La posizione di Pax Christi ad Assisi

don Fabio Corazzina

aderenti di pax christi in marcia ad assisi 1. movimento per la pace diviso?

la domanda che più spesso in questo periodo viene posta è: "ma il Movimento per la pace è diviso?". Credo che tale domanda esprima più un desiderio (malcelato) che una realtà, più un tendenzioso indotto che la situazione concreta, più il tentativo di esasperazione che la ricerca della verità. Il movimento per la pace è, con tutti i limiti che possiamo elencare, vivo, dialogico, concreto e in forte ricerca. In questi mesi mi pare decisamente cresciuta la qualità e ampiezza del dibattito interno al movimento e con gli interlocutori politici, sociali e religiosi che incontra sulla sua strada. Questa è vita, concreta passione e resistenza forte alla riduzione di un ampio lavoro a semplicistici e riduttivi slogan. Accettiamo questa complessità, così come umilmente accettiamo la complessità delle situazioni che ci interpellano e non trovano in noi soluzioni complete e definitive.

2. ad Assisi perchè?

Siamo qui, ad Assisi, a questo incontro proposto dalla Tavola per la Pace, una rete, un coordinamento che vede camminare insieme gruppi di base, realtà sociali fra le più variegate, espressioni politiche, enti locali, parrocchie, associazioni, movimenti, espressioni religiose diverse, università ... Siamo qui perchè questo è un luogo e metodo che ci piace, che condividiamo: il confronto fra diversi, la ricerca faticosa e decisiva fatta insieme, la condivisione di una appassionata volontà di giustizia, di libertà, di verità, di bene e di pace. Come Pax Christi facciamo parte del comitato direttivo della Tavola e con decisione confermiamo la nostra appartenenza. Riconosciamo la qualità del lavoro costruito insieme così come rivendichiamo su alcuni punti una possibilità di diversificazione nella lettura della realtà e delle soluzioni proposte e appoggiate.
A Grazia e a Flavio solo un grazie per il lavoro fatto, non macheremo di continuare a dare il nostro contributo onesto e fattivo.

3. semplificare è banalizzare

Ci pare di intravedere una semplificazione delle questioni poste in nome di un terribile realismo: "appoggiate l'intervento militare oppure no?" Questa è la domanda unica e decisiva. Dietro naturalmente c'è il tentativo (puntualmente confermato dai quotidiani e da molta parte dell’informazione il giorno dopo) di potere titolare “i pacifisti finalmente e realisticamente benedicono gli eserciti” o ancora “il movimento per la pace difende il governo di centrosinistra.
Non vogliamo prestarci a questo gioco, semplificatorio, tendente e dividere più che ad affrontare le questioni delicate di cui si trattava. Non è tempo di limitarci ad approvare la decisione del governo per una “missione di pace” con le stellette. Ben altro e assai più grande è il compito che spetta ad ogni cittadino: promuovere e sostenere, secondo le proprie possibilità, tutte quelle azioni di sensibilizzazione, formazione, controinformazione, pacificazione e cooperazione che le tante realtà della Tavola della Pace elaborano e diffondono.
La vera domanda è: da che parte stai e da quale punto di vista guardi la storia? Con tutti i nostri limiti stiamo imparando a guardare la storia dalla parte delle vittime, dei civili, dei più deboli, dei poveri. Come Pax Christi abbiamo fatto una scelta nonviolenta e non possiamo che ribadire il NO all'uso dello strumento militare. La via della nonviolenza, la ricerca della convivialità delle differenze, il desiderio di giustizia, il bisogno di liberazione di troppi popoli, il necessario e insostituibile lavoro di riconciliazione tra persone-comunità-popoli, l’educazione alla pace da intraprendere a tutti i livelli... questo desideriamo e per questo lottiamo. Diciamolo con sincerità tutto ciò ha poco a che fare con gli eserciti, le armi e le strategie militari (la storia purtroppo ce lo insegna continuamente).
Diciamo quindi NO! alla semplificazione del momento attuale: il Medio Oriente e il Libano vedranno, con l'intervento di interposizione di un contingente armato pur sotto egida Onu, solo una soluzione immediata e provvisoria agli enormi problemi aperti. Non dai soldati verrà quindi la pace. La Pace (quella con cui riempiamo la bocca e i discorsi) è un' altra cosa.

4. la pace e le qualità della politica “alta”

Altro, in effetti, è la qualità della politica "alta" che non si riduce pericolosamente a progettare l'Italia "italiana e cattolica" ma che, come Paolo VI ci ha insegnato, è appassionato e responsabile amore e servizio per questa umanità, per questa terra, per questa storia.
Altra è la qualità
della politica che può decretare non solo il cessate il fuoco e l'apertura dei corridoi umanitari ma, sui valori e percorsi contenuti nella Carta delle Nazioni Unite, che dice apertamente "noi, popoli delle nazioni unite, decisi a salvare le future generazioni dal flagello della guerra";
della politica che previene i conflitti non che si preoccupa di contenerli una volta scoppiati;
della politica che disarma (e non fa fallire i trattati per il controllo di armi leggere, non deride all'infinito il trattato sul disarmo nucleare, non misconosce l'uso illegale di cluster bombs e di nuovi e terribili sistemi d'arma...);
di una politica che decide di interrompere, come segno efficace verso la pace, l'accordo di cooperazione militare con Israele approvato nel maggio 2005 e di farsi portatore in ambito internazionale di un immediato embargo di armi delle parti in conflitto (come chiesto dalla delegazione della società civile italiana recatasi in Libano agli inizi dal 5 al 9 agosto 2006)
di una politica che crea le condizioni per una economia di giustizia;
di una politica che sostiene una cooperazione fra popoli e nazioni efficace ed effettiva;
di una politica che socialmente favorisce il dialogo e l'accoglienza;
di una politica che ridona coraggiosamente dignità all'Onu e a una Europa decentrata rispetto ai suoi egoistici interessi di parte;
di una politica che da radici e ali al capitolo VI della carta dell'Onu come contributo prioritario e che può trovarci in questo partner interessati e competenti;
di una politica che non si preoccupa solo di benedire le navi militari che partono o di dirci il numero dei militari inviati e il costo dell'operazione ma che avvia finalmente il progetto di formazione e realizzazione dei Corpi Civili di pace affinchè concretamente la soluzione di un contingente armato non sia l'unica soluzione che possiamo sostenere,
di una politica che (come suggerisce il documento di Pax Christi International inviato all'Onu in data 18 ago 2006 e che ho spedito precedentemente) chiede una Alta Commissione di Inchiesta per individuare tutte le violazioni al diritto umanitario internazionale commesse da tutte le parti in conflitto e anche da coloro che hanno armato e sostenuto tutte le parti in conflitto, che chiede di porre le vite e i diritti umani prima delle decisioni politiche, che chiede di esaminare i tipi di armi usate e la loro conformità alla legge internazionale, che chiede di implementare tutte le risoluzioni dell'Onu riguardanti il Medio Oriente e di ricercare una soluzione politica di lunga durata per il conflitto, che sostiene tutti coloro che scelgono il dialogo, l'azione nonviolenta, la negoziazione e gli sforzi per costruire la pace, che chiede la convocazione di una Conferenza Internazionale per la Sicurezza e la Cooperazione per avviare un processo di pace nella regione coinvolgendo tutte le parti in causa compreso Hamas, gli Hezbollah e i palestinesi rifugiati in seguito alla diaspora, che apertamente chieda di porre fine alla occupazione della Palestina.
Come ci ricorda d Nandino Capovilla (referente per Pax Christi della campagna Ponti e non muri e tornato in questi giorni dalla Terra Santa): “Conoscendo bene la VITA che sono costretti a sopportare tre milioni di palestinesi e dopo aver intrecciato con loro forti legami di fraterna amicizia e solidarietà, auspico non tanto che siano schierate al più presto nei territori occupati delle forze di interposizione Onu ma che, in seguito a precise decisioni ed accordi arrivino a Gerusalemme come a Nablus, a Ramallah a Jenin, INTERNAZIONALI che garantiscano la ripresa del movimento della popolazione, liberando le strade dai check-point; PRESENZE UFFICIALI che accompagnino i bambini a scuola e i contadini nei campi; FORZE NONVIOLENTE che verifichino l'attuazione delle Risoluzioni Onu sul muro procedendo al progressivo superamento di questa illegale forma di apartheid; CORPI DI PACE che impongano alle parti il rispetto della legalità e dei diritti umani dopo che l'auspicata Conferenza di Pace avrà affrontato i nodi della colonizzazione da interrompere e della presenza di migliaia di coloni in terra palestinese. Tutte queste presenze RICHIEDONO NON ARMI, MA DECISIONI POLITICHE DI GIUSTIZIA.”
E’ proprio vero: l' apparente distanza di questi percorsi dal "campo" su cui si infiamma il conflitto viene accorciata dalla miriade di RELAZIONI UMANE che innervano le quotidiane esistenze di singoli e comunità. "Una pace duratura verrà soltanto quando uno guarderà l'altro negli occhi e trasformerà l'odio in parole che avvieranno un difficile dialogo. Dov'è la voce della ragione e l'occhio capace di vedere oltre l'immediato? Dov'è l'orecchio pronto ad ascoltare? Chiese, capi religiosi e società civile dovrebbero essere incoraggiati a portare stimoli per un nuovo processo di pace, prima, durante e dopo di esso. Possono raggiungere il cuore dei popoli" (dal doc di PXIntern del 18 ago 2006).

5. d Tommaso Valentinetti (arivescovo di Pescara Penne e presidente di Pax Christi) ha poi letto il messaggio di Michel Sabbah per l'incontro di Assisi. Di seguito alcuni contenuti del massaggio da non dimenticare:
Ciò che accade oggi, giorno dopo giorno, a Gaza e in West Bank ed è accaduto in trentatrè giorni di guerra nel sud del Libano è semplicemente disumano, quali che siano i ragionamenti presentati per giustificarlo
La violenza non può e non deve essere un mezzo di legittima difesa. La potenza militare da sola non protegge. Le rappresaglie militari fanno solo crescere il rifiuto che circonda Israele nella regione, fanno approfondire il rancore nei cuori e crescere il rifiuto.
La violenza è un cerchio di morte che bisogna spezzare. L’esperienza in questo conflitto ha mostrato ancora una volta che la violenza ha solo fatto crescere la violenza e non ha portato alla sicurezza voluta; ha mostrato una volta di piu che è inutile voler stabilire un ordine o raggiungere la sicurezza finchè si opprimono gli altri.
L`unica azione di legittima difesa, che può proteggere realmente e avrà come conseguenza la sicurezza voluta, consiste semplicemente nel mettere fine all`ingiustizia iniziale, che è il cuore di questo lungo conflitto, cioè la questione palestinese: mettere fine all`occupazione militare israeliana imposta al popolo palestinese da anni e ridare loro la loro libertà e la loro indipendenza.
Di questa violenza dilagante è segno tragico il sacrificio che non avremmo voluto vedere e che non e ancora stato chiarito, di Angelo Frammartino. La presenza di questi volontari deve continuare come un elemento di vita dove spesso prevale l´odio, la violenza, la morte. I volontari come Angelo ci ricordano che la pace e possibile e dicono ai due popoli che la guerra e un male, sempre.

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