Intervento di Giancarla Codrignani

Contributo al Giubileo degli Obiettori - Barbiana 4.11.2000


La data del 4 novembre segnerebbe la fine gloriosa della Prima guerra mondiale: è una data così mediocre! Milioni di morti, con risultati che avrebbero potuto essere raggiunti al tavolo delle trattative senza dover partecipare alla guerra. Ricordo particolarmente questa data perché trent'anni fa a me e alcuni altri giovani con cui mi ritrovavo a parlare di obiezione di coscienza arrivò una denuncia per vilipendio alle Forze armate, perché avevamo diffuso un volantino nel quale si sosteneva che la guerra è una brutta cosa. L'intervento immediato di un giudice risolse la questione, anche perché quello che andavamo sostenendo era ormai scritto su tutti i libri di storia.
Questo accadeva quando non esisteva ancora la legge sull'obiezione di coscienza. Si andava a finire in galera. Nasceva in quel tempo la Lega degli Obiettori di Coscienza che all'epoca radunava tutti, cattolici, laici, atei, anarchici, marxisti, anche non poteva essere uno spettro molto esteso perché il militarismo era molto amato un po' ovunque. Nasceva la LOC e a Bologna, ad esempio, ci si incontrava nella chiesa protestante, che godeva di una certa extraterritorialità: quando arrivava infatti il maresciallo dei Carabinieri, credeva che gli obiettori pregassero, in maniera ecumenica... Non sapevo allora che per tre legislature sarei stata parlamentare e che avrei inutilmente rinnovato le proposte sull'obiezione di coscienza perché la legge che finalmente era arrivata nel 1972 avesse una nuova formulazione che legittimasse veramente il diritto della coscienza. Non sapevo neanche che sarei divenuta presidente della LOC e che avrei continuato ad esserlo...
Sono qui come donna, anche se non mi pare che siamo in tante a partecipare a questi dibattiti sull'obiezione mentre ritengo che valga la pena ricordarlo: oggi infatti le donne possono diventare soldate e tuttavia non c'è stato alcun dibattito pubblico In Italia che abbia investito la coscienza nazionale per domandarci che cos'è questa parità, se non sarebbe stata meglio un'alleanza al rovescio di quelle donne che, escluse dal servizio nelle Forze armate, innervassero però con la loro competenza ed esperienza la storia, quella storia "al maschile" che è invece piena di guerre e di conflitti.
Ho fatto questa scelta perché non ero una professoressa come quella cui si rivolge don Milani: da insegnante insegnavo qual era la storia vera, e la storia vera è anche quella di noi oggi qui, di quelli che hanno testimoniato qui e che non passeranno nei libri di testo dove al più si troverà la citazione di una legge in materia che l'Italia si è data. Sono convinta che bisogna ritornare a pensare su questi temi con molta attenzione, ma anche con molta voglia di impegno politico: la politica è una cosa pulita, positiva, che deve crescere con la voglia di esserci, perché come ci è stato ricordato quest'oggi anche poche persone da sole sono riuscite a piegare la legge, a formarla, a creare consenso anche in una situazione di minoranza.
Devo dichiarare che sono molto contenta che non ci sia più il servizio militare obbligatorio, proprio perché, da insegnante, credo che sia stata una pratica diseducativa per tutti. Tuttavia non mancano i pericoli per chi non riesce ad avere una formazione sufficiente per evitare di sentire come appetibile una carriera preparatoria ad atti di forza e di violenza organizzate. Allo stesso tempo, è necessario far sì che il servizio civile non diventi un altro terzo settore, deve cioè essere qualcosa che investe profondamente la coscienza civile di un Paese. Dunque, si formi veramente quella società civile di cui abbiamo bisogno!
Allora l'obiezione va ri-letta, ri-pensata.. Penso che sia fin troppo ovvio affermare che le guerre ci saranno ancora e che investiranno i paesi del terzo mondo: noi ci siamo già con le armi che produciamo mentre resta il problema che investe la responsabilità del nostro Paese e dell'Europa intera di trovare degli standard comuni per impedire il dilagare della violenza armata nei paesi più poveri del mondo. Ma anche laddove non c'è assoluta povertà, il problema degli eserciti armati pone problemi più forti per la pubblica opinione. Le guerre "umanitarie", ad esempio, costituiscono un controsenso che sta però penetrando nella nostra società in modo tale che il militare diventa una professione come un'altra, e invece non lo è. Gli eserciti sono cambiati profondamente, anche nel nostro Paese. Il futuro sarà pieno di innovazioni tecnologiche che renderanno la guerra sempre più invisibile: si potrà distruggere senza uccidere più di tanto, sostenendo che è necessario intervenire per salvare valori quali la democrazia, perfino la pace.
Sono convinta che un grande compito attenda gli obiettori del futuro: quello di ripensare l'ambito delle loro scelte, forti di un impegno che viene da una storia in cui la violenza è stata più subita che agita e dunque scoprire e inventare nuove modalità d'impegno. Dobbiamo allora fare un passo in avanti: superare i livelli ancora ristretti di un'obiezione fondata su valori morali che non si traducono direttamente in misure all'altezza della società e delle tecnologie di cui siamo pur sempre responsabili. Per questo vorrei che l'esempio che ci viene dalle testimonianze dei più giovani e meno giovani che sono qui serva per incoraggiare tutti i giovani perché si indirizzino a pensare da cittadini, responsabili. È l'augurio che vi offro.

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