Ascoltando Dietrich Bonhoeffer (2. parte) - 12 febbraio 2006
pastora Simona Rauch
Padre nei cieli, siano lode e grazie a te
per la quiete della notte,
siano lode e grazie a te per il nuovo giorno.
Siano lode e grazie a te per tutta la bontà
e la fedeltà che mi hai donato nella mia vita passata.
Tu mi hai dato molte cose buone,
fa’ che ora dalla tua mano
io accetti anche i pesi.
Tu non mi graverai più di quanto io possa portare.
Tu fai che per i tuoi figli
ogni cosa si volga al meglio. Amen.
Perché a cento anni dalla nascita e a poco più di cinquanta dalla morte, il pensiero del teologo evangelico Dietrich Bonhoeffer – del quale abbiamo appena ascoltato una preghiera – continua a essere così vivo e così affascinante? Una delle ragioni è certamente costituita dalle forti polarità che esso contiene.
Sempre di nuovo dobbiamo immergerci, molto a lungo e con molta calma nella vita, nella parola, nell’azione, nella passione di Gesù, per discernere che cosa Dio promette e che cosa realizza. Certo è che ci è consentito vivere costantemente vicino a Dio e in sua presenza e che questa vita è per noi una vita assolutamente nuova; che per noi non c’è più nulla di impossibile, non essendoci nulla di impossibile per Dio; che nessuna potenza terrena può toccarci senza il volere di Dio e che il pericolo e la distretta ci portano soltanto più vicino a Dio; certo è che noi non abbiamo nulla da pretendere ma possiamo chiedere tutto in preghiera; certo è che nella sofferenza si cela la nostra gioia e nella morte la nostra vita; certo è che in tutto questo stiamo in una comunione, che ci porta.
Dietrich Bonhoeffer era un uomo estremamente pio. La sua comunione personale con Dio, la sua pietà nutrita di preghiera e di lettura quotidiana della Bibbia è rimasta inalterata fino alla fine. Eppure quest’uomo così pio, così devoto, è stato il più grande teologo della profanità, colui che con più coraggio e spregiudicatezza si è spinto in avanti nell’affermazione della laicità di Dio e nella ricerca di un linguaggio di fede non più religioso per poter comunicare con l’umanità secolarizzata del nostro tempo.
Come si avrà la pace? Con un sistema di trattati politici, o con un armamento pacifico universale teso a garantire la sicurezza della pace? No, con questi mezzi certamente no, perché qui si scambia la pace con la sicurezza. Chi è in grado di rivolgere un appello alla pace in modo che il mondo sia costretto a sentire? La chiesa di Cristo in tutto il mondo deve strappare di mano ai propri figli le armi e impedire la guerra.
Bonhoeffer è uno dei più grandi teologi pacifisti. I suoi discorsi sulla pace sono memorabili per lucidità politica e carica profetica. È lui che ha invitato, per non dire sfidato, la chiesa a “osare la pace per fede”. È lui che in pieno regime nazista, invasato dal militarismo e votato alla guerra, dice ai cristiani che è giunto il tempo di non vergognarsi di chiamarsi pacifisti.
D’altra parte Bonhoeffer non ha esitato a partecipare alla cospirazione politica che si proponeva di eliminare Hitler, ricorrendo alla violenza, a mezzi non pacifici. Ed è come cospiratore politico che Bonhoeffer fu giustiziato. Poco prima della sconfitta finale, Hitler ordinò che venissero eliminati tutti coloro che in qualche modo, anche indiretto, erano complici dell’attentato, fallito, del 20 luglio 1944. E Bonhoeffer era uno di questi.
Bonhoeffer è molto luterano. Lo è nella pietà, nella spiritualità e nella teologia. Certo, ha anche criticato e duramente la chiesa luterana. Ma per quanto libero e critico, egli resta fondamentalmente un teologo luterano.
Allo stesso tempo però Bonhoeffer è una delle grandi personalità ecumeniche del nostro tempo. Non solo perché ha lavorato attivamente nel movimento ecumenico, ma perché la qualità del suo pensiero e della sua fede trascende i confini di un discorso confessionale. Ne è forse un segno anticipatore l’ultimo, breve culto celebrato da Bonhoeffer il giorno prima della sua impiccagione: vi presero parte non solo evangelici e cattolici, ma anche il comunista russo Kokorin, costituendo una comunità ecumenica dai confini anche più ampi di quelli delle chiese.
Uomini vanno a Dio nella loro tribolazione,
piangono per aiuto, chiedono felicità e pane,
salvezza dalla malattia, dalla colpa, dalla morte.
Così fanno tutti, tutti, cristiani e pagani.
Uomini vanno a Dio nella sua tribolazione,
lo trovano povero, oltraggiato, senza tetto né pane,
lo vedono consunto da peccati, debolezza e morte.
I cristiani stanno vicino a Dio nella sua sofferenza.
Dio va a tutti gli uomini nella loro tribolazione,
sazia il corpo e l’anima del suo pane,
muore in croce per cristiani e pagani
e a questi e a quelli perdona.
(questo testo è stato diffuso nell’ambito della rubrica domenicale “Tempo dello Spirito”, in onda alle 8.05 ca. su RSI 2)
FONTE: VOCE EVANGELICA
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