Paolo Cacciari - Tonino Drago

dibattito sul Manifesto

Paolo Cacciari - Tonino Drago

Paolo Cacciari - Uscire dalla logica della guerra
(da il manifesto 26 08 06)

Antonino Drago dell'Istituto per la pace dell'Università di Pisa mi dice di aver calcolato che con i denari che serviranno all'Italia per partecipare alla missione Onu in Libano si potrebbe inviare una forza non armata di 100 mila volontari. Enrico Peyretti del centro Sereno Regis di Torino esorta il Parlamento a costituire i Corpi civili di pace da impegnare in azioni di interposizione -mediazione costruttiva dei conflitti. La rivista Satyagraha ha pubblicato una illuminante storia della difesa popolare non violenta. Insomma, io credo, che se vogliamo davvero decolonizzare la mente dalla logica della guerra - come suggerisce il Tavolo della pace con la manifestazione di oggi - serve urgentemente che i movimenti pacifisti lancino la sfida della superiore efficacia del peace-keeping (nell'"Agenda per la pace" del '92 dell'Onu le funzioni di "garanti di pace" non erano poste in capo ai militari) rispetto alla peace- enforcement. E' davvero così naif continuare a credere che la guerra la si vince con la pace? E' davvero così insensato credere che i molti Angelo Frammartino e le innumerevoli "missioni" dei cooperanti delle varie Ong (Ics, Cric, Un ponte per.., Medici senza frontiere, Caritas e molte altre che non hanno smesso di presidiare i check-point, portare assistenza nei campi profughi, aiutare le popolazioni nei territori occupati) siano in grado di esercitare una grande capacità di dissuasione nei riguardi del ricorso alla violenza e una potenzialità di riconciliazione dei conflitti armati?

I 34 giorni di bombardamenti del Libano ci hanno schiacciati dentro una logica di guerra, più attenti all'aritmetica dei colpi dati/inflitti dai contendenti, alla composizione della coalizione militare internazionale, a chi la comanderà, a quali frontiere occuperà e con quali "regole di ingaggio" potrà sparare e a chi. e abbiamo invece perso di vista che il "cessate il fuoco" è solo una condizione necessaria, ma niente affatto sufficiente a riaprire quei dialoghi, quei negoziati, quelle mediazioni che sole possono provare a rimuovere le cause profonde, storiche e politiche del conflitto mediorientale. L'interposizione è utile per porre fine a conflitti armati, ma non può essere indefinita nei tempi, pena il suo fallimento. Le tregue, senza la pace, durano poco. La pace vera, quella che dona sicurezza e tranquillità ai popoli, si fonda sul reciproco rispetto, sul riconoscimento dell'altro, sulla condivisione dei diritti a partire da quello alla vita, sulla tolleranza se non sull'amicizia. Chiedere che questo messaggio venga veicolato da dei soldati, per quanto ben addestrati, neutrali e con in testa il "casco blu" di una Onu finalmente ridesta, sarebbe davvero un tragico autoinganno. Il pericolo cui sottoporremmo i soldati non deriva tanto da quanto armamento diamo loro in dotazione, ma da quanto volonterose, convincenti e rapide sapranno essere le diplomazie dell'Onu e dei governi europei a proporre una pace giusta a israeliani e palestinesi. Senza una nuova conferenza internazionale di pace sul Medio Oriente, da convocarsi subito, contemporaneamente all'invio della missione militare, ogni tregua sarà semplicemente una parentesi in un "conflitto regionale" iniziato sessant'anni fa e che ha già coinvolto il mondo intero.

Tonino Drago

… vorrei precisare come si arriva alla cifra di 100mila non armati che potrebbero intervenire in Libano; per essere stata scritta in una maniera contratta la notizia non è vera, se riferita alla sola Italia.
Il punto di partenza del calcolo è quanto viene a costare un volontario ONU per un anno: 38.000 dollari (dei quali un po' più di diecimila vanno a lui come stipendio, il resto è per la sua formazione e per l'organizzazione).Si ottiene allora che con 600mila euro (tanto quanto costerà la nostra missione in Libano) si potrebbero inviare quasi 16 mila persone invece delle attuali 3000; cioè un rapporto di più di 5 a 1; tanto viene a fare risparmiare il fare a meno delle armi moderne in dotazione ad ogni militare professionista (oltre che gli stipendi ben più elevati che pretende la gente che fa la missione per una paga). Se poi si passa al totale della missione, che attualmente è di circa 12.mila persone si arriva ad un invio di circa 60 mila persone non armate; ad essi sono da aggiungere i volontari di organizzazioni private e ONG che volessero affiancare questa missione statale (mentre invece oggi queste organizzazioni e ONG, come Emergency, si ritirano per non essere coinvolte con le armi e con i rapporti di forza che i contingenti armati hanno con la popolazione).
Per avere un paragone concreto, si tenga presente che in Europa la polizia (considerando assieme tutti i corpi simili) più densa sulla popolazione è quella italiana, con un poliziotto ogni 117 abitanti. La popolazione del Libano è di 3,8 milioni di persone; la missione è limitata geograficamente ad una area ristretta del Libano (la zona cuscinetto di confine con Isarele) che grosso modo può riguardare 1/10 della popolazione. Si ottiene un rapporto di un inviato per ogni 4-10 residenti. Anche da un punto di vista geoegrafico le persone inviate sarebbero una su 1/10 dei 10.400 kmq della superfgicie totale del Libano, cioè più di 50-100 persone per kmq. Si comprende bene che il gruppo di persone della missione supererebbe di gran lunga la densità della polizia locale e potrebbe svolgere una enorme funzione di prevenzione, pacificazione, ricostruzione e controllo della situazione. Non si dica che una presenza non armata non fa paura a nessuno: se qualche persona della missione venisse aggredita, avendo essa passaporto internazionale farebbe pesare tutti i rapporti internazionali tra Stati, questa volta a favore della missione; ci sarebbe una deflagrazione positiva dei rapporti internazionali sui quali è basata la missione, invece della deflagrazione negativa che ci minaccia tutti,
quella di tipo armato, fors'anche nucleare, che farebbe incendiare tutto il Medio Oriente per l'accumulo di troppe armi (anche nucleari) in loco. Non si dica che non si è preparati a questo tipo di missioni. Già sono state fatte esperienze dal basso, già ci sono organizzazioni di questo tipo e in più, già lo Stato ha investito (in tre anni) un milione di euro per il Comitato ministeriale per la difesa civile non armata e nonviolenta, progettato proprio per questo scopo; la cui competenza ora è del Ministro Ferrero.

Cordiali saluti
Antonino Drago
Docente di Strategie della Difesa Popollare Nonviolenta del corso di laurea di Scienze per la Pace dell'Università di Pisa

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