato sul fascicolo della rivista "Riforma" del prossimo 23 settembre. Anna Maffei, presidente dell'Unione Cristiana Evangelica Battista d'Italia (in sigla: Ucebi), prestigiosa teologa e saggista, appartiene alla tradizione nonviolenta espressa dal pastore battista e martire per la pace e la dignita' umana Martin Luther King]

Una delle scene che piu' ha colpito il cuore e la mente di artisti e scrittori di tutti i tempi, credenti e non credenti, e' quella dell'arresto di Gesu' nel buio giardino del Gethsemani sul monte degli ulivi a Gerusalemme. Di quella scena secondo la versione di Matteo (ma gli altri evangelisti hanno racconti molto simili) mi hanno sempre colpito tre cose: il bacio di Giuda, la reazione armata di Pietro alla brutalita' dell'arresto, la guarigione operata da Gesu' verso il soldato ferito. Il gesto di Giuda, l'amico che tradisce l'amico, il gesto di Pietro, l'amico che cerca di difendere l'amico ricorrendo alla violenza, il gesto di Gesu', rifiuto estremo anche della piu' giustificabile delle violenze, la legittima difesa. La frase pronunciata da Gesu' quella volta, rivolta a Pietro fu: "Chi di spada ferisce, di spada perisce". La sua mano tocco' l'uomo ferito, guari' il suo corpo ma, chissa', forse anche la sua anima.
Giuda tradi' l'amico, Pietro tradi' i suoi insegnamenti, Gesu' non tradi' se stesso: amo' i suoi nemici, fino alla fine, fino ed oltre ogni ragionevole limite.

Chissa' perche' quando ho saputo della storica iniziativa del governo brasiliano di lanciare una campagna per il disarmo dei suoi cittadini e di porre nelle mani di questi ultimi con un referendum, il primo della sua storia, la decisione cruciale se dire no alla logica assassina delle armi e alla loro diffusione, mi e' venuta in mente proprio quella scena. Quella scena carica di pathos e di verita'. C'e' l'uomo prezzolato, c'e' il soldato che obbedisce, c'e' l'uomo spaventato, ma c'e' anche l'uomo che non perde di vista l'umanita' di ciascuno e di tutti e questa rispetta, nonostante tutto.

Amo molto il Brasile. In Brasile emigro' prima e dopo l'ultima guerra mondiale tutta la famiglia di mia madre. Ho ancora forti legami la', soprattutto a San Paolo. Ho visitato il Brasile quando avevo 18 anni. Da allora la violenza e' andata aumentando sempre piu' nelle grandi citta'. E' aumentata spaventosamente insieme al divario fra ricchi e poveri, insieme alla fuga dalle campagne, all'afflusso di disperati senza terra e senza diritti nelle sconfinate periferie urbane. In questi anni chi di noi non ha sentito di sparizioni di bambini, di decine di migliaia di giovani vite allo sbando, di tremenda violenza urbana, di favelas off limits. Molti della societa' dei privilegiati, ma anche semplicemente della classe media, hanno reagito armandosi a loro volta. Legittima difesa, si diceva. Ma ecco. La situazione oggi e' tanto grave e le armi da fuoco tanto diffuse che si muore di difesa almeno quanto si muore di attacco, si muore in Brasile molto di piu' per incidenti legati al possesso di armi in casa, che per uccisioni legate alla legittima difesa: addirittura 185 contro uno! Ogni giorno due bambini in Brasile sono feriti perche' c'e' un'arma da fuoco in casa. Tutto cio' ha trasformato il Brasile nel paese con il maggior numero di morti a causa delle armi da fuoco. Nel 2003, 108 morti al giorno! 40.000 all'anno!

"Chi di spada ferisce, di spada perisce!": il monito di Gesu', il suo tocco di guarigione, la sua scelta estrema di disarmo interpella il Brasile chiamato ad una decisione storica: disarmarsi o rimanere preda di se stessi. Il Brasile, resistendo ai potentati e alla propaganda strumentale delle grandi holding delle armi, potrebbe il 23 ottobre prossimo aprire una strada nuova. Altri paesi potrebbero seguire il suo esempio, gli Usa per primi che hanno la legge piu' permissiva in materia di commercio di armi e sono, fra i paesi occidentali, il primo per tasso di mortalita' per armi da fuoco. La gente comune del Brasile potrebbe affermare il coraggio di una verita' storica: la violenza non si sconfigge con la violenza ma con la lotta alla poverta', con il rispetto dei diritti fondamentali di tutti, partendo proprio dai bambini. Ma la lotta alla poverta' e' una lotta planetaria che si gioca su tavoli diversi e piu' ampi di quello di un singolo paese.

Un richiamo a questa responsabilita' globale viene da tutti coloro che credono che sia realistico raggiungere gli "obiettivi del millennio" (recentemente formulati dall'Onu), cioe' dimezzare la poverta' entro il 2015 per poi riuscire a sconfiggerla del tutto negli anni e non nei secoli a venire.
Vincere il referendum in Brasile sarebbe dunque un primo importante passo di inversione di tendenza. Credere e operare senza scoraggiarsi, con ostinazione, per sconfiggere le cause della poverta' e denunciare la propaganda dei potentati delle armi che alimentano violenza, criminalita' e guerre e' il miglior sistema per disarmare del tutto ed efficacemente le mani dei disperati della terra.

Lidia Menapace: Due cose da fare tutte e tutti

[Ringraziamo Lidia Menapace per questo intervento. Lidia Menapace e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior parte degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. Il futurismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; L'ermetismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; (a cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001; (con Fausto Bertinotti e Marco Revelli), Nonviolenza, Fazi, Roma 2004]

Carissime e carissimi,
l'eco suscitata tra noi dal referendum brasiliano mi sembra bellissima e le notizie che stiamo diffondendo molto rassicuranti.
Chi le fa conoscere ai nostri amici in Brasile? Attiviamo, tutte e tutti, tutti i nostri contatti.
E come fare a smuovere la pigra stampa italiana? Facciamo in modo che anche quotidiani e riviste diffondono almeno l'informazione sul referendum, invitiamo tutte le testate a scriverne, inviamo lettere e interventi alle testate cui ciascuna e ciascuno di noi collabora o di cui e' lettrice o lettore.
E facciamo pressione verso chi tace.
Grazie.

Gino Buratti: Si'

[Ringraziamo Gino Buratti per questo intervento. Gino Buratti e' fortemente impegnato nell'esperienza dell'Accademia apuana della pace, del cui notiziario settimanale e' l'infaticabile animatore]

Voglio gridare il mio si' all'abolizione del commercio di armi leggere, e non solo.
In Brasile sta accadendo qualcosa di importante con il referendum del 23 ottobre sull'abolizione del commercio di armi da fuoco e di munizioni, che non puo' essere solo considerato un fatto che riguarda quella regione, ma chiede impegno politico, culturale e sociale a tutti i movimenti per la pace.
E' importante perche', in un paese ad alto tasso di violenza, si inizia a rovesciare il punto di vista e l'approccio culturale e politico al problema: la violenza non si diminuisce alimentando nuova violenza.
E' altrettanto importante perche' assistiamo, ancora una volta, ad uno scontro "di classe": da una parte "i senza potere", i poveri, gli abitanti delle favelas, quelli che subiscono la violenza del sistema economico e sociale, e dall'altra i "poteri forti", quelli garantiti, quelli delle multinazionali delle armi, quelli dell'economia che ha gettato via ogni barlume di etica (se mai c'e' stata) e di rispetto per l'uomo.
E' importante perche' afferma, anche con un impegno del governo brasiliano, una prassi nonviolenta, che si e' articolata in passi piccoli ma fondamentali: lo "statuto per il disarmo" del 2003, che ha posto regole piu' ferree alla circolazione delle armi, alla loro vendita ed esportazione; la "campagna del disarmo volontario", con la consegna, volontariamente e senza conseguenze, della armi di cui i cittadini sono in possesso.
Il referendum e' il terzo passo di questo percorso, ed ha posto sul tavolo dell'agenda politica un problema che dobbiamo fare nostro, sostenendo l'impegno dei movimenti brasiliani, ma anche proponendolo nel nostro contesto, riaffermando una scelta di civilta', che ponga al centro la vita dell'uomo.

La posta in gioco e' grande e riguarda terribilmente anche noi, che siamo il secondo paese produttore di armi leggere al mondo.
La scelta di pace e nonviolenza assunta da forze sindacali e politiche non puo' rimanere una pura dichiarazione di intenti, una generica aspirazione, ma deve passare, necessariamente, per una rivisitazione del proprio bagaglio culturale, politico e dei programmi che esso esprime. Impone anche, ma non solo, di affrontare il problema dell'industria militare e delle armi, che, necessariamente, ha bisogno di alimentare un mercato ed un commercio, cosi' come non possiamo piu' rimandare il problema, anche etico, di mettere al centro dell'economia l'uomo, e non il capitale o il profitto: un'economia nella quale l'uomo e l'ambiente che lo ospita siano elementi centrali.
Sostenere questo referendum significa farsi carico di questo processo culturale, fare proprio questo modello di trasformazione, facendo in modo che al centro del nostro agire politico vi sia corrispondenza tra ideali, aspirazioni, prassi quotidiana, scelte di governo.
Questa e' la vera sfida cui siamo chiamati, tradurre l'aspirazione alla pace e alla nonviolenza in gesti quotidiani, magari piccoli, ma che investono non solo la vita personale, ma anche il governo di un popolo e il governo mondiale; e' un po' il tradurre in una lotta permanente quello che diciamo chiaro e forte nelle nostre marce, non ultima quella dell'11 settembre.

Luciano Capitini: Si'

[Ringraziamo Luciano Capitini per questo intervento. Luciano Capitini e' impegnato nel Movimento Nonviolento, nella Rete di Lilliput e in numerose altre esperienze e iniziative nonviolente; persona di straordinaria mitezza e disponibilita' all'ascolto e all'aiuto, ha condotto a Pesaro una esperienza di mediazione sociale nonviolenta; e' tra i coordinatori della campagna "Scelgo la nonviolenza"]

Non so molto sul referendum brasiliano, e tantomeno conosco quanta probabilita' abbia di arrivare ad una vittoria; e tuttavia gia' la notizia mi da' due motivi per rallegrarmi.
Il primo consiste nel fatto che - su un argomento cosi' rilevante - il popolo brasiliano sia stato interpellato: possiamo sognare che si tratti di un passo verso un piu' reale potere che i governanti restituiscono ai cittadini? I referendum hanno sempre anche quella valenza (di ritorno alla democrazia diretta), ma quando si tratta di domande su argomenti su cui la gente comune poco sa e poco viene informata, allora questo passo verso l'omnicrazia e' solo virtuale, inutile, e alla fin fine, controproducente, poiche' allontana i cittadini dall'interesse verso le cose pubbliche. In questo caso invece si tratta di un argomento fondamentale, e di un quesito referendario chiaro.
Il secondo motivo di allegria sta infatti nel tema stesso del referendum, proibire le armi si' o no... questo e' un argomento sul quale qualsiasi brasiliano sa bene come pensarla, ed immagina facilmente quali correlazioni, profonde e pregne di significati, e di effetti, possano seguire alla scelta che e' chiamato a fare.
E poi un motivo di tristezza: perche' ci tocca invidiare, man mano, gli spagnoli, i francesi e gli olandesi, i brasiliani, e poi tutti o quasi tutti gli altri? Perche' non possiamo essere orgogliosi, per una volta, delle decisioni prese dalla nostra classe politica? Quando avremo un candidato che si presenti nell'agone elettorale con lo slogan: al bando tutte le guerre, al bando gli eserciti, al bando le armi?

Marco Catarci: Si'

[Ringraziamo Marco Catarci per questo intervento. Marco Catarci, da sempre attivo in iniziative di solidarieta', per i diritti, la pace e la difesa della biosfera, e' impegnato nell'Associazione "Terra e liberta'" di Bracciano (Roma)]

Non e' possibile pensare che il referendum che si svolgera' in Brasile il prossimo 23 ottobre, attraverso il quale la popolazione brasiliana potra' decidere di abolire il commercio delle armi, sia una questione interna alla politica, alla societa' e alla storia brasiliana.
In questi giorni, grazie alla campagna per il si', abbiamo scoperto che esiste al mondo un progetto per costruire un posto dove l'esistenza delle armi da fuoco e' considerata semplicemente inaccettabile. La scelta di una prospettiva nonviolenta ci interroga fortemente: ci chiede di scegliere se restare in disparte o prender parte alla campagna per il disarmo, ci chiede dunque di parlare, di mobilitare le nostre coscienze, di abituarci al pensiero del cambiamento.
Questo appuntamento e' per quanti sono capaci di posizioni radicali. Ancora oggi, come ci ha insegnato Paulo Freire, per costruire un processo di riscatto storico e umano teso a liberare sia gli oppressi dall'ingiustizia e dalla subalternita', sia gli oppressori dal mito del potere e del controllo sociale, e' necessario schierarsi: si aderisce, si accetta, si convive o con gli interessi dei dominanti o con quelli dei dominati, i cui diritti sono negati. Non e' possibile invocare la neutralita' di fronte al rapporto oppressore-oppresso, poiche' inevitabilmente si favorirebbe il potere e, con esso, l'oppressore.
Per questo, sosteniamo il si' al referendum del prossimo 23 ottobre in Brasile: disarmiamoci!

Chiara Cavallaro: Si'

[Ringraziamo Chiara Cavallaro per questo intervento. Chiara Cavallaro, prestigiosa figura del movimento per la pace, economista, ricercatrice Cnr, formatrice alla nonviolenza, fa parte del Comitato scienziate e scienziati contro la guerra, di "Articolo 11. Sana e robusta Costituzione", dell'esperienza di "Ostinati/e per la pace", ed e' una delle persone piu' attivamente impegnate nella campagna "No alla censura preventiva sulla guerra"]

Anche io, come molti, sto in questi giorni personalmente visitando, con un misto di incredulita' e di invidia, il sito www.referendosim.com.br La lettura delle disposizioni di quello che viene definito lo Statuto del disarmo mi comunica una situazione della diffusione delle armi e del loro uso che non riesco completamente a comprendere, o forse ad accettare come orizzonte possibile, figuriamoci come presente... cosi' mi sto rendendo conto che, ancora prima del referendum di cui parliamo in questi giorni, con la legge n.10.826 del 2003 il Brasile ha comunque avviato una impresa immensa: quella di convincere i singoli cittadini e cittadine che la propria sicurezza non dipende dalle armi (in buona parte non registrate, mi sembra di capire) di cui possono disporre. E ha dato alle imprese una indicazione forte: le armi devono avere provenienza riconoscibile, sia che siano vendute a corpi di polizia ed esercito che a privati cittadini.
Infine quest'ultimo atto, la ratifica di questo articolo 35 che pone drastiche limitazioni alla vendita di armi leggere all'interno del Paese, che va ancora oltre: si propone di limitare il potere di mercato delle industrie... La cui adozione e' sottoposta a un referendum, affinche' si esprima la maggioranza dei/delle votanti.
Bisogna dare sostegno al si' e sostegno a questa politica che invita a cercare la sicurezza con il disarmo, e in quel paese, come nel nostro, nel mantenimento e nella crescita delle relazioni tra i cittadini e le cittadine, nella democrazia partecipata.

Bisogna dare sostegno al si' e saper anche guardare in casa nostra. Alla fine di luglio ho sentito per radio il ministro Castelli vantare le ultime norme in materia di patente di guida ed affermare che "Avere la patente, d'ora in avanti, sara' come avere il porto d'armi". Non dubito che le intenzioni del Ministro fossero di sottolineare la maggiore severita' nel dare l'autorizzazione alla guida di un veicolo, ma il risultato che su di me ha prodotto questa frase e' stato quello di rendere piuí ordinario, quotidiano il pensiero che qualcuno potesse avere il porto d'armi. Mi sono sentita gelare.
Tanto piu' quando penso che nel frattempo e' giunto alla Camera, dopo l'approvazione del Senato, la proposta di legge di modifica dell'art. 52 del codice penale in materia di diritto all'autotutela in un privato domicilio. Chiedo scusa per la lunghezza, ma ci tengo a riportare l'art. 614 del codice penale "Violazione di domicilio", a cui la proposta si riferisce, con l'integrazione derivante da una eventuale approvazione della proposta di modifica: "Art. 614. Violazione di domicilio. Chiunque si introduce nell'abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di essi, contro la volonta' espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi s'introduce clandestinamente o con inganno, e' punito con la reclusione fino a tre anni. Alla stessa pena soggiace chi si trattiene nei detti luoghi contro l'espressa volonta' di chi ha diritto di escluderlo, ovvero vi si trattiene clandestinamente o con inganno. Il delitto e' punibile a querela della persona offesa. La pena e' da uno a cinque anni, e si procede d'ufficio, se il fatto e' commesso con violenza sulle cose, o alle persone, ovvero se il colpevole e' palesemente armato". Questo l'articolo attuale; l'integrazione recita: "Nei casi previsti dall'art. 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere: a) la propria o altrui incolumita, b) i beni propri o altrui, quando non vi e' desistenza e vi e' pericolo di aggressione. La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all'interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un'attivita' commerciale, professionale o imprenditoriale": cosi' la proposta di legge n. 5982 presso la Camera dei Deputati.
Forse andrebbe inviata ai nostri e alle nostre parlamentari la guida "Armi da fuoco: protezione o rischio?" che e' tra i materiali della Campagna per il si' al referendum brasiliano (disponibile nel sito www.referendosim.com.br e scaricabile gratuitamente). Mi sento di dover ringraziare gia' molte volte, quindi, i cittadini brasiliani e le cittadine brasiliane e speriamo, dopo il 23 ottobre, di doverlo fare una volta di piu'.

Mario di Marco: Si'

[Ringraziamo Mario di Marco per questo intervento. Mario Di Marco, ingegnere, insegnante, gia' obiettore di coscienza al servizio militare, responsabile degli obiettori di coscienza in servizio civile presso la Caritas diocesana di Viterbo, impegnato in molte iniziative di pace, solidarieta', nonviolenza, e' da sempre uno dei fondamentali punti di riferimento a Viterbo per tutte le persone di volonta' buona]

In questi anni bui in cui la violenza e la sopraffazione sembrano dilagare e conquistare spazi di legittimita' addirittura all'interno delle istituzioni nate per contrastarle (prima fra tutte l'Onu), giunge come un raggio di sole la notizia dei primi risultati della campagna per il disarmo in Brasile: oltre tremila morti in meno da luglio 2004 ad oggi, grazie alla consegna volontaria delle armi da fuoco possedute, da parte della popolazione.
La notizia e' ancor piu' gradita perche' giunge da uno dei paesi con il piu' alto tasso di violenza e di ingiustizia sociale ed anche perche' da tempo si attendono da parte del presidente Lula veri segnali di cambiamento. Stavolta siamo di fronte a un esempio in cui il buongoverno (approvazione dello Statuto per il disarmo nel dicembre 2003, entrato poi in vigore il 2 luglio 2004) si coniuga con gli sforzi della societa' civile (lancio della campagna per la consegna volontaria di armi da fuoco) ed ottiene sensazionali risposte da parte della gente (400.000 armi consegnate, piu' di 3.000 morti in meno). Una risposta del genere non era affatto scontata se si pensa che in una societa' ad alto tasso di insicurezza sociale rinunciare a un'arma puo' anche significare rinunciare a difendersi. I dati dimostrano invece che, seppure il livello di conflittualita' non fosse sceso, tuttavia se ne sono ridotte le conseguenze nefaste e, constatazione semplice ma significativa, si consente alle persone di vivere e quindi di trovare soluzioni a quei conflitti.
L'esempio brasiliano e' una lezione per il mondo intero e quindi occorre sostenere e dare eco attraverso i nostri canali al referendum che il prossimo 23 ottobre chiedera' "Il commercio di armi da fuoco e munizioni deve essere proibito nel Brasile?". Quel giorno ci sara' un confronto tra il popolo e l'industria bellica globale (si pensi a quante aziende, tra cui in buona posizione quelle italiane, esportano armi in Brasile) ed il risultato sara' importantissimo per gli esiti dell'altra campagna mondiale in corso, Control Arms, che mira a presentare un milione di firme (e foto) ai potenti della terra che nel 2006 si riuniranno a New York per discutere il problema della diffusione delle armi.
Stavolta alle firme si potranno affiancare dei "credit" tangibili: le vite di migliaia di vite salvate.

Alessandra Mecozzi: Si'

[Ringraziamo Alessandra Mecozzi per questo intervento. Alessandra Mecozzi e' responsabile internazionale della Fiom-Cgil]

A proposito del referendum brasiliano, che sostengo incondizionatamente, vi informo che pubblicheremo l'informazione su di esso, come anche sullo "Statuto brasiliano per il disarmo" nel prossimo numero del nostro bimestrale "Notizie Internazionali".

Michele Meomartino: Si'

[Ringraziamo Michele Meomartino per questo intervento. Michele Meomartino, amico della nonviolenza, scultore, coltivatore biologico, e' impegnato nel coordinamento della Rete Nonviolenta Abruzzo, nel coordinamento di Libera, ed in molte iniziative di pace, equosolidali ed ecologiche]

I profitti delle industrie degli armamenti sono notoriamente giganteschi. Solo per fare un esempio, il giro d'affari dei cento produttori principali del mondo e' di circa 1.000 miliardi di dollari nell'anno 2004, che equivale al prodotto interno lordo dei 61 paesi piu' poveri. I principali acquirenti di questo supermercato della morte sono gli Stati Uniti d'America con 455 milioni di dollari. L'Italia e' settima con 28 miliardi di dollari, che sono piu' o meno l'equivalente di una finanziaria.
Ma la crescente spesa militare e armiera e' solo una spia, direi la conseguenza delle ingiustizie che vengono perpetrate ai danni dei piu' poveri e dei piu' deboli. La ricchezza del 20% dell'umanita' ha le mani sporche di sangue. Questo privilegio, come e' noto, si difende con le armi; quindi operare congiuntamente in tanti ambiti e in mille direzioni nella costruzione della pace e di un mondo piu' equo e' la vera sfida che abbiamo davanti.
In questa prospettiva e' benvenuto il referendum brasiliano, non solo perche' rappresenta una tappa importante per la democrazia di questo immenso paese, ma anche perche' cerca di mettere un argine al dilagante far west. Cosi' come fondamentale e' il progetto "Fame zero", fulcro di un'autentica politica sociale di pace.
Un processo di riduzione delle violenze e l'introduzione graduale di elementi di pace, e' l'unica garanzia contro il caos delle barbarie.

Ileana Montini: Si'

[Ringraziamo Ileana Montini per questo intervento. Ileana Montini, prestigiosa intellettuale femminista, gia' insegnante, e' psicologa e psicoterapeuta. Nata nel 1940 a Pola da genitori romagnoli, studi a Ravenna e all'Universita' di Urbino, presso la prima scuola di giornalismo in Italia e poi sociologia; giornalista per "L'Avvenire d'Italia" diretto da Raniero La Valle; di forte impegno politico, morale, intellettuale; ha collaborato a, e fatto parte di, varie redazioni di periodici: della rivista di ricerca e studio del Movimento Femminile DC, insieme a Tina Anselmi, a Lidia Menapace, a Rosa Russo Jervolino, a Paola Gaiotti; di "Per la lotta" del Circolo "Jacques Maritain" di Rimini; della "Nuova Ecologia"; della redazione della rivista "Jesus Charitas" della "famiglia dei piccoli fratelli e delle piccole sorelle" insieme a fratel Carlo Carretto; del quotidiano "Il manifesto"; ha collaborato anche, tra l'altro, con la rivista "Testimonianze" diretta da padre Ernesto Balducci, a riviste femministe come "Reti", "Lapis", e alla rivista di pedagogia "Ecole"; attualmente collabora al "Paese delle donne". Ha partecipato al dissenso cattolico nelle Comunita' di Base; e preso parte ad alcune delle piu' nitide esperienze di impegno non solo genericamente politico ma gramscianamente intellettuale e morale della sinistra critica in Italia. Il suo primo libro e' stato La bambola rotta. Famiglia, chiesa, scuola nella formazione delle identita' maschile e femminile (Bertani, Verona 1975), cui ha fatto seguito Parlare con Dacia Maraini (Bertani, Verona). Nel 1978 e' uscito, presso Ottaviano, Comunione e liberazione nella cultura della disperazione. Nel 1992, edito dal Cite lombardo, e' uscito un libro che racconta un'esperienza per la prevenzione dei drop-out di cui ha redatto il progetto e curato la supervisione delle operatrici: titolo: "...ho qualche cosa anch'io di bello: affezionatrice di ogni cosa". Recentemente ha scritto la prefazione del libro di Nicoletta Crocella, Attraverso il silenzio (Stelle cadenti, Bassano (Vt) 2002) che racconta l'esperienza del Laboratorio psicopedagogico delle differenze di Brescia, luogo di formazione psicopedagogica delle insegnanti e delle donne che operano nelle relazioni d'aiuto, laboratorio nato a Brescia da un progetto di Ileana Montini e con alcune donne alla fine degli anni ottanta, preceduto dalla fondazione, insieme ad altre donne, della "Universita' delle donne Simone de Beauvoir". Ha recentemente pubblicato, con altri coautori, Il desiderio e l'identita' maschile e femminile. Un percorso di ricerca, Franco Angeli, Milano 2004. Su Ileana Montini, la sua opera, la sua pratica, la sua riflessione, hanno scritto pagine intense e illuminanti, anche di calda amicizia, Lidia Menapace e Rossana Rossanda]

Sono stata in Brasile l'anno scorso e sono tornata con una fantasia: se fossi giovane emigrerei la' perche' e' un paese straordinario, di giovani meticci (gli afrobrasiliani), ricco di calore umano, bellissimo.
E ora lo dimostrano con questo referendum di ottobre per "aboliri o comercio de armas no Brasil". Che ci riescano o no e' un grande evento educativo e culturale.
Che a noi italiani risuona in modo particolare dato che siamo fabbricatori di armi, nonche' esportatori. Non dimentichiamoci pero' le contraddizioni che viviamo: dalle parti dove abito, in Val Trompia (Brescia), da secoli si fabbricano armi e gli operai, una volta, erano quasi tutti di sinistra. Per poi passare, in molti, alla Lega. Insomma, non e' cosi' semplice la vita... e la nonviolenza.

Enrico Peyretti: Si'

[Ringraziamo Enrico Peyretti per questo intervento.
Enrico Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e una recente edizione aggiornata e' nei nn. 791-792 di questo notiziario; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e alla pagina web db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario.
Ernesto Balducci e' nato a Santa Fiora (in provincia di Grosseto) nel 1922, ed e' deceduto a seguito di un incidente stradale nel 1992. Sacerdote, insegnante, scrittore, organizzatore culturale, promotore di numerose iniziative di pace e di solidarieta'. Fondatore della rivista "Testimonianze" nel 1958 e delle Edizioni Cultura della Pace (Ecp) nel 1986. Oltre che infaticabile attivista per la pace e i diritti, e' stato un pensatore di grande vigore ed originalita', le cui riflessioni ed analisi sono decisive per un'etica della mondialita' all'altezza dei drammatici problemi dell'ora presente. Opere di Ernesto Balducci: segnaliamo particolarmente alcuni libri dell'ultimo periodo: Il terzo millennio (Bompiani); La pace. Realismo di un'utopia (Principato), in collaborazione con Lodovico Grassi; Pensieri di pace (Cittadella); L'uomo planetario (Camunia, poi Ecp); La terra del tramonto (Ecp); Montezuma scopre l'Europa (Ecp). Si vedano anche l'intervista autobiografica Il cerchio che si chiude (Marietti); la raccolta postuma di scritti autobiografici Il sogno di una cosa (Ecp); la raccolta postuma di scritti su temi educativi Educazione come liberazione (Libreria Chiari); il manuale di storia della filosofia, Storia del pensiero umano (Cremonese); ed il corso di educazione civica Cittadini del mondo (Principato), in collaborazione con Pierluigi Onorato. Opere su Ernesto Balducci: cfr. i due fondamentali volumi monografici di "Testimonianze" a lui dedicati: Ernesto Balducci, "Testimonianze" nn. 347-349, 1992; ed Ernesto Balducci e la lunga marcia dei diritti umani, "Testimonianze" nn. 373-374, 1995; un'ottima rassegna bibliografica preceduta da una precisa introduzione biografica e' il libro di Andrea Cecconi, Ernesto Balducci: cinquant'anni di attivita', Libreria Chiari, Firenze 1996; recente e' il libro di Bruna Bocchini Camaiani, Ernesto Balducci. La Chiesa e la modernita', Laterza, Roma-Bari 2002; cfr. anche almeno Enzo Mazzi, Ernesto Balducci e il dissenso creativo, Manifestolibri, Roma 2002; e AA. VV., Verso l'"uomo inedito", Fondazione Ernesto Balducci, San Domenico di Fiesole (Fi) 2004. Per contattare la Fondazione Ernesto Balducci: tel. 055599147, e-mail: feb@fol.it, sito: www.fondazionebalducci.it]

Ernesto Balducci disse o scrisse (cito a memoria): "Verra' un giorno che gli uomini si vergogneranno di avere fabbricato le armi". Noi ci siamo gia' vergognati e sempre piu' ci vergogniamo.

Riccardo Troisi: Si'

[Ringraziamo Riccardo Troisi per questo intervento. Riccardo Troisi e' impegnato nella campagna "Control Arms", nella rete Lilliput e in molte iniziative di pace, solidarieta', nonviolenza]

Ci sono molti motivi per esser d'accordo per un si' al referendum che si terra' in Brasile il prossimo 23 ottobre.
Innanzitutto perche' una vittoria del si' ridurrebbe sensibilmente le vittime innocenti di questa guerra silenziosa che ogni giorno si combatte in Brasile che da solo totalizza l'8% di morti per armi da fuoco su scala mondiale.
E poi perche' un risultato positivo innescherebbe un meccanismo virtuoso di azione dal basso che potrebbe esser replicato in altre nazioni nel mondo per mettere al bando il commercio di armi.
Tutto questo potrebbe inoltre rappresentare un'ottima spinta per sostenere il Trattato sul commercio delle armi che si discutera' in sede Onu nel 2006, obiettivo della campagna internazionale Control Arms (sito: www.disarmo.org/controlarms/).

Tra le cose che piu' mi preme sottolineare c'e' la responsabilita' diretta del nostro paese in merito a questa vicenda brasiliana. Infatti circa il 33% delle armi, delle armi semi-automatiche, delle parti di armi e delle munizioni che vengono esportate dall'italia, ricadono al di fuori dell'ambito della legge per il controllo delle armi.
Inoltre, molte armi utilizzate di routine dalla polizia non sono considerate armi a uso militare. Le licenze sono emanate da autorita' locali e lo standard di informazioni che l'esportatore deve fornire per ottenere un'autorizzazione e' minore di quello richiesto dalla legge 185. Fra le armi che sono state esportate in questo modo vi sono fucili manuali e semi-automatici, pistole semi-automatiche e revolver, ognuna delle quali puo' essere usata per commettere serie violazioni dei diritti umani.
Questa lacuna e' significativa perche', secondo dati Istat, fra il 1999 e il 2003, l'Italia ha esportato armi leggere a uso civile e munizioni per un valore di circa 1.916 milioni di dollari. In quel periodo armi da fuoco "civili" sono state vendute a una serie di paesi tra cui Argentina, Brasile, Camerun, Cile, Colombia, Repubblica del Congo, Ecuador, Guatemala, India, Giappone, Malesia, Messico, Peru', Filippine, Sudafrica, Corea del Sud, Singapore, Thailandia, Venezuela, Emirati Arabi Uniti e Usa, oltre ad alcuni paesi dell'Unione Europea.
La poco chiara distinzione tra armi a uso civile ed armi a uso militare comporta la possibilita' per le aziende italiane di esportare armi "civili" a paesi devastati da conflitti armati e violazioni dei diritti umani, nonche' soggetti a embargo da parte dell'Unione Europea o dell'Onu. Ad esempio, nel 2003 l'Italia ha esportato alla Cina armi contenute nelle categorie UN Comtrade fra cui pistole, revolver, fucili sportivi e da caccia.
Tutto questo ha permesso alle pistole italiane Beretta di esser fra le armi leggere straniere piu' frequentemente confiscate dalla polizia in Brasile.

Fino a tempi recenti, il governo non ha messo il dovuto impegno a limitare l'uso di armi leggere da parte di civili. Fra il 1999 ed il 2003, l'Italia ha esportato armi da fuoco e munizioni al Brasile per un valore di 10,63 milioni di dollari. Negli ultimi dieci anni, in questo paese sono state uccise 300.000 persone, molte nel contesto della violenza urbana e a causa dell'ampia proliferazione di pistole e armi leggere, a cui si imputa il 63% di tutti gli omicidi in Brasile.
Per cui oltre a diminuire questo numero incredibile di morti avremmo anche fermato la mano dei nostri mercanti di morte che continuano a fare un "business" che non dovrebbe avere storia.

Per far si'

Ricordiamo che molte utilissime informazioni sul referendum brasiliano sono nell'ottimo sito www.referendosim.com.br. Per promuovere iniziative in Italia per sostenere la campagna per il "si'" al referendum brasiliano si puo' contattare Francesco Comina in Italia e padre Ermanno Allegri in Brasile (sito: www.adital.com.br).
Invitiamo tutte le persone che ci leggono ad inviarci interventi a sostegno del si' al referendum brasiliano per abolire il commercio delle armi. Invirtiamo anche tutte e tutti a scrivere a giornali, riviste, siti, mass-media, a istituzioni, movimenti, associazioni, a persone amiche, per diffondere l'informazione e la sensibilizzazione sul referendum brasiliano, e chiamare tutte le persone di volonta' buona ad esprimere sostegno alle sorelle e ai fratelli che in Brasile soono impegnati a far vincere il si' al diritto a vivere, il si' al disarmo, il si' alla civilta' umana, il si' alla gestione nonviolenta dei conflitti, il si' alla pace fra tutti gli esseri umani, il si' alla convivenza di tutte e tutti sull'unica terra che abbiamo.

Note: Breve nota sul Centro di ricerca per la pace di Viterbo
Attivo dagli anni '70 (dapprima con la denominazione "Comitato democratico contro l'emarginazione - Centro di ricerca per la pace"), nel 1987 ha coordinato per l'Italia la campagna di solidarietà con Nelson Mandela allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a "Primo Levi, testimone della dignità umana". Dal 1998 ha promosso una "campagna contro la schiavitù in Italia".
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