n. 14 - 14 agosto 2006

Questo numero è dedicato a ANGELO Frammartino (dal suo ultimo sms da Gerusalemme: "In Palestina è una catastrofe!")

Operazione "Horizon", "Pioggia d'estate" o "Cieli blu":
non abbiamo dimenticato le prigioni di Gaza e Palestina...

PRIMA DELLE ANALISI E DEI COMMENTI ufficiali di stimati editorialisti o esperti militari e dell'intervista in esclusiva rilasciata a BoccheScucite dal deputato Paolo Cacciari, diamo voce a ciò che DUE AMICI CI HANNO SCRITTO DA GAZA CITY E NABLUS e che un rappresentante della delegazione della società civile italiana ha riportato dal Libano, consapevoli che, mentre quest'ultimo sprofonda nell'abisso della distruzione totale, non dobbiamo distogliere lo sguardo da quello che ormai genericamente i media descrivono come "il fronte sud" della "guerra al terrorismo".

"Stavolta si è chiamata “operazione Horizon” l’azione di massacro che le forze militari israeliane hanno condotto a sud di Gaza, a Shouka e nella zona dell’aeroporto nei tre giorni scorsi: 17 morti e almeno 35 feriti con decine di case e campi distrutti e danneggiati sono quello che si sono lasciate dietro questa mattina, al loro ritiro. Queste morti si aggiungono alle 177 della scorsa “operazione Summer Rain”, 40 dei quali erano bambini/e. Le persone ferite si aggiungono alle 872, di cui 272 bambini/e, tra cui molte continuano a morire a causa delle ferite riportate. Anche a Shouka il massacro si è attuato con la tecnica ormai nota delle incursioni. Oltre 60 carri armati, coperti dagli F16, sono penetrati fino alla zona abitata, hanno circondato le case e tenuto in ostaggio la popolazione, sparando su qualsiasi cosa si muovesse. I bulldozer hanno distrutto, ancora, campi appena livellati, che erano già stati distrutti nell’operazione militare del mese scorso. Anche qui sono state usate armi potentissime e vietate, le cluster bombs: i corpi esplodono, le persone arrivano in ospedale mutilate e bruciate, quando riescono ad arrivare.
Ai palestinesi non si riconosce il diritto alla vita, né quello di sapere almeno di che morte si è morti.
Carla, Ong CRIC Gaza

Nablus, West Bank, 6 agosto: "Ieri notte, quando abbiamo sentito sulle nostre teste gli aerei Apache israeliani che sorvolavano sulla città di Nablus abbiamo immediatamente capito che sarebbe successo qualcosa. Cercavano un ragazzo di Nablus che sembra fosse stato pronto a farsi scoppiare in Israele. Ogni notte gli Israeliani entrano nei campi di Balata, Askar e nella città vecchia arrestando e colpendo giovani palestinesi. L`atmosfera che si respira è carica di tensione. Qui la gente ha paura perché gli israeliani stanno sferrando un attacco molto forte alla resistenza palestinese. Si ha paura a stare per le strade, si ha paura di ogni arrivo, di ogni sparo. Viviamo nella paura."
Gio' da Nablus.

Di ritorno da Beirut, 8 agosto: "L'aiuto che si attendono i libanesi non è solo in termini umanitari o di prima necessità, ma primariamente politico: la fine della guerra. Quando una persona amica non sta bene, non vai a trovarla perché la tua visita ha il potere di guarirla, ma semplicemente perché sai che incrociare il suo sguardo è importante. Fa bene. Ad entrambi.(...) Non ci sono più terre anonime, non ci sono più popoli sconosciuti. L'indifferenza è stata cancellata da tempo dal vocabolario dei movimenti sociali. E allora siamo tornati, Anche a Beirut. (...) È acre e macabro l'odore di morte che ancora non riesco a cancellarmi di dosso e forse nemmeno voglio che sparisca. È come un pegno che voglio pagare per un'umanità di cui a cui a volte mi vergogno di appartenere. Ma poi ripenso ai miracoli che avvengono anche qui e anche ora..."
Tonio Dell'Olio, Libera

RITAGLI QUOTIDIANI ...
... o di come apprendiamo dai giornali che ...


IN QUESTO NUMERO di Bocchescucite vogliamo proporvi una rassegna di notizie e commenti ripresi dai maggiori quotidiani nazionali. Non una rassegna stampa esaustiva ovviamente, ma le informazioni che ci hanno colpito, quelle che ci hanno sdegnato o fatto sospirare di tristezza, quelle che avremmo preferito non leggere e quelle necessarie. Quelle che ci hanno aiutato a capire e quelle che hanno aggiunto confusione allo sgomento.

Innanzitutto anche noi vogliamo denunciare "il terrore di stato che, inflitto al Libano, si sta ripetendo nel ghetto di GAZA, mentre la comunità internazionale sta a guardare in silenzio e nel frattempo il resto della PALESTINA viene annesso e smantellato con la diretta partecipazione degli Usa e il tacito consenso dei loro alleati". Parole di fuoco di intellettuali di fama mondiale (Noam Chomsky, Galeano, Ken Loach, John Berger e Arundhati Roy) per "smascherare la complicità dei nostri governi con questi che non sono semplicemente attacchi sproporzionati ma crimini di guerra" (3 agosto). Le aggressioni di Israele alla Palestina meritano appena qualche riga nei giornali, come il RAPIMENTO -non un semplice "arresto"- del Capo del Parlamento Palestinese DWEIK a Ramallah, condannata dall'UE come ennesima "violazione di tutte le norme internazionali, totalmente inaccettabile". Ma l'occhiello sfugge via e nessuno muove un dito, come è stato per i più di trenta parlamentari eletti, tuttora sequestrati. (Cosa succederebbe se Hamas avesse fatto lo stesso con parlamentari israeliani?).
Che siano "I palestinesi vittime della guerra" non può non riconoscerlo Yehoshua, che con Grossman e Oz firma un appello non certo per la pace (visto che appoggia la guerra e incoraggia "tutte le azioni militari in cui Hezbollah ha condotto Israele" solo con "un po' di rammarico" per gli eccidi e la distruzione). Yehoshua ricorda ad Olmert che "se vuole ottenere risultati positivi e duraturi dovrà organizzare un incontro con Abu Mazen e Haniyeh. Dovrà offrire un accordo per liberare la Striscia di Gaza e "i prigionieri palestinesi ragazzi, donne e malati" (ma allora lo sanno che esistono quasi diecimila esseri umani senza processo nelle prigioni israeliane!). Israele dovrà "riaprire i valichi di Gaza e quindi fare delle concessioni simboliche ai palestinesi (...) nei limiti della ragionevolezza" (La Stampa 2 agosto). Avete letto bene: non certo un processo di pace che obbligherebbe Israele ai fastidiosi ostacoli della colonizzazione, del Muro, dei milioni di profughi ecc., ma solo altre "concessioni simboliche" e soprattutto, restando "nei limiti della ragionevolezza", non certo della Giustizia! Ma per Olmert questi intellettuali sono davvero troppo pacifisti...
Vorremmo dare voce alla disperazione che sale dalla Palestina dove ogni giorno si fa solo la conta dei bambini, delle donne e degli uomini uccisi; al senso di impotenza di fronte a quella che ormai è la "ROUTINE DI GAZA E CISGIORDANIA", come la descrive lo storico israeliano Tom Segev, riconoscendo che "è stato raggiunto un livello di brutalità inimmaginabile. I bombardamenti su Beirut, la strage di Cana, la distruzione del Libano. (..) C'è un'insopportabile facilità a sparare e da parte nostra è il frutto anche dell'oppressione esercitata ormai come routine a Gaza e in Cisgiordania. E non credo neanche che questa guerra si possa vincere..." (Corriere della Sera, 5 agosto).

La guerra necessaria, sotto l'ombrellone...

Immaginiamo soltanto quanto gli italiani in ferie stiano capendo di questa follia, visto che quasi tutti i quotidiani suonano ogni mattina la tromba per andare con più decisone al massacro, "giusto e necessario". "E chissà cosa sarebbe successo se avessimo attaccato gli Hezbollah fra due-tre anni!" (Olmert 6 agosto). Avanguardia armata è il Corriere della Sera, che solo velatamente si rattrista per "la feroce verità della guerra": "Hezbollah vuole attirare Israele in cento, mille Cana" (Riotta, 31 luglio). Melloni spiega meglio: "solo un miracolo potrà trasformare tutto il sangue delle vittime in un seme di pace, poiché la cittadina di Cana à stata riempita volontariamente di civili per addossare alla coscienza di Israele un orribile massacro" (31 luglio). Incredibile. Ma non basta. Nello stesso giorno Il Giornale titola: "Gli Hezbollah fanno uccidere 37 bambini" e la stimatissima firma di R.A.Segre conferma nel fondo "Gli Hezbollah hanno iniziato una guerra che fa stragi come quella di Cana". E il lettore di sinistra che legge La Repubblica deve restare critico per reagire indignato, quando Grossman gli spiega che Israele davvero non c'entra visto che "l'intenzione è far cadere Israele in trappola, portandolo a colpire innocenti nel tentativo di stanare terroristi", esattamente come è costretto a fare da 50 anni ogni giorno nella Palestina occupata, a Nablus come a Ramallah, con assassini mirati o distruzione di case. E poi -continua Repubblica- : "qui non è come in Iraq e nelle altre guerre dove non hanno avverito la popolazione prima di sferrare un attacco" e compiere un massacro! (1 agosto). Importante è comunque, per Avvenire, 'far colpo' sul lettore estivo distratto dall'abbronzatura: dopo che l'Unicef si è permessa di 'allarmarci' con la cifra dei 200 (!!) bambini libanesi uccisi dall'inizio del conflitto, ci pensa il quotidiano cattolico a fare come a Cana, 'ridimensionare' i numeri. In caratteri enormi ecco paragonate due cifre: 63 bambini palestinesi uccisi dal gennaio 2006 e 127 bambini israeliani uccisi dal... 2000 ad oggi.

La vignetta che Libero ha pubblicato il 9 agosto fa semplicemente schifo ma serve a stravolgere quello che Kofi Annan chiede venga giudicato come 'crimine' dalla legalità internazionale. Il combattente Hezbollah dispone i bambini a bersaglio...

Macché massacro di Cana! Tutta colpa di Hezbollah

Puntuale e macabra nella sua insopportabile pretesa di "fare verità", la nostra stampa italiana, che non aveva davvero potuto evitare di dedicare un po' di spazio alle immagini dell'inferno di Cana, si prodiga a cancellare tutto "ridimensionando" il crimine così anti-israeliano, esattamente come accadde per la distruzione di Jenin, ricordato vergognosamente dal Corriere della Sera come "manipolazione propagandistica". "I medici rivedono il bilancio dei morti che hanno sconvolto il mondo" (4 agosto) e "i media europei e fior di commentatori si sono tuffati sulla notizia dando degli assassini non a Hezbollah ma agli israeliani! (...) perché "esiste più subdolo e più ipocrita del 'rifiuto arabo' di Israele, anche un 'rifiuto europeo'" (Angelo Panebianco, Corriere 5 agosto). La realtà ce la spiega Massimo Teodori: "quando si parla di bombardamenti la maggior parte dei media compiacenti è portata ad esagerare il numero delle vittime libanesi salvo poi ridimensionare la cronaca come per Cana" (Il Giornale, 5 agosto). I vertici militari riescono a dar la colpa ai...civili: "È accaduto un evento tragico in cui sono stati colpiti civili che si trovavano in una zona di guerra.(Peretz, L'Unità 31 luglio) E Fiamma Nirenstein tranquillizza i lettori della Stampa: "È impossibile non compiere errori! (..) È stata una giornata terribile per Israele". E così ci rincuora intervistando un colonnello responsabile del massacro: "Ecco, Colonnello Alef, si sentirà un po' sollevato nel sapere che anche dal Libano dicono che a Cana sono perite 28 persone e non 52!" (La Stampa, 4 agosto).

Ma usiamo le parole giuste per il Libano, come ci insegna la storia...

Non avremmo voluto davvero arrivare ad un uso tanto raccappricciante delle parole, se il Corriere della Sera non avesse affidato a Benny Morris la spiegazione storica dell'attuale conflitto. Le virgolette precise e la traduzione purtroppo esatta del Corriere trasformano le pagine del primo quotidiano italiano in un libro di storia che riporta alla memoria l'Olocausto...: "Innanzitutto il Libano va "RIPULITO" dalla guerriglia. Subito dopo, nella fascia "BONIFICATA", deve entrare in azione una forza multinazionale combattente" (Benny Morris, 4 agosto).
Lasciamo a voi il commento, ma aggiungiamo che proporre questa tesi sul più letto e stimato giornale italiano, ci impegna tutti in una più decisa azione di contro-informazione quotidiana anche perché questo studioso che il Corriere definisce "il capofila dei nuovi storici israeliani" ha proposto una tesi altrettanto folle per gli anni della Nakba (catastrofe) palestinese. È un "documento" da ritagliare e conservare...
"I massacri compiuti furono molto più numerosi di quanto pensassi. Dall’aprile arrivarono gli ordini operativi in cui si affermava di cacciare gli abitanti dalle loro case e distruggere i villaggi” (…) ”Ben Gurion aveva ragione: se non avesse fatto quel che fece Israele non sarebbe mai nato! Senza la cacciata dei 700.000 palestinesi in questa terra non sarebbe mai nato uno stato ebraico. Era necessario ripulire l’entroterra e le zone di confine. Lo so che il termine “ripulire” è tremendo ma lo usarono nei documenti di allora. D’altra parte gli arabi hanno una bella fetta del pianeta con 22 stati e il popolo ebraico neanche uno. Anche se scandalizza pensarlo dico che Ben Gurion avrebbe dovuto andare fino in fondo con le espulsioni. Oggi il nostro paese sarebbe più tranquillo e si soffrirebbe di meno se la questione fosse stata risolta una volta per tutte.” (Benny Morris, Internazionale, 30.1.2004)

Drogati di guerra
di Uri Avnery, Gush Shalom, 5 agosto 2006

Per me è stato un momento di rivelazione shoccante. Stavo ascoltando uno dei discorsi quotidiani del nostro Primo Ministro. Stava dicendo: "siamo un popolo stupendo! Abbiamo già vinto questa guerra, è la più grande vittoria nella storia del nostro stato. Abbiamo cambiato la faccia del Medio Oriente. E molto di più." Beh, mi sono detto, questo è Olmert. L'ho conosciuto quando era un ventenne. Ero un membro del Knesset, e Olmert era il portalibri (letteralmente) di un altro membro. Da allora ho seguito la sua carriera. Non è mai stato nient'altro che un funzionario di partito, un piccolo politico specializzato in manipolazioni, un demagogo che tira l'acqua al suo mulino. (...) Lungo tutta la sua carriera è rimasto un cinico totale, fondamentalmente un uomo di destra, ma con il desiderio di fingersi un liberale quando si confrontava con le persone di sinistra. Così, mi sono detto, questo non è nient'altro che un altro discorso cinico. Ma immediatamente mi ha colpito un orrendo pensiero: no, l'uomo crede in quello che dice! Anche se è difficile da immaginare, sembra che Olmert realmente creda che questa sia una guerra di successi. Crede di star vincendo. Di aver cambiato radicalmente la situazione di Israele. Di star costruendo un Nuovo Medio Oriente. (...) Ehud Olmert si è ovviamente tagliato fuori dalla realtà. Vive in una bolla da solo. I suoi discorsi mostrano che ha un problema reale. Di tutti i pericoli che Israele sta affrontando in questo momento, questo è il più grave. Perché questo uomo sta decidendo, molto semplicemente, il destino di milioni di persone: chi morirà, chi diventerà un rifugiato. Il mondo di chi verrà distrutto. Ma in problema della megalomania di Olmert non è niente se comparata a quello che è successo ad Amir Peretz.
Esattamente nove mesi fa, dopo la sua elezione come capo del partito laburista, Peretz fece un discorso nella piazza Rabin di Tel-Aviv nel quale svelava il suo sogno: che nella terra di nessuno tra Israele e la striscia di Gaza potesse essere costruito un campo da calcio, e si potesse tenere una gara tra i bambini israeliani di Sderot e quelli palestinesi della vicina Bet-Hanoun. Un Martin Luther King israeliano. Nove mesi più tardi, da noi è nato un mostro. (...) Da allora, Peretz è diventato un rabbioso guerrafondaio. Non solo appoggia tutte le richieste dei generali, non solo parla come loro portavoce - ha anche aiutato a spingere Israele alla guerra, e da allora ha continuato a chiedere che si continui, si allarghi, ci si espanda, si uccida di più, si distrugga di più, si occupi di più. In questo momento, sta cercando di essere ancora più estremo di Olmert. Peretz vuole raggiungere il fiume Litani, a qualsiasi costo. Non c'è nessun altro modo - se uno vuole diventare Primo Ministro, deve camminare sopra dei corpi morti.(...) Così prenderemo il fiume Litani. Aldilà di quello, c'è un altro fiume, e ancora un altro. Il Libano ha una abbondanza di fiumi che possiamo raggiungere. Forse sarebbe più conveniente per questi due drogati, Olmert e Peretz, di scendere dal loro posto "in alto" e studiare la mappa.


"L'unica via praticabile"
Bocchescucite intervista il deputato Paolo Cacciari

BoccheScucite: C'E' QUALCOSA CHE UNISCE IDEALMENTE BOCCHESCUCITE E PAOLO CACCIARI: L'ATTENZIONE CAPARBIA E COSTANTE PER LE PERSONE, O PER I GRUPPI DI PERSONE, CHE PARLANO LIBERAMENTE, CHE ALZANO LA VOCE ALL'OCCORRENZA, QUANDO IN BALLO CI SONO DIRITTI NEGATI. CON PARRESIA, DIREMMO NOI. LONTANI DA QUALSIASI OPPORTUNISMO POLITICO, SOCIALE O PERSONALE... IN CHE MODO, CON QUALI STRUMENTI, IN QUESTI GIORNI DRAMMATICI PER IL MEDIO ORIENTE SI PUO' CONTINUARE A COSTRUIRE LA PACE 'IN PIEDI', COME DICEVA DON TONINO BELLO?
Cacciari: Grazie per le parole gentili e generose. In realtà credo che i veri eroi siano coloro che nonostante tutto continuano a prestare il loro aiuto alle popolazioni martoriate dalle guerre. Conosciamo tutti cooperanti impegnati in Palestina, in Darfur, in Afghanistan e ora alcuni sono partiti per il Libano con Medici senza frontiere, un Ponte per… e molte altre ONG. Il nostro pensiero va a loro. Non vedo come si possa costruire la pace se non facendo opere di pace. Sono loro le uniche e vere "missioni di pace" che lo Stato dovrebbe promuovere, finanziare, divulgare.

BoccheScucite: PENSIAMO CHE ANCHE TU, COME NOI, COME TANTI CITTADINI, SIA SCONVOLTO DALLE IMMAGINI, DALLE NOTIZIE E DALLE TESTIMONIANZE DIRETTE DI AMICI CHE DAL LIBANO, DALLA PALESTINA E DA ISRAELE CI GRIDANO LA LORO DISPERAZIONE INASCOLATA DAI POTENTI. DA UOMO POLITICO, DA DEPUTATO DELLA REPUBBLICA ITALIANA, COME SI PONE PAOLO CACCIARI DI FRONTE A QUESTO DRAMMA?
Paolo Cacciari: La sofferenza immane, il dolore ingiustificabile. La violenza provocata dagli uomini è insopportabile. È vero che la televisione spettacolarizza tutto. I nostri figli hanno sviluppato una strana capacità di assuefazione di fronte al sangue. Ma non credo che al fondo siano riusciti a convincerci che la "guerra permanente" sia la condizione inevitabile della modernità. C’è un senso di impotenza, di inadeguatezza che bisogna superare intensificando l’iniziativa politica, a partire dall’informazione, come state facendo voi.

BoccheScucite: NOI NON POSSIAMO DIMENTICARE CHE ALL'ORIGINE DI TUTTO C'E' L'INGIUSTIZIA INIZIALE VISSUTA DAL POPOLO PALESTINESE 58 ANNI FA. DA ALLORA UN POPOLO CHE AVEVA UNA TERRA VEDE CALPESTATI I SUOI DIRITTI. E DA QUASI QUARANT'ANNI SOPRAVVIVE SOTTO OCCUPAZIONE MILITARE. COSA NE PENSI?
Paolo Cacciari: La questione palestinese è il centro dell’infezione che colpisce l’intero Medio Oriente. La principale causa politica di un conflitto che non è tra due civiltà, ma tra il lascito del colonialismo occidentale (nazioni tracciate a tavolino sulla carta e affidate ad élite amiche) e le aspettative di autonomia e indipendenza delle popolazioni arabe. La Palestina ne è diventata il terreno di battaglia ed anche e soprattutto il simbolo. Detto questo il compromesso (terra in cambio di pace) dei due stati palestinese e israeliano è l’unica via storicamente praticabile. Fuori da questo schema politico ci sono solo i fondamentalismi religiosi del sionismo (la grande Israele, la terra dell’unico popolo di Dio), da una parte, e dall’altra la Umma islamica (la grande nazione araba estesa dall’Iran al Libano). L’annientamento dell’altro diverso da sé è nella logica delle cose.

Il dispiacere più grande l’ho avuto vedendo le immagini di Haifa, città dove ancora, nonostante tutto, persisteva una convivenza fattiva tra le popolazioni arabe ed ebree. I missili di Hezbollah hanno centrato una famiglia palestinese: "fuoco amico"!

BoccheScucite: QUALI SONO REALISTICAMENTE IL RUOLO E IL CONTRIBUTO EFFETTIVO CHE PUÒ DARE L'ITALIA ALL'INTERNO DELLA COMUNITÀ EUROPEA? ANCHE TU, COME D'ALEMA (7 agostoI 'INCORAGGIANTI APERTURE' NEI NEGOZIATI IN CORSO?
Paolo Cacciari: Non mi aspetto nulla da questo Onu, delegittimato, prigioniero della superpotenza Usa. Alla fine anche agli stati arabi può far comodo un cuscinetto gestito di fatto dalla Nato schierato tra Libano e Israele, ma ciò non ridurrà le volontà di alcuni capi di stato arabi (Iran e Siria, ma non solo) che vogliono sfruttare la crisi per accrescere la loro egemonia sull’area mantenendo una pressione armata e terroristica su Israele e i suoi alleati, occidentali e non.
L’Europa, in teoria, potrebbe avere tutto l’interesse (oltre che il dovere morale) di giocare un ruolo autonomo e davvero pacificatore sul suo "confine" mediterraneo. Ma dovrebbe rompere non solo con gli Usa, ma con il governo di Israele. Dovrebbe insomma far presente agli alleati atlantici che la strategia della guerra (60 anni sono sufficienti!) è fallita, semplicemente non ha funzionato, non ha portato più sicurezza allo stato di Israele, ma più lutti e più miseria.
Il nuovo governo italiano - anche qui in teoria – potrebbe/dovrebbe rappresentare la carta della novità, dell’innovazione, della rottura dell’inerzia. Con il summit di Roma avrebbe potuto giocare un ruolo ben diverso; è finito con un sorriso tra la Rice e D’Alema.

BoccheScucite: 7000 PACIFISTI ISRAELIANI HANNO MANIFESTATO PER LA PACE E CONTRO LA GUERRA A TEL AVIV. PEACE NOW NON ERA CON LORO, COME MOLTE PERSONE 'DI SINISTRA' IN ISRAELE. DICONO CHE QUESTA SIA UNA GUERRA DIFENSIVA, UNA GUERRA GIUSTA. È ILLUSORIO, INGENUO O IRRESPONSABILE ALLORA SOSTENERE LA CAUSA DELLA NONVIOLENZA QUANDO NEL PROPRIO PAESE PARLANO LE ARMI?
Paolo Cacciari: L’azione nonviolenta non pretende di giudicare gli altri in altre condizioni e altri contesti. Meglio ancora, non consente di giudicare le azioni di altre persone diverse da te. Capisco che i missili di Hezbollah ad un anno dalla ritirata delle forze armate israeliane da Gaza siano stati vissuti anche dalla sinistra pacifista israeliana come una sorta di "tradimento", di smentita. Insomma, un grande piacere alle destre religiose e militariste. Però, la ritorsione vendicativa, lucidamente programmata, un terrorismo di stato a dimensione regionale, mirato ad affamare la popolazione civile e a indurla a improbabili rivolte è la risposta peggiore che si possa immaginare. Chiamare questa spirale di violenza "guerra giusta" o giustificata è un errore terribile. Ci ricordiamo tutti quando Ariel Sharon diceva che "Arafat è il nostro Osama Bin Laden". Nel 1984, quando era ancora generale, Sharon guidava un’altra occupazione del Libano contro le basi della Organizzazione di Liberazione della Palestina. Anche allora rasero al suolo il sud del Libano e giunsero fino a Beirut. Chiediamoci: è servito a qualche cosa?

No, non credo che vi sia alternativa al negoziato, al reciproco riconoscimento. C’è una cosa che sicuramente accomuna gli uni agli altri (se vogliamo trovare un motivo di "fratellanza" a cui si appellava anche papa Ratzinger): la sofferenza. Partiamo da qui. L’azione pacifista se vuole essere davvero d’aiuto sia neutrale: come gli ospedali di Emergency, com’è il lavoro delle nostre ONG, come è stato quello dei francescani nella basilica di Gerusalemme.

RIPENSIAMOCI

MANUELA DVIRI, scrittrice israeliana: "Questa guerra ci ricorda che Israele non è un'isola ma facciamo parte del Medio Oriente. O riusciamo a vivere in questo contesto oppure non vivremo. (...) Il governo dovrà un giorno rendere conto al popolo (...) Quando tutti si chiederanno, ma questa sofferenza, questa distruzione, queste morti sono davvero servite a rendere meno oscuro il nostro futuro?" (Corriere della Sera, 9 agosto)

YAEL DAYAN, intellettuale israeliana, figlia di Moshe: "Basta con questa deriva militarista. Il passato non ci ha insegnato nulla? (...) Come 24 anni fa. Allora bisognava distruggere l'Olp ed eliminare Arafat. (...) È una guerra contro un popolo. Non porterà sicurezza ma alimenterà l'odio nei nostri confronti, nel modo arabo e non solo. (L'Unità, 11 agosto)

ARIE SHAFIT, scrittore israeliano: "È uno stato folle, che guarda giorno dopo giorno alla regione araba con occhi di ferro chiamati proiettili, missili, aerei. Pare che la storia non abbia memoria né futuro" (Haaretz, 17 luglio)

MARTIN VAN CREVELD, storico militare israeliano: "La guerra non si sta dimostrando facile (...) Gli effetti della campagna militare finora non sono stati piacevoli. Come è accaduto agli Usa in Kosovo, in Vietnam e altrove. Alcuni degli ordigni hanno mancato il bersaglio e ucciso non combattenti, come a Cana. Per fortuna, nonostane le proteste, per ora nessun altro paese ha alzato un dito per aiutare il Libano" (Hebrew University di Gerusalemme, Corriere della Sera, 4 agosto)

TOM SEGEV, storico israeliano: "Anche se l'America conquistasse l'Iran, a Israele resterà pur sempre l'obbligo di vivere accanto a palestinesi! La guerra globale voluta da Washington non ci toglie dal nostro problema di fondo: con i palestinesi, in un modo o nell'altro dobbiamo convivere" (Herald Tribune, 30 luglio)

NORMAN SCHWARZKOPF, generale della guerra del golfo: "L'unico che può perdonare gli Hezbollah è Dio e Israele sta organizzando l'incontro. Devono essere devastati e i loro sogni di gloria distrutti" (New York Post, 1 agosto)

GUIDO OLIMPO, giornalista: "LO SCONTRO DEI 10 METRI è ciò di cui parlano i soldati della fanteria israeliana. Ti infiltri in territorio nemico, strisci dietro un cespuglio, sbirci attraverso una porta di casa. Cerchi il contatto con l'Hezbollah, un contatto visivo. In quei momenti -raccontano- è importante sia le determinazione che il tuo addestramento. E quando lo individui può essere anche troppo tardi" (Corriere della Sera, 6 agosto)

MONI OVADIA: "La differenza tra me e voi è che io difendo anche la sofferenza dei civili libanesi, difendo i diritti dei palestinesi, e mi oppongo alla colonizzazione e occupazione delle loro legittime terre, mentre voi vedete solo la vostra parte, avete gettato alle ortiche i valori fondanti della Torah. Riducete tutto a questo slogan: "Questo è bene o è male per Israele?" E per voi il bene di Israele è la politica del governo in carica" (L'Unità, 12 agosto)

FRIEDLER, giovane soldato israeliano: "Durante la battaglia non hai mai paura. Non pensi a morire ma solo che non hai altra scelta e combatti. Devo lasciare che gli Hezbollah mi uccidano con i loro missili. Non abbiamo scelta. (..) Abbiamo intorno cinquecento milioni di arabi che ci vogliono morti. (Fiamma Nirenstein, La Stampa 5 agosto)

BENEDETTO XVI:"Immediatamente, nel nome di Dio, si depongano le armi da ogni parte!" (31 luglio) "I nostri occhi sono pieni di lacrime per le stragi di innocenti (...) Nulla può giustificare lo spargimento di sangue innocente, da qualunque parte esso venga" (3 agosto) "La guerra non risolve nulla. È la peggiore soluzione. Non porta niente di buono per nessuno, neppure per chi apparentemente vince" (5 agosto)

GIANFRANCO FINI, "Va detto che i cattivi sono solo gli arabi, l'equidistanza o l'equivicinanza è una vigliaccheria e la guerra quando serve serve!" (Montecitorio, 26 luglio) "Bisogna comprendere Israele: si sente ed è sempre più sola. È l' Europa che la lascia sola. Fino a qualche mese fa poteva contare almeno sul governo italiano; oggi invece al suo fianco sono rimasti solo gli Stati Uniti e l'lnghilterra. E in questa forza d'interposizione non ci potremmo andare con le bandierine della pace. Lì servono soldati pronti ad agire. E mica contro gli israeliani ma contro i terroristi" (Corriere della Sera, 5 agosto)

HUGO CHAVEZ, Presidente del Venezuela: Siamo indignati perché Israele continua a bombardare il Libano. Per questo richiamiamo in patria il nostro ambasciatore in Israele. Il governo degli Stati Uniti non ha permesso che il Consiglio di Sicurezza prendesse qualche iniziativa per frenare il genocidio che Israele sta commettendo proprio in queste ore contro la Palestina e il Libano. (4 agosto)

FRANCESCO COSSIGA: "Ebbene io, oggi, scelgo Israele! Per quello che per noi cristiani significa "i nostri fratelli maggiori". Scelgo Israele nel ricordo della persecuzione e dell'Olocausto (...) Sono decisamente schierato per Israele e solidale con il suo popolo e con gli ebrei italiani! (Il Giornale, 7 agosto)

ENNIO REMONDINO, Rai TG3: "A quanto pare l'esercito israeliano non vuole giornalisti nel Libano del Sud, non vuole testimoni, visto che non bastano le scritte 'TV' affisse alle nostre auto. Rischiamo di venire colpiti comunque. Vogliono che ce ne andiamo, o che facciamo come le tre scimmiette: non vedo, non sento, non parlo". (8 agosto)


Parole per gridare pace

BAMBINI
Ecco questa storia è un cumulo
e la gente sangue che coagula,
e i giorni sono tombe.
Da quale spazio cosmico, da quali sentieri emergono i giorni?
I bambini hanno ascoltato la domanda del fuoco e dormono,
il corpo è un libro di fiamma e il volto pace.
ADONIS, massimo esponente della poesia araba, candidato Nobel più volte premiato anche in Italia. In questi giorni ha scritto su "Al Hayat": "Perché questo silenzio del mondo? Violazione di tutti i principi umani, disprezzo dei diritti e delle libertà. Per due persone se ne uccidono migliaia e si distrugge tutto. Il rapimento di queste due persone si chiama terrorismo e questa distruzione autodifesa"
QUESTA È LA GUERRA
Questa è la logica della guerra.
Tu avanzi di 7 chilometri dentro il Libano.
Poi di 24 chilometri verso il Litani.
Poi altri 20 chilometri fino a Zaharani.
E poi, fino a dove ancora?

Gush Shalom, Haaretz, 6 agosto

NOZZE DI SANGUE A CANA
Non c'era più vino. Le brocche vuote. Non c'era più acqua, né luce.
La sete, immensa. Scendevano lampi dall'alto dei cieli come nei vecchi film di fantascienza. Gracchiavano radio comandi stranieri.
Un'immensa platea assisteva dalle televisioni satellitari al grande spettacolo del mondo spazzolato a colpi di grattugia.
Di cosa potremo riempire le coppe perplesso chiedevasi il maestro di cerimonie.
Di cosa gli otri afflosciati, di cosa colmare l'arsura, l'ebbrezza
come spandere ancora in questa festa?
Occupate le linee del telefono, nessuna pizzeria a portata di mano, nessun minimarket a un tiro di schioppo, solo crateri lunari, e polvere e polvere.
Com'è difficile oggi la vita non è come pare in televisione.

"MA NOI LI ABBIAMO PERFINO AVVISATI DEL MASSACRO, DI FUGGIRE!"
Disgustosa ipocrisia.
Abbiamo bombardato le strade, distrutto i ponti, tagliato i gasdotti. Ucciso intere famiglie.
C'è un solo modo per prevenire altri disastri che ci trasformano in mostri: FERMARCI!

Gush Shalom, Haaretz, 1° agosto


Appelli per muovere alla pace

"It will not End - Until we Talk!" (non finirà finché non dialogheremo)

È lo slogan più gridato dai manifestanti che cominciano a scendere in piazza ora. Dai 7000 di Tel Aviv ai 100.000 di Londra. Dagli slogan ad APPELLI sempre più incalzanti, come l'invito della Tavola della Pace sottoscritto ormai da tantissime realtà e gruppi:

tutti ad ASSISI contro la guerra: 26 AGOSTO ...perché la guerra non va in ferie...

... QUESTA GUERRA È UNA TRAGEDIA PER TUTTI. ANCHE PER NOI. NON METTIAMO LA TESTA SOTTO LA SABBIA. NON ARRENDIAMOCI ALL'IDEA DI UN CONFLITTO E DI UN ODIO SENZA FINE.LA PACE È POSSIBILE. È VENUTO IL TEMPO DI UN IMPEGNO FORTE, AUTOREVOLE E CORAGGIOSO DELL'ITALIA E DELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE PER METTERE DEFINITIVAMENTE FINE ALLE GUERRE DEL MEDIO ORIENTE... "E ALLORA INCONTRIAMOCI AD ASSISI, PER GRIDARE TUTTI INSIEME LA NOSTRA DENUNCIA E IL NOSTRO PROGETTO DI PACE.

info www.tavolaperlapace.it



L'APPELLO DEI GIORNALISTI, inviati delle principali testate giornalistiche italiane, che stanno seguendo la guerra in Libano.
Non restate in silenzio! Fermate questa follia!
"La guerra continua. Ora dopo ora. Giorno dopo giorno. Spaventosa. Crudele. Orribile. Impossibile il conto dei morti e dei feriti. Indicibili le sofferenze delle popolazioni fino ad ora scampate alle stragi. Inestimabili le devastazioni. Noi giornalisti, testimoni della guerra che sta devastando il Libano e il Medio Oriente, sentiamo il dovere di rilanciare il disperato appello dei bambini, delle donne, degli uomini, dei feriti, degli sfollati, degli ammalati di questa terra insanguinata: ma dov´è il mondo? Fate qualcosa per fermare questa follia senza misura. Chiedete l´immediato cessate il fuoco. Non restate in silenzio. Fatelo subito. Fatelo ora."
Gianluca Ales, inviato Sky TG24, Giuseppe Bonavolontà, inviato Rai TG3, Stefano Chiarini, inviato Il Manifesto, Luca Del Re, corrispondente Tg La7, Marc Innaro, corrispondente Rai, Daniele Mastrogiacomo, inviato La Repubblica, Andrea Nicastro, inviato Corriere della Sera, Ferdinando Pellegrini, Inviato GR Rai, Ennio Remondino, corrispondente Rai, Claudio Rubino, telecineoperatore Rai TG3, Barbara Schiavulli, Avvenire, Neliana Terzigni, corrispondente Rai, Giuseppe Zaccaria, inviato La Stampa. Sabato 5 agosto 2006

I CAPI DELLE COMUNITÀ RELIGIOSE CRISTIANE E MUSULMANE DEL LIBANO.
“Proprio quando il Libano cominciava a curarsi le ferite inflitte dalla serie di guerre durate 15 anni; quando il Libano era impegnato nella ricostruzione della sua infrastruttura economica e sociale distrutta da queste guerre sterili finanziate e sostenute da forze straniere diverse; proprio mentre il Libano sentiva l'immensa sofferenza di vedere la sua terra sfruttata come arena di battaglia per le guerre degli altri; quando il Libano è riuscito a riaffermare la sua unità interna e il suo impegno assoluto al servizio dei valori fondamentali sui quali si fonda, a cominciare dalla libertà, dalla sovranità, indipendenza e convivialità tra le sue molteplici famiglie religiose, in questo momento il Libano è oggetto di una nuova aggressione israeliana di cui il meno che si possa dire è che la sua barbarie e la sua capacità di distruzione riflettono l’odio e il desiderio di vendicarsi del Libano molto più che la volontà di reagire al rapimento di due soldati israeliani.
Questo crimine abbietto perpetrato dagli israeliani a Cana e altrove supera in mostruosità tutto ciò che si può immaginare, e incarna l'odio verso il Libano e i Libanesi".
Beirut, 3 agosto

L'APPELLO DEGLI ARTISTI.
QUALCUNO SI MUOVA! "Fino a qualche tempo fa nessuno avrebbe pensato alla possibilità di rimpiangere Ariel Sharon. Oggi il governo Olmert insiste ad offrire alle coscienze del mondo questa possibilità. (...) Una guerra non dichiarata, una rappresaglia che vede il Libano come agnello sacrificale, nella esagerata pazienza dell'Onu e dell'Ue, di fronte ad un altro errore, la strage di Cana, che è semplicemente un orrore"
1° agosto

PAX CHRISTI Internazionale ha sottoposto un intervento scritto sulla questione della guerra in Libano, Israele e Gaza all'attenzione della Sottocommissione per la promozione e la difesa dei diritti umani presso le Nazioni Unite.
Vicina a quanti reclamano un immediato cessate il fuoco, Pax Christi Internazionale chiede alla Sotto Commissione di denunciare con la formulazione più forte possibile ogni attacco proveniente da tutte le parti in causa contro civili e contro infrastrutture civili e il metodo della punizione collettiva messo in atto da Israele contro la popolazione libanese e di Gaza. Si appella affinché la Sotto Commissione chieda l'immediata sospensione dell'uso di munizioni a grappolo e di bombe al fosforo, armi inaccettabili e inaffidabili utilizzate nel confitto in corso.
Bruxelles, 3 agosto
APPELLO DEGLI EBREI E ARABI DALLA GALILEA
Noi, attivisti di varie associazioni pacifiste ebraiche ed arabe: Non accettiamo che in nostro nome l'esercito e il governo israeliani continuino a provocare distruzione e morte tra le popolazioni civili di Libano e Gaza. Rifiutiamo di accettare una strategia che giustifica l'offesa deliberata ad una qualunque popolazione – indipendentemente dal fatto che prenda di mira i civili a Gaza, in Libano o in Galilea! Crediamo che ci sia un’alternativa a questa politica aggressiva, che si basa sul continuo violare le Convenzioni di Ginevra. Ogni minuto di combattimento crea solo nuove vittime. Riteniamo che un cessate il fuoco da parte di Israele possa portare ad un cessate il fuoco su tutti gli altri fronti. Chiediamo che il cessate il fuoco sia usato per l’immediata liberazione, senza condizioni, di tutti i prigionieri politici, e per negoziare il rilascio di tutti i prigionieri di guerra: palestinesi, libanesi ed israeliani. Solamente l’immediato rilascio, senza condizioni, di tutti i prigionieri politici, e l’avvio di un negoziato per lo scambio dei prigionieri di guerra, possono allontanare lo spettro di una guerra generalizzata, portando la pace e la calma a cui agognano tutti i popoli della regione. L’esercito americano non ha portato la pace in Iraq. L’esercito israeliano non porterà la pace in Libano. L’esercito americano non instaurerà la democrazia in Iraq. L’esercito israeliano non favorirà la democrazia in Libano.

COMUNICATO DELLA DELEGAZIONE DELLA SOCIETÀ CIVILE ITALIANA IN LIBANO
"Abbiamo avuto modo di comprendere quali sono i bisogni reali della gente in questo momento parlando direttamente con le vittime: profughi, feriti ricoverati negli ospedali" hanno dichiarato i rappresentanti delle ONG presenti nella delegazione. Gli undici membri della delegazione infatti hanno avuto modo di incontrare anche i rappresentanti dei varie organizzazioni di Società Civile libanese ricavandone l’impressione di una forte capacità operativa in rete. Non sono mancati gli incontri con le istituzioni: delegazione della Commissione Europea, Ambasciatore Italiano, Presidente della Repubblica e Primo Ministro Libanesi. Il cessate i fuoco denunciato è stata la richiesta che da gente comune, vittime e istituzioni, è emersa con maggiore forza. "Dare aiuti mentre il conflitto armato è in corso" -ha detto una donna di un quartiere a Sud di Beirut ospitata in una scuola - "è cosa molto importante, ma rischia di essere come riporre qualcosa in un canestro senza fondo". La delegazione ha insistito particolarmente per la costituzione e il rispetto di corridoi umanitari. Facendosi eco delle richieste delle vittime, la delegazione rivolge un appello accorato perché questi elementari diritti siamo garantiti in questo lembo di terra trafitta dalla guerra. Al ritorno in Italia, i membri della delegazione chiederanno al Governo Italiano un segno efficace verso la pace interrompendo l’accordo di cooperazione militare con Israele e di farsi portatore in ambito internazionale di un embargo di armi. Consentire l’attracco delle navi, i collegamenti aerei a scopo medico sanitario, la libera circolazione dei mezzi di soccorso, sono azioni minime consentite dal diritto in situazioni di guerra ma non permesse in questo momento in Libano, dalle forze israeliane.
Beirut 8 agosto 2006
ULTIM'ORA (14 agosto)
"15.000 caschi blu nel Libano. Bene. Ma cos'altro deve accadere perchè la comunità internazionale decidano di inviare una forza di interposizione anche a tutela del popolo palestinese? I palestinesi uccisi dall'esercito israeliano nell'ultimo mese sono stati oltre 160..".(Nabil SHAATH, ex ministro degli esteri dell'Anp, L'Unità,14 agosto)

...Insomma l'unica 'operazione' davvero urgente, per cui desideriamo schierarci, avendo negli occhi e nel cuore tutte le persone uccise, le case distrutte, le strade bombardate, sembra davvero essere ancora e ancora quella coniata da Giovanni Paolo II: "Non muri, ma ponti!".
Di muri si continua a morire. Di ponti saltati anche.
NON MURI MA PONTI. Per la sopravvivenza del Libano, di Israele. Per la nascita della Palestina.

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