Intervento di mons. Luigi Bettazzi
È significativo che il movimento per la pace sia considerato "di sinistra" e sia guardato con occhio un po' diffidente dalla Chiesa, e ciò fin da tempi in cui in Italia si cominciava a parlare di obiezione di coscienza, agli inizi degli anni Settanta. Ricordo che all'epoca ero visto come una specie di marziano quando una volta ci ritrovammo a Roma a parlarne in una sala ospiti dei giovani evangelici (forse non c'erano sale cattoliche a Roma che potessero ospitarci?!?).
Poi, quando nel 1972, "grazie" ad un noto personaggio politico, venne approvata la legge 772, accanto all'Ospedale psichiatrico di Trieste e alla Comunità di Capodarco, ci fu una piccola istituzione di Ivrea (in totale, dunque, due espressioni cattoliche, ma considerate entrambe marginali) a convenzionarsi col Ministero della Difesa per accogliere gli obiettori in servizio civile. Alcuni anni dopo arrivarono i Salesiani e la Caritas, ma la sottolineatura apportata fu quella del servizio civile e dell'impiego dei giovani e l'obiezione di coscienza passò quasi in secondo piano.
Sono convinto che i due aspetti, l'obiezione e il servizio, debbano restare congiunti, perché se è vero che il servizio civile dà un contenuto e una sfumatura particolare all'obiezione al servizio militare, tuttavia l'obiezione di coscienza fa capire che non si tratta di una mera assistenza bensì di richiamare ai valori profondi contro il militarismo, che è in fondo il modo in cui chi detiene il potere, soprattutto quello economico, afferma le proprie possibilità, sia all'interno di una nazione sia nel mondo.
A livello internazionale forse la crisi dell'Onu dipende anche dal fatto che all'interno delle Nazioni Unite ci sono anche i poveri: diversamente, nella Nato ci sono solo paesi ricchi, nella Banca Mondiale e nel Fondo Monetario Internazionale contano soprattutto i paesi ricchi, lo stesso nel WTO e in tutti gli organismi in cui si conta a seconda dei soldi che si possiede. In fondo, il militarismo è lo strumento col quale i ricchi e i potenti riescono a confermare e ad affermare il loro potere politico ed economico. Allora il servizio civile, quale modo per difendere la patria, deve costantemente mettere in guardia contro questo potere militare che rischia di diventare dominante rispetto agli orientamenti della comunità civile.
All'interno della Chiesa c'è ancora molto cammino da fare in questo senso, anche se il Papa nei suoi discorsi è sempre molto avanzato, come si è visto in occasione della Guerra del Golfo.
Ormai siamo entrati in una nuova era e la grande dimensione di questo nuovo secolo sembra il pensiero superficiale, estesissimo ma superficiale, o debole come direbbe qualcuno: la conseguenza è l'individualismo a livello di singolo, di gruppo, di nazione. Se il servizio civile ci richiama a questo aprirsi all'altro, a rompere il guscio dell'egoismo e dell'individualismo, dall'altro lato l'obiezione al servizio militare ci impone di guardare a fondo nei rapporti di causa-effetto che questo cammino che le nazioni più ricche, o i gruppi più ricchi all'interno delle nazioni, tentano di fare in nome della libertà, che tuttavia è la libertà di chi può, a spese della mancanza di libertà di quelli che non possono.
L'augurio è che si continui in questo cammino di liberazione autentica guardando ai poveri e a partire da loro, per poter arrivare a una crescita armonica e giusta dell'intera società: se partiamo da chi sta bene, da chi sta in alto, emargineremo sempre di più coloro che stanno in basso, come diceva Paolo VI nella "Populorum progressio", ma anche il "Rapporto Brandt", e come dice anche il cammino della società nella quale ci troviamo. Buona continuazione di cammino!
Sociale.network