Relazione del Coordinatore nazionale
Capirete tutti che non è facile riuscire a sintetizzare nello spazio che ho a disposizione quattro anni di esperienza, per lo più vissuti intensamente, qualche volta di corsa, col fiato in gola, ma tutti come scoperta, tutti come ricchezza di esperienza, di volti, di incontri.
Di solito lo spazio per i ringraziamenti viene riservato alla fine, io invece voglio esprimere ora un grazie grande a coloro che mi sono rimasti accanto in questo cammino spesso in salita. Preferisco non fare nomi per non lacerare la discrezione che ha accompagnato quella vicinanza. Ma sono felice della certezza che tutto questo sul piano umano e relazionale ha generato amicizia, simpatia (nel senso etimologico di questo termine) e vita nuova.
Di solito lo spazio per i ringraziamenti viene riservato alla fine, io invece voglio esprimere ora un grazie grande a coloro che mi sono rimasti accanto in questo cammino spesso in salita. Preferisco non fare nomi per non lacerare la discrezione che ha accompagnato quella vicinanza. Ma sono felice della certezza che tutto questo sul piano umano e relazionale ha generato amicizia, simpatia (nel senso etimologico di questo termine) e vita nuova.
L'Organizzazione della Segreteria Nazionale
Sì, vita nuova perché quando nei giorni precedenti il primo maggio del 93, data dell'elezione del Consiglio Nazionale, e del 22 dello stesso mese (giorno in cui il Consiglio stesso mi indicava come segretario nazionale) mi fu richiesta la disponibilità ad occuparmi della segreteria del movimento, io ero completamente a digiuno delle dinamiche interne, non conoscevo i collegamenti internazionali, non avevo la mappa delle risorse e delle povertà di Pax Christi, non ricevevo in eredità strutture e solo poche conoscenze. In ultimo avevo coscienza di provenire dalla periferia geografica e temporale del movimento. Geografica perché non abitavo a Roma ma a Bisceglie, temporale perché non avevo un lungo periodo di militanza (come si diceva una volta). Capite perché parlo di vita nuova, di scoperta continua, di salite col fiato in gola. Inoltre il Consiglio, nella povertà di quel momento, senza neanche la presenza di un Presidente se non quella pro tempore, sporadica eppur tanto preziosa di Mons. Bettazzi, mi conferiva l'incarico ma senza riuscire ad individuare una struttura, degli strumenti, le risorse... Fu così che, dopo un primo ed interessante periodo trascorso presso la sede dell'Editrice La meridiana condividendo con Guglielmo Minervini quello che chiamare ufficio rischierebbe di risuonare come offesa per i luoghi di lavoro di questo tipo...; vanificatasi "misteriosamente" la possibilità di ricevere in donazione o uso un convento che i Padri Cappuccini di Molfetta avevano già promesso in vita a don Tonino e che si erano impegnati per iscritto con Mons. Bettazzi a porre a disposizione di Pax Christi, cominciai a mettermi alla ricerca di un luogo che potesse soddisfare le esigenze di una segreteria nazionale ed incontrai la comprensione del mio vescovo che mi concesse di utilizzare gratuitamente una stanza del Centro Pastorale di Bisceglie.
Quello dell'organizzazione logistica è stato quindi sin dal principio un motivo di assorbimento di tempo e di energie ed ha costituito un problema di non facile soluzione che avrebbe permesso solo in seguito di risolverne altri sul piano politico, della comunicazione, della presenza... E' solo per questo che ve ne parlo... Anzi colgo l'occasione qui per spendere qualche parola sulla questione dell'organizzazione nella speranza di offrire un contributo per la riflessione e per le scelte che si andranno ad operare a partire da questo congresso. A fronte di un patrimonio ideale importante e significativo, di una storia che gli ha visto giocare sempre un ruolo di primo piano tra le organizzazioni ecopacifiste e sui temi cruciali di pace - giustizia - salvaguardia del creato, di testimonianze di vita spinte sino alla sofferenza dell'incomprensione, all'amarezza dell'umiliazione, al coraggio della profezia... abbiamo i piedi vacillanti di un'organizzazione scarsamente solida e non in grado di garantire il supporto necessario alla vita di un movimento come il nostro. A questo riguardo don Tonino era solito ripetere che questa debolezza poteva rappresentare un punto di forza. "Dobbiamo andare fieri - diceva - della nostra fionda di Davide e rifiutare di indossare l'armatura di Saul. Questa appesantirebbe il cammino e ci imporrebbe di perder molto tempo a lucidarla..."
Oggi comprendo bene le parole di don Tonino, ma capisco nel contempo che avremmo bisogno almeno di una tunica per ripararci dai venti sferzanti del deserto più che per vergognarci delle nostre nudità, di un paio di sandali per rendere il cammino sereno prima ancora che spedito e certo, di un turbante per difenderci dal sole cocente. L'armatura no, ma almeno l'essenziale dettato dai criteri della sobrietà e del servizio (utilità). In quanto alla fionda da sola non basta, ha bisogno di una forza che la spinga... Ho come l'impressione che la nostra attenzione sia sempre stata concentrata al 90% sulla pietra e poco sulla fionda, sull'abbigliamento di Davide e sulla forza necessaria a scagliare la pietra stessa. C'è da considerare che mentre Golia è diventato Moloc, un Dio potente cui si offrono sacrifici umani, noi facciamo fatica a lanciare una pietra che corre comunque il rischio di non scalfirlo.
Ai tempi in cui si operava la scelta difficile dell'acquisizione della Villa di Firenze, che sarebbe diventata in seguito la Casa per la Pace, lo stesso don Tonino ammetteva che era diventato ormai necessario "consolidare i pioli della tenda per renderla più stabile". Ecco, io penso che ora sia giunto il momento di operare nello stesso senso, con lo stesso intento cioè, nei confronti della segreteria, nucleo centrale dell'organizzazione del movimento.
Per la verità intuendo l'importanza di tale processo in questi anni si è cominciato ad operare in tale direzione e, alla prestazione d'opera saltuaria ed insufficiente anche se preziosa, dei volontari si è affiancata dapprima quella degli obiettori di coscienza e solo nell'ultimo anno quella di due collaboratrici nei confronti delle quali abbiamo stipulato un contratto part-time di collaborazione coordinata e continuativa. Ancor più rilevante il primo, timido inserimento di una figura nuova, presente sola da pochi mesi che inizia a svolgere il ruolo di segretario organizzativo, distinto da quello del coordinatore nazionale. Sia pure con tutti i limiti imposti dalla disponibilità occasionale Andrea Morano ha cominciato a delineare e definire questo ruolo. Quando assunsi l'incarico considerai da subito che costituiva un pesante condizionamento per Pax Christi il dover scegliere il coordinatore tra pensionati, ecclesiastici e improbabili danarosi, se non tra "martiri del part-time" come è stato nel caso di Sandro Bergantin che mi ha preceduto e cui va tutta la gratitudine mia personale e del movimento. Non è giusto restringere la scelta tra quelle categorie che non avrebbero necessità di un compenso che il movimento non è in grado di garantire.
Dovremmo giungere al punto da poter liberamente scegliere un coordinatore nazionale che svolga tutte le funzioni che gli provengono da un mandato politico e per le quali non si richiederebbe necessariamente il tempo pieno e che sarebbe conciliabile con una qualsiasi attività lavorativa, mentre è il segretario organizzativo che permette alla segreteria di funzionare facendo circolare le notizie tra le persone interessate, distribuendo il lavoro, coordinando le fasi di lavoro della segreteria... So bene quali rischi nasconde una scelta di questo genere ma ritengo che siano inferiori ai vantaggi che reca.
Intanto in questi quattro anni di passi avanti sul piano organizzativo della segreteria se ne sono fatti. Sin dal primo giorno del mio incarico ogni lettera è stata regolarmente protocollata ed archiviata in modo da facilitarne la conservazione ed il reperimento, non possedevamo una mailing list di contatti e di riferimenti tra associazioni, realtà di base, movimenti sia nazionali che internazionali, istituzioni ecclesiali e civili con cui più frequentemente corrispondiamo... tutti questi indirizzi attualmente sono in un'unica banca dati nei computer della segreteria. Non mi sembra il caso poi di elencare gli strumenti che nel frattempo abbiamo acquisito per rendere il nostro lavoro più efficacie (computer, fax, stampanti, mobili, archivi...) costituiscono oggi un patrimonio del movimento e possono essere utilizzati ovunque si dovesse decidere di stabilire la nuova segreteria. Certo permangono grossi problemi da risolvere sul piano del funzionamento concreto ma, perdonatemi, ho fatto gli studi di teologia e non di scienze dell'organizzazione.
IL CAMMINO SVOLTO
A volersi voltare indietro quasi non pare vero il cammino fin qui compiuto perchè, nonstante i limiti ed i condizionamenti di cui vi ho detto, in questi anni non abbiamo solo puntato a non disperdere il tesoro acquisito ma, come nella parabola dei talenti, ci siamo impegnati con forza per far fruttificare tutto ciò che ci veniva in qualche modo consegnato. Succede così che le marce della pace della notte di San Silvestro, che sono diventate ormai un momento qualificante per Pax Christi, hanno continuato a costituire il filo conduttore delle nostre attività. Poste all’inizio di ogni anno solare hanno determinato il sapore dei giorni del nostro impegno. Rimangono ancora fisse nell’animo e negli occhi quelle tappe. Come dimenticare, d’altra parte i minatori del Sulcis con cui abbiamo marciato ad Iglesias condividendo con loro la preoccupazione per il posto di lavoro e per le loro famiglie nell’anno in cui il messaggio del Papa puntava proprio a riconoscere nella famiglia il laboratorio della pace? “Mi si paralizzi la lingua”, recita il salmo, se dimentico la marcia di Milano, quando, tra una folla festante, non solo abbiamo danzato tutti insieme in segno d’accoglienza con il popolo della Stazione Centrale, ma abbiamo sostato per alcuni minuti davanti al palazzo di giustizia in solidarietà con i giudici di un pool che aveva contribuito a migliorare il paese in nome della verità, ma soprattutto abbiamo ascoltato la testimonianza di donne ricche perchè povere nell’anno in cui il Papa ci chiedeva di riconsiderare il ruolo della donna a servizio della pace? E la marcia di Lecce, che ci ha fatto vibrare alle parole provocatorie e profonde di don Luigi Ciotti e di Alex Zanotelli, non è stata una benedizione di Dio che si è fatta largo tra le difficoltà, i timori e le prudenze tutte umane? Era l’anno in cui bisognava riflettere sul futuro da consegnare ai bambini e da essi abbiamo imparato la profezia dello stupore e la gioia del darsi senza calcolo. In ultimo l’edizione genovese in cui senza bisogno di retorica abbiamo compreso e mostrato sotto la metafora del gelo polare quanto la pace faccia fatica a camminare nelle tempeste dei conflitti. Il tema del perdono è emerso dalle secche edulcorate di certa retorica per farsi ricomprendere come insostituibile segnale sulla via della pace. Le marce della pace, che pure negli ultimi anni, hano rivelato qualche limite nel freno che si tentava di imporre alla profezia, continuano ad essere saliente e sapiente momento di fede in cui ci si esercita ad osare la pace.
Questo quadriennio si è contraddistinto anche per aver introdotto un altro appuntamento annuale che è quello dell’Assemblea. Anche qui, senza contare sui grandi numeri, siamo riusciti sempre a coinvolgere un segmento di chiesa locale e di comunità civile sui temi con cui di anno in anno abbiamo scandito riflessione, studio, preghiera, azione. Candia Canavese, Cava de’ Tirreni e Bolzano vengono riconosciute oggi come le soste salutari che i camminatori della pace hanno scelto nella prima settimana di Luglio per far nascere la vita nuova dall’incontro e riprogettare itinerari di pace con la gente e tra la gente. “I muri non nascono da soli” e “La pace che sta arrivando” non sono mai stati semplici slogan perchè abbiamo cercato di coniugarli nella vita quotidiana dove maggiormente sono messe alla prova quelle sfide.
Una certa tradizione di Pax Christi vuole che la maggiore attenzione del movimento sia concentrata nell’organizzazione di momenti formativi e di studio. Sarebbe lungo elencare i fine settimana che il Centro Studi Economico Sociale per la pace, costola feconda del movimento, ha proposto su temi che nessuno deve pensare come estranei alle dinamiche della pace stessa. La riflessione sulla rilevanza dei poteri occulti (massoneria) nella vita del paese, lo studio della Costituzione nei suoi passaggi che riguardano più da vicino la pace, gli approfondimenti sulle politiche di difesa adottate dal nostro paese, la lente d’ingrandimento alla quale è stata sottoposto il sistema economico dell’occidente e l’esame puntiglioso degli accordi di pace di Dayton... non sono che alcuni dei temi che la Casa per la Pace ha ospitato. Riferendomi al CESP ho parlato di “costola feconda” anche perchè è una donna come Giuliana Bonino l’animatrice instancabile e l’organizzatrice puntigliosa di quegli incontri.
La stessa Casa ha visto svolgersi anche tutti gli appuntamenti organizzati in questi anni dalla Commissione Formazione. Grazie ad una mozione approvata al Congresso di Caserta Paola De Cesari, Maria Antonietta Di Capita, Paolo Visonà e la stessa Giuliana hanno proposto una serie di seminari sulla comprensione dei generi sessuali alla luce del valore della pace. Ne sono scaturite riflessioni e scelte tali da modificare atteggiamenti e stili di vita e da rendere l’incontro tra i generi momento fondante i percorsi della pace. Resta da compiere ancora con serietà la riflessione sul motivo per cui non sempre quegli appuntamenti siano stati condivisi da tanti, ma è certo che in quelli che hanno parteciapto hanno lasciato il segno.
Gran parte dell’attività della segreteria viene impegnata a seguire le campagne nelle quali siamo impegnati e gli anni della segreteria sul fianco sud dell’Adriatico è stata caratterizzata da alcune scelte che mi limito solo ad elencare e per le quali ci sarebbe invece da scrivere un’intera relazione. Alcune di queste hanno centrato un obiettivo legislativo (l’approvazione di una legge), altre hanno contribuito a scuotere il torpore dell’opinione pubblica su certi temi, altre ancora hanno cercato di dare voce a popoli e drammi altrimenti dimenticati. Posso affermare senza tema di smentita che mai ci siamo limitati ad apporre semplicemente una firma in calce all’appello senza sentirci interpellati a dare un contributo secondo lo specifico del nostro movimento.
Parlo della riforma della legge per l’obiezione di coscienza al servizio militare; dell’obiezione alle spese militari (con l’Impegno di FabioGiunti nel coordinamento politico); democrazia è partecipazione; transfair (per far uscire il mercato equo e solidale dal circuito delle botteghe); verso la Banca Etica; OSCAR (osservatorio sul commercio delle armi); la partecipazione al dinamismo ecumenico di Basilea (pace, giustizia, salvaguardia del creato); LIBERA, associazione nomi e numeri contro le mafie; Campagna Kossovo; contro l’embargo in Iraq; La questione kurda; Chiama l’Africa; la Campagna internazionale per la messa al bando delle mine anti-persona; la Campagna per la pace in Sudan...
In tutte queste campagne PX non è stata mai sola, anzi si può dire che la collaborazione ed il coordinamento con altre associazioni è una caratteristica ormai distintiva del movimento.
Il poco tempo a disposizione non ci consente di descrivere la nostra partecipzione ad alcune esperienze particolarmente interessanti e costruttive ma, anche in questi casi, mi limiterò aad accennarne solo i titoli: Campi di animazione alla pace ed alla nonviolenza per i bambini dei Quartieri Spagnoli di Napoli (per tre anni); la partecipazione alla marcia Perugia - Assisi in particolare nell’edizione del 1995 in occasione del 50° anniversario dell’ONU; l’annuale eucarestia in occasione dell’anniversario del martirio di Mons. Romero; i diversi viaggi in Kossovo, con Mons. Nogaro, Mons. Bettazzi e me prima, con don Diego e rappresentanti delle sezioni olandese e fiamminga poi; le visite in El Salvador, Guatemala e Chiapas, in Australia e Vietnam sono state di una ricchezza grande; l’ultima missione di don Salvatore Leopizzi in Iraq...
A tutto questo si aggiunge l’attività dei diversi Punti Pace che, pensando globalmente ed agendo localmente hanno saputo incarnare la spiritualità della pace nell’oggi del rispettivo territorio. Alcune iniziative in seno ai Punti stessi sono diventate caratterizzanti il loro impegno e la loro funzione. Anche su questo forse dovremmo celebrare un convegno apposito.
In questi anni, anche se con notevole fatica abbiamo mantenuto saldi i rapporti con Pax Christi International. Forse Etienne De Jonghe ci dirà qualcosa anche su questo. La scelta di celebrare il 50° di Pax Christi in Italia ad Assisi nel maggio del 1995 è stato anche un riconoscere il peculiare apporto che sempre la sezione italiana ha dato sin dai tempi della presidenza internazionale di Mons. Bettazzi.
IL CONSIGLIO NAZIONALE E L'ESECUTIVO
Bisogna ammettere che nella quasi totalità dei suoi membri il Consiglio nazionale uscente si è impegnato a fondo sia nel corso delle sedute che per gli impegni assunti da ciascuno individualmente. Abbiamo lavorato tanto e ogni volta abbiamo dovuto concludere che il tempo a disposizione non era sufficiente ad esaurire tutti i nodi. Non poche volte questo ha fatto accumulare qualche frustrazione o delusione da chi chiedeva di discutere tutto. In particolare come coordinatore inesperto mi sono trovato a dover seguire l'evolversi di alcune situazioni senza riuscire ad avere un supporto esauriente dal Consiglio e, a volte, senza neanche riuscire a rendere comprensibili le difficoltà. Lo stesso disagio ha provato Gianni Gatti nella gestione spesso "solitaria" della Casa per la pace di cui parlerò appresso. Ora, io credo che compito del Consiglio Nazionale non sia quello di entrare nello specifico delle questioni, quanto di verificare l'andamento del movimento e di consigliarne gli aggiustamenti disegnando i prossimi passi. E' successo che discutessimo su come affrancare le buste per l'invio del questionario o se fosse opportuno acquistare un telefono senza fili per la Casa per la Pace...
Per questo motivo propongo sia opportuno ridurre le sedute del Consiglio Nazionale a due o tre in un anno, rafforzando invece l'attività dell'Esecutivo che ha il compito reale della gestione ordinaria del movimento. Semmai i consiglieri dovrebbero garantire una presenza in ciascuno dei gruppi di lavoro cui ho parlerò appresso, per poter mantenere un contatto ed un coordinamento. Naturalmente per tutte le sedute dell'Esecutivo si dovrà redigere un verbale che sarà puntualmente inviato ai consiglieri. A mio giudizio l'Esecutivo dovrebbe riunirsi a scadenza bimestrale se non mensile. Penso che questo sia quanto mai importante perché non deve mai succedere che qualcuna delle figure che compongono tale organo si senta solo e lavori da solo. Ad onore della verità sento di poter affermare che con don Diego, Sandro Bergantin e Luciano Ghirardello vi è stata una grande sintonia, il telefono ha lodevolmente supplito alla distanza geografica e soprattutto, il lavoro comune è sfociato nell'amicizia. E questo, nel mondo dei costruttori di pace, dovrebbe essere la regola!
Permettete che una parola spenda anche per dire di don Diego. Sembrava approdato ai lidi dell’impegno per la pace più sbattuto dalle onde di una serie di coincidenze che ce l’avevano fatto incontrare lungo i sentieri di Isaia, che per un lungo navigare sotto costa lungo le sponde dell’impegno pacifista. Ora che lo abbiamo conosciuto abbiamo la certezza di aver acquisito un compagno di strada convinto ed entusiasta che col sorriso e la semplicità di un bambino riempie di stupore e di attesa i progetti per la pace. Ci sembra di intuire che, nei suoi disegni non sempre facilmente leggibili, Dio voglia dirci qualcosa di grande mettendoci accanto persone diverse tra loro come Bettazzi, Bello e Bona (sempre comunque vescovi di serie B). Le intuizioni “politiche” di Bettazzi ed il coraggio delle sue prese di posizione, la parola calda, profetica e straripante poesia di don Tonino maestro di spiritualità incarnata nel grembiule, si completano oggi con la capacità di incontro che rivela don Diego nel suo tratto semplice che bagna le radici in una forte vita interiore. Tutto questo è un dono per tutto il popolo della pace. Grazie don Diego anche per non aver fatto caso al mio disordine e a certe mie intemperanze in questi anni.
I PUNTI PACE E LE ADESIONI
Sin dall'insediamento nella segreteria dovetti prendere atto di due fenomeni peraltro già in atto che consistevano in un rapido ricambio degli aderenti e nello sfaldamento progressivo dei Gruppi Locali. Tali fenomeni sono andati radicalizzandosi nel corso del tempo come dimostrano anche le stesse risposte al questionario e meritano un'analisi ed una riflessione.
Ad essere proprio sinceri Pax Christi non è mai stata una proposta forte nel senso di totalizzante. Mi spiego, non ha proposto una spiritualità a 360 gradi, non ha mai preteso di essere esclusiva, ma anzi è stata sempre ben lieta di essere condivisa con altre esperienze e di permeare altre scelte. Avviene così che chi aderisce a Pax Christi spesso è impegnato nella catechesi parrocchiale, oppure è volontario, fa parte della cooperazione sociale o internazionale, ha scelto di impegnarsi in politica o nel sindacato, segue l'economia alternativa del mercato equo e solidale o collabora ad un progetto culturale, ad un centro di documentazione... L'adesione a Pax Christi è vista molte volte come una scelta di campo, un'adesione caratterizzante da cui ci si attende proposte formative, suggerimenti operativi, temi di riflessione, occasioni per allargare i propri orizzonti, possibilità di rimotivare l'impegno... Ora si comprende bene che una struttura debole come quella di Pax Christi che può contare sulla disponibilità volontaria solo di alcuni non può offrire tutto questo se non in maniera occasionale e discontinua. In parte in questi anni a tale aspettativa ha risposto Mosaico ed in questo senso è stato molto apprezzato il suo sforzo.
Come si può constatare, allora, ci si avvicina al movimento più con l'atteggiamento di attesa del ricevere che con il desiderio di contribuire. Quando si valuta che tutto sommato Pax Christi non è in grado di rispondere a questo bisogno si pensa bene di risparmiare i soldi per l'adesione e ci si impegna di più in altro. Non vi sembri una lettura semplicistica questa, perché, credetemi, mi è capitato di rilevarla spesso. Preso atto di questa esigenza dobbiamo tenerne conto ma non possiamo pensare e sperare di rispondere se l'organizzazione rimane quella attuale. Sarebbe il caso, allora, di costituire diversi Gruppi di lavoro o commissioni sull'esempio di quello che avviene sul piano internazionale. Gruppi che si riuniscano non più di due volte l'anno, programmano e suddividono il lavoro per preparare i materiali che gli aderenti maggiormente ricercano (proposte formative, suggerimenti operativi, sussidi, strumenti...) e li inviano in segreteria perché questa provveda poi a confezionarli e a diffonderli. Si tratterebbe di gruppi tematici (ad esempio: nonviolenza, economia di giustizia, ecumenismo, diritti umani, ecologia, educazione alla pace, spiritualità della pace, informazione e pace, obiezioni di coscienza...) e di gruppi per "ambienti" (ad esempio: chiesa/e, enti locali, famiglia, conflitti sociali - delinquenza, conflitti internazionali, scuola, terzo mondo...). Il risultato del lavoro di questi gruppi verrà reso poi su schede riconoscibili a seconda dell'ambito ed inviato agli aderenti. In questo modo si cercherà anche di favorire l'adesione di comuni, regioni e province, parrocchie, caritas e comunità (istituti) religiose.
In questo modo potremmo ottenere diversi risultati: promuoveremmo la partecipazione di un numero maggiore di persone al livello nazionale del movimento con un maggiore coinvolgimento senza peraltro portare via molto tempo; eviteremmo che l'adesione venga effettuata solo nel senso dell'accoglienza delle proposte che vengono "dall'alto"; infine creeremmo realmente queste risposte.
D'altra parte in questo modo non verrebbe meno l'identità di Pax Christi di essere un movimento trasversale ad altre forme di impegno, né chiederemmo agli aderenti di presentarsi all'esterno in quanto Pax Christi. Si deve continuare a fare politica, sindacato, formazione, catechesi, volontariato, cooperazione... ma con l'aiuto sostanziale di Pax Christi e facendo rifluire nel movimento queste esperienze e le ricchezze che ne provengono.
Un discorso a parte meritano i Punti Pace. Pensai di introdurre questa definizione dei gruppi locali quando mi resi conto che molto spesso non erano numerosi e che la loro capacità di movimento, la loro efficacia non dipendeva dal numero degli aderenti quanto dalla disponibilità a muoversi. Così succedeva che un glorioso gruppo del passato ormai non riuscisse più ad essere incisivo sul territorio, e da un'altra parte un singolo aderente, animato semmai da sacro fervore per la pace, riuscisse a raccogliere un numero considerevole di firme su una petizione, dialogasse con continuità con la segreteria...Neanche Pax Christi può rimanere indenne dalla ventata di individualismo che spira ai nostri giorni e forse la formula del movimento, così intesa, è superata. Certo per me è difficile considerare del tutto esaurita l'esperienza dei gruppi e della loro efficacia sul territorio e per questo mentre ciascuna esperienza si regolerà come crede per quanto riguarda l'accoglienza degli stimoli che provengono dalla segreteria - esecutivo - Consiglio nazionale, per la scelta degli obiettivi su cui centrare la propria azione e per le modalità ed i tempi operativi, la segreteria cercherà un referente zonale che si impegni comunque a "chiamare a raccolta" su alcune questioni emergenti, a diffondere notizie e a informare a sua volta la segreteria di quanto si realizza sul territorio.
LA COMUNICAZIONE
Uno dei problemi insoluti che annosamente ci portiamo dietro è quello della comunicazione intesa sia come circolazione di notizie all'interno del movimento che come prese di posizione sugli organi di stampa.
Parliamo del primo aspetto. Nel passato molti ricorderanno che a soddisfare l'esigenza di conoscere la vita del movimento sia al centro come nella periferia c'era un bollettino che offriva anche spunti di riflessione e materiali di lavoro. Il Congresso del 1989 ne decretò la chiusura definitiva dando vita a Mosaico di Pace, rivista promossa da Pax Christi (recita il sottotitolo della testata). Sin dal momento della sua prima uscita la rivista si presentava come uno spazio di riflessione e dibattito sui temi cruciali del pacifismo e veniva offerto all'intera area eco-pacifista. La presenza di rubriche come Segni e disegni e nota e annota prima, corto circuito poi, riuscivano a soddisfare solo parzialmente le esigenze di comunicazione interna al movimento tanto che Sandro Bergantin pensò bene di inserire al centro della rivista un Pax Christi News di quattro facciate ogni tre mesi. Anch'io cominciai a fare lo stesso ma ben presto mi accorsi che la comunicazione si rivelava così intempestiva e parziale in quanto non riusciva ad avere le stesse cadenze della programmazione delle iniziative e aveva uno spazio tanto limitato da non permettere un minimo di approfondimento. Da quel momento abbiamo scatenato tutta la fantasia possibile in questa direzione ma senza raggiungere ancora risultati soddisfacenti. Dapprima cominciammo con l'individuare alcuni referenti territoriali cui far pervenire tutte le notizie perché potesse a sua volta iniziare una sorta di benevola catena di S. Antonio, poi censimmo tutti i fax a disposizione degli aderenti, poi concentrammo l'informazione sui Punti Pace... in tempi più recenti abbiamo adottato una forma di notiziario con scadenza mensile inviato soltanto a chi risulta essere in regola con l'adesione e che soddisfa solo parzialmente le esigenze. Colgo l'occasione per ribadire anche in questa sede una considerazione sul livello di partecipazione degli aderenti per il buon funzionamento della comunicazione. Non solo sono abbastanza scarse le segnalazioni delle iniziative (eppure mi accorgo che sono tante) promosse localmente dai Punti Pace o cui aderiscono singoli aderenti, quanto è da rilevare come le diverse trovate di fantasia circa la comunicazione sono fallite per una non piena adesione da parte di chi avrebbe dovuto diffondere localmente (nell'ambito della provincia o del territorio) le notizie giunte. Su Mosaico mi riservo di dire qualcosa più avanti.
D'altra parte siamo presenti su Internet e vogliamo rafforzarne la visibilità, per cui chiedo anche qui l'aiuto di chi è in grado di aiutarci e di moltiplicare il numero di coloro che possono seguirci anche attraverso questo strumento nuovo, veloce e democratico.
Ufficio stampa
Se la duplice linea sulla quale PX si muove per quanto attiene la sua politica è quella della sensibilizzazione dell'opinione pubblica e della pressione (lobby) sui poteri è facile intuire quanto queste due strade si intersechino e agiscano in modo interdipendente.
Anche se è contrario alle nostre vedute generalmente i movimenti che vengono maggiormente ascoltati anche dai potenti sono quelli che riescono a raccogliere maggiori consensi tra la gente e, viceversa, un movimento che non può vantare altri fatti (aiuti umanitari, micro-realizzazioni, ...) riceve l'attenzione della gente se dimostra che la sua azione è efficace. Se cioè riesce a far sentire la propria voce. Finora in questo ambito ci siamo proposti in maniera che definirei artigianale nel senso che, di volta in volta, il segretario - coordinatore nazionale di turno, metteva a frutto la propria capacità, le proprie conoscenze in campo giornalistico e cercava di "far girare" i comunicati stampa che l'esecutivo o il Consiglio nazionale producevano. Generalmente niente più di questo. Semmai di volta in volta la scelta delle testate cui inviare i materiali, il tener conto delle agenzie di stampa, il preavviso telefonico al giornalista della tale redazione.... In questo senso, invece, diventa prioritario fornirsi degli strumenti indispensabili perché i media diffondano le nostre opinioni sui fatti. E' improcrastinabile dotarsi di un Ufficio Stampa che sviluppi tutte le strategie del caso perché la voce di Pax Christi possa essere udita all'esterno e diventi proposta e provocazione, produca cultura e crei una coscienza nonviolenta, nuova ed alternativa. Come altre realtà forse anche noi dovremmo pensare ad un'Agenzia di Stampa semplice ed agile che con maggiore frequenza informi sulle nostre attività sia all'interno del movimento che all'esterno. Se nei prossimi anni non riuscissimo ad operare meglio di come abbiamo fatto finora pagheremmo seriamente il conto con una scarsa visibilità ed efficacia della nostra azione.
I GIOVANI
Meriterebbero una riflessione a parte ed uno spazio tutto particolare all'interno della vita di PX. Per questo anche nell'individuazione dei gruppi di lavoro abbiamo scelto che ci fosse un gruppo di giovani per i giovani. Ma siamo ben coscienti che questo non basta. Forse la prima necessità che emerge è che bisogna cambiare radicalmente prospettiva rispetto alle giovani generazioni. Generalmente il modo di proporsi anche da parte nostra nei confronti dei giovani è di considerarli un buon investimento per il futuro, ovvero una speranza per il domani, la cauzione da pagare oggi perché i valori che custodiamo non si disperdano nel tempo, una sorta di panchina del campo di gioco in cui come le riserve vengano chiamati a giocare la loro partita quando ormai i "titolari" non hanno più fiato. Non è giunto il momento di renderli protagonisti della pace? Anche se dovesse costarci uno sforzo maggiore in termini di tempo, non sarebbe più giusto mettersi in ascolto delle loro istanze? Capisco che questo comporta rivisitare i nostri linguaggi tradizionali fino a non riconoscere più i tratti consueti che ci hanno accompagnato finora, ma penso che sia il prezzo adeguato da pagare perché i giovani non si sentano estranei dal pianeta - pace. Certo, se mi guardo intorno constato che altri movimenti della stessa nostra area soffrono un deficit maggiore in questo senso, ma tale dato deve risuonare più come monito che come unguento consolatorio. Al fine di evitare dolorosi strappi che causerebbero solo incomprensioni e qualche inevitabile lacerazione, il nostro rispetto nei confronti dei giovani dovrebbe giungere fino a garantire loro un itinerario particolare (cioè predisposto per loro e con loro) all'interno del movimento. Sul modello di ciò che già avviene a livello di PX International rafforzare, ad esempio, un livello giovanile che goda di una sua propria dignità, penso possa soddisfare in buona parte tale esigenza. Individuare e descrivere un itinerario formativo - educativo per i giovani potrebbe in qualche modo rispondere alla domanda di identificazione che essi di fatto lanciano. Predisporre luoghi e momenti gestiti direttamente da loro li spinge a sentirsi protagonisti. Per la verità PX ha una grande tradizione in questo senso e forse va solo riscoperta. Quando Mons. Bettazzi riferisce che una delle prime decisioni adottate da presidente nel lontano 1968 fu quello di lanciare la marcia di fine anno che meglio rispondeva alle attese dei giovani, ci indica esattamente un'attenzione che viene da lontano; l'esperienza dei campi di animazione e delle route costituiscono delle pietre miliari in questo cammino... Il fatto stesso che tanti giovani (altri ne vedrete nei prossimi giorni) abbiano sentito il richiamo di questo Congresso sta ad indicare che non siamo molto lontani dal perseguimento di questo obiettivo. Aver pensato ad uno spazio dedicato a loro nell'economia di questo nostro appuntamento significa che li abbiamo a cuore. Aver predisposto (quest'anno per tempo) un'agenda di appuntamenti per i giovani vuol dire che stiamo camminando. Tutto questo non per mettere in evidenza che siamo bravi, quanto per indicare una strada che ci proviene già dal passato e che stiamo continuando a percorrere.
MOSAICO
Il Congresso Nazionale tenutosi alla Domus Pacis di Roma nel 1989 (8 - 10 dicembre) decise di dare vita a Mosaico di Pace, una rivista di area - si disse - che portasse a confrontarsi con la realtà guardando attraverso la prospettiva della pace. Uno strumento povero di riflessione ed informazione. Oggi la realtà è molto diversa da quella data. I mutamenti che sono avvenuti sia in seno all'intera società che nella stessa area ecopacifista ci impongono di rivedere il progetto. In questo Congresso è previsto un Gruppo di lavoro ad hoc che discuterà su questo e mi sembra quanto mai importante che da parte della segreteria non si interferisca in maniera determinante nel dibattito. Mi preme invece sottolineare due aspetti per contribuire alla riflessione. Il primo è che strada facendo mi sono andato convincendo che il calo nel numero di abbonati è stato determinato da diversi fattori: una struttura tecnica in seno alla Meridiana che è giunta a volte in affanno a sostenere la produzione mensile di una rivista; un progressivo distaccamento di alcuni tra i collaboratori "storici", che avevano contributo - cioé - alla creazione della rivista, una crisi che ha attraversato l'impegno rispetto ai temi della pace, non ultimo anche la crisi che impone dei tagli drastici all'economia familiare... insomma, mi sembra che le cause non siano da imputarsi tanto ai contenuti ed alla linea, che sono andati peraltro adeguandosi al cambiamento, quanto da riferirsi alle nostre povertà strutturali. A questo riguardo rimando a quanto dirò nel capitolo riguardante le finanze del movimento. Rispetto ai contenuti - infatti - i dati del sondaggio telefonico effettuato da La meridiana, quelli emersi dal questionario tra gli aderenti, l'impressione che se ne ricava incontrando la gente in diverse realtà geografiche e contestuali è di un sostanziale gradimento della rivista. Tanti ce la invidiano. Il binario "formazione - informazione" ha rappresentato finora una linea di sostanziale tenuta. Bisogna tener conto - ripeto - che in questi anni ci sono state riviste che hanno dovuto chiudere (anche all'interno della stessa area), altre che sono in crisi... L'altra riflessione con cui mi sento di contribuire alla dibattito di questo gruppo è di quanto nel movimento viene avvertita l'esigenza dell'informazione. Questo lo dico non solo rispetto all'informazione circa l'attività interna a PX, ma per gli ambiti specifici che richiedono il nostro impegno (obiezioni di coscienza, mine, Sudan, Kossovo, embargo in Iraq...). Attualmente ci sentiamo molto deboli rispetto alla possibilità di far conoscere il dramma di intere popolazioni, la gravità di alcuni dei problemi che PX vuol contribuire a risolvere, l'importanza di tematiche che vorremmo porre al centro dell'attenzione... Finora ed in una certa misura Mosaico ha contribuito a soddisfare tale esigenza. Io chiederei di rafforzare questa linea che è peraltro esigenza comune a tante realtà dell'arcipelago pacifista, della cooperazione, del volontariato... Infine un grazie a chi ha portato pressoché per intero l'onere della pubblicazione della rivista, a chi tra mille difficoltà e con spirito di gratuità ha fatto in modo che Mosaico non mancasse al suo appuntamento con i lettori. Anche il confronto - a volte serrato - circa le difficoltà che sono state incontrate indica chiaramente che si tratta di uno strumento che tutti abbiamo a cuore e che tutti vorrebbero riconoscere come ancora più efficace.
LA CASA PER LA PACE
Storia travagliata ed irta di difficoltà è pure quella della Casa per la Pace. Tanto che a volte non so bene neanch'io se vada inserita tra le ricchezze o le povertà di Pax Christi. Forse sarebbe meglio dire che è una ricchezza caduta tra le mani di poveri. Certamente rappresenta una potenzialità che non è stata espressa finora in pienezza. Se possiamo oggi ammirarla in tutta la sua bellezza strutturale e se in questi anni ha reso un servizio a tanti che ne hanno usufruito, lo dobbiamo all'abnegazione di Gianni Gatti e di pochi altri, al loro coraggio, alla loro testardaggine. Grazie. Parlavo di difficoltà. Ebbene, ritengo che ora i pioli di quella tenda vadano rinforzati affiancando a Gianni un altro Cireneo in pianta stabile e conferendo alla Casa un'identità più definita rispetto alle iniziative che propone e allo stile che vive. Sogniamo una Casa in cui la pace non sia soltanto il tema di cui si parla, ma che la si respiri, che la si offra come esperienza... Circa le attività da ospitare resto dell'idea che debba essere il luogo per le iniziative proposte principalmente da Pax Christi e dal Centro Studi Economico Sociali per la Pace ma mirando di volta in volta ad un target sempre definito di "utenti". L'altra direzione nella quale penso sia ormai indispensabile camminare è il maggiore radicamento sul territorio. Il gruppo di lavoro per la Casa per la pace avrà di che discutere.
LE RISORSE FINANZIARIE
In un intervento che Gianni Novello teneva nel corso di un convegno su Pax Christi ad Albisola nel 1992 affermava: "E' il grande problema di Pax Christi: trovare il giusto equilibrio tra la scelta di mezzi poveri e liberi e la effettiva responsabilità di tutti nel reperimento delle necessarie risorse umane e finanziarie per far fronte all'ormai enorme quantità di sollecitazioni che, dall'interno e dall'esterno, vengono rivolte al movimento e che non sono più risolubili con proposte improvvisate. Bisogna farsi più carico non solo di studiare e formulare programmi di pace, ma anche di sostenere, pagare e finanziare la pace. Se c'è un notevole martirio di tempo, manca ancora lo sforzo per inventare e reperire i mezzi necessari per organizzare la pace". Ho citato Gianni perché è tra quelli che non solo conoscono più da vicino tutti i segmenti di vita di Pax Christi per via della lunga militanza, ma anche perché ha avuto modo di conoscerlo proprio a tutti i diversi livelli, dal centro alla periferia e in epoche diverse. Nell'esperienza all'interno della segreteria ho dovuto ammettere l'assoluta veridicità delle sue affermazioni. Siamo un movimento dalle grandi idee, riusciamo ad avere forti intuizioni e a compiere analisi profonde, ma non riusciamo a dare le gambe e le scarpe a quelle idee. Non vorrei ripetermi con ciò che ho gia detto parlando dell'organizzazione, ma questo è il luogo in cui il passaggio si fa ancora più stringente e punta sulle risorse finanziarie ma devo constatare che quando il discorso arriva a questo punto c'è sempre meno gente disposta a seguire. Non perché teme - come ha detto anche Grillo in un intervista alla Stampa - che "saremmo capaci di chiederglieli anche, i soldi", ma perché questo è un tema che guardiamo sempre con una sorta di pudore. Facciamo fatica a cogliere l'urgenza di questo aspetto della vita del movimento. Lo hanno capito bene invece tutti coloro che fino ad oggi si sono avvicendati come segretari e soprattutto come tesorieri. Luciano Ghirardello ha dovuto sperimentare amaramente come a volte la mancanza di attenzione degli organi del movimento alla questione finanziaria non sempre ha consentito una riflessione serena, una programmazione più oculata, la sperimentazione di nuove vie. Aver voluto dedicare un Gruppo di Lavoro all'argomento non ripara o recupera nessun ritardo ma può favorire l'apertura ed il concorso di altri ad approfondire gli aspetti del reperimento dei fondi. Tema vitale per il movimento. Quali strade, quindi? Innanzitutto allargare la base degli aderenti. Finora a PX si poteva aderire quasi esclusivamente se si faceva parte di un gruppo (Punto Pace) e se ne allontanava chi, pur riconoscendosi a pieno nel cammino del movimento non aveva la possibilità di tempo o le condizioni ambientali per poter far parte di un Punto Pace e seguire tutte le iniziative proposte. Allargare la base significherà, allora, favorire l'adesione di coloro che forse potranno seguire solo parzialmente le iniziative ma sono seriamente interessati a sostenere anche finanziariamente col contributo annuale l'azione di PX. Questo obbligherà poi il movimento ad elaborare proposte e programmi che possano di fatto essere offerti alle persone individualmente prese e che di volta in volta potranno muoversi nei rispettivi ambienti. Vorrà dire inoltre favorire il più possibile forme di adesione collettive come di parrocchie, scuole, enti locali, istituti religiosi e comunità, associazioni... cui destinare materiali specifici di animazione alla pace. Anche sulla scorta delle indicazioni del questionario ritengo che sia utile ricercare altre forme di finanziamento pubbliche e private. Non vedrei con sospetto la possibilità di aprire a sponsor oculatamente scelti secondo le referenze di una "guida al consumo critico". Da questo punto di vista penso che, seppure PX non può garantire un target ampio, possa meritare attenzione in quanto a sicura credibilità per tutto ciò che costituisce in termini di valori. Vi assicuro che in questa direzione già altre associazioni si sono incamminate da tempo con buoni risultati, di riflesso, sulla qualità della propria azione.
CHI E' PAX CHRISTI
COME PUO' EVOLVERSI
La lettura attenta delle risposte pervenuteci in segreteria al questionario che abbiamo inviato sono quanto mai illuminanti sulla situazione che viviamo nel movimento. In tempi recenti certamente Pax Christi ha vissuto un certo periodo di attenzione da parte dell'opinione pubblica ed è riuscita a proporre temi forti estratti dal proprio patrimonio ideale ed attualizzati nelle scelte politiche che si imponevano nel tempo. Mi riferisco in particolare alla fine degli anni '80 e inizio '90 in cui le prese di posizione di don Tonino, le sue scelte coraggiose e la sua parola calda e profetica riuscivano a scuotere ed interessare la gente che ne leggeva o lo ascoltava in uno dei suoi tanti spostamenti in giro per l'Italia. Il momento di massima attenzione si registra agli inizi del 1991 attorno alle questioni relative alla "guerra del Golfo". A partire da quel momento bisogna ricordare che tutta l'area sconta un calo di interesse e di impegno rispetto alle tematiche della pace. Sintomatico a tal proposito rimane il diagramma tracciato dal numero degli obiettori alle spese militari che raggiunge il massimo picco proprio in quell'anno ma poi va via via calando fino a mettere in discussione lo stesso strumento di lotta utilizzato da quella campagna. Pax Christi ha ereditato la testimonianza di don Tonino e gli anni della presidenza di Mons. Bettazzi sforzandosi di non vanificarne gli sforzi, l'impegno e le intuizioni, ma con la consapevolezza che tutto questo andava adattato alle nuove esigenze, con nuovi linguaggi, secondo le coordinate storiche che nel frattempo si erano create... Vi garantisco che non è stato semplice, tanto da avere l'impressione che a volte ci si disperderdeva quasi esclusivamente in un compito di risposta alle sollecitazioni ed alle scelte altrui, piuttosto che in una fantasia propositiva. E le richieste di intervento, le proposte di prese di posizione sono tantissime. Con il rischio appunto di attardarsi ad intervenire per esprimere il proprio giudizio su questa o quella crisi nel pianeta, su un conflitto nel frattempo esploso vicino o lontano dalle nostre coste e non avere poi il tempo di elaborare in proprio un pensiero, una linea che serenamente ci guidi anche nell'attualità. Nessuno smentirà mai quanto sia importante che Pax Christi insieme agli altri compagni di area sia dentro il conflitto e non rifugga, che esprima con coraggio il proprio pensiero senza mai tirarsi indietro, che annunci profeticamente i valori del Vangelo senza sconti sulla verità, che non subisca il fascino di un'omologazione che la metta al riparo dalle contestazioni, dalle incomprensioni come dalla polemica sterile. Ma sono ben lieto di constatare come gli aderenti che hanno risposto al questionario abbiano scelto di approfondire e percorrere per il prossimo futuro le motivazioni e gli itinerari della nonviolenza. Quasi il desiderio di non disperdersi, di non lasciarsi appiattire ma di rileggere criticamente attraverso le lenti di una nonviolenza che ha pieno diritto di cittadinanza nel Vangelo di Gesù Cristo, l'oggi ed il domani.
Siamo su una barca in compagnia di tutti coloro che hanno scelto nel corso della storia di costruire la pace e, scegliendo la nonviolenza, non preferiamo per questo ritirare i remi e lasciarci trasportare dalle onde, né ormeggiare al largo per non toccare la costa, tanto meno trainare la barca sulle secche del restauro. Scegliere la nonviolenza oggi vorrà dire continuare la traversata avendo maggiore consapevolezza della nostra rotta, con la presunzione (lasciatemela passare) di aprire la scia a chi che nel frattempo paga altissimi deficit di speranza. Curare maggiormente la formazione alla nonviolenza significherà rimotivarsi ogni volta sui valori che ci trascendono, acquisire più forza per poter scrivere la parola pace con la croce di Cristo mentre ormai sembra diffusa la convinzione che solo gli eserciti di Cesare possano garantirla; indicare ambiti altri come l'economia, le relazioni interpersonali, il lavoro... in cui è possibile viverne tutte le conseguenze radicali; dimostrare che questa utopia può cambiare il mondo solo se ci sono persone disposte a giocarsi in questo solco. Sono convinto (ma abbiamo scaldato a lungo questa convinzione anche con don Diego e con Alex Zanotelli) che riproporre con fermezza il valore della nonviolenza costituisce un motivo profondo di riflessione e di conversione per le chiese. Vorrei, anzi che questo Congresso, comprendendo quanto sia salutare per il movimento fare delle scelte opportunamente chiare per l'ambito in cui maggiormente impegnarsi, privilegi quello ecclesiale come spazio specifico dell'azione di Pax Christi. E questo non perché siamo stati colti improvvisamente dal morbo del baciapile o vogliamo vivere esperienze di riflusso clericale, ma perché riconosciamo che all'interno delle comunità cristiane rappresentiamo un'anima, una sensibilità. Anzi voglio sottolineare a questo punto quante volte in questi anni ho potuto rilevare il rispetto e l'attenzione con cui sia fuori dell'ambito ecclesiale, sia in ambito ecumenico sia stata richiesta una parola da Pax Christi e quanto sia stata colta con interesse. Quante volte mi è stato chiesto implicitamente o esplicitamente di prendere la parola su temi e questioni per le quali altri avevano qualche timore reverenziale ad esprimersi. C'è un ammanco di parresia oggi nella chiesa, non ci si parla più con franchezza e il linguaggio articolato delle diplomazie o quello prudente secondo la carne o ancora quello svenevole di chi non vuole disturbare il manovratore sopravanza la logica dell'amore fraterno che corregge, surclassa il dovere di gridare la verità dai tetti secondo il vangelo. Allora forti e fieri di tutto ciò che sul terreno di pace - giustizia - salvaguardia del creato abbiamo maturato, dobbiamo dirlo alle comunità cristiane. La nonviolenza intesa come rinuncia ad ogni forma di potere, non è un optional ma è costitutivo del nostro essere cristiani. Questa diventa oggi più che mai una missione da compiere senza bigottismi e senza spirito crociato. Mi dà ancora da pensare che nel discorso che don Tonino pronunciava il 10 dicembre del 1992 nel Cinema Radnik di Sarajevo invitasse tutti a raccontare quello che stavamo vivendo ai vescovi al nostro ritorno. Così come costituisce materia di riflessione che partecipando al Convegno ecclesiale di Palermo nel 1995 ci accorgemmo che le conclusioni che si andavano preparando per l'ambito socio - politico erano state accuratamente epurate di ogni riferimento alla scelta della nonviolenza. Ci fu bisogno di un deciso e decisivo intervento di Mons. Bettazzi perché almeno accompagnato dall'aggettivo "cristiana" la nonviolenza potesse essere accettata tra le tesi conclusive. Insomma la nonviolenza scandalizza ancora e in ogni ambito. Noi dovremmo forse assumerci il compito di innestarla nel tessuto vitale delle comunità cristiane secondo le variegate forme e proposte che in tutti questi anni siamo andati maturando...
Per restare ancora più aderenti al tema mi sembra di poter affermare oggi che non sempre le risposte che diamo o che ci vengono richieste sono all'altezza di ciò che rappresentiamo e quindi vi chiedo di aiutare la segreteria in questo difficile compito e di concentrarci particolarmente su questi obiettivi. Conosco bene le difficoltà che alcuni di noi hanno nel farsi accettare a volte in seno alle chiese locali, i pregiudizi con i quali veniamo guardati, la fatica per poter introdurre i temi della pace nelle agende ecclesiali. D'altro canto conosco anche certe nostre irruenze, l'impazienza che a volte mostriamo nel dover attendere i tempi dell'altro, i linguaggi che non sempre riescono a comunicare... Ma forse è l'investimento più proficuo nel quale possiamo produrci.
Il Cristo che invita a porgere l'altra guancia ha fatto pure lui stesso l'esperienza dell'essere percosso e proprio in quel momento ci ha insegnato che, dopo il primo schiaffo, rimane sempre il tempo per chiedere al violento: "Perché mi percuoti?". Vivere oggi la nonviolenza significa farsi voce dei popoli impoveriti che rivolgono al nord opulento la stessa domanda; vuol dire guardarsi dentro, nei nostri pensieri, nei nostri stili di vita, nelle scelte quotidiane se non siamo tra quelli che percuotono o, ancor peggio, tra quelli che non riescono più a sentire la domanda; significa aiutare le società del benessere a prendere coscienza della violenza di cui sono protagoniste e a rispondere con i fatti all'esame di coscienza che segue inevitabilmente all'interrogativo; ma ancora di più per noi come Pax Christi vorrà dire invitare le chiese a chiedersi dove erano mentre qualcuno schiaffeggiava e l'altro subiva, ancora di più, da che parte scelgono di stare oggi. E' vero, Alex ha ragione, non è per niente semplice oggi accogliere la provocazione della nonviolenza come individui e come movimento. Ci sono cicatrici che ancora ricordano gli schiaffi subiti dai quei testimoni che autorevolmente ci hanno preceduto nel cammino. Anche in nome loro sentiamo di non dover tradire il Vangelo della pace e di rimanere fedeli sempre all'annuncio della nonviolenza.
Sociale.network