comunicato stampa 30 luglio 2006

Fonte: Ufficio Stampa Beati costruttori di pace

Giornata storica, oggi, per la Repubblica Democratica del Congo. Per la prima volta dopo 46 anni il Paese si reca alle urne per eleggere presidente e parlamento con elezioni libere e multipartitiche.

Qui nell’est del Congo, tutto si sta svolgendo in maniera esemplare. Dalle 6 di questa mattina i centres de vote sono aperti, ma già dalle quattro qualcuno si è messo in fila per votare. Le attese sono state lunghe e ordinate, davanti a ogni bureau de vote. All’interno, si è seguita diligentemente la complicata procedura, che la gente quasi sempre ha dimostrato di conoscere bene: prima l’identificazione e la verifica che il votante sia effettivamente registrato e non abbia già votato (l’inchiostro indelebile viola marca il pollice sinistro di chi ha già esercitato il suo diritto), poi si riceve la prima scheda, quella per scegliere il Presidente della Repubblica fra trentatrè candidati. Riposta la scheda nella prima urna, se ne riceve una seconda, ben più grande, su cui scegliere il proprio candidato al parlamento. Si vota e si depone la seconda scheda in un’altra urna. Assistono al voto i rappresentanti di partito e gli osservatori nazionali e internazionali. Di tanto in tanto, nella cabina (un parallelepipedo di cartone preformato, di due metri per sessanta cm) entrano in due. Nulla di strano, la legge lo prevede: è la procedura per il voto degli analfabeti, che possono avvalersi del supporto di una persona da loro scelta.

A mezzogiorno, nei centres de vote di Bukavu, un rapido calcolo diceva che avevano già votato circa la metà degli aventi diritto. L’affluenza è stata altissima, in questa regione del Congo, la più martoriata dalla guerra. Il giorno tanto atteso è finalmente arrivato e per le strade la gente mostra orgogliosa ed esultante il pollice marcato di viola.

Anche dai villaggi delle province del Nord e Sud Kivu le notizie sono incoraggianti: gli osservatori italiani che stanno monitorando il voto segnalano la grande partecipazione e la regolarità e calma che stanno caratterizzando il voto. Qualche piccola irregolarità procedurale qua e là è l’unica segnalazione ricevuta, ma se si pensa che il Paese organizza per la prima volta delle elezioni e che la gente non ha mai votato, i risultati sono strabilianti.

Alle 17, ora prevista per la chiusura, quasi tutti i seggi da cui abbiamo notizie hanno terminato e si apprestano allo spoglio. Si temeva che potessero ripetersi le lunghe code che si erano verificate lo scorso 18 dicembre, per il referendum costituzionale, quando l’altissimo afflusso e la scarsa organizzazione dell’evento avevano costretto all’ultimo minuto a prolungare di un giorno il voto. Ora invece, almeno qui nel Kivu, la meticolosa preparazione ha dato i suoi frutti e i seggi hanno chiuso all’ora prevista.

Qualunque sarà il risultato che uscirà dalle urne, l’importante era giungere al traguardo delle elezioni: una svolta storica per il Paese, una meta che la gente vive come la realizzazione di un sogno. Rimandate più volte nei mesi scorsi, nonostante i tentativi di boicottaggio di alcuni politici e le aspre critiche delle ultime settimane, alla fine il giorno del voto è arrivato e il sorprendente senso civico della popolazione ha permesso che tutto si svolgesse senza problemi.

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Al gruppo di coordinamento sono continuati ad arrivare gli strascichi, per la maggior parte ottimali, delle visite dei nostri osservatori ai luoghi di osservazione e dei loro incontri di venerdì scorso con le autorità locali e con i presidenti dei centres de vote.

A Baraka Mirko e Andrea si sono confrontati con tutti gli osservatori nazionali in loco, mentre a Shabunda Roberto e Marco hanno visitato l’ospedale. Nuovo momento di formazione per Loretta e Silvia a Cahi, Bukavu, e per Ismaele e Valentina a Butembo. Qui, raccontano, la campagna elettorale è stata molto allegra e si è svolta con concerti di bande musicali quasi “porta a porta”.

Grande entusiasmo è presente anche nelle due équipes di Goma: Mariangela e Patrizia ci fanno sapere che non vogliono più rientrare a casa, perché tutto lì “è una meraviglia”, mentre Katia, Maurizio e Nino scrivono: «Abbiamo incontrato 50 rappresentanti della parrocchia e toccato con mano le loro speranze, le loro paure. Siamo tutti congolesi!».

Sabato è stata, invece, la giornata del silenzio. Un silenzio rispettato dappertutto - ci hanno segnalato i nostri osservatori - con grande senso civico da parte della popolazione.

Marta e Annachiara, da Uvira, rimarcano che tanto era il caos nella città fino a tarda sera di venerdì 28, quanto sabato tutto appariva tranquillo. I manifesti di propaganda sono stati tutti strappati, anche quelli incollati alle macchine. Alle ore 14, il 70% dei loro bureau era pronto. Da Walungu, Ivana, Paolo e Daniele ci scrivono: «Qui SK8 tutto alla grande… siamo carichi come delle molle e… anche la popolazione! A presto e buon lavoro anche a tutti voi!».

Rimane invece logisticamente problematica la situazione di Minembwe. Paolo e Noemi sono isolatissimi e difficili risultano le comunicazioni. I centres de vote sono così lontani tra loro che pensano di riuscirne a visitare solo uno, che comprende sette bureaux. Le uniche due auto a Minembwe sono quelle a disposizione della CEI e della Monuc, e l’équipe non è certa di poter essere accompagnata. I nostri sono stati presentati alla polizia locale, perchè si ritiene che la loro presenza possa servire a evitare le tensioni presenti tra i Bagnamulenghe: qui, comunque, la campagna elettorale non è stata accesa, il coinvolgimento popolare è minore e si attende un basso numero di votanti.

Dal Nord Kivu, anch’esso toccato dal silenzio elettorale in maniera quasi capillare, arrivano altre notizie. A Goma, si osserva l’erroneo arrivo di schede elettorali destinate a Beni/Butembo, suscitando un po’ di preoccupazione nei seggi perché si presuppone che schede destinate a Goma siano state spedite nelle altre due città. L’altro team di osservatori presenti in città (NK25) rimarcano invece le tensioni nate tra i membri dei seggi elettorali, che non ricevono compenso, acqua e cibo da una settimana e minacciano d scioperare, con il rischio di far saltare le elezioni se la situazione persiste. Così un gruppo di militari, poliziotti e addetti della Monuc (per un totale di circa 60 persone) si sono recati nei vari seggi, accompagnando l’addetta alla sicurezza della CEI, per tranquillizzare i membri.

A Masisi Daniele e Donata sono stati informati che il presidente della CEI locale è stato minacciato di morte, chiedendo di essere sostituito, ma da Kinshasa è arrivato parere sfavorevole, poiché non è stato trovato un sostituto. Questo crea un po’ di preoccupazione…

Davanti alla CEI di Rutshuru è stata rilevata una lunga fila di persone che richiedevano il duplicato della tessera elettorale, o perchè persa o perchè rubata da ribelli nei villaggi. La CEI è riuscita a duplicare solo 700 schede, mentre i richiedenti erano 3000: questo preoccupa Federico Vania che temono che domani si creino disordini, visto il gran numero di persone impossibilitate a votare. Ma - ci confermano - la sicurezza a Rutshuru ora è buona.

Episodio spiacevole, invece, per la troupe RAI che viaggia con noi e che era stata nei giorni scorsi a visitare Matanda. L’autista che doveva prelevarli a Goma, infatti, si è presentato all’appuntamento con 30 minuti di ritardo: per riparare, non si è fermato a un blocco di militari che hanno rincorso e fermato la macchina. L’autista è stato malmenato e portato in carcere, mentre i giornalisti sono stati accompagnati dai militari stessi al battello.

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