Mosaico di Pace intervista Anna Scalori, Tonio Dell'Olio, Loredana Russo e Alberto Vitali in vista del Congresso Nazionale

Nel momento in cui prepariamo il numero di Aprile, fervono i preparativi del Congresso di Pax Christi che si terrà a Napoli dal 22 al 25 aprile. Abbiamo ritenuto opportuno fermarci a riflettere anche noi di Mosaico di pace su questa tappa importante del cammino del movimento e di tutti coloro che ne fanno parte: come si sa, infatti, ogni quattro anni il Congresso, oltre a disegnare il nuovo volto del Movimento in termini di persone e di cariche, è chiamato a tracciare il solco nel quale gettare e far crescere il seme della pace nell’immediato futuro della vita di Pax Christi. Abbiamo letto con interesse le tesi congressuali e abbiamo pensato di conversare, amichevolmente, con alcuni consiglieri nazionali del movimento (dimissionari) – Loredana Russo e Alberto Vitali, peraltro anche coordinatori rispettivamente Sud e Nord di Pax Christi, Anna Scalori, vicepresidente del movimento – e con il coordinatore nazionale “uscente” Tonio Dell’Olio. Abbiamo rivolto loro alcune domande, proprio a partire dalle provocazioni e dalle riflessioni proposte nelle tesi, per tracciare per quanto possibile e opportuno in questa sede una valutazione dell’operato di questi ultimi anni e per offrire ai lettori di Mosaico di pace (molti dei quali, si sa, aderenti a Pax Christi) alcuni spunti di riflessione in più sulla vita del movimento, sui suoi orizzonti di pace, sulla ricchezza ma anche sulle difficoltà che hanno reso, sin ora, faticoso il percorso.

Un cammino difficile, quello di Pax Christi in questo tempo particolare: il pensiero unico della guerra da un lato e lo smantellamento della democrazia sia italiana che internazionale…Una voce nel deserto?
“Sicuramente non un cammino pianeggiante. In questo senso – secondo Tonio Dell’Olio – Pax Christi non si è posto semplicemente come voce di denuncia e di protesta contro la diffusione di questa cultura/politica di morte. L’organizzazione di dibattiti, momenti di riflessione e di confronto hanno provocato, infatti, una maggiore diffusione della capacità di analisi e di discernimento anche in quella parte della società civile non organizzata. Se un aspetto interessante emerge in questi ultimi anni forse è proprio la diffusione della sensibilità sul tema/valore della pace. Direi che la mobilitazione delle coscienze che abbiamo registrato costituisce un punto di non ritorno con cui tutti dobbiamo e devono trovarsi a fare i conti d’ora in poi. Il pensiero della guerra non è più l’unico pensiero possibile. E le voci nel deserto sono diventate carovane in cerca di oasi di pace”. D’accordo con Tonio sulle difficoltà del percorso è Anna Scalori: “Mai il percorso verso la pace è stato in discesa, ma in questo tempo la salita pare particolarmente ripida e scoscesa… Il pensiero unico si presenta come una tentazione grande: è più semplice, meno conflittuale, di facile decodifica. Assistiamo così a vere e proprie torsioni semantiche e concettuali in cui la globalizzazione e il modello neoliberista che la sostiene sembra pervadere tutto: le persone si trasformano in consumatori, il mercato diventa legge naturale, la guerra diventa umanitaria, le bombe intelligenti… In questo caos tornare a dare il proprio nome alle cose è già un grande servizio alla causa della pace, ma non basta”. E a proposito della voce del deserto si richiama a una espressione di Bonhoeffer, peraltro titolo
di un incontro ecumenico per giovani, “Osare la pace per fede”, che – a suo parere – “è un’ottima sintesi della peculiarità di Pax Christi, il suo programma politico, la rappresentazione del suo impegno nella Chiesa e nel mondo. È il richiamo a una sempre maggiore consapevolezza che la pace non è solo una conquista, non richiede solo impegno, creatività, approfondimento, fatica: la pace va osata, esige una quota di rischio, un pezzetto di irrazionale, l’audacia dell’azzardo. Osare significa esporsi, coniugare l’azione alla testimonianza, le pratiche personali all’uscita dal privato, la denuncia alla proposta, la riflessione alla rottura del silenzio, subdola tentazione, quasi che tacere e ritirarsi nel privato non siano precise collocazioni e non siano di parte”.
Secondo Loredana Russo “nei suoi 60 anni di vita, Pax Christi ha attraversato molti ‘tempi particolari’ e si è contraddistinta sempre per la sua capacità di scrutare nel ‘buio’ i segni dell’aurora. Credo che
anche oggi Pax Christi debba essere la ‘sentinella del mattino’ che veglia sulle negatività della storia annunciando il sorgere della nuova umanità. Piuttosto che una voce nel deserto direi un colore dell’arcobaleno o la tessera di un mosaico…”.
E, a questo proposito, Alberto Vitali commenta:“Guai a noi se ci pensassimo una voce nel deserto! Significherebbe non saper leggere i ‘segni dei tempi’. Al contrario – sebbene non ancora ‘vincente’ sulla scena politica nazionale e internazionale – sta crescendo una forte coscienza ‘di pace’, che riconosce priorità proprio alle questioni della giustizia e del diritto, possibili solo se raggiunti con mezzi ‘non violenti’. Abbiamo certamente molte/i compagne/i di strada, dentro e fuori la Chiesa: è necessario però saperli riconoscere in tutte le loro sfumature; anche perché è tipico del sistema l’inganno
di indurci a credere d’essere pochi e isolati”.

La pace possibile: titubanze, timori, paure e speranze di un percorso non semplice…
Ritorna l’espressione Osare la pace per fede nelle parole di Alberto che commenta:“Se calcolassimo le possibilità della pace sullo sfondo dell’esperienza storica, allora il calcolo delle probabilità sarebbe a nostro totale svantaggio.
Ma noi ‘osiamo la pace per fede’.Fede nel Cristo che ci ha lasciato la ‘sua’ pace e fede nell’uomo che – buono per ‘natura’ – sta compiendo un cammino di crescita nella storia”. E se si parla di speranze si parla di spiritualità della pace, secondo Alberto: “La spiritualità della pace è l’elemento fondamentale che – lungi dal ripiegarci in una sorta di intimismo religioso – ci spinge nella costruzione di quel Regno nel quale solo troveranno compimento queste nostre aspirazioni e caratterizza il nostro stile di impegno e lotta”. Tonio suggerisce di “rafforzare il cammino compiuto in questi anni nelle direzioni individuate finora: spiritualità della pace, promozione di politiche di pace, studio ed educazione alla pace. La spiritualità mi rimanda a una dimensione essenziale che fa ritrovare ad aderenti e Punti Pace le radici, il significato, le motivazioni e il coraggio dell’impegno. Nella spiritualità ci riconosciamo, recuperiamo identità definendoci. Sono altrettanto convinto che è la politica a costruire i percorsi di pace e a garantirla per i popoli.
Per questo le nostre azioni e le Campagne devono cercare gli interlocutori idonei nelle istituzioni locali, nazionali e internazionali per operare in favore dell’economia della giustizia, del disarmo, della convivialità delle differenze. Bisogna costruire la pace con giuste politiche di pace, di nonviolenza e di giustizia. C’è un’altra tentazione che dobbiamo rifuggire: l’improvvisazione, l’approssimazione, la banalità… La costruzione della pace richiede studio, analisi, comprensione dei fenomeni sociali, relazionali e internazionali. Arginare la cultura di morte si può se, soprattutto le giovani generazioni, imparano a superare nonviolentemente il conflitto, se acquisiscono mentalità di tolleranza e rispetto, se proponiamo itinerari verso la comprensione del ‘vocabolario’ della pace. In tutto questo, l’informazione alternativa chiaramente svolge un ruolo primario e trasversale”. Si ispira, invece, all’evangelico “non temete” Loredana perché “la paura non può avere ‘diritto di cittadinanza’ in un movimento come Pax Christi. Una grande speranza viene oggi dalla consapevolezza di non essere soli nel cammino – non sempre semplice e lineare, ma affascinante – verso la pace”. Non è d’accordo Anna secondo cui “titubanze e timori sono purtroppo compagni di strada quando bisogna osare. Rassicurazioni e speranze credo siano riassunte nel nome anche un po’ altisonante che portiamo: Cristo è la nostra Pace”.

Nelle tesi congressuali emergono con forza il ripudio della guerra, la difesa del diritto e della democrazia. Sono stati dunque questi i punti di forza del movimento negli anni scorsi?
Secondo Loredana, sono stati proprio questi i punti di forza di Pax Christi che “hanno motivato molte adesioni al nostro movimento, alimentano le attività dei gruppi a livello locale e del Consiglio a livello nazionale”. Anche gli altri sono dello stesso avviso. Anna spiega che “l’impegno contro la guerra è senz’altro stato una costante, una sorta di ‘prima linea’ che ci ha visti dire e fare concretamente molto, dai comunicati alle manifestazioni, dal digiuno alle richieste alle forze politiche…È stato anche un impegno per il ripristino del diritto nazionale e internazionale, per arrivare a una profonda
riforma e a un conseguente fondamentale rilancio dell’ONU, un impegno contro la crescente militarizzazione del territorio (le basi militari), del lavoro (la produzione armiera) dell’esercito ormai professionista, ma soprattutto del dilagante modo di pensare per cui oggi sono i militari gli autentici ‘peace keeper’”.“Questo è un terreno su cui dovremo ancora lavorare a lungo” – prosegue Anna – “sia perché la guerra ha cessato di essere un tabù, sia per la pericolosa ideologia che vede la democrazia esportabile con le bombe e la guerra preventiva come legittima difesa contro il terrorismo. Ma anche la costruzione dell’Europa e i continui attacchi alla Costituzione, ai diritti tanto faticosamente conquistati, esigono che Pax Christi si sforzi di mantenere alto il livello del dibattito e di contribuire alla costruzione di possibili strade e alternative”. Tonio ritiene che quelli citati “più che punti di forza del movimento, sono stati punti messi in crisi dagli scenari internazionali e locali che sono andati definendosi dopo l’11 settembre 2001. In base a questa consapevolezza il Consiglio nazionale ha proposto quelle accentuazioni nelle tesi congressuali”. Anche per Alberto “sono stati certamente punti di forza e distintivi del nostro movimento. Non gli unici”. E fa riferimento alla spiritualità.

Una parola sulla Chiesa
Anna definisce la Chiesa “voce forte e profetica contro la guerra (commovente in alcuni momenti), rigida e ingessata rispetto a molte sfide attuali”. E commenta: “Mai come oggi, nella Chiesa e nel mondo, è fondamentale il confronto, la responsabilità individuale, la partecipazione di tutti, l’astensione dalla pratica della delega. Mai come oggi è fondamentale essere portatori di senso, costruttori di significato, attenti conoscitori dei meccanismi che generano violenza, cassa di risonanza di quanti non hanno forza sufficiente per farsi sentire, voci riconoscibili che spaccano il dilagante senso di isolamento, solitudine, impotenza. Mai come oggi è fondamentale avere il coraggio della profezia, il coraggio di osare la pace per fede. Questo per la Chiesa oggi pare essere ancora molto difficile”.
Tonio richiama don Tonino:“Nessuna parola può essere più efficace di quella di don Tonino Bello che pensava e proponeva la ‘Chiesa del grembiule’.Certo per indossare il grembiule della pace ci vuole molto coraggio, una dose evangelica di profezia, capacità di denuncia… Non sempre le Chiese sono capaci di tanto ed è in questa direzione che vanno soccorse con la nostra vigilanza affettuosa e criticamente costruttiva. La verità è che vogliamo un mondo di bene a questa vecchia madre dal volto segnato dal tempo e non ci stanchiamo mai di accarezzarla ringraziandola di averci generato alla fede e all’impegno. Nello stesso tempo dobbiamo essere pronti a sussurrarle in un orecchio di non distrarsi dal compito che il Maestro le ha assegnato:‘ Entrando in una casa prima dite pace…’. Gli abitanti del villaggio globale oggi tendono le loro mani per mendicare pace anche all’impegno delle Chiese. Quando capiranno i pastori delle Chiese che questo è un impegno primario, addirittura costitutivo della comunità cristiana?”. E Alberto: “Pax Christi si definisce come movimento cattolico internazionale per la pace. Dunque non semplicemente (se semplicemente si può dire) ‘cristiano’, ma concretamente inserito in una Chiesa particolare, con i suoi pregi e i suoi limiti; con i suoi slanci e i suoi ritardi; con un magistero che a volte ci ha superato e una prassi che altre volte ci ha deluso. Nella Chiesa, compito di Pax Christi è la diaconia della pace, cioè far circolare il magistero della pace, che a volte rischia di arenarsi nei pronunciamenti pontifici o di alcuni vescovi; è lo stare di sentinella, per scrutare ogni segno positivo o negativo che appare all’orizzonte della storia; è il sollecitare con discrezione e fermezza il passo dei fratelli quando arrancano sui sentieri di Isaia e far loro da megafono quando le voci si assottigliano. È quello di saper incarnare la fatica educativa e paziente di Mosé, che sapeva riconoscere come una tentazione quella di voler correre avanti, più in fretta ma in pochi, mentre Dio gli aveva chiesto di condurre un intero popolo – recalcitrante, immeritevole, infedele… – verso la terra della pace promessa”. Loredana: “Nella Chiesa cattolica ci sono sempre state molte ‘anime’. Ritengo che sia molto importante il dialogo alla pari, il rispetto reciproco, la pari opportunità di esprimere le proprie convinzioni”.

Una valutazione complessiva dell’azione svolta da Pax Christi… Dialogo a cuore aperto tra compagni di strada che riflettono sul già fatto e sul da farsi ancora.
Un richiamo ai Punti Pace in quanto punti di forza del movimento è presente sia nelle parole di Loredana, che definisce i gruppi locali “ponti per la costruzione di percorsi di pace nelle comunità locali”, sia di Tonio, che auspica un rafforzamento del cammino, dei gruppi locali “che costituiscono realmente il punto di forza della debolezza di Pax Christi”. E Tonio aggiunge: “Dovremmo essere scrupolosi nel predisporre materiali, strumenti e proposte per rendere credibile e il più efficace possibile l’evangelizzazione della pace”. Secondo Alberto, per una valutazione complessiva “non sarà sufficiente nemmeno il Congresso, tanta è la ricchezza di riflessione che sta emergendo in questi mesi, nei gruppi, nei coordinamenti interregionali… attorno alle tesi congressuali. Questa è già la più bella e aperta risposta”.

Ripartiamo dalla nonviolenza e parliamo di futuro….Pax Christi si pone obiettivi ardui da raggiungere, soprattutto con una struttura così gracile e con pochi aderenti…Un sogno grande ma anche un’eredità difficile per il nuovo Consiglio nazionale.
Tonio: “Il compito che ci sta dinanzi ha più punti all’ordine del giorno di quelli che possiamo vantare.
Ma forse dobbiamo ripensare molto di più proprio a questa vocazione originaria di Pax Christi che consiste nel sollecitare le Chiese all’impegno per la nonviolenza, per la pace e per la salvaguardia del creato. Ciononostante penso che non sia poco ciò che siamo riusciti a realizzare finora nonostante la
povertà di mezzi e di strutture che per noi costituisce quasi un vanto. Siamo davvero il vaso di argilla in cui è custodito un dono prezioso!”. Per Anna, “difficile non è solo l’eredità di Pax Christi, ma anche il momento storico che stiamo vivendo. Difficile è individuare nuovi percorsi, che siano realmente nuovi…In questo la scelta della nonviolenza mi sembra sia stata vincente, ma anche parlare di teologia della pace, teologia della liberazione e l’ascolto delle comunità e delle realtà che stanno drammaticamente vivendo povertà ed esclusione. Rispetto alla struttura credo che una parziale riorganizzazione sia necessaria e debba andare verso un maggior equilibrio tra la ‘cura’ del movimento e l’impegno, tra il fare e il pensare, tra la partecipazione e la collegialità e la possibilità di essere incisivi. Facendo molta attenzione al rischio, che in questo momento sento pericoloso, dell’autoreferenzialità”. Per Alberto il sogno che si profila è di difficile realizzazione “ma non impossibile se il nuovo Consiglio nazionale saprà di poter contare sulla ricchezza di tanti (pochi? Forse, ma buoni!) aderenti e sulla vitalità dei punti pace. Il Consiglio nazionale non è da concepirsi in chiave i ‘espiazione vicaria’, la vittima a cui si delegano tutte le grane, ma un organo di servizio con cui tutto il movimento è chiamato a interfacciarsi e a interagire il più possibile”. Secondo Loredana, invece, il movimento oggi non ha una struttura gracile, “anzi: la segreteria, la Casa per la Pace, Mosaico di Pace sono realtà ben funzionanti. Credo che i nodi da affrontare siano invece l’incremento del numero di aderenti al movimento e la crescita dei gruppi locali”.

Un augurio ai nuovi consiglieri e un consiglio.
Anna: “La consapevolezza e la possibilità di condividere un percorso così pieno di senso”. Alberto: “Proprio quello di poter godere e saper creare sempre questo rapporto a filo doppio con tutti quanti si riconoscono nel nostro movimento”. Tonio:“Un consiglio: lavorare molto di più sulle idee portanti, sulle proposte, sulla spiritualità… L’augurio invece lo traggo dalla mia esperienza di questi anni. L’impegno (anche quello nel consiglio) comporta fatica, a volte genera qualche incomprensione, certe altre volte sembra disattendere le aspettative per le quali uno/a ha lavorato tanto… ma alla fine, nel proprio intimo si ascolta una Parola che conferma che nessun attimo è stato sprecato e che anche il contributo più trascurabile si è trasformato in un mattoncino indispensabile perché era stato posto nel grembo materno del Dio della pace”. Loredana: “In bocca al lupo e una raccomandazione: non dimenticate di fare un bel giretto a Firenze…”.

Ci uniamo anche noi di Mosaico di pace nell’augurare ai neoconsiglieri buon lavoro…

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