Etica e dissuasione nucleare
Sono molto onorato di prendere la parola il primo - non oso usare l'espressione "aprire il fuoco" - a questa tribuna dove ci sono persone infinitamente più qualificate di me per parlare dell'argomento che ci riunisce. Questa priorità mi permette di dire una parola sulla genesi di questo congresso. Grazie a Mgr Le Gal, vescovo dell’Ordinariato militare, come presidente de Pax Christi, avevo avuto la possibilità, su invito dell'ammiraglio d’Arbonneau che ne era allora il comandante, di visitare il Centro delle Forze Oceaniche strategiche a Brest. Conservo una profondo ricordo dell'accoglienza che ho ricevuto e del tempo che mi ha dedicato l'ammiraglio d’Arbonneau per uno scambio di pareri sul problema della dissuasione nucleare. Questa visita sul terreno, la prossimità della revisione del trattato di non proliferazione e della commemorazione del 60e anniversario di Hiroshima e di Nagasaki lo ha incoraggiato a proporre a Pax Christi di riaprire la riflessione ed il dibattito sulla questione della "dissuasione nucleare e delle sue sfide etiche". Il contesto attuale la rende determinante. L'ammiraglio d’Arbonneau si è reso disponibile ad aiutarci nella riflessione, ed è in particolare grazie a lui, che questo congresso ha potuto essere organizzato. Ringrazio dunque calorosamente tutti i partecipanti ed in particolare lui. È nostra responsabilità di uomini e di cristiani l’affrontare decisamente la questione non per fare dichiarazioni perentorie a riguardo ma per cogliere la complessità rispetto alla sola questione che deve interessarle: l'uomo ed il suo bene.
I. Il pensiero della chiesa rispetto all'armamento nucleare.
Parlo da uomo di chiesa, e come tale esprimerò il mio pensiero. Se me lo permettete, vorrei iniziare la mia riflessione con una citazione tratta del messaggio del papa Benedetto XVI per il giorno mondiale di preghiera per la pace (1 gennaio 2006): "Che dire poi dei governi che contano sulle armi nucleari per garantire la sicurezza dei loro Paesi? Insieme ad innumerevoli persone di buona volontà, si può affermare che tale prospettiva, oltre che essere funesta, è del tutto fallace. In una guerra nucleare non vi sarebbero, infatti, dei vincitori, ma solo delle vittime. La verità della pace richiede che tutti — sia i governi che in modo dichiarato o occulto possiedono armi nucleari, sia quelli che intendono procurarsele —, invertano congiuntamente la rotta con scelte chiare e ferme, orientandosi verso un progressivo e concordato disarmo nucleare. Le risorse in tal modo risparmiate potranno essere impiegate in progetti di sviluppo a vantaggio di tutti gli abitanti e, in primo luogo, dei più poveri. "(§ 13). Se inizio la mia riflessione con una citazione di Benedetto XVI, non è per nascondermi dietro l'autorità gerarchica, ma è per mostrare che sulla questione il punto di vista della chiesa è chiaro. L'idea che la strategia di dissuasione nucleare è essenziale alla sicurezza di una nazione è una presunzione pericolosa.
Cosa è che fonda una tale affermazione? Che occorra mirare alla sicurezza è ovvio. Una nazione non può svilupparsi armoniosamente senza la sicurezza. Molti ne traggono la conclusione che la sicurezza è la condizione della pace e dunque il presupposto della pace. Ma è altrettanto legittimo affermare che non ci sono garanzie di sicurezza se non c’è armonia e pace nelle relazioni tra gli uomini, i gruppi e gli stati. Abbiamo prove continue che la guerra genera l'insicurezza. Mi sembra che pace e sicurezza siano intrinsecamente legate. Ci si deve dunque chiedere se la dissuasione nucleare favorisce la pace. Si potrebbe crederlo poiché abbiamo visto decenni d'equilibrio. Non sono sicuro che si possa dire che erano decenni di armonia. La mia convinzione d'uomo di chiesa è che la dissuasione nucleare non favorisce la pace, ma che può contribuire ad impedirla.
Per quale ragione?
1a ragione:
a causa della frustrazione di quelli che non hanno armi nucleari rispetto a quelli che le hanno. Il solo modo di eliminare l'angoscia nucleare e dare una possibilità di più alla pace, è eliminare la possibilità di ricorrere all'arma nucleare. Del resto nello spirito del TNP, la dissuasione nucleare era un mezzo provvisorio non per creare la pace ma per impedire la catastrofe. Ora, a partire dalle revisioni recenti si apprende che il TNP diventa soprattutto, nello pensiero delle potenze nucleari, un mezzo di "non-proliferazione" e non un inizio verso l'abbandono dell'arma nucleare, una ricerca di sicurezza mediante il controllo e non mediante la soppressione dell'arma nucleare. Tale prospettiva è fonte di frustrazione per quelli che non hanno armi nucleari, soprattutto se hanno il mezzo per acquisirle e si aprono alla tentazione di essere accanto a coloro che dispongono di questo mezzo di sicurezza. Piuttosto che facilitare il controllo, questa prospettiva crea una escalation, Proprio l’opposto delle prospettive di disimpegno nucleare progressivo di tutte le nazioni portate dal progetto iniziale del TNP.
2a ragione
perché la dissuasione nucleare si basa su un'ingiustizia che può ostacolare la pace. Se si considera che solo le armi nucleari possono garantire la pace, è una forma d'ingiustizia impedire ad alcuni di avere accesso a questa stessa sicurezza e fare dipendere la loro sicurezza dalla buona volontà dei detentori dell'arma nucleare. C'è un forma di protesta da parte di quelli che non ne hanno accesso e di ricerca di compensazioni che non sono necessariamente a vantaggio della pace.
3a ragione .
La dissuasione nucleare è un fattore d'impoverimento. Le cospicue risorse destinate all'armamento nucleare ed al suo perfezionamento sono distolte dell'aiuto allo sviluppo e alla vera sicurezza della vita di tutti i giorni. Mancano risorse per la messa in opera di una vera solidarietà tra gruppi, tra nazioni e per la realizzazione di misure ambiziose per sradicare la povertà. Dunque globalmente la strategia di dissuasione non favorisce la pace, rischia anche di impedirla. È in ciò che è una misura "fallace e perniciosa".
Evoluzione
Si potrebbe obiettare che negli anni 80 le posizioni della chiesa erano piuttosto positive in relazione alle strategie di dissuasione nucleare. È vero. Ma già in quel periodo l'accettazione relativa della chiesa era a condizioni molto rigorose:
• l'uso di armi di distruzione di massa contro la popolazione è rigorosamente condannato. C'è nella morale cattolica un principio che dice che quando il mezzo di repressione usato ha effetti più gravi dello scopo ricercato, è inaccettabile.
• la dissuasione non è equiparabile all'impiego. Dunque c'è una tolleranza per i mezzi di dissuasione che mantengono la pace, con ciò che si chiama equilibrio del terrore. Ma l'equilibrio del terrore non può essere che un mezzo provvisorio per mantenere la pace. La sfida è trovare metodi che ci permettono di regolare i conflitti in modo più degno dell'uomo. La tolleranza alla dissuasione nucleare era legata al clima di minaccia del periodo della guerra fredda. Ma a partire dal momento in cui la chiesa ha valutato che questa minaccia si era attenuata, si è nuovamente riportata al vero obiettivo: sradicare l'armamento nucleare e senza accontentarsi di ridurre gli stock e controllarne la proliferazione. Il processo di cancellazione dell’armamento nuclerare può essere progressivo in funzione del contesto, ma rimanga chiaro l’obiettivo: la scomparsa del ricorso all'armamento nucleare. L'argomentazione che si può opporre oggi alla chiesa, è che le minacce rimangono, si rinnovano, a ben vedere si amplificano, sono amplificate dal terrorismo e sono le conseguenze dell’azione di quelli che qualcuno chiama stati-canaglia. La chiesa è cosciente di queste nuove minacce. Ma ciò che vuole affermare chiaramente è un doppio principio.
• 1. La dissuasione nucleare è stata accettata come la soluzione meno-peggio, a causa delle minacce internazionali. Ma è stata accettata soltanto come tappa verso la soppressione totale delle armi nucleari, sola vera garanzia della pace.
• 2. È stata accettata con la clausola che disporre delle armi nucleari aveva per fine l’evitare di servirsene.
II. Questioni
Questo doppio principio pone un certo numero di questioni che vorrei porre nella nostra riflessione odierna.
1. Come possono coabitare la possibilità di utilizzare l'arma nucleare e la volontà non di servirsene?
Dal momento che si dispone di un armamento nucleare, è difficile dissociare la volontà di non utilizzarla e la possibilità di utilizzarla. In ogni caso le dichiarazioni ufficiali attuali mettono più l'accento sulla possibilità di utilizzarlo che sulla volontà non di utilizzarlo (Chirac all'Ile non ha escluso la possibilità di ricorrere all'arma nucleare contro i capi di stato che disposti a usare mezzi terroristici contro di noi, o disposti a fare ricorso all’uso di armi di distruzione di massa). Si pone dunque una grave questione etica: È legittimo ottenere la sicurezza con la minaccia di utilizzare l'arma nucleare? Non c'è perversione dei principi della vita: ci si attrezza per uccidere per non dover uccidere. Per me è un vero e proprio modo di giocare con la vita, di appropriarci di un bene che non ci appartiene.
2. Cosa intende oggi chi sostiene il Trattato di non Proliferazione Nucleare?
Nei suoi sviluppi recenti, sembra che il suo obiettivo sia diventato soprattutto la "prevenzione della proliferazione" nucleare per non aumentare indefinitamente i rischi e non più l'eliminazione delle totale delle armi. Se si è sostenuto la TNP come un primo passo, una tappa necessaria verso la scomparsa delle armi nucleari, oggi non è più lo stesso trattato che si sostiene, poiché il suo scopo non è la soppressione dell'armamento nucleare ma la difesa contro l'attacco nucleare, fatto che introduce necessariamente la possibilità dell'impiego eventuale di armi nucleare e quindi la questione della loro legittimità.
3. Quale fedeltà agli impegni presi e quale verità degli atteggiamenti? si gioca con la verità?
Oggi gli Stati che hanno firmato la TNP dichiarano apertamente che considerano i loro arsenali nucleari come elementi centrali della loro strategia militare di difesa, cosa che implica il miglioramento ed l’aumento di tali arsenali. E’ in atto un tradimento dell'impegno di riduzione dell'armamento nucleare. La ragione invocata: i nuovi rischi che corre la nostra umanità: le minacce terroristiche, le strategie aggressive di un certo numero di stati sono altrettante minacce che incombono sul pianeta. Ma la possibilità della risposta nucleare fa correre all'umanità un rischio non meno grande: Benedetto XVI ricorda il rischio e le conseguenze per l’umanità dovute all’uso di armi nucleare: "In una guerra nucleare non ci sono né vincitori né vinti, ci sono soltanto vittime." Ricordando Hiroshima e Nagasaki non si può non pensare all'orrore che provoca l'uso di queste armi, alle centinaia di migliaia di vittime dirette della bomba atomica e alle sofferenze fisiche e morali sopportate fino ad oggi da moltissimi uomini, donne e bambini.
- Si lascia credere alla possibilità di controllare queste armi. La loro miniaturizzazione dovrebbe limitarne gli effetti inaccettabili rispetto alle popolazioni civili. Non abbiamo alcuna certezza, e come ha ribadito ancora Benedetto XVI, gli sforzi per rendere le armi nucleari utilizzabili non devono essere meno condannati dagli uomini di buona volontà. Non si può trasformare un circolo vizioso in un circolo virtuoso. Il fatto di avere armi nucleari può condurre a servirsene. Non si legittimerà in nessun modo il fatto di averne provando ad attribuire loro un impiego pulito.
- Altro danno alla verità:
si presenta la non-proliferazione come una garanzia contro l'impiego dell'arma nucleare. Ma finché l'arma nucleare è considerata come l'elemento fondamentale per la sicurezza di un paese, porta in germe la proliferazione e l'impiego sconsiderato, poiché come si potranno persuadere paesi a rinunciare a quest'arma, se la si considera un fattore d'equilibrio?
Come uscire da questo circolo vizioso?
Alcuni principi:
- Pensiamo che la pace e la sicurezza non siano mai acquisite. È un errore di considerare l'armamento nucleare come una garanzia assoluta. La sola possibilità offerta per costruire la pace è il dialogo tra i paesi. E’ impegno di ogni generazione promuovere nuove vie di dialogo che diano risposta ai bisogni uomini ed alle sfide del momento.
- I paesi detentori dell'armamento nucleare hanno una responsabilità particolare rispetto alla costruzione della pace. Non devono fare scelte solamente a partire dai loro interessi nazionali di sicurezza, benchè siano legittimi, ma secondo ciò che esige il bene comune. Gli stati che sono detentori di tecnologie nucleari, devono essere coscienti che non si tratta semplicemente di mezzi di cui possono fare uso per i loro interessi, ma ne devono disporre per il bene di tutta l'umanità. Questa prospettiva universale (bene comune) è la caratteristica dell'etica cristiana. La prospettiva dell'uso controllato delle capacità nucleari corrisponde alla ricerca di interessi particolari. Solo il disarmo nucleare, che cancella definitivamente il rischio dell'orrore, serve il bene universale. Se si vuole perseguire il bene universale è dunque quello che occorre negoziare, facendo scelte adeguate e non un semplicistico e inadeguato controllo dell'armamento nucleare.
- La vera garanzia della pace e della sicurezza internazionale è l'accesso di tutti, in particolare dei più poveri allo sviluppo e la tutela dei diritti fondamentali dei più deboli. Finché non si sarà capito che il rischio nucleare si elimina soltanto con la creazione delle condizioni di una vita più degna per tutti, si sarà sempre alla ricerca di un punto d'equilibrio per il nostro pianeta.
- La sorte della pace è una responsabilità collettiva, di tutte le nazioni. L'organizzazione del mondo non può dipendere dalla sola valutazione di alcuni ma è frutto di una concertazione universale. Come si stanno preparando strumenti adeguati per questa concertazione universale?
In conclusione
il mio sguardo sulla questione del riarmo è quello di un uomo di chiesa. Sulla questione dell'armamento nucleare non vorrei fare la lezione a nessuno. Ma vorrei ripetere che la sfida è la possibilità di permettere a ciascun uomo di vivere nella pace e nella sicurezza, condizioni per la sua crescita. La minaccia nucleare esiste oggi come ieri. La proliferazione attuale non lascia intravedere la possibilità di limitare strettamente il numero dei paesi che detengono l'arma atomica. Non c'è nessuna risposta etica e spiritualmente soddisfacente nel solo controllo del nucleare con il nucleare. La riposta è invece nel dialogo e nella concertazione, nella garanzia della giustizia e della libertà per ciascuno.
Perché? Perché non si è in una prospettiva puramente strumentale in cui si valuta il servizio reso e la protezione garantita. Ma nella prospettiva di un progetto per l'uomo che occorre portare a buon fine, un progetto di pace, di giustizia e di felicità. In questa prospettiva, ciò che occorre guardare, è l'uomo che si vuole aiutare, non soltanto a difendersi, ma a crescere. La sua difesa può aiutare alla sua crescita ma ciò che vi aiuterà molto di più, è l'instaurazione di relazioni di dialogo, di solidarietà, e di fraternità tra gli uomini.
+ Marc STENGER
vescovo di Troyes
Presidente de Pax Christi Francia
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