Pax Christi: «Non basta pregare se si vota la guerra»
Intervista a don Tonio Dell'Olio, coordinatore del movimento ecclesiale, tra i promotori della manifestazione
Pax Christi: «Non basta pregare se si vota la guerra»
«E' la prima volta che il Papa scrive personalmente alla Perugia-Assisi». Don Tonio Dell'Olio, coordinatore di Pax Christi, è ancora affaticato per la lunga marcia ma la sua voce rivela entusiasmo.
Come spiega la scelta di questo messaggio?
Le posizioni che sono andate affinandosi da parte del Papa e della Santa Sede e quelle espresse dalla Tavola della pace convergono sempre di più. L'unilateralismo con cui gli Usa cercano di sbarazzarsi del diritto internazionale per affermare una volontà imperialista - sottolineo l'aggettivo - preoccupa i movimenti di base così come il Vaticano. Leggo questo messaggio papale in collegamento con il tema
della prossima giornata mondiale per la pace che sarà "Il diritto internazionale una via per la pace".
Un richiamo al ruolo dell'Onu: è forse la ragione principale per cui Giovanni Paolo II ha rilanciato la "Pacem in terris"?
E' una dimensione essenziale. Mentre per la giornata del 2003 la riflessione ha riguardato tutta l'enciclica, per il 2004 Giovanni Paolo II ne sottolinea la necessità particolare, nel mondo di oggi, del diritto internazionale.
Il Papa parla del patrimonio cristiano d'Europa stavolta con toni meno rivendicativi e con attenzione ai valori. C'è un nesso con l'Europa di pace invocata dalla Marcia?
Lo spirito del Vangelo e la dottrina sociale della Chiesa permeano di fatto la Dichiarazione universale dei diritti umani e buona parte della struttura del diritto internazionale. Continuo a ritenere che il richiamo del Papa alle radici cristiane d'Europa riguardi soprattutto i valori che esse comportano. Sono convinto che
se nella Costituzione europea la pace, la vita, l'amore fossero affermati come valori e non soltanto - come accade nella bozza - quali obiettivi, sarebbe soddisfatta in pieno anche la richiesta di Giovanni Paolo II. Ed è la stessa del popolo della pace.
Dai papa boys fino al pacifismo cattolico. La guerra in Iraq ha maturato delle novità?
Le mobilitazioni contro la guerra hanno reso sicuramente molto più diffusa la sensibilità sul valore della pace. C'è stata una forte adesione emotiva. In tanti abbiamo lavorato per trasformarla in un impegno permanente. I fenomeni dei papa boys e della diffusione di pace tra i giovani cattolici non sono collegabili. Non mi pare, infatti, che i papa boys abbiano aderito in pieno agli appelli del Papa su altri temi della vita morale o della dottrina sociale. La pace invece trova "sequela", radicamento, perché ha ragioni più profonde nel tempo in cui viviamo.
Wojtyla ha sprigionato queste energie?
Le ha incoraggiate. Non condivido la tesi di Galli della Loggia che ritrae il Papa come diapason del movimento cattolico per la pace. Non è Giovanni Paolo II a dare il "la", per i cattolici il motivo ispiratore è il Vangelo.
Le varie anime del pacifismo cattolico sono più vicine?
Ci sono molte differenze di approccio al tema della pace. Sono anche una ricchezza se è vero che l'alternativa alla guerra sono l'amicizia, la cooperazione, la pratica della non violenza.
Gli stati maggiori Cei erano apparsi più tiepidi del Papa contro la guerra in Iraq. Evoluzioni in corso?
Durante le mobilitazioni contro la guerra diversi vescovi hanno assunto posizioni molto coraggiose, sulla scia del Papa. E non mi pare che ci siano stati ritorni indietro da parte dell'episcopato italiano, parlo dei vescovi nel loro complesso. Il documento promosso dai vescovi umbri "Umbria terra di pace" annovera tra queste evidenze la "Perugia-Assisi" che fino all'altro giorno veniva guardata ancora con
qualche sospetto.
Però alcuni reparti cattolici, di laicato o ecclesiastici, sono ancora preoccupati di garantire una copertura "bipartisan" alla marcia.
La storia di ciascuna organizzazione ovviamente lascia il segno. C'è chi ha maggiore pratica di incontro e collaborazione con forze politiche o sociali con una tradizione differente, chi tende invece a sbandierare la propria identità. La differenza permane. Non mi pare però che caratterizzi la marcia al punto da pregiudicarne lo sviluppo.
E basta una preghiera a riscattare uno come Bondi che vota per la guerra?
Assolutamente no. Abbiamo chiesto ai parlamemtari presenti di firmare due impegni: la richiesta di trasformare l'articolo 11 della Costituzione italiana nel primo articolo di quella europea e di spingere per la realizzazione degli otto obiettivi Onu. Ho visto firmare Fassino, Bertinotti, Castagnetti, Diliberto, Pezzotta,
Epifani. Il popolo della pace non mancherà di marcarli stretti.
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