Conclusioni e saluto finale del presidente
Abbiamo ascoltato e detto tante cose in questi tre giorni perché si sentiva il desiderio di incontrarsi, di raccontarsi, confrontare e proporre. Penso che ognuno abbia avuto possibilità di esprimere il suo pensiero anche se non sempre gli sembra essere stato considerato sufficientemente .
Questo fiume di parole aveva il tono della sincerità e della passione per quel desiderio che tutti portiamo nel cuore e che è espresso nel titolo del Congresso: Shalom.
Ora queste voci si spengono, le idee e proposte si decantano e ciascuno ne trae un “taccuino” agile da portarsi dietro per i giorni a venire e per gli ambienti in cui è chiamato a vivere.
Anche questa mia conclusione, se vogliamo chiamare così ma sarebbe meglio considerarla una sottolineatura delle istanze più condivise e più forti che sono emerse in questo Congresso, vuole attenersi a questa indicazione.
E’ stato un Congresso ricco di memoria, pur non essendo né un incontro celebrativo né commemorativo, perché ha sentito risuonare tanti richiami a persone che hanno costruito e illuminato la storia di Pax Christi ed a tante situazioni o svolte che hanno segnato il suo cammino.
Delle persone non dico perché sono presenti e familiari; delle svolte sono state ricordate il sostegno alla obiezione di coscienza quando ancora era considerata reato, la campagna contro i mercanti di morte sfociata poi nella legge che tenta disciplinarla, democrazia e partecipazione, l’impegno per la smilitarizzazione del territorio della Puglia arca di pace e non arco di guerra, il nodo chiave della crisi del Golfo, la marcia di Serajevo ed altre iniziative ancora in corso, come quella per la messa al bando delle mine antiuomo, dei diritti umani in Sudan e Kossovo e popolo Curdo, della rimozione imbargo Iraq, per il faticoso cammino di libertà del Salvador.
Ci ha fatto bene ricordare questa nostra storia perché senza memoria si rischia di non avere nemmeno futuro.
Anche la presenza di persone che hanno condiviso tanta parte di questa storia e sono ancora qui a testimoniare il loro impegno di sempre è di grande sostegno alla giovane generazione che, come risulta dal sondaggio svolto tra gli aderenti in preparazione a questo Congresso, è approdata al Movimento in questi ultimi anni o guarda con interesse alla sua attività.
Questa generazione più giovane costituisce nello stesso tempo una grande speranza e ci conforta constatare come si sia resa disponibile ad assumere responsabilità nell’interno del Movimento stesso.
Tutto questo è garanzia di fedeltà alla identità di Pax Christi che si propone due obiettivi:
a) il primo e più impegnativo è quello di tenere viva e far crescere nella comunità ecclesiale l’attenzione e la promozione della cultura della pace perché diventi mentalità e prassi quotidiana;
b) il secondo, non meno importante, è quello di far conoscere alla più vasta opinione pubblica ed ai compagni di strada nella ricerca della pace quanto il Magistero della Chiesa insegna ed afferma e propone su questo tema.
Siamo stati confortati anche dalla presentazione dell’ampio ventaglio della presenza ed azione di Pax Christi nel mondo che ci è stato presentato dal Segretario Internazionale Etienne de Jong e siamo lieti di sentire come, dopo aver percorso tappe significative che hanno dato positivo apporto alla società (impegno per il disarmo, diritti umani, relazione Est-Ovest ed ora Nord-Sud; giustizia ed ecologia) oggi si ritorna a quella che è stata la intuizione originaria e fondante del Movimento che è la riconciliazione. Allora si tratta della gente di Germani e Francia che da nemici in guerra volevano ritrovarsi fratelli, ora si tratta dell’orizzonte vasto dei popoli e delle nazioni del mondo per arrivare a disinnescare la conflittualità ovunque presente, senza limitarsi a tamponare i danni ed i guasti che questa contrapposizione produce. E come questo ritorno si concilia con l’itinerario che le Chiese in Europa stanno percorrendo verso l’Assemblea di Graz proprio su questo tema, via obbligata se vogliono essere quel fermento e fattore di unità della famiglia umana che è nel progetto di Dio rivelato nella Scrittura.
Questa parola “riconciliazione” introduce quanto è propriamente nostro, quanto di specifico di Pax Christi è emerso in questo Congresso e che vogliamo proporre e seguire come indicazione di marcia e sentiero comune nei prossimi quattro anni, riprendendo quell’insistente richiamo a trovare una nostra identità e particolarità nell’interno dell’arcipelago dei movimenti di pace cui ci sentiamo molto vicini ed intendiamo collaborare, ma con una nostra originalità.
Raccogliendo le istanze della base di Pax Christi emersa dal sondaggio quanto mai opportuno e che ha indicato le istanze e le priorità del nostro impegno; attenti ai segnali che provengono dal contesto in cui viviamo di una società sempre più intollerante e violenta;
sollecitati anche da indicazioni autorevoli che ci provengono da testimoni qualificati (vedi l’appello di A. Zanotelli),
Pax Christi italiana sceglie come linea o direzione su cui riflettere, proporre ed impegnarsi il tema della nonviolenza.
Riflettere vuol dire leggere le situazioni ed operare attenta analisi perché senza studio ed approfondimento rischiamo di essere superficiali e generici;
proporre vuol dire introdurre il tema e il problema nei nostri gruppi e punti pace riallacciandoci al circuito nazionale di tutti gli altri gruppi in modo che la proposta diventi corale;
impegnarsi richiede gesti concreti, iniziative ed azioni, non molti, ma che siano significativi ed incisivi.
Vorrei inserire qui un inciso che riguarda i lavori del Congresso. Alcuni gruppi di lavoro hanno avuto l’impressione che ci sia stato ampio dibattito e ventaglio di proposte ma non siano state fatte scelte concrete. Ma è proprio questa la valenza di un Congresso, quella di dare molte suggestioni impegnando il Consiglio nazionale a tradurle, dopo aver fatto un attento discernimento, in proposte operative dandone la più ampia comunicazione.
Perché “nonviolenza” ?
Perché sta al cuore del vangelo, che l’apostolo Paolo definisce “il vangelo della pace” e che “Cristo nostra pace” è venuto a portare. Ce ne ha anche insegnato la strada: “è stato detto occhio per occhio e dente per dente ma io vi dico di non opporvi al malvagio...” (Matteo discorso della montagna) con le indicazioni dello schiaffo in pieno volto, della contesa del tribunale e del cammino da fare con l’avversario.
E che non si tratti poi tanto di paradossi basta vederlo negli Atti degli Apostoli che raccontano come i discepoli se ne vennero dal Sinedrio lieti di aver sofferto per il nome di Gesù”.
Ma anche perché è l’attesa del cuore dell’uomo, stanco di questa violenza crescente: negli stadi, nei sassi dal cavalcavia, sulla donna e sui bambini, verso l’immigrato, nel disagio giovanile, tra uomo e donna, tra gruppi sociali, allargandosi man mano nella società politica e nella economia a livello nazionale ed internazionale.
Una nonviolenza che parta dal cuore dell’uomo per arrivare ai rapporti interpersonali nei contesti in cui siamo inseriti della famiglia lavoro quartiere e da inserire a livelli sempre più alti nella società nella politica nella economia.
Uno stile di vita, un modo di porsi, un punto di riferimento per discernere tutte le azioni che intendiamo intraprendere e quelle che intendiamo sostenere quando ci vengono richieste da altri movimenti per la pace.
Con questo pensiamo di ricuperare anche il tema della accoglienza o multiculturalità che è stato molto richiesto dagli aderenti e quello dell’ecumenismo perché le Chiese diventino questo strumento di riconciliazione quando per tanti versi sono stati pretesti di contrapposizione.
C’è bisogno di riflettere e studiare per passare dall’enunciato al concreto ed individuare scelte visibili e condivisibili;
c’è bisogno di comunicazione a tutti gli aderenti a Pax Christi ed a tutti i punti pace (questa della comunicazione è stata una richiesta insistente);
c’è bisogno di condivisione e di consonanza da parte di tutti i gruppi e le persone impegnate perché in ordine sparso non si incide nella mentalità della comunità ecclesiale e tanto meno nella opinione pubblica;
c’è bisogno di franchezza (la parresia) e del coraggio per dire forte queste cose, enunciarle chiaramente e ripeterle, perché è stato ricordato in questi giorni che la denuncia è il risvolto dell’annuncio.
Questo è il nostro tratto di strada, la frazione della corsa portando il testimone che abbiamo raccolto, per tutti e per ciascuno, compito del Consiglio ma compito di ognuno di noi. La memoria ci conforta col ricordo di quello che hanno fatto coloro che hanno lavorato prima di noi.
Occorre credere alla importanza della propria presenza come movimento per la pace in un contesto che appare orientato in senso opposto.
Due raccomandazioni per il viaggio:
la prima la prendiamo dall’evangelo di oggi: “rimanete uniti a me... sneza di me non potete far nulla”.
Che ci sia la saldatura a Cristo nostra pace, e che la saldatura tenga.
Il richiamo alla preghiera e alla contemplazione che in questi giorni è risuonato più volte, provenendo anche sorprendentemente da persone impreviste, ci ricorda che la pace va lungamente pregata ed implorata prima di prendere decisioni e fare scelte anche rischiose.
La seconda. La costante attenzione alla situazione che cambia continuamente per non trovarsi fuori dal quadrante della storia col “mettersi in ascolto delle esigenze e della realtà delle persone e dei problemi della realtà sociale su cui siamo chiamati ad intervenire” (vedi sondaggio).
Alla domanda che è risuonata in questa aula: “c’è speranza per un movimento di pace ?” vorrei ricordare che stiamo vivendo il tempo pasquale e da quel masso rovesciato viene un messaggio di certezza, perché la risurrezione costituisce un punto di non ritorno e dopo di essa nulla piò essere come prima anche perché sentiamo la voce: “non temete io ho vinto il mondo !”.
Non è opera nostra quella che facciamo, noi diamo una mano, prestiamo la voce e le mani e i piedi, ma è opera di Cristo Signore risorto che saluta i discepoli con la parola: “pace a voi”.
Una parola da sillabare: co- rag- gio !
Tutti coloro che si sono impegnati prima di noi, i presenti e coloro che sono andati avanti ma sentiamo vivi nella memoria e nel cuore ci dicono che tutto questo è vero e possibile.
Un ringraziamento a quanti in questi quattro anni trascorsi si sono impegnati nel Consiglio nazionale, che poi sono coloro che mi hanno accolto quando mi sono aggiunto al loro cammino, incerto e abbastanza sprovveduto:
Giuliana onnipresente e propositiva, Sandro con la sua lucida lettura della realtà, Luciano prudente e preciso, Gianni Novelli con la passione ecumenica trasmessa nella sua silenziosa disponibilità, Elvira con la sua fantasia ed intraprendenza, Paola con la sua capacità di simpatia ed aggregazione, Gina che è segno di dolcezza, Pio per la sua tenace ostinata costanza, Ivana per l’amore per i giovani, Donata per la sua fiorentina vivacità, Paolo per la sapiente pedagogia, Gianni per la sua operosa silenziosa presenza alla casa della pace, don Giorgio per l’apporto della contemplazione e sofferenza, Antonietta cui facciamo l’augurio più vivo per le prossime nozze, e ancora Efrem Tresoldi costante punto di riferimento per la lettura degli avvenimenti.
Un ringraziamento ed augurio a quanti si sono offerti per il “glorioso e gravoso compito” dei prossimi quattro anni, quanti si sono presentati per la prima volta ed è segno di vitalità del movimento che ci ha sinceramente commossi perché fatto non comune e quanti si sono riproposti, sicura garanzia per la continuità di un lavoro che viene da lontano.
Un ringraziamento alla segreteria, per il tanto lavoro che ha svolto nella preparazione di questo Congresso e nel sostegno della attività di queste giornate ed un sincero particolare grazie a Renzo Petraglio per averci avvicinato la Bibbia in questa dimensione di pace.
L’augurio per tutti lo prendiamo dai Salmi:
Beato l’uomo che confida nel Signore e intraprende il santo viaggio
passando per la valle del pianto la cambia in una sorgente
cresce nel cammino il suo vigore finché arriva a Sion.
Passando nel deserto dell’oggi lo fa fiorire , come già abbiamo visto avvenire;
cresce il suo vigore perché confida nel Signore,
finché arriva a Sion che è Gerusalemme, la città della pace, la città dello shalom, e che non dobbiamo mai dimenticare come si dicevano i deportati di Israele.
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