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Samir Kassir ricordato a Napoli dalla vedova

2 aprile 2006
Salvo Vitrano
Fonte: Il Mattino

Ce ne vorrebbero di più di occasioni pubbliche come il convegno sull'informazione nei paesi del mondo arabo organizzato in collaborazione tra AnsaMed e Galassia Gutenberg. Nel confronto diretto con voci competenti e non conformistiche provenienti dal Mediterraneo arabo - tra le quali quella di Gisele Khòury, vedova di Samir Kassir, storico e giornalista libanese assassinato nel giugno scorso - si dissolvono in fretta i luoghi comuni sugli arabi, sull'Islam, e affiorano i segni di un universo culturale e civile molto più vario di quanto gli occidentali in media riescano a immaginare. Così l'idea dello scontro di civiltà comincerebbe ad apparire persino ridicola, se non si capisse anche che c'è, su entrambi i fronti, chi ha interesse ad alimentare tragicamente quell'idea, per calcoli di potere e per frenare la diffusione della democrazia. Ieri mattina al tavolo di discussione con il vicedirettore per servizi esteri dell'Ansa Giulio Pecora e con il responsabile per gli esteri della Federazione nazionale della stampa Stefano Sieni c'erano la Khòury, Khaled Fouad Allam, George Baghdadi, Kalid Chaouki, Assem El Kersh, Ziad Talhouk. Tutti d'accordo nel rivendicare la possibilità di fare informazione in modo libero, pluralista, laico. Secondo una tradizione illuministica che non è solo patrimonio occidentale ma aveva avuto sviluppi vivaci nella cultura araba finché non ha cominciato a prevalere l'infelicità araba , fenomeno politico-antropologico polemicamente analizzato da Samir Kassir, il giornalista ucciso a Beirut da misteriosi sicari, due mesi dopo essere stato ospite del primo convegno di AnsaMed nella scorsa edizione della mostra del libro napoletana. Kassir - al quale è dedicata quest'edizione di Galassia e alla cui memoria è dedicato un premio - nel suo breve ma succosissimo saggio L'infelicità araba (da poco pubblicato in Italia da Einaudi), spiega che per cercare le radici di quel sentimento, e di quel risentimento, non bisogna risalire a epoche remote come ha fatto lo specialista occidentale Bernard Lewis. Conviene invece ricordare che nell'800 c'era stata una Nahda un rinascimento arabo, il cui tramonto è derivato da situazioni ed eventi recenti, a partire dal quadro di scarsi sviluppi della democrazia - questo si favorito da interessi occidentali - da considerarsi tra le cause scatenanti dell'islamismo radicale e violento. Gisele Khòury - giornalista della tv Al Arabija, compagna di Kassir fino alla fine - quando sente parlare dell'Islam moderato a cui fanno riferimento tante chiacchiere politiche occidentali, e italiane, fa un sorriso perplesso:
Mi sembra una definizione per generalizzare - dice - e per continuare a non capire il mondo arabo, per ignorare che tra i regimi autoritari e l'Islam radicale c'è chi lotta per una democrazia vera e laica che potrebbe aiutare a risolvere svariati problemi sociali e politici

Quanta gente nei paesi arabi la pensa così?

Non possiamo saperlo con sicurezza. Le dittature e i regimi autoritari hanno represso le organizzazioni democratiche laiche. Però, da quello che emerge, c'è da pensare che il movimento sia esteso, che potrebbe accrescere la sua forza. È per questo che vengono assassinati giornalisti democratici.

Gli occidentali come possono aiutare questo movimento?

Cercando di capire quali sono le forze progressiste arabe, senza fermarsi ai chiché. Le famose vignette danesi, per esempio, da parte occidentale sono state un modo per manifestare pregiudizi, intolleranza, razzismo.

Anche da un punto di vista laico?

Certo. Questioni religiose a parte, quelle vignette generalizzavano e semplificavano. L'effetto era comunque di attribuire caratteristiche negative a tutti gli arabi. La realtà è molto più varia. Semplificando a quel modo si punta alla follia dello scontro di civiltà. Un altro nodo su cui gli occidentali dovrebbero riflettere più seriamente è la questione palestines.

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