INTERVENTO CONCLUSIVO DI MONS. TOMMASO VALENTINETTI
Mi dispiace moltissimo di non aver potuto presenziare fin dall'inizio ai lavori del Congresso ma, dalla ricchezza del dibattito, mi sembra che questo nostro Congresso si concluda lasciandoci ben sperare nel buon proseguimento dell'itinerario di Pax Christi all'interno della nostra realtà.
Vorrei ringraziare il Consiglio uscente per molteplici motivi. Innanzitutto per il lavoro che ha svolto durante il quadriennio di mandato e per la tensione dimostrata in tutte le occasioni in cui Pax Christi è stata sollecitata a dire una parola, a prendere posizione, a portare avanti, soprattutto, gli impegni che, di volta in volta, venivano assunti.
Ringrazio particolarmente questo Consiglio Nazionale nel cui mandato, a metà circa, mi sono inserito quando sono stato nominato Presidente del movimento.
Ormai siamo in cammino tutti a pieno regime.
Nel continuare l'itinerario che è stato tracciato, ma anche nell'approfondire tutto quanto è stato pensato all'interno di questo congresso, alla luce delle numerose mozioni che hanno contraddistinto il lavoro di ieri, mi sembra importante sottolineare alcuni aspetti che, secondo il mio modesto parere, vanno tenuti particolarmente in considerazione.
Mentre ringrazio Tonio per il lavoro che ha svolto durante questi anni, gli sono grato, in particolare, per aver impostato la sua relazione conclusiva del quadriennio sul filo conduttore della spiritualità. Dalle mozioni che abbiamo ascoltato questa mattina, mi sembra che sia stato sottolineato, più volte, che su questa strada dobbiamo incamminarci tutti, con molta più decisione.
Ieri, mentre ascoltavo l'omelia del Papa Benedetto XVI, sono stato colpito particolarmente da alcuni passaggi della sua omelia che indicano proprio la direzione di una spiritualità da approfondire. Consentitemi di prendere in considerazione due passaggi che mi sembrano fondamentali:
"Mentre il pastore di tutti gli uomini, il Dio vivente, è divenuto lui stesso agnello, si è messo dalla parte degli agnelli, di coloro che sono calpestati e uccisi, proprio così Egli si rivela come il vero pastore: "lo sono il buon pastore... Io offro la mia vita per le pecore", dice Gesù di se stesso (Gv 10, 14s). Non è il potere che redime, ma l'amore! Questo è il segno di Dio: Egli stesso è amore. Quante volte noi desidereremmo che Dio si mostrasse più forte. Che Egli colpisse duramente, sconfiggesse il male e creasse un mondo migliore. Tutte le ideologie del potere si giustificano così, giustificano la distruzione di ciò che si opporrebbe al progresso e alla liberazione dell'umanità. Noi soffriamo per la pazienza di Dio. E nondimeno abbiamo tutti bisogno della sua pazienza. Il Dio, che è divenuto agnello, ci dice che il mondo viene salvato dal Crocifisso e non dai crocifissori. II mondo è redento dalla pazienza di Dio e distrutto dall'impazienza degli uomini".
Ed un altro passaggio del suo discorso mi sembra significativo, proprio nella linea della spiritualità, della pace, della nonviolenza:
“La santa inquietudine di Cristo deve animare il pastore: per lui non è indifferente che tante persone vivano nel deserto. E vi sono tante forme di deserto. Vi è il deserto della povertà. il deserto della fame e della sete, vi è il deserto dell'abbandono, della solitudine, dell'amore distrutto. Vi è il deserto dell'oscurità di Dio, dello svuotamento delle anime senza più coscienza della dignità e del cammino dell'uomo. I deserti esteriori si moltiplicano nel mondo, perché i deserti interiori sono diventati così ampi. Perciò i tesori della terra non sono più al servizio dell'edificazione del giardino di Dio, nel quale tutti possano vivere, ma sono asserviti alle potenze dello sfruttamento e della distruzione”.
Mi sembra che queste affermazioni di Benedetto XVI possano costituire un buona base per un itinerario di spiritualità della pace e della nonviolenza, che permetta a tutti noi l’interiorizzazione necessaria perché possiamo lavorare e farci promotori di una teologia della pace.
E a questo proposito, qualcuno, in queste ore, incontrandomi mi ha detto: "Occorre volare alto", abbiamo bisogno, cioè, di elevare i nostri spazi arricchendoli di una dimensione spirituale e teologica.
Pax Christi deve essere in prima linea su questo itinerario, e lavorare perché questa elaborazione venga messa a disposizione delle nostre Chiese locali; perché, finalmente, si possa arrivare a presentare e proporre una vera teologia della pace alle nostre comunità diocesane.
E quando parlo di comunità diocesane, parlo soprattutto dei luoghi di formazione presbiterale e di formazione laicale, dentro cui la Chiesa italiana, oggi, sta per reinvestire le sue grandi potenzialità di impegno. E' in fase di rielaborazione, a livello di Conferenza Episcopale Italiana, tutto il progetto formativo che riguarda i seminari, gli istituti teologici di formazione e gli istituti superiori di scienze religiose. Sono questi gli ambienti in cui, credo, dobbiamo cercare, sempre di più, di far sentire la nostra voce, per raggiungere, con una vera teologia della pace, coloro che operativamente, a livello pastorale, sono gli educatori alla pace.
Sono stato molto provocato dall'intervento del giovane (Bruno Zotti, n.d.r.) che si rammaricava perché non si è potuto costituire il gruppo di lavoro sui giovani, per scarso numero di adesioni. Dallo stesso intervento risaltava chiaramente che il problema dei giovani è la necessità più impellente che noi oggi abbiamo all'interno della vita di Pax Christi, e che si impone, perciò, una sempre più stretta collaborazione di Pax Christi con le Chiese locali. Il Punto Pace deve essere il cuore pulsante del movimento, e lo deve essere non tanto e non soltanto in relazione a ciò che Pax Christi è ad intra, ma a ciò che Pax Christi è ad extra.
Perciò voglio evidenziare la mozione proposta (...) dove ci sono alcuni interventi e alcuni passaggi che mi sembrano fondamentali riguardo ai lavori che i Punti Pace dovrebbero fare in relazione alle realtà diocesane. Credo che di questo si debba tener conto in modo particolarissimo nel momento in cui andremo a lavorare all'interno del Consiglio Nazionale: essere l'interfaccia con tutte quelle realtà essenziali che oggi lavorano in questa direzione e mi riferisco alla Caritas, alle commissioni Giustizia e pace, lavoro e salvaguardia del creato per riflettere un tessuto ecclesiale dove di concerto si lavora in questa direzione. Penso sia diventato un obbligo ineludibile, pena la nostra esclusione dal tessuto ecclesiale, cosa che nessuno di noi vuole. L’essere un movimento di “antica” formazione, di lunga data, certamente ci qualifica per il nostro impegno e per le nostre idee, ma occorre anche una capacità di dialogo, una capacità di lavorare assieme ad altri, all'interno di quei luoghi dove si elaborano progetti di formazione e progetti di intervento inseriti nelle dinamiche delle Chiese locali.
Questa, ritengo sia una priorità a cui non dovremmo mancare. Naturalmente sarà il Consiglio Nazionale, alla luce delle mozioni che sono state approvate, a decidere come tradurla in prassi operativa, se lo riterrà opportuno e valido, all'interno della realtà di Pax Christi.
E se questo dovrà diventare il nostro lavoro - unitamente a quanto già proposto in tutte le mozioni - non solo la “Casa per la Pace”, non solo “Mosaico di Pace” sono considerati oggetto di mozioni, ma anche il Centro Studi, col Centro Formazione, tornano ad essere i mezzi e gli strumenti che Pax Christi dovrà utilizzare per lavorare sul territorio nazionale.
Di conseguenza, uno dei primi problemi che il Consiglio Nazionale dovrà affrontare sarà quello di chi, all'interno del Consiglio stesso, o all'esterno, in collaborazione col Consiglio, possa realmente fare da collegamento, in maniera fattiva e seria, con questi “strumenti” che abbiamo a disposizione:
- Lo Statuto del Centro Studi prevede che il Consiglio Nazionale nomini alcuni suoi rappresentanti all'interno del suo direttivo.
- Carmine ha parlato di un progetto di formazione all'interno della “Casa per la Pace”, progetto che io accolgo, ma che deve essere correlato con un progetto di formazione locale, che Pax Christi deve sviluppare in maniera globale, complessiva, altrimenti si creerebbero delle discrasie svantaggiose al cammino del movimento.
- Ed, infine, una buona collaborazione con “Mosaico di pace”, perché possa essere la cassa di risonanza di quanto accade in Pax Christi, la cassa di risonanza di una società che vede ed interpella Pax Christi, ed a cui Pax Christi deve dare delle risposte; una società civile ed una società ecclesiale all'interno di cui ciascuno si senta interpellato a dare il proprio contributo con la propria azione.
Ma saremo capaci di portare avanti tutte queste sfide, e saremo capaci di realizzarle dentro un progetto organico, nel contesto di un cammino che il Consiglio Nazionale deve portare avanti, non scollegato dai coordinamenti nord, sud e centro (visto che è stata accolta la mozione di Diego Cipriani che si formi anche un coordinamento centro)? Saremo capaci di accogliere questa sfida, anche alla luce di quello che, seppur contestato, si chiama mozione o progetto “La fionda di Davide” (ma che a questo punto potremmo chiamare in qualsiasi altro modo) che ci spiega un itinerario, un cammino, dentro cui il lavoro si deve espletare e si deve organizzare?
Se dovessimo tener conto delle nostre forze economiche oggi, sarei io il primo a dire di no. Non ci è possibile, oggi, in questa organizzazione, basare l’impegno delle persone in questo itinerario su un rapporto economico.
Occorre ripensare ad un cammino di serio volontariato, all'interno di Pax Christi. Un volontariato che possa realmente mettere a disposizione del movimento le forze migliori e, soprattutto, offrire le competenze nella maniera più gratuita possibile. Altrimenti non credo riusciremo a mettere in atto, economicamente parlando, quello che in questi giorni è stato deciso. Abbiamo dei problemi a livello economico, e credo che la relazione di Luciano lo abbia dimostrato in maniera molto chiara; abbiamo un problema di reperimento di risorse.
Dobbiamo studiare come lavorare in questa direzione. Volontariato significa lavoro a favore della “Casa per la pace”, di Mosaico, a favore del Centro Studi e della Formazione: volontariato significa lavoro a favore di tutta la realtà di Pax Christi. In un momento in cui il volontariato sta vivendo una fase di grande crisi - e bisogna riconoscere che c'è anche un problema da un punto di vista giuridico - credo che su questo punto si debba fare una riflessione approfondita.
Vorrei portare a conoscenza di tutti voi, proprio per quel rapporto con le Chiese locali che, credo, da qui in avanti, ci debba contraddistinguere, il saluto a Pax Christi di alcuni vescovi. Ci ha scritto il vescovo di Alessandria, augurando a tutti buon lavoro; ci hanno scritto, in altre circostanze non meno importanti, il vescovo di Ferrara, il vescovo di Cefalù, quello di Carpi; poi don Riccardo Fontana, arcivescovo di Spoleto Norcia; l'arcivescovo di Reggio Calabria, Mons. Vittorio Mondello ed, infine, il cardinale Poletto, arcivescovo di Torino.
Ringrazio tutti della pazienza e auguro a tutti buon pranzo e buon ritorno!
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