Il Testo Base
L’IMPEGNO CRISTIANO PER LA RICONCILIAZIONE:
RICONCILIAZIONE, DONO DI DIO E SORGENTE DI VITA NUOVA
Convenuti a Graz per celebrare la comunione
(A1) In settecento delegati ci siamo radunati a Graz da tutte le chiese cristiane d’Europa e da ogni regione di questo continente. Il nostro incontro è stato arricchito dalla presenza di ospiti di altre religioni e di altri continenti e di molte migliaia di altri partecipanti. Il tema che ci ha riuniti per la II Assemblea ecumenica europea è «Riconciliazione, dono di Dio e sorgente di vita nuova». Nonostante le ben note differenze ecclesiologiche esistenti tra noi, che hanno provocato spaccature all’interno del mondo cristiano, siamo consapevoli che Gesù Cristo ci unisce nel comune rammarico per lo scandalo della divisione e nella comune ricerca della riconciliazione. In questo spirito, presentiamo in questo testo alcune osservazioni e suggerimenti volti a una più ampia comprensione del bisogno di riconciliazione. Ciò non significa che trascuriamo l’urgenza di superare le differenze ecclesiologiche esistenti, di cui siamo pienamente consapevoli, per una migliore collaborazione tra le chiese d’Europa nell’affrontare i problemi - spirituali e sociali - che oggi sono di cruciale importanza.
(A2) Quale può essere per noi in Europa il significato della riconciliazione, considerando che molti fra noi soffrono ancora le conseguenze di due terribili guerre mondiali e che piangiamo le centinaia di migliaia di vittime dei conflitti armati che hanno ferito il nostro continente dopo il crollo del muro di Berlino? Con quale autorità, in quanto cristiani, osiamo parlare di riconciliazione alla fine di questo millennio, considerando che esso è iniziato proprio con la divisione della chiesa in chiesa d’Oriente e d’Occidente? La risposta a queste domande è una rinnovata e comune confessione di fede e di speranza in Dio «per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, grazie al quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione» (Rm 5,11). Ma prima di dar conto alle nostre chiese e comunità della nostra ricerca del dono della riconciliazione e delle forme di vita riconciliata, vogliamo esprimere tutta la nostra gioia per questa Assemblea di Graz. Otto anni fa, quando si tenne a Basilea la I Assemblea ecumenica europea, chi avrebbe osato sperare che ci si sarebbe nuovamente incontrati in un’Europa così profondamente mutata! Ci rallegriamo per il dono della libertà e della libera circolazione delle persone; accogliamo con gioia le nuove possibilità che abbiamo di capirci, di servirci reciprocamente e di vivere insieme. In questi giorni siamo pieni di gioia soprattutto perché, come popolo di Dio, ci poniamo in pellegrinaggio mossi dal nostro desiderio di unità.
La ricchezza delle nostre culture e tradizioni
(A3) Ci rallegriamo per la ricchezza delle nostre diverse culture e tradizioni. Stiamo progressivamente recuperando un’immagine più viva della vastità e varietà di questo continente, sebbene subiamo ancora le conseguenze del confronto Est-Ovest che ha dominato l’Europa per quattro decenni. Ci eravamo estraniati gli uni dagli altri. Ma in questa amichevole e accogliente città di Graz abbiamo vissuto una celebrazione di comunione e abbiamo trovato nuovi amici. Soprattutto, abbiamo sperimentato quanto profondamente ci unisca la nostra fede.
Comunione nonostante le grandi contraddizioni
(A4) Non vogliamo trascurare i contrasti e le contraddizioni che sono alla radice della diversità che caratterizza il nostro continente. A Basilea, nel 1989, molti di noi non poterono prevedere i grandi sconvolgimenti che sarebbero avvenuti. Nell’Europa centrale e orientale, le condizioni sociali ed economiche di gran parte della popolazione hanno subìto cambiamenti radicali. Mentre esistono notevoli differenze tra le varie regioni, sembra esservi una tendenza generale nel senso di una maggiore libertà e di prospettive più ampie. In diversi paesi ex-socialisti, i problemi sono stati determinati dal fatto che la tradizione e le istituzioni giuridiche si sono sviluppate lentamente e si sono trovate impreparate ad affrontare il rinnovamento. Ciononostante, i cambiamenti, che erano iniziati ben prima del 1989, hanno finito per sollecitare tutte le società europee, in misura maggiore o minore, a raggiungere una nuova comprensione di sé e a ridefinire le relazioni reciproche.
(A5) La nostra gioia per questa seconda Assemblea ecumenica qui a Graz ha rafforzato la nostra convinzione che questo dev’essere un continente aperto. Appare sempre più chiaro che, per motivi sia geografici che storici, religiosi e culturali, l’Europa non può essere immaginata senza gli altri continenti. La diversità dell’Europa si fonda sulla sua apertura, che rappresenta sia la sua forza sia la sua vulnerabilità. Perciò la pace si rende ancora più urgente.
Dalla gioia al ringraziamento: riconciliazione, dono della misericordia di Dio
(A6) La gioia per il dono di essere insieme apre il nostro cuore al ringraziamento a Dio, Padre del nostro Salvatore Gesù Cristo, Creatore del mondo e Signore della storia. Possiamo parlare di riconciliazione solo perché l’abbiamo sperimentata nella vita delle nostre chiese come dono di quel Dio di cui la Bibbia rende testimonianza come «misericordioso e clemente» (cf. Es 34,6; Sal 103,8; 145,8; 112,4; Gl 2,13; Gn 4,2; Lc 1,50; 2Cor 1,3). Le sacre Scritture parlano anche della collera e della gelosia di Dio, ma lo fanno sempre sullo sfondo del suo amore e della sua misericordia. Su questo concordano ebrei, cristiani e musulmani. Qui riconosciamo quanto profondamente siamo imparentati, e proprio questa relazione, dopo essere stata oscurata da una lunga e amara storia di persecuzioni e guerre di religione, potrebbe costituire il fondamento per un’azione comune.
La creazione sussiste nell’amore di Dio
(A7) «Siamo amati ancor prima dell’origine del mondo», diceva la mistica inglese Giuliana di Norwich (XIV secolo). Ella attesta così che alla sorgente della creazione c’è l’amore di Dio. Questo amore porta e sostiene la vita del mondo attimo dopo attimo. Nelle Lamentazioni di Geremia leggiamo: «Le misericordie del Signore non sono finite..., esse sono rinnovate ogni mattina, grande è la sua fedeltà» (3,22s). Nel Siracide si legge: «La misericordia del Signore riguarda ogni essere vivente» (18,12). Queste intuizioni rivelano che l’amore di Dio abbraccia l’intero universo. Alla luce del costante amore di Dio, riconosciamo con gratitudine la bontà della creazione, il valore e la bellezza del mondo, pur sapendo quanto dolore e vanità vi siano penetrati.
Gesù Cristo è l’amore di Dio in persona
(A8) Ringraziamo Dio, perché in Gesù Cristo ci ha offerto una chiara immagine del suo amore. In un atto di auto-svuotamento, il Figlio di Dio diviene incarnato e obbediente sino alla morte, addirittura la morte di croce (cf. Fil 2,5-11). La sua risurrezione indica il compimento di tutte le cose. Paolo dice: «E’ stato Dio a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione» (2Cor 5,19). Secondo la testimonianza resa dall’Apostolo, resuscitando Cristo dai morti Dio inizia una nuova creazione. Siamo chiamati a spezzare il ciclo di violenza che conduce inesorabilmente alla colpa e alla punizione, al risentimento e alla vendetta. Possiamo e dobbiamo superare i vincoli della colpa e dei rapporti spezzati, verso la pace di Dio. Noi cristiani siamo stati più volte indegni messaggeri di riconciliazione. Le nostre vite e le nostre azioni sono spesso irriconciliate, e non fondate sulla misericordia di Dio, che ci è stata rivelata in Gesù Cristo. A Graz desideriamo dunque dare ascolto all’appello dell’Apostolo: «Lasciatevi riconciliare con Dio» (2Cor 5,20).
Lo Spirito di Dio opera in mezzo a noi come forza di riconciliazione
(A9) Ringraziamo Dio, perché nel mondo è all’opera la novità della riconciliazione. E’ il dono dello Spirito Santo, dato a Pentecoste, in cui sperimentiamo la continua presenza del Cristo risorto nella storia (Mt 18,20; 28,20). Chiamiamo lo Spirito «santo» non solo perché viene da Dio, ma anche perché ha il potere di santificare le nostre esistenze, cioè di cambiarle radicalmente e di creare nuovi rapporti. Questo è il significato della parola greca per riconciliazione, «katallaghé» (letteralmente, un cambiamento totale, una nuova creazione, cf. 2Cor 5,17). Pur portando in noi i traumi causati dalla mancanza di riconciliazione, crediamo che questa forza riconciliante continui a operare in noi. Essa traspare già dal nostro desiderio di riconciliazione (cf. Rm 8,26ss) e ci prepara a permettere la trasformazione dei nostri pensieri e dei nostri comportamenti.
La Trinità, movimento dell’amore che tutto avvolge
(A10) Nel rendere testimonianza al mistero dell’amore di Dio, i cristiani professano la loro fede in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. Così essi esprimono l’esperienza che, nella persona di Gesù e nella sua disponibilità a donare la sua vita per noi, si rivela l’amore di Dio Padre. Attraverso la morte e la resurrezione di Gesù riceviamo il dono dello Spirito Santo, per mezzo del quale partecipiamo all’amore dinamico della Santa Trinità. Quest’unico e onnicomprensivo movimento dell’amore di Dio avvolge l’intero creato ed è in grado di penetrare e trasformare il cuore di ogni persona, rivelandoci l’origine, il modello e il fine della nostra esistenza, secondo la preghiera di Gesù al Padre «come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola» (Gv 17,21).
La bontà di Dio ci induce al pentimento
(A11) Alla luce della compassione di Dio riconosciamo il nostro peccato sia individuale sia collettivo. Sentiamo le parole dell’apostolo Paolo: «Disprezzi la ricchezza della sua bontà, della sua tolleranza e della sua pazienza, senza riconoscere che la bontà di Dio ti spinge alla conversione?» (Rm 2,4). Leggiamo la parabola del servo malvagio che per cento denari fa gettare in prigione un servo come lui, nonostante che il re gli abbia condonato un debito di diecimila talenti, cioè di cinquanta milioni di denari (cf. Mt 18,23-35). Proprio perché non possiamo misurare l’immensità della bontà di Dio, ci rendiamo conto di quanto siamo indegni di riceverla. Così il ringraziamento per la magnanimità e la pazienza di Dio ci induce a parlare con onestà del nostro debito, della nostra colpa e delle nostre mancanze.
(A12) Sappiamo che colpa e sofferenza sono distribuite fra noi in modo molto ineguale. Perciò non intendiamo intraprendere rituali generalizzanti di auto-umiliazione. Abbiamo ogni motivo di essere grati a tutte le donne e a tutti gli uomini che, ieri e oggi, sono stati fedeli e obbedienti ambasciatori della riconciliazione di Dio, spesso fino al punto di sacrificare le loro vite per Cristo. Ma nel metterci di fronte a Dio in un atteggiamento di gratitudine per la sua incommensurabile bontà, ci rendiamo conto della nostra debolezza e colpevolezza agli occhi di Dio («coram Deo»). Così come l’Assemblea di Basilea ha adottato una dettagliata confessione di peccato e ha sottolineato la necessità di ritornare a Dio (metanoia, cf. nn. 41ss), qui a Graz siamo chiamati ad affrontare le nostre manchevolezze e fallimenti alla luce della chiamata di Dio alla riconciliazione. Solo quando saremo disposti a dare un nome alle nostre colpe ed omissioni, e solo quando riusciremo ad ammettere il nostro dolore per le ingiustizie subite, potremo sperare di liberarci da questi fardelli e trovare nuove vie verso il futuro. La riconciliazione che viene da Dio ci conduce, attraverso la porta stretta del pentimento, nella grande valle della vita riconciliata.
(A13) Il modo in cui parliamo del peccato nel contesto della riconciliazione, qui a Graz, non è soltanto o principalmente orientato verso il comportamento errato di individui o di gruppi. Desideriamo piuttosto affrontare le dimensioni del male che sono profondamente radicate nelle nostre memorie come comunità cristiane in Europa, e che continuano a perseguitarci ancora oggi.
Divisioni delle chiese
(A14) Confessiamo insieme davanti a Dio di aver oscurato l’unità per la quale Cristo ha pregato (cf. Gv 17,20s). Abbiamo offerto al mondo l’indegno spettacolo di un cristianesimo lacerato dalle divisioni. Questa è la fatale conseguenza del fatto che nel corso della storia si sono tratte conclusioni diverse nella vita delle nostre chiese. Ciò ha spesso portato a reciproche accuse, condanne e persecuzioni. In questo modo la credibilità della nostra comune testimonianza cristiana è stata indebolita.
Cristiani ed ebrei
(A15) Abbiamo una lunga storia di colpa nei confronti del popolo ebraico. Nonostante il fatto che Gesù provenga dal popolo ebraico, secondo la carne, e benché la nostra fede sia inconcepibile senza la fede del popolo dell’Alleanza, la nostra cultura è segnata, ancora oggi, da chiari elementi di antisemitismo. Nel corso dei secoli gli ebrei sono stati perseguitati in molte parti d’Europa «cristiana». I cristiani hanno contribuito a ciò perché hanno mal compreso o negato la fedeltà di Dio alle sue promesse. Esempi di ciò risalgono all’inizio dell’era cristiana e ricorrono nelle persecuzioni del medioevo. In particolare nel nostro secolo l’Europa ha testimoniato l’abominevole tragedia della Shoah. Ricordiamo con gratitudine quei cristiani che, a costo della loro stessa vita, salvarono degli ebrei dalla morte. Nonostante questo, l’antisemitismo continua a riaccendersi.
Uomini e donne
(A16) Confessiamo davanti a Dio che esiste ancora nelle nostre chiese e nelle nostre società un atteggiamento indegno nei confronti delle donne. Dio ha creato l’uomo e la donna a sua immagine. Gesù Cristo, Dio incarnato, ha considerato l’uomo e la donna come uguali, vedendoli non come differenti ma come una cosa sola, come si afferma in Gal 3,28. Malgrado ciò, è latente la convinzione, talvolta corroborata da riferimenti alla Scrittura e alla tradizione, che le donne siano create a immagine di Dio in misura meno piena degli uomini, e di conseguenza tutta la loro esistenza e il loro ruolo abbiano meno valore e meritino meno rispetto. Così le donne sono state subordinate all’uomo nella famiglia, nella chiesa e nella società. Ciò si riflette, ad esempio, nel fatto che ancora non si trova lo spazio sufficiente perchè le donne possano esprimere in pienezza la ricchezza del loro carisma e della loro vocazione nella varietà dei servizi (cf. 1Cor 12,4-13) e nei luoghi decisionali delle nostre chiese. La violenza fisica dell’uomo nei confronti della donna va dalla sistematica discriminazione economica e politica alle forme quotidiane di oppressione domestica. Se si vuole prendere seriamente il significato del battesimo, inteso come incorporazione di tutti i cristiani battezzati nel corpo di Cristo, ogni atto di violenza contro le donne, così come contro ogni essere umano, deve essere visto come una ferita al corpo di Cristo.
Rottura fra le generazioni
(A17) Confessiamo che come cristiani e come chiese abbiamo contribuito alla rottura fra le generazioni. Anche la chiesa, come la società, vive dello sforzo comune di tutte le generazioni: bambini, giovani, adulti e anziani. Tuttavia, i processi e le strutture decisionali sono limitati solo ad alcune generazioni, anche se le decisioni riguardano tutti. Ciò è in contraddizione con l’immagine dinamica della chiesa come popolo di Dio in cammino, nel quale tutte le persone battezzate hanno delle responsabilità, a seconda dei loro carismi. Le chiese, quindi, hanno meno credibilità agli occhi della generazione più giovane.
Il delirio di superiorità dei popoli europei
(A18) Molte delle nostre chiese hanno giocato un ruolo influente nello sviluppo di un senso di superiorità europea, che è servito a giustificare la dominazione europea sui popoli della terra. Nella maggior parte dei casi, le nostre chiese non hanno avuto abbastanza discernimento e forza per fermare la distruzione delle culture straniere, per prevenire i genocidi o combattere il commercio degli schiavi. Abbiamo spesso dato una legittimazione religiosa agli imperi e alle strutture di potere. Questo tipo di superiorità europea si esprime oggi nella convinzione di aver diritto alle ricchezze e ai mercati degli altri continenti, nel non voler tener conto dei loro gravi problemi e nel respingere i loro cittadini bisognosi di aiuto. Così abbiamo tradito Dio, che ama tutti gli esseri umani, indipendentemente dalla loro razza, religione e cultura. Per questo motivo non possiamo rimanere in silenzio. Mentre siamo qui riuniti, migliaia di cristiani come noi soffrono la persecuzione e l’indigenza in molte parti del mondo. Non possiamo restare indifferenti di fronte al fatto che i governi europei continuano a intrattenere rapporti politici ed economici con paesi in cui i cristiani soffrono.
Cattivo uso della creazione
(A19) Non siamo stati all’altezza del comandamento divino secondo cui dobbiamo trattare tutto il creato con reverenza e lavorare per preservarne l’integrità. Abbiamo interpretato erroneamente la formula biblica che ci chiama a «soggiogare e dominare» la terra come un’autorizzazione a sfruttare la ricchezza del creato in modo ostinato ed egoistico, mentre in realtà ci si chiede di esserne gli amministratori. E fino ad oggi, pur essendo ben coscienti della gravità della situazione, perserveriamo nelle nostre consuete e confortevoli abitudini consumistiche.
Il pentimento non nasconde le differenze esistenti fra di noi
(A20) Nel riflesso della bontà divina riconosciamo non solo la nostra comune colpa davanti a Dio e il bisogno del suo perdono, ma anche il nostro debito nei confronti del mondo e gli uni degli altri. Tuttavia, questa maggiore percezione della nostra coscienza ci permette anche di definire i diversi gradi di colpa e di sofferenza fra di noi. Le donne hanno sofferto, e tuttora soffrono, più degli uomini. I bambini hanno sofferto più degli adulti. Le nazioni più piccole sono state, e sono tuttora, esposte all’aggressione delle nazioni più potenti, spesso senza alcuna protezione. Il diritto delle minoranze è calpestato, ora come sempre. Ciò vale ad esempio per i sinti e i rom, la cui amara storia di disprezzo e di persecuzione è una vergognosa realtà in tutta Europa. E vale anche per le persone provenienti dall’Africa, dall’Asia, dall’America Latina e dai Caraibi che continuano ad essere vittime dell’odio razziale e della xenofobia. Non intendiamo nascondere le profonde differenze esistenti fra gli aggressori e le vittime. Non stiamo dicendo che siamo tutti colpevoli allo stesso modo o che abbiamo sofferto tutti allo stesso modo. Così, ad esempio, quelli di noi che provengono dai paesi dell’Europa occidentale sentono in particolare il bisogno di affermare esplicitamente che in quei tempi molti di noi non si sono curati delle sofferenze dei cristiani costretti a vivere sotto la dominazione comunista. Non invitiamo a dimenticare. Qui è in gioco qualcosa di più del semplice rispetto delle nostre memorie. Intendiamo la riconciliazione fra di noi come il tentativo costantemente rinnovato di togliere il veleno dell’inasprimento e della rimozione dalle nostre memorie, favorendone così la guarigione.
La riconciliazione non sostituisce la giustizia e la verità
(A21) Confessiamo espressamente che il messaggio della riconciliazione non annulla la ricerca della giustizia e della verità. Purtroppo per molti «riconciliazione» è diventato un vocabolo non impegnativo, essendo stato spesso usato per neutralizzare la colpa e stendere il velo di una falsa indulgenza su avvenimenti che avrebbero richiesto un’aperta elaborazione critica. Chi patisce un’ingiustizia deve poter contare su sistemi giuridici gestiti da giudici incorruttibili e in grado di garantire un giusto processo, in modo che la dignità della parte lesa possa essere ripristinata e il danno subìto possa essere compensato. Chi infrange la legge deve sapere che va incontro ad una punizione. L’autore di un’ingiustizia non ha diritto di chiedere la riconciliazione, così come non ci si deve attendere automaticamente una disponibilità al perdono da parte di chi ha subito il danno.
La grazia va oltre la giustizia
(A22) Ciononostante affermiamo che le leggi, che gli esseri umani devono elaborare e rispettare, devono anche essere sostenute dalla compassione di Dio. Solo così si può preservare la legge dal rischio che essa diventi strumento di lotte di potere o di interessi egoistici. La riconciliazione di Dio va al di là di ogni espiazione, soddisfazione o correzione che i nostri ordinamenti giuridici possano introdurre; essa può infatti guarire le nostre esistenze ferite e ristabilire la nostra stima di sé. Quando veniamo toccati dalla forza di questa riconciliazione, non abbiamo più bisogno di enumerare e confrontare le nostre sofferenze, così come possiamo smettere di negare o rimuovere la nostra colpa. In quanto abbiamo ricevuto la grazia di Dio, infinita e incommensurabile, noi sperimentiamo che la grazia è più grande della legge.
Alla scuola della misericordia
(A23) «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso» si legge in Luca 6,36. Uno dei tanti testimoni, spesso sconosciuti, di questo messaggio è stato Isacco il Siro (VII secolo). Egli soleva dire che la nostra vita cristiana consiste nel metterci alla «scuola della misericordia». Era profondamente convinto che lo Spirito del Dio misericordioso vuole creare in noi un «cuore compassionevole». «Che cos’è dunque un cuore compassionevole? E’ il cuore che si consuma per amore dell’intera creazione, per l’umanità, gli uccelli, gli animali, i demoni e per ogni creatura ... La sua grande pietà rende il suo cuore umile ed egli non può tollerare di ascoltare o vedere una qualsivoglia offesa o la più piccola sofferenza nella creazione» (Omelia 71). In queste parole scopriamo una spiritualità della «com-passione» per la creazione di Dio, che ricorda la radicale umiltà e povertà di molti movimenti cristiani di riforma, fra cui quello di s. Francesco d’Assisi. Questa com-passione è molto più della simpatia o della pietà. Essa si basa sulla piena consapevolezza della sofferenza delle vittime. Perciò cerca le vie attraverso le quali risollevare gli offesi e chiede anche ai persecutori di cedere il loro falso potere. Ristabilire e correggere, abbandonare e rinunciare sono i fondamenti di una prassi della riconciliazione. Questo trova piena espressione nel comandamento di Gesù: «...che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,34s). Vivere questo amore compassionevole e reciproco è necessario e possibile.
La corrente dell’amore fra le generazioni
(A24) La «scuola della misericordia» esiste anche nel nostro tempo, e in molti luoghi. Essa trova la sua prima espressione nella famiglia. Molte donne e molti uomini, nonni, genitori e figli, parenti e amici attestano ogni giorno la realtà di una compassione taciuta e come invisibile. Una corrente d’amore attraversa le generazioni. Essa opera efficacemente senza ricorrere a grandi parole là dove si appianano discordie, si ricambia il male con il bene e le persone cercano di guadagnare gli antagonisti con la benevolenza e l’amore (cf. Mt 5,44). Proprio perché sappiamo quanto profondi siano i conflitti fra le generazioni e quanto diffusa sia fra loro la violenza, sottolineiamo la grande importanza dell’opera di riconciliazione fra i sessi e le generazioni. L’affermazione della dignità degli anziani e dei giovani, la protezione dei deboli e il rispetto del diritto alla vita dei bambini, compresi quelli non ancora nati, sono la misura del grado di umanità delle nostre società. Riaffermare la dignità e la santità della vita costituisce una grande sfida per le chiese.
Le persone riconciliate sono coadiutrici della gioia
(A25) Nella «scuola della misericordia», lo sforzo per l’unità (koinonia) visibile delle chiese è per così dire una delle materie principali. L’Apostolo esorta i cristiani di Efeso: alla sopportazione vicendevole «...nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace» (Ef 4,2s). Abbiamo mille ragioni per essere grati per il modo in cui ci siamo avvicinati l’uno all’altro. Ci riferiamo, ad esempio, alla dichiarazione finale del V Incontro ecumenico della Conferenza delle chiese europee e del Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa (Santiago de Compostela 1991), alla Concordia di Leuenberg, agli accordi di Meissen e di Porvoo. Allo stesso tempo siamo costretti a notare che ci sono nuove difficoltà e situazioni complesse che ci spingono a immaginare nuove iniziative. Come le generazioni che ci hanno preceduto, siamo chiamati a lottare per l’unità visibile che Cristo vuole per noi. Siamo debitori verso il mondo del mantenimento della parola della riconciliazione all’interno e fra le nostre chiese. Ciò comporta la sincera definizione di ciò che ancora ci separa al fine di superare riserve e sfiducia. Comporta anche il fare insieme tutto ciò che in buona coscienza possiamo fare insieme, ed è ben più di quanto comunemente pensiamo. Le donne hanno mostrato una particolare creatività nello sviluppare una spiritualità della condivisione, della solidarietà e della celebrazione. L’apostolo Paolo afferma: «Noi non intendiamo far da padroni sulla vostra fede; siamo invece i collaboratori della vostra gioia, perché nella fede voi siete saldi» (2 Cor 1,24). Ciò implica preghiera e intercessione, condivisioni di ministeri nei nostri quartieri e nelle nostre città, iniziative comuni nel campo della formazione, progetti diaconali e programmi missionari comuni. Consideriamo inoltre importante per le chiese di maggioranza rispettare e sostenere le preoccupazioni delle chiese di minoranza nei loro rispettivi paesi.
Partner riconciliati e dialogo con altre religioni e culture
(A26) Cerchiamo di tenere in debita considerazione il fatto che Dio non è «lontano da ciascuno di noi» (At 17,27), come disse l’apostolo Paolo agli ateniesi. La fedeltà alla nostra fede va coniugata con il rispetto per le intuizioni dei credenti di altre fedi. Alle chiese si pone l’urgente compito di riflettere sul rapporto tra Vangelo e cultura. E’ anche importante riflettere sulle nostre pratiche missionarie. Ci rendiamo facilmente conto dell’importanza di questo atteggiamento quando pensiamo che le guerre di religione hanno lasciato una scia di sangue lungo tutta la storia del nostro continente. Anche oggi le differenze religiose rischiano di essere strumentalizzate dai conflitti politici. Perciò come chiese abbiamo la responsabilità di adoperarci in modo attivo e convinto per l’eliminazione degli stereotipi di nemico che abbiamo ereditato e per la creazione di solidi sistemi di alleanze. Non dobbiamo permettere che convinzioni religiose diverse vengano usate per giustificare conflitti armati. Ciò significa che dobbiamo eliminare anche i malintesi e le rivalità nei confronti delle altre religioni. Contro tutti i sostenitori di un inevitabile «scontro di civiltà» vogliamo promuovere la tolleranza e la cooperazione. Riteniamo che esista un compito particolarmente urgente nei riguardi dell’islam, non solo perché oggi in Europa vivono circa 30 milioni di musulmani, ma anche perché fra il cristianesimo e l’islam vi è stata una lunga e amara storia di recriminazioni e inimicizia che va superata nello spirito di una convivenza riconciliata. Anche i giovani oggi possono rivestire un ruolo particolare nel dialogo interreligioso e interculturale. Il processo di globalizzazione, l’accresciuta mobilità e più efficaci mezzi di comunicazione hanno aiutato a creare nuove opportunità per un tale dialogo ed una nuova apertura e tolleranza nei confronti della diversità.
Protezione dei deboli: l’economia nel segno della misericordia
(A27) L’Europa è un continente fondamentalmente ricco, non solo nei termini delle sue risorse naturali, ma anche nella sua tradizione di iniziativa umana e creatività. E tuttavia continuano ad aumentare le schiere dei disoccupati, di quanti dipendono dall’assistenza sociale, dei senzatetto e degli indigenti. La libertà politica e il consolidamento della democrazia nelle nostre nazioni, che hanno registrato progressi incoraggianti dal 1989 ad oggi, hanno però accresciuto ulteriormente la diversificazione delle condizioni economiche e sociali. Ne soffrono soprattutto gli anziani, le famiglie numerose, le ragazze madri e i giovani. I disabili sono emarginati più di prima, sebbene alcuni paesi abbiano tentato di migliorare le loro opportunità per il raggiungimento di una realizzazione personale. Le persone in cerca di asilo sono sempre più rifiutate in tutta l’Europa, mentre gli episodi di razzismo sono ovunque più frequenti.
(A28) Nel riflesso della compassione di Dio, la nostra società competitiva, caratterizzata da gretti interessi finanziari e da una crescente e spasmodica ricerca del profitto, appare profondamente indifferente e priva di misericordia. Nelle chiese noi sosteniamo lo sviluppo di sistemi economici orientati alla protezione dei deboli in ogni parte della terra, e siano rispettosi dell’intrinseca dignità di ogni persona. Stiamo cercando sistemi che permettano loro di sviluppare la creatività non solo in vista del profitto ma anche per la solidarietà e per risolvere problemi sociali attraverso la collaborazione tra lo stato e l’iniziativa individuale e collettiva. E’ dannoso e insensato voler fare dell’Europa una fortezza che cerca di isolarsi dalla povertà di altri continenti. Parimenti, il diritto alla vita delle generazioni future esige che noi che viviamo oggi smettiamo di scaricare sul futuro i costi del nostro modo di produrre e consumare. La conseguenze della riconciliazione ci portano anche a rinunciare ai profitti eccessivi e a un consumo smodato. E’ nostro compito formulare criteri per soluzioni sociali, economiche e politiche che ci permettano di valutare fino a che punto si relazionino con la dignità umana, la giustizia, la libertà e la solidarietà.
Riconciliazione e politiche di pace
(A29) L’ambito della politica è un importante «laboratorio» di riconciliazione. Noi sosteniamo lo sviluppo di concezioni della sicurezza che includano tutta l’Europa e impediscano che l’Europa possa rappresentare una minaccia per altre parti del mondo. Lo sviluppo di istituzioni democratiche comuni e della cooperazione politica ed economica dell’intera regione europea rafforzerà la sua stabilità e farà diminuire il pericolo di un conflitto. D’altra parte, se in alcune parti d’Europa viene a mancare del tutto la sicurezza, le possibilità di una manipolazione politica di vecchie tensioni potrebbero aumentare. Le istituzioni europee dovrebbero servire come strumenti di riconciliazione e per la creazione di un’Europa senza confini che la dividano, in cui la sicurezza sia cercata attraverso la cooperazione e non con la deterrenza. Confermiamo l’affermazione dell’Assemblea ecumenica di Basilea secondo cui «nei nostri paesi e nel nostro continente non c’è nessuna situazione in cui la violenza sia richiesta o giustificata» (n. 61). Siamo profondamente convinti che la riconciliazione fra i popoli è possibile, anche se spesso si è male utilizzato questo termine. Perciò vogliamo favorire lo sviluppo e la promozione di servizi volontari per la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato.
Riconciliazione nell’amministrazione della vita
(A30) Siamo le prime generazioni, nella lunga storia dell’umanità, in grado di vedere la terra dal di fuori. Di lassù la terra ci appare come il «pianeta azzurro», circondato da sottili strati di aria e di gas, quasi sperduto nella sconfinata immensità dell’universo. Siamo quindi tanto più stupiti di fronte alla straordinaria varietà di creature viventi che essa ospita. Cominciamo a renderci conto che il pianeta è piccolo, finito e vulnerabile, mentre fino ad ora lo consideravamo praticamente «un mondo senza fine». Per questo ci siamo presi la libertà di sfruttarne le ricchezze senza alcuna attenzione alla loro dignità intrinseca e al fatto che sono limitate. Ora ci rendiamo conto che stiamo oltrepassando i limiti della loro «sostenibilità» e che stiamo devastando l’economia propria della realtà vivente e, di conseguenza, anche la nostra casa. Per noi la riconciliazione con la natura significa quindi, fra l’altro, la conservazione dell’integrità funzionale delle condizioni climatiche e dei sistemi ecologici e riconoscere la necessità della prudenza negli interventi sul codice genetico di tutte le specie.
Riconciliazione e redistribuzione della ricchezza a livello mondiale
(A31) La storia d’Europa, e anche quella delle nostre chiese, è strettamente legata sotto vari aspetti a quella degli altri continenti. L’epoca del colonialismo ha ceduto il passo a una nuova era in cui grandi potenze cercano di affermare il loro dominio. Ciononostante l’Europa resta una potenza globale significativa, e gli attuali progetti per rafforzare ed estendere l’Unione europea devono essere guidati dal riconoscimento di questa responsabilità globale. Nel cosiddetto «villaggio globale», comunque, diviene sempre più difficile per il singolo stato provvedere a ciò che la gente si aspetta per vivere dignitosamente. Ma con la crescente globalizzazione esiste il reale pericolo che gli esseri umani vengano subordinati alle forze commerciali e di mercato. Come credenti non possiamo accettare che la ricchezza sia concentrata nelle mani di pochi privilegiati. A possibilità globali devono accompagnarsi regole globali, e al mercato globale una rete globale di solidarietà. La terra è la nostra casa, preziosa ma vulnerabile. Dobbiamo controllare attentamente il nostro contributo al debito ambientale e rivalutare la ripartizione del debito pubblico tra i popoli della terra. La vera riconciliazione ci chiama anche a esaminare la sostenibilità delle attuali pratiche di gestione, produzione e consumo. La disponibilità a non approfittare di un vantaggio iniquo è condizione fondamentale per una più giusta distribuzione e salvaguardia delle risorse della terra.
Riconciliazione, accettazione della nostra finitezza
(A32) La riconciliazione non è solo una sfida sul piano etico. L’idea del lasciare la presa e del rinunciare ci rimanda alle questioni centrali dell’esistenza umana. Dietro ai tentativi di avere, di possedere, di controllare e difendere tutto ciò che ci è possibile, riconosciamo lo sforzo illusorio di negare l’approssimarsi della morte o quantomeno di porsi al sicuro dai rischi della vita e di controllarli il più possibile. Non appena, invece, accettiamo la nostra finitezza, ci ritroviamo aperti alle possibilità che abbiamo in quanto esseri umani e creature viventi in un mondo finito. Quando impariamo a «contare i nostri giorni» (Sal 90,12) ci avviciniamo maggiormente alla misura della nostra umanità e quindi alla misura di ciò che è sostenibile per tutte le creature. Quando parliamo di «scuola della misericordia» non intendiamo un’isola di contemplazione, ma un movimento di resistenza alla diffusa tendenza a suddividere le persone in «vincenti» e «perdenti» e misurare, di conseguenza, il loro valore. Ci riconosciamo esseri finiti e tuttavia crediamo di poter sperare in un nuovo cielo e in una nuova terra. L’orizzonte dell’attesa del regno di Dio ci accompagna nel nostro cammino e ci aiuta a trovare la nostra misura di esseri mortali e a combattere tutte le tentazioni di onnipotenza e superiorità. Il Magnificat della Madre di Gesù ci ricorda che Dio rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili (cf. Lc 1,52).
Celebrare la riconciliazione
(A33) La riconciliazione esige l’intera nostra vita, ma è più di una semplice occupazione e non ha a che vedere con la costrizione. Resta una sorgente di energia che viene da Dio e ci sostiene. Perciò, molte nostre chiese comprendono il pentimento e la riconciliazione come un sacramento, come una dimensione profonda della nostra esistenza, che perdiamo facilmente di vista nell’agitazione della vita quotidiana. Questa dimensione sacramentale è stata espressa in vari modi nelle nostre chiese, tuttavia è importante sapere quanto abbiamo in comune. Concordiamo sul fatto che la domenica è qualcosa di più di un semplice giorno libero e cerchiamo di santificarla con i nostri servizi di culto. Questo è un modo di testimoniare che noi esseri umani non possediamo il tempo, ma nel tempo abbiamo bisogno di riconoscere il nostro posto. Ogni battesimo richiama il valore unico della dignità di ogni essere umano. Nell’acqua battesimale riconosciamo la presenza dello Spirito, che è la sorgente di ogni vita e ci rende parte del corpo di Cristo. Nella celebrazione dell’eucaristia celebriamo infine la partecipazione all’opera del Riconciliatore, che ha dato la vita perché fossimo resi integri e fossimo guariti dalle sue piaghe (cf. Is 53,5). Dal momento che egli ci ha riconciliati, siamo tenuti a fare tutto quanto possiamo perché si compiano i necessari passi verso la celebrazione comune dell’eucaristia.
Giubileo di riconciliazione
(A34) Le sfide e gli imperativi che stanno davanti alla famiglia cristiana d’Europa sono messi bene a fuoco dalla prossima celebrazione del millennio della nascita di Cristo, nostro Signore e Salvatore. Questo «anno di grazia del Signore» è un momento cruciale della nostra storia, in cui siamo rinnovati nell’unzione dello Spirito che ci rende discepoli di Cristo. Lo Spirito ci invia a proclamare la buona novella. La nostra fede cristiana esige che lottiamo per la libertà e la dignità di tutti i popoli. Nella nostra fame di giustizia, leviamo le nostre voci in nome dei poveri e, in particolare, di quei paesi il cui futuro è minacciato da un paralizzante debito internazionale e dal nostro avido sfruttamento delle risorse non rinnovabili. Lo Spirito ci chiama alla conversione e al rinnovamento, come persone riconciliate con Dio e con il prossimo. Lo Spirito ci spinge a lavorare e pregare senza sosta perché siano rimosse le tragiche divisioni che tanto feriscono il corpo di Cristo. Lo Spirito ci guida nel terzo millennio, ricordandoci la promessa di Gesù che sarà sempre con noi. Lo Spirito ci riempie di fiducia e di coraggio, e ci rende coscienti del fatto che ci è stato affidato il messaggio e il ministero della riconciliazione.
(A35) La preghiera e l’ascolto della parola di Dio sono stati per noi in questi giorni una celebrazione di riconciliazione. In questo esercizio abbiamo sperimentato il dono di Dio, siamo stati avvicinati gli uni agli altri e ci è stata data la possibilità di discernere i prossimi passi che devono essere intrapresi nel nostro viaggio. Ci sono state rammentate le meraviglie dell’amore di Dio e il nostro impegno a seguire Gesù amando il nostro prossimo come noi stessi. Siamo stati incoraggiati a perseverare e resistere nell’attesa del regno di Dio. «Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione!» (2Cor 1,3).
* Adottato con 454 voti a favore, 5 contrari e 31 astensioni.
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