Ascoltando Dietrich Bonhoeffer (1. parte) - 5 febbraio 2006

pastora Simona Rauch

O Dio, è buio dentro di me,
ma presso di te c’è la luce;
sono solo, ma tu non mi abbandoni;
sono impaurito, ma presso di te c’è l’aiuto;
sono inquieto, ma presso di te c’è la pace;
in me c’è amarezza, ma presso di te c’è la pazienza;
io non comprendo le tue vie,
ma la mia via tu la conosci. Amen.

È una preghiera scritta dal teologo evangelico Dietrich Bonhoeffer, del quale ricorre quest’anno il centenario della nascita. Bonhoeffer è uno dei pochi teologi martiri del ventesimo secolo. È un accademico il cui percorso segue un itinerario particolare: dalla cattedra universitaria di Berlino, dove ha insegnato, alla cella del carcere militare di Berlino Tegel, dove è stato rinchiuso, alla forca del campo di concentramento di Flossenbürg, dove è stato giustiziato per avere complottato contro Hitler.

La chiesa di Cristo deve interpellare lo stato sul suo agire e chiamarlo ad assumersene la responsabilità, come agire che produce diritto e ordine, non ingiustizia e disordine. Oggi dobbiamo porre questa domanda in rapporto al problema degli ebrei. Inoltre la comunità dei cristiani di origine tedesca non può bandire con la forza gli ebrei cristiani già appartenenti ad essa. La razza e il sangue non possono essere un criterio per l’appartenenza alla chiesa.

All’università Bonhoeffer si rende presto conto che la teologia accademica non è in grado di produrre un cristianesimo militante capace di fronteggiare il paganesimo nazista. Perciò, nella prima metà degli anni 1930, abbandona l’università e si immerge anima e corpo nella lotta della chiesa confessante, quella parte della chiesa evangelica che non si è lasciata inquinare dall’ideologia nazista. E che si trova a dover lottare con la maggioranza cristiana che invece si adegua o aderisce all’hitlerismo. La radicalità della lotta condotta da Bonhoeffer dipende dalla lucidità del suo giudizio teologico.

La grazia a buon prezzo è il nemico mortale della chiesa. Noi oggi lottiamo per la grazia a caro prezzo.
Grazia a buon prezzo è grazia considerata materiale di scarto, perdono sprecato, consolazione sprecata; grazia considerata magazzino inesauribile della chiesa, da cui si dispensano i beni a piene mani, a cuor leggero. Il mondo vede così cancellati, per poco prezzo, i peccati di cui non si pente e dai quali tanto meno desidera essere liberato. Grazia a buon prezzo, perciò, è rinnegamento della Parola vivente di Dio; è giustificazione non del peccatore, ma del peccato.

La resistenza della chiesa confessante, con tutte le sue difficoltà, rende ancora più evidente quanto già prima avrebbe dovuto essere chiaro: che la fede cristiana può solo essere discepolato. Il tempo in cui un cristianesimo sociologico, che non costa nulla, poteva essere immaginabile, è finito per sempre.

Il prezzo che oggi dobbiamo pagare con la rovina delle chiese istituzionali non è forse la conseguenza necessaria della grazia acquistata troppo a buon prezzo? Predicazione e sacramenti venivano concessi ad un prezzo troppo basso; si battezzava, si cresimava, si dava l’assoluzione a tutto un popolo senza porre domande e senza mettere condizioni; per amore umano le cose sacre venivano dispensate a uomini sprezzanti e increduli; si distribuivano fiumi di grazia senza fine, mentre si udiva assai raramente l’invito a seguire Gesù con impegno.
Diviene sempre più evidente che la difficoltà della nostra chiesa sta solo nel problema di come vivere, oggi, da veri cristiani.

Sono parole che Bonhoeffer rivolge agli studenti del seminario clandestino per predicatori di Finkenwalde. Le parole di quel corso vengono raccolte da Bonhoeffer stesso e pubblicate, nel 1937, con il titolo di “Nachfolge”, in italiano “Sequela”.
Qualche anno più tardi, nel 1942, Bonhoeffer scrive, dopo dieci anni di regime nazista, un piccolo saggio destinato ai suoi compagni di resistenza più intimi, dal titolo “Dieci anni dopo”.

Chi resta saldo? Solo colui che non ha come criterio ultimo la propria ragione, il proprio principio, la propria coscienza, la propria libertà, la propria virtù, ma che è pronto a sacrificare tutto questo quando sia chiamato all’azione ubbidiente e responsabile, nella fede e nel vincolo esclusivo a Dio; l’uomo responsabile, la cui vita non vuole essere altro che una risposta alla domanda e alla chiamata di Dio.
Le parole di un tempo devono perdere la loro forza e ammutolire. E il nostro essere cristiani oggi consisterà solamente in due cose: nel pregare e nell’operare ciò che è giusto tra gli uomini.

(questo testo è stato diffuso nell’ambito della rubrica domenicale “Tempo dello Spirito”, in onda alle 8.05 ca. su RSI 2)

FONTE: VOCE EVANGELICA

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