Le giornate di Strasbugro – Paolo naso


A Strasburgo il tempo cambia repentinamente: e così una giornata di pioggia torrenziale può improvvisamente lasciare spazio a un caldo sole primaverile. La variabilità del clima della città dell'Alsazia che ospita il Parlamento europeo è una buona metafora della fase ecumenica che stiamo vivendo. Dopo il freddo di settembre, quando la dichiarazione Dominus Jesus creò serie difficoltà alle relazioni tra la Chiesa cattolica e le altre confessioni di fede, il sole di aprile ha portato all'approvazione, proprio a Strasburgo, della Carta ecumenica, una «piattaforma» che impegna la Chiesa cattolica, quelle evangeliche e quelle ortodosse dell'Europa a operare «per l'unità visibile della chiesa di Gesù Cristo». A conclusione di quattro intensi giorni di analisi, discussione e preghiere in comune, domenica 22 aprile la Carta ecumenica è stata solennemente firmata nella chiesa luterana di Saint Thomas dal presidente della Conferenza delle chiese europee (Kek), il vescovo metropolita ortodosso Jérémie, e dal suo omologo del Consiglio delle Conferenze episcopali dell'Europa (Ccee), il cardinale Miloslav Vlk, arcivescovo di Praga.
Un lungo cammino
La firma è stata il punto di arrivo di un lungo processo durato oltre due anni in cui le diverse chiese che aderiscono alla Kek (124 tra protestanti e ortodosse) e le conferenze episcopali dell'Europa hanno discusso una prima bozza ed espresso le loro critiche; quindi una commissione congiunta dei due organismi promotori, assumendo i diversi pareri, ha elaborato una seconda versione del testo, quella presentata e firmata a Strasburgo. «È stato un lungo lavoro ha dichiarato don Aldo Giordano, segretario della Ccee in cui abbiamo imparato a conoscerci e a parlarci con franchezza». «Raccogliere tanti pareri e cercare di costruire il più ampio consenso attorno alla Carta è stata una grande avventura ecumenica gli ha fatto eco Keith Clements, pastore battista e segretario della Kek ma è chiaro che la firma di Strasburgo non è un punto di arrivo; è la tappa di un cammino che ora deve impegnare le chiese locali: saranno loro a decidere se la Carta è uno strumento valido per la ricerca dell'unità e la testimonianza cristiana nel nostro tempo».
Basilea, Graz e ora Strasburgo
E così dopo Basilea nel 1989 e Graz del 1997, anche Strasburgo è divenuta per qualche giorno capitale europea dell'ecumenismo. Quella degli organizzatori non è stata una scelta casuale: la storia di questa splendida città alsaziana che vanta una significativa presenza protestante rimanda agli scontri sanguinosi tra Francia e Germania: ma oggi è la città che ospita il Parlamento e il Consiglio d'Europa, l'alta Corte per i diritti umani e altre importanti istituzioni. Strasburgo, città di Gutenberg, è stata anche la città di Albert Schweitzer, una figura che ben esprime la profondità spirituale, la passione culturale e il dinamismo «missionario» che ancora oggi segnano il protestantesimo di questa regione sviluppatasi quasi a cavallo tra Francia e Germania.
Scegliendo Strasburgo gli organizzatori della Conferenza ecumenica hanno quindi voluto sottolineare il bisogno, anche per il movimento ecumenico, di un confronto con le istituzioni europee, la cultura laica e i valori democratici che esse esprimono. «Come protestanti francesi diamo una valutazione molto positiva di questa carta e del processo che ha portato alla sua realizzazione ha detto Jean-Arnold De Clermont, presidente della Federazione protestante di Francia . Un testo in cui si coglie tra l'altro una maggior modestia delle chiese, che non pretendono più di essere "l'anima dell'Europa", ma partecipano insieme ad altri alla costruzione della casa comune europea. Come protestanti abbiamo avanzato molte critiche sulla prima versione della Carta, e quindi apprezziamo ancora di più gli sforzi che hanno portato a questo testo finale».
E scorrendo i titoli del documento, emergono le grandi sfide poste di fronte all'Europa di oggi: «Sul fondamento della nostra fede cristiana si legge ci impegniamo per un'Europa umana e sociale, in cui si facciano valere i diritti umani e i valori basilari della pace, della giustizia, della libertà, della tolleranza, della partecipazione e della solidarietà».
La presenza dei giovani
Belle parole, si potrebbe dire, ma a Strasburgo sono risuonate come un solenne impegno assunto di fronte a Dio, certamente, ma anche di fronte a testimoni attenti ed esigenti: i circa 100 giovani che costituivano «l'altra metà» dell'assemblea, anch'essi delegati ufficiali e quindi partecipanti a pieno titolo del processo che ha portato alla firma della Carta. I giovani, cattolici, ortodossi e protestanti sono stati la grande novità di questo incontro, il «sale» che ha dato sapore a una convention che altrimenti avrebbe rischiato la ritualità degli incontri di vertice. Il cuore dell'incontro alsaziano sono stati infatti i «tavoli di discussione» in cui a piccoli gruppi giovani e leader ecclesiastici si sono confrontati sulle sfide ecumeniche di oggi: ogni tavola rotonda, ogni cerimonia liturgica, ogni relazione era costruita a due voci, quella dei giovani e quella degli adulti. E così abbiamo visto una giovanissima pastora luterana di Romania confrontarsi con il cardinale Karl Lehmann, presidente della conferenza episcopale tedesca, proprio sui contenuti del processo ecumenico in atto; così come a un altro tavolo alcuni evangelici giovani italiani si confrontavano con il cardinale Velko Puljic, arcivescovo di Sarajevo, sui temi della pace e della riconciliazione. Qualcuno ha osservato che a Strasburgo il «testimone dell'ecumenismo» è passato ai giovani: «No, noi giovani ci assumiamo delle responsabilità ha però commentato Sandro Spanu, segretario della Federazione giovanile evangelici italiana, anch'egli presente a Strasburgo ma l'ecumenismo è un impegno che spetta a tutti, senza distinzione generazionale e senza che lo si possa delegare a qualcuno».
I simboli della spiritualità ecumenica
Giovani e adulti sono anche stati invitati a proporre dei simboli della loro spiritualità ecumenica: e così un giovane ragazzo romeno, greco cattolico, ha mostrato e condiviso con l'assemblea i suoi sandali consumati da centinaia di chilometri di marce e pellegrinaggi per vivere con altri ragazzi la sua fede e la sua testimonianza. Gli ha fatto eco il cardinale Etchegaray, il presidente del «dicastero» vaticano per l'ecumenismo, il quale ha simbolicamente offerto «sia pure per qualche istante soltanto» la sua croce episcopale come gesto di condivisione di una grande «responsabilità»; infine una pastora luterana, Margarethe Isberg, che da una piccola brocca ha versato dell'acqua «con cui ci laviamo quotidianamente, l'acqua che ci ha battezzato, l'acqua che rende possibile la vita della terra, l'acqua che sprechiamo, l'acqua che condividiamo con chi è assetato».
Simboli che «raccontano» storie di fede diverse, lontane che nella storia si sono contrapposte anche violentemente. A Strasburgo queste storie si sono intrecciate, come le strisce colorate di un tappeto appoggiato sul tavolo della chiesa di Saint Thomas sul quale è stata firmata la carta ecumenica.
La sfida inizia ora: nei paesi a più lunga e solida tradizione ecumenica come in quelli in cui il dialogo è più recente e forse difficile, come ad esempio in Italia. Eppure la presenza del presidente della Conferenza episcopale, cardinale Camillo Ruini, e del segretario della Consiglio della Cei per l'ecumenismo e il dialogo, mons. Vincenzo Savio, sembrano indicare una precisa volontà di impegno. «L'ecumenismo è uno dei campi in cui noi italiani dovremmo diventare un po' più europei e imparare dal dialogo, dai rapporti e dalle discussioni che ci sono negli altri paesi commenta Gianni Long, presidente della Federazione della chiese evangeliche . E credo che lo potremo fare, anche se l'Italia è un paese speciale, proprio sulla base di questa Carta ecumenica».
Il cielo dell'ecumenismo, anche in Italia, sembra volgere al sereno.

PeaceLink C.P. 2009 - 74100 Taranto (Italy) - CCP 13403746 - Sito realizzato con PhPeace 2.8.17 - Informativa sulla Privacy - Informativa sui cookies - Diritto di replica - Posta elettronica certificata (PEC)