Documento di Pax Christi USA - Marzo 2007

La Deterrenza riveduta: Le Armi Nucleari Statunitensi e La Politica della Forza

Preparato per Pax Christi da Andrew Lichterman
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Sommario

Venticinque anni fa, papa Giovanni Paolo II parlò chiaramente dei pericoli posti dalle armi nucleari ma trovò di non potere, nell’ambito della Guerra Fredda, condannare la deterrenza nucleare. Nel 1996, la Corte Internazionale di Giustizia, in risposta alle domande sorte all’indomani del confronto della Guerra Fredda, trovò che la minaccia o l’uso delle armi nucleari fossero generalmente contrari al diritto umanitario ed alle regole della guerra, ma non fu in grado di raggiungere una conclusione sulla legalità dell’autodifesa che implicasse la minaccia o l’uso di armi nucleari quando, “fosse in gioco la stessa sopravvivenza di uno Stato”. Sia la Corte che Papa Giovanni Paolo II vedevano essenzialmente il dilemma nucleare come una conseguenza comprensibile ma, in definitiva inaccettabile, di particolari circostanze storiche. Entrambi richiedevano come sua soluzione il disarmo nucleare.
Gli Stati Uniti, sostengono che le riduzioni che hanno operato dalle decine di migliaia di armi nucleari che dispiegavano durante la Guerra Fredda rappresentino un adeguato progresso verso la realizzazione della promessa di disarmarsi che fecero quasi 40 anni fa nel Trattato di Non Proliferazione Nucleare. Ma gli Stati Uniti hanno tuttora quasi 5000 armi nucleari e migliaia in più di riserva, più di quante ne bastino per distruggere la civiltà in un giorno. Mentre i ricordi di Hiroshima e Nagasaki sbiadiscono, il pericolo che corriamo è quello di dimenticare che il bombardamento atomico di una singola città è un orrore che va al di là dell’immaginazione, e che poche dozzine di armi nucleari possono distruggere una nazione, uccidendo molti milioni di persone. Oggi, le prospettive per un disarmo nucleare sono più distanti che mai. Gli stati che dispongono di armamenti nucleari non stanno prendendo alcuna iniziativa significativa rispetto all’eliminazione dei loro arsenali nucleari, al contrario, si concentrano sui “pericoli nucleari” posti dalla proliferazione di armi atomiche in nuovi stati.
Gli Stati Uniti sono usciti dalla Guerra Fredda con forze convenzionali senza concorrenti, e con una altrettanto impareggiabile capacità economica e tecnologica per mantenere e raffinare i propri armamenti strategici. Hanno intrapreso una vasta campagna per modernizzare le proprie bombe nucleari, i propri missili ed altri sistemi di lancio a lungo raggio, e la capacità industriale necessaria a progettare, collaudare e dispiegare armi nucleari esistenti e di nuovo tipo. Ipotizzando che i ruoli delle armi nucleari vadano dalla guerra preventiva contro i possessori di armi chimiche, biologiche o nucleari sino alla dissuasione dall’uso di tali “armi di distruzione di massa” contro le sue forze lanciate in spedizione, gli Stati Uniti hanno reso le proprie armi nucleari come parte integrante di una strategia esplicita di dominio militare globale.
C’è stata una certa resistenza nel Congresso degli Stati Uniti nei confronti del continuo affinamento dell’arsenale nucleare, ma potenti fazioni sia all’interno che all’esterno del governo continuano a fare pressioni per lo sviluppo di armi nucleari con nuove potenzialità. Nel frattempo, miglioramenti crescenti sia nelle testate nucleari, sia nei sistemi di lancio continuano con poche discussioni. La chiara intenzione dello stato più potente di rendere le armi nucleari una parte centrale della sua strategia di “sicurezza” per il futuro immediato rende impossibile il cammino verso il disarmo. Inoltre, non si può dare fiducia a nessuno stato che possegga armi nucleari. I Governi possono cambiare nel tempo, così come possono cambiare le circostanze che portano gli stati alla guerra. Non dobbiamo più permettere ai governi di nascondersi dietro la retorica della “deterrenza” mentre usano le armi nucleari come strumenti di politica della forza. L’unica soluzione per la gente comune, da qualunque luogo essa provenga, e per le organizzazioni della società civile che sostengono di parlare per essa, è quella di rifiutare chiaramente e senza ambiguità il possesso, la minaccia e l’uso delle armi nucleari e di richiedere un’azione immediata e concreta verso la loro eliminazione.

Introduzione

In piena Guerra Fredda, Papa Giovanni Paolo II parlò chiaramente dei pericoli posti all’umanità dalle armi nucleari e dalla corsa agli armamenti, ma non poté condannare la dottrina della “deterrenza” portata avanti dagli stati come la base logica per l’accumulo e l’affinamento incessante delle loro armi nucleari. Nei dieci anni successivi al dissolvimento dell’Unione Sovietica, la Corte di Giustizia Internazionale, in risposta alle domande sorte immediatamente dopo il confronto della Guerra Fredda, trovò che la minaccia o l’uso delle armi nucleari fossero generalmente contrari al diritto umanitario ed alle regole della guerra. Tuttavia, dopo aver considerato il fondamento logico della deterrenza portato avanti da numerosi stati, la Corte non fu in grado di raggiungere una conclusione sulla legalità o meno di un’autodifesa che implicasse la minaccia o l’uso di armi nucleari quando “fosse in gioco la stessa sopravvivenza di uno Stato”. Sia la Corte che Papa Giovanni Paolo II vedevano essenzialmente il dilemma nucleare come una conseguenza comprensibile ma, in definitiva inaccettabile, di particolari circostanze storiche. Entrambi richiedevano come sua soluzione il disarmo nucleare.
Venticinque anni dopo il messaggio di papa Giovanni Paolo II e più di dieci anni dopo il parere della Corte, le prospettive per il disarmo nucleare sono più lontane che mai. Gli Stati che possiedono armi nucleari non si stanno impegnando in nessun negoziato o in serie iniziative verso l’eliminazione dei loro arsenali nucleari, al contrario, si concentrano sui “pericoli nucleari” posti dalla proliferazione di armi atomiche in nuovi stati. Non tanto la prevenzione delle guerre ma la semplice possibilità che un avversario possa ottenere armi nucleari, o lo si dipinga come tale, è diventata il pretesto per la guerra. Gli Stati Uniti, con l’esercito più potente della storia, hanno intrapreso un vasto sforzo per modernizzare le proprie forze nucleari ed i mezzi per mantenerle per un futuro indeterminato. Ipotizzando che i ruoli delle armi nucleari si estendano dagli attacchi preventivi contro i possessori di armi chimiche, biologiche o nucleari sino alla dissuasione dall’uso di tali “armi di distruzione di massa” contro le loro forze lanciate in spedizione, gli Stati Uniti hanno reso le proprie armi nucleari come parte integrante di una strategia esplicita di dominio militare globale.

L’insostenibile dilemma delle armi nucleari

Il 7 giugno 1982, il papa Giovanni Paolo II indirizzò un messaggio all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite sul tema del disarmo. Parlò finalmente dei pericoli e dei costi, materiali ed etici, di una corsa alle armi nucleari che, all’epoca, durava già da decenni. Papa Giovanni Paolo II osservò come, a partire dall’era atomica, l’insegnamento della Chiesa Cattolica avesse “deplorato la corsa agli armamenti” e “ciò nondimeno richiesto una progressiva, reciproca e verificabile riduzione degli armamenti”. Tuttavia, ancora in piena Guerra Fredda, papa Giovanni Paolo II trovò che “nelle attuali condizioni, la ‘deterrenza’ basata sull’equilibrio, certamente non come un fine in sé ma come un passo sulla strada verso un disarmo progressivo, potrebbe ancora essere giudicata moralmente accettabile. Egli sottolineò, comunque, che “…per assicurare la pace, è indispensabile non sentirsi soddisfatti del minimo, che è sempre suscettibile al pericolo reale di un’esplosione.” L’unica scappatoia da questo dilemma che riusciva a vedere sarebbe stato il simultaneo cammino sia verso il disarmo e la fine delle “disuguaglianze materiali e spirituali” che veicolano insicurezza e guerra.
L’8 Luglio 1996, la Corte Internazionale di Giustizia rese la sua opinione consultiva sulla legalità della minaccia o dell’uso delle armi nucleari. Nonostante la riduzione del confronto della Guerra Fredda nei cinque anni precedenti, i giudizi della Corte erano ancora segnati dai concetti di Guerra Fredda rispetto alla questione nucleare. Sottolineava il diritto inerente degli stati all’autodifesa e “la pratica comunemente chiamata ‘politica della deterrenza ’ alla quale una considerevole sezione della comunità internazionale ha aderito per molti anni”. Alla luce di tali fattori, la Corte trovò che “non si può giungere ad una definitiva conclusione circa la legalità o l’illegalità dell’uso delle armi nucleari da parte di uno Stato in una circostanza estrema di autodifesa, in cui sarebbe in gioco la sua stessa sopravvivenza”. Con questo, la Corte non accettò la deterrenza nucleare come legittima. La Corte sostenne "che la minaccia o l’uso delle armi nucleari fossero generalmente contrari alle regole diritto umanitario applicabili al conflitto armato, e in particolare ai principi e alle regole del diritto umanitario;” ma non fu in grado, all’interno della comprensione generale prevalente degli scopi degli arsenali nucleari nell’immediata vigilia della Guerra Fredda, di decidere in un senso o nell’altro sulla minaccia o sull’uso degli arsenali nucleari per opporsi agli attacchi che minacciassero la “stessa sopravvivenza” di uno stato.
Come papa Giovanni Paolo II, tuttavia, la Corte Internazionale di Giustizia trovò che la “deterrenza” fosse una condizione che non potesse essere tollerata in maniera indeterminata. “A lungo andare”, scriveva la Corte,

il diritto internazionale, e con esso la stabilità dell’ordine internazionale destinato a governare, sono costretti a sopportare la persistente mancanza di opinione rispetto all’esistenza di armi mortali come sono le armi nucleari. È di conseguenza importante metter fine a questo stato di cose: il disarmo completo a lungo promesso appare il mezzo più appropriato per conseguire tale risultato.

Alla luce di ciò, la Corte, interpretando l’obbligo del disarmo esposto nell’articolo VI del Trattato di Non Proliferazione Nucleare, stabiliva all’unanimità che

Esiste un obbligo di cercare in buona fede e portare a conclusione negoziati che portino al disarmi nucleare in tutti i suoi aspetti sotto un severo ed efficace controllo internazionale.

È evidente come la “deterrenza” nucleare presa in considerazione sia da papa Giovanni Paolo II che dai giudici della Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) fosse di tipo esistenziale, essenziale laddove una guerra tra stati armati con migliaia di armamenti nucleari è stata “scoraggiata” dalla natura delle stesse armi. Essi consideravano la deterrenza nucleare nella migliore delle ipotesi come un fosco prodotto di una circostanza storica particolarmente sfortunata, ed i possessori di armi nucleari, forse né criminali né immorali, come obbligati ad eliminare tale minaccia per tutto il genere umano il più rapidamente possibile. È implicito in entrambe le opinioni l’assunto fondamentale che le armi nucleari e il dilemma nucleare siano casi straordinari, poiché entrambi minacciano di distruggere la civiltà umana e di erodere i suoi pilastri normativi con la loro stessa esistenza.
Ma l’accettazione de facto della “deterrenza” è equivalsa alla tolleranza di arsenali nucleari grandi e permanenti così come delle strutture annesse agli armamenti nucleari che li sostengono. Tali arsenali, benché ridotti dai livelli estremi raggiunti durante la Guerra Fredda, sono oggettivamente molto grandi, ancora sufficienti per distruggere l’intera civiltà in pochi giorni.

Le riduzioni delle riserve nucleari dopo la Guerra Fredda: il vero significato dei numeri

Cominciando nei primi anni ’90, gli Stati Uniti ridussero il numero di armi nucleari nel loro arsenale abbassando lo stato di allerta di migliaia di armi nucleari e smantellandone una porzione. Oggi, nonostante ciò, gli Stati Uniti hanno ancora quasi 5000 testate operative, quasi altrettante di riserva, e in deposito le componenti di base di altre migliaia. Gli Stati Uniti hanno ritenuto che tali riduzioni fossero sufficienti per rispondere a qualsiasi obbligo di disarmo che essi avessero.

È importante pensare a che cosa significhino realmente questi numeri. Il Generale Gorge Lee Butler, comandante in congedo del Comando Strategico degli Stati Uniti, tra coloro che hanno più intima conoscenza delle armi nucleari statunitensi, di individuazione dei bersagli e di strategia, ha così osservato:

è imperativo riconoscere come tutti i numeri di armi nucleari che siano al di sopra dello zero siano completamente arbitrari, che contro un obiettivo urbano anche solo un’arma rappresenta un orrore inaccettabile, che venti armi basterebbero per distruggere le maggiori venti città russe, con un totale di venticinque milioni di persone, un sesto dell’intera popolazione russa; e perciò che arsenali nell’ordine di centinaia, ancor meno nell’ordine di migliaia, non possono perseguire alcun obiettivo strategico significativo… l’obiettivo dello START III [Trattato sulla Riduzione delle Armi Strategiche] delle 2000 testate operative è una riduzione insignificante in termini di devastazione a simili livelli.

Il Trattato USA – Russia sulle Riduzioni dell’Offensiva Strategica del 2002, che sostituì il processo previsto dallo START, richiede entro il 2012 soltanto una riduzione tra 1700 e 2200 testate nucleari strategiche dispiegate. Non richiede la distruzione di una sola testata o di un solo sistema di lancio. I progetti attuali chiedono agli USA di mantenere un arsenale di migliaia di armi nucleari per decenni a venire.
Nel suo studio sul modo in cui gli imperativi organizzativi hanno elaborato un pensiero sulle armi nucleari, Lynn Eden ha riscontrato come l’attenzione univoca sul compito della distruzione “certa” e il “bipensiero” [cfr. Orwell n.d.t.] separato generato da un supposto piano “razionale” per una guerra apocalittica sfociasse in sistematiche sottovalutazioni dei loro terribili effetti. Un risultato, sostiene Lynn Eden, è la “convenzionalizzazione” delle armi nucleari, il fallimento nel distinguerle dalle altre armi e dagli altri tipi di conflitto. Nella burocrazia che pianifica la guerra degli USA, le armi nucleari “sono trattate come se fossero armi convenzionali – come se causassero danni da esplosione e non da fuoco di massa o altri mezzi “meno” convenzionali, come se la loro forza distruttrice dovesse essere misurata in tante tonnellate di dinamite e così via.
Durante la Guerra Fredda, questo portò i pianificatori sia ad esagerare le richieste di armi nucleari sia a spingere ai limiti della consapevolezza il pieno significato di una guerra che impiegasse i grandi arsenali che essi avevano costruito. Dopo la Guerra Fredda, questo tipo di pensiero portò alla tentazione di usare l’apparato di capacità militari altamente sofisticate e distruttive che la corsa agli armamenti delle superpotenze aveva generato come mezzo per consolidare ed espandere il potere nazionale. A tale tentazione è stato particolarmente difficile resistere da parte degli Stati Uniti, che uscivano dalla Guerra Fredda con un’impareggiabile capacità di dispiegare forze convenzionali in tutto il mondo e con un’ineguagliabile capacità economica e tecnologica di mantenere e raffinare il proprio arsenale strategico, comprese le proprie armi nucleari.

Deterrenza: “lo scivoloso versante concettuale”

Il Generale Butler ha descritto la deterrenza come uno “scivoloso versante convenzionale”, un artificio retorico ed intellettuale che “dà una facile copertura semantica alle armi nucleari, mascherando gli orrori del loro impiego con i veli incantatori dell’infallibilità.” La “convenzionalizzazione” del pensiero sulle armi nucleari, sintomatica rispetto ai piani militari persino all’ombra di un confronto tra superpotenze che ha sempre portato con sé il rischio di una guerra nucleare globale, è diventata ancora più caratteristica nella dottrina e nello sviluppo della tecnologia statunitense negli ultimi anni. Staccata da un contesto di Guerra Fredda, nel quale era implicitamente collegata alla possibilità di un conflitto maggiore tra superpoteri con armi atomiche, la “deterrenza” è diventata l’etichetta dell’uso delle armi nucleari per intimorire, costringere o punire potenziali avversari che potrebbero o non potrebbero avere armi nucleari proprie in una grande varietà di circostanze. Come dichiarato nel documento Deterrence Operations Joint Operating Concept del Dipartimento di Difesa degli Stati Uniti del 2006

“Le armi nucleari forniscono al Presidente i mezzi estremi per porre termine immediatamente ad un conflitto in termini favorevoli agli Stati Uniti. Esse gettano una lunghissima ombra sopra la decisione razionale degli avversari nel considerare la coercizione, l’aggressione, l’uso delle armi di distruzione di massa e un crescente corso di azioni .

Le armi nucleari supportano in definitiva massicce forze di spedizione statunitensi in tutto il mondo, mettendo di fronte agli avversari degli Stati Uniti che potrebbero voler scoraggiare un attacco statunitense usando armi nucleari, chimiche o biologiche alla scelta della sconfitta ad opera di forze convenzionali americane superiori o di affrontare il peso completo dell’arsenale strategico americano, comprese le sue armi nucleari. Come si legge nel documento Deterrence Operations Joint Operating Concept, “La deterrenza dell’uso sia iniziale che intermedio delle armi di distruzione di massa resterà importante poiché permette alle forze unite di potenziare la preminenza su larga scala delle operazioni ad armi combinate. E come ha chiarito un recente documento di pianificazione a lungo termine della Air Force, le armi nucleari rimangono parte del “deterrente” strategico che fornisce tale “potenziamento”.

“Il NR CONOPS (Concetto di operazioni per la risposta nucleare) fornirà un ombrello deterrente credibile sotto il quale operano le forze convenzionali e, se la deterrenza fallisce, colpirà un’ampia varietà di obiettivi importanti con una forza nucleare affidabile, reattiva e letale… Gli effetti desiderati includono: la Libertà per gli Stati Uniti e per le forze Alleate di manovrare, utilizzare e attaccare a volontà…”.

Questa ulteriore confusione nei confini già incerti della “deterrenza” nucleare avviene nel contesto di una politica dichiarata – e di una pratica – di ciò che il governo degli Stati Uniti chiamano guerra “preventiva”. La Strategia per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti d’America, pubblicata nel settembre del 2002 affermava che gli Stati Uniti “devono essere preparati per fermare gli stati canaglia ed i loro clienti terroristi prima che siano in grado di minacciare con armi di distruzione di massa o usarle contro gli Stati Uniti ed i nostri alleati ed amici”. La Strategia Militare Nazionale degli Stati Uniti del 2004 dichiara che “l’impatto potenzialmente catastrofico di un attacco contro gli Stati Uniti, i loro alleati ed i loro interessi potrebbero rendere necessarie azioni di autodifesa per anticipare gli avversari prima che questi possano attaccare”. Di fatto, questa è una politica di guerra preventiva, poiché immagina di agire per eliminare le minacce “prima che esse siano pienamente organizzate”. Come ha dimostrato la guerra in Iraq, gli Stati Uniti rivendicano il diritto di decidere, unilateralmente, quando una “minaccia” sia sufficiente per giustificare un’azione militare.
La politica sugli armamenti nucleari degli Stati Uniti e lo sviluppo della tecnologia sono anche modellati da una più ampia dottrina militare che va ben oltre qualsiasi significativa nozione di deterrenza, nel tentativo di raggiungere il dominio militare globale e di mantenerlo per l’immediato futuro. Secondo la Strategia Militare Nazionale degli Stati Uniti d’America del 2004, “La meta è un dominio ad ampio raggio (FSD: full spectrum dominance) – la capacità di controllare qualsiasi situazione o sconfiggere qualsiasi avversario nell’ambito delle operazioni militari”. Come dichiarato nella Strategia per la Sicurezza Nazionale del 2002, “Le nostre forze saranno abbastanza forti per dissuadere potenziali avversari dal perseguire un accumulo militare con la speranza di superare o eguagliare il potere degli Stati Uniti”.
La “convenzionalizzazione” delle armi nucleari ha preso una forma concreta negli sforzi per rendere le minacce delle armi nucleari più “credibili” nella ricerca della possibilità di prevedere meglio i loro effetti, di raggiungere una maggiore precisione nel loro uso e di integrarle nei sistemi e nei metodi usati per selezionare e puntare uno schieramento di potenzialità non nucleari sempre più potenti su scala mondiale. Il Deterrence Operations Joint Operating Concept afferma che, anche se progressi negli armamenti non nucleari potessero integrare le potenzialità nucleari entro la metà del prossimo decennio,

… le armi nucleari che sono affidabili, precise e flessibili, conserveranno un vantaggio qualitativo nella loro capacità di dimostrare la fermezza degli Stati Uniti sulla scena mondiale. Migliorare la nostra capacità di integrare operazioni di attacco nucleari e non nucleari dovrebbe ulteriormente migliorare queste potenzialità. Fornire al Presidente una gamma di opzioni migliorata, sia per limitare il danno collaterale sia per negare agli avversari un riparo dall’attacco, aumenterà la credibilità delle minacce nucleari statunitensi, migliorando così la deterrenza e rendendo così meno probabile l’uso di armi nucleari.
Inoltre, le armi nucleari permettono agli Stati Uniti di portare a compimento il disturbo su vasta scala di uno stato-nazione avversario con risorse nazionali statunitensi limitate.

Per fornire questa “gamma di opzioni migliorata”, gli Stati Uniti hanno intrapreso una vasta campagna per modernizzare le loro bombe nucleari, i loro missili e gli altri sistemi di lancio a lungo raggio, la capacità industriale per progettare, testare e dispiegare i tipi di armi nucleari esistenti e quelli nuovi, ed i sistemi usati per pianificare e mettere in atto attacchi strategici nucleari e non nucleari.

Tali attività includono:

• Modifica delle testate nucleari esistenti per conseguire potenzialità addizionali.
Gli Stati Uniti, verso la fine degli anni ’90, hanno modificato e dispiegato un’arma nucleare esistente, la bomba B61-11, per darle capacità di penetrazione a terra. E’ stato possibile ottenere una varietà di potenzialità aggiuntive modificando progetti di armi già testate senza il bisogno di ulteriori test di esplosioni nucleari nel sottosuolo. Nonostante il Congresso abbia respinto parecchie proposte di armi nucleari con nuove potenzialità, l’attuale amministrazione continua a richiedere il finanziamento di nuovi concetti di armi nucleari e i progetti per nuove infrastrutture di supporto includono la possibilità di progettare e realizzare armi con nuove potenzialità.

• Riattrezzamento delle infrastrutture per la ricerca, il progetto e la produzione di armi nucleari per consentire il mantenimento di un arsenale nucleare ridotto che ancora conta migliaia di armi per i decenni a venire, permettendo nel frattempo la produzione di armi nucleari per le missioni “post guerra fredda” immaginate dai progettisti militari.
Il Piano Strategico dell’Agenzia Nucleare per la Sicurezza Nazionale ha dichiarato che gli Stati Uniti intendono mantenere a tempo indeterminato un’“infrastruttura sensibile” sufficiente per “consentire una tempestiva ricostituzione a livelli di forza più ampi, se necessario; mettere in campo testate nucleari nuove o modificate per rispondere ad una “sorpresa” o per far fronte a nuove richieste militari, e, per assicurare la prontezza per condurre un test nucleare nel sottosuolo, se necessario. Gli Stati Uniti stanno costruendo una nuova generazione di strutture di ricerca sulle armi nucleari. Stanno anche lanciando strutture aggiuntive “temporanee” per realizzare componenti di testate mentre perseguono un piano più ambizioso, ribattezzato “Complex 2030”, con lo scopo di modernizzare l’intero complesso di armi per permettere la produzione di armi nucleari per molti decenni a venire.

• Esplorazione di un diverso modello per il progetto, la produzione e la certificazione di armi nucleari chiamato “testata a sostituzione sicura”.
Lo scopo è un approccio che otterrà una maggiore affidabilità combinando tecniche di fabbricazione moderne con margini di progettazione più ampi, in alcune circostanze sfruttando le richieste meno impegnative in termini di resa e peso di quanto non fosse considerato necessario per alcune missioni della Guerra Fredda. Se avrà successo, il programma potrebbe fornire un arsenale nucleare a lunga durata con potenzialità comparabili alle armi esistenti e forse anche potenzialità aggiuntive create per nuove missioni. Un grafico del Dipartimento di Difesa che delinea il futuro della riserva nucleare prevede che gli Stati Uniti “svilupperanno testate per i sistemi di lancio di nuova generazione” tra il 2010 e il 2020.

• Sistemi di riammodernamento usati per progettare ed eseguire attacchi strategici.
Questi includono aggiornamenti rispetto al sistema strategico di pianificazione della guerra per “produrre opzioni pianificate preventivamente o in maniera tale che si possano adattare” ad “Armi di distruzione di massa (WMD) e obiettivi Nucleari, Chimici o Biologici (NBC) usando armi nucleari e/o convenzionali” e un Tunnel Target Defeat Advanced Concept and Technology Demonstration (programma di test nucleare sotterraneo) che “svilupperà strumenti di pianificazione che miglioreranno la sicurezza del belligerante nel selezionare la più piccola carica nucleare necessaria per distruggere strutture sotterranee riducendo al minimo i danni collaterali”.

• Modernizzazione dell’attuale “triade” di armi nucleari liberate da missili balistici lanciati da terra e da mare e da aerei, con vantaggi crescenti nelle potenzialità militari.
La ricerca sulla propulsione dei missili balistici, sulle tecnologie del veicolo di guida e di rientro sta procedendo, contribuendo sia alla modernizzazione dei sistemi di sgancio già esistenti, sia allo sviluppo dei sistemi della prossima generazione. Si stanno modernizzando missili di terra minuteman ( dal dizionario: un sistema di armi strategiche che usa un missile guidato a calibratura intercontinentale; i missili sono dotati di testate nucleari e distribuiti in silos sotterranei temprati n.d.t.), per migliorare l’accuratezza e l’affidabilità ed estendere la loro durata in servizio. Si sta ammodernando anche l’infrastruttura di supporto per permettere un più rapido riposizionamento del bersaglio. Si stanno modernizzando anche missili balistici trident lanciati da sottomarini. I miglioramenti includono aggiornamenti del sistema di guida ed i cambiamenti nel sistema di caricamento, fusione ed esplosione della testata W76 per permettere l’uso dell’esplosione a terra. Si stanno fornendo i sottomarini d’attacco di nuovi sistemi portatili di controllo del fuoco per lanciare i missili cruise Tomahawk, progettati per offrire “maggiore flessibilità e capacità di riposizionare il bersaglio”. Anche i bombardieri a lungo raggio B-2 e la Rivista quadriennale della Difesa del 2006 richiede “che si metta in campo una nuova potenzialità di attacco da terra a lungo raggio entro il 2018 mentre si stanno modernizzando le forze degli attuali bombardieri. L’Air Force sta anche cominciando studi teorici per un missile cruise migliorato a carica nucleare, esaminando le potenzialità come ad esempio un maggiore raggio d’azione, un’accresciuta accuratezza e sopravvivenza in ambienti difficili e “non accessibili”.
Negli ultimi anni, l’Air Force ha condotto un’analisi delle alternative per il futuro dei suoi missili balistici intercontinentali, chiedendo ai fornitori di considerare approcci che offrano nuove potenzialità quali una migliorata manovrabilità del veicolo nel rientro, l’adattamento della traiettoria e una maggiore precisione. Il programma è quello di “mantenere la superiorità qualitativa degli Stati Uniti nelle capacità belliche nucleari nell’arco temporale che va dal 2020 al 2040”.

• Sviluppare una capacità di “Attacco Globale” che permetterà il lancio di armi convenzionali o nucleari ovunque sulla terra in poche ore o addirittura meno.
Mentre mantengono esplicitamente uno spettro di “opzioni di attacco nucleare che variano in scala, portata e scopo”, i progettisti militari statunitensi sperano anche di sfruttare i progressi nella tecnologia spaziale, nella precisione dei missili, nel calcolo e nelle comunicazioni per sviluppare armi convenzionali che possano colpire ovunque sulla terra in termini di ore. Le opzioni convenzionali potrebbero includere l’uso di missili strategici esistenti come l’MX “Peacekeeper” o lo sviluppo di nuovi sistemi, come veicoli di lancio riutilizzabili che trasportino parecchi veicoli di rientro in grado di liberare una varietà di armi. Benché i piani attuali richiedano di armarsi con nuovi sistemi esotici di lancio con carichi utili non nucleari, questi programmi implicano una continua ricerca sui missili, sulla guida e sul volo supersonico, tecnologie che potrebbero anche essere adattate per sistemi di lancio di armi nucleari più avanzati.
Gli ufficiali statunitensi sostengono che la ricerca mirata a “rendere le nostre armi nucleari più a misura del tipo di bersaglio” renderà l’uso delle armi nucleari meno probabile. Potrebbe essere che l’intenzione nelle menti degli ufficiali statunitensi di rendere le armi nucleari “più a misura del tipo di bersaglio” mentre allo stesso tempo stanno sviluppando più potenti e precisi sistemi in grado di lanciare armi convenzionali o nucleari con una copertura globale, significhi rendere l’uso delle armi nucleari meno probabile. Ma si intende fare così soprattutto rendendo più credibili le minacce di violenza degli Stati Uniti, riducendo perciò la probabilità che gli avversari vengano meno nel conformarsi di fronte alle loro minacce. Si tratta di poco più che pura politica della forza travestita dalla retorica della deterrenza.
L’insistenza degli Stati Uniti su un arsenale nucleare costantemente modernizzato, nonostante la loro posizione di vantaggio nell’ambito delle forze convenzionali, offre un continuo fondamento logico per l’immobilismo nel disarmo. Siano essi alleati o potenziali avversari degli Stati Uniti, gli altri stati possono affermare che se lo stato armato più pesantemente ha un diritto alle armi nucleari per assicurarsi definitivamente la sua “sicurezza”, anch’essi lo faranno. La fine della Guerra Fredda offrì un’occasione per eliminare gli arsenali nucleari durante un periodo di tensione relativamente bassa tra gli stati più potenti del mondo. Oggi, quella finestra si sta rapidamente chiudendo. Stiamo entrando in un nuovo periodo di intensa competizione economica e militare in un mondo di risorse in calo, con un numero di stati che verosimilmente possono avere arsenali grandi e ad alta tecnologia che includono gli armamenti nucleari. Vi è la crescente possibilità di nuovi confronti nucleari che potrebbero oscurare la Guerra Fredda nella loro complessità e nella probabilità che le armi nucleari siano usate. E’ pura presunzione credere che i conflitti del 21° secolo possano essere “gestiti” in una maniera tale che si eviti il disastro.

La verità sulle armi nucleari

Il linguaggio usato dai politici statunitensi negli ultimi anni manifesta inquietanti verità sulle armi nucleari, verità che forse sono più facili da vedere da una distanza maggiore da una posizione di resistenza nucleare propria della Guerra Fredda la cui natura ed immediatezza onnicomprensiva, combinata con un estremismo ideologico da entrambe le parti, ha spinto troppo spesso al limite il pensiero razionale. Il documento Deterrence Operations Joint Operating Concept si vanta del fatto che le armi nucleari offrono agli USA opzioni di risposta proporzionate e sproporzionate che un avversario non può contrastare”, e “spacciano” come beneficio il fatto che “… le armi nucleari permettano agli Stati Uniti di compiere rapidamente il completo smembramento di uno stato-nazione avversario attraverso limitate risorse statunitensi “. Il Rapporto Quadriennale della Rivista della Difesa proclama che l’obiettivo militare complessivo degli Stati Uniti è quello di “possedere una sufficiente capacità per convincere qualsiasi avversario potenziale del fatto che non possa prevalere in un conflitto e che impegnarsi in un conflitto implicherebbe rischi strategici sostanziali che andrebbero oltre la sconfitta militare”.
In questi passaggi, gli uomini di potere statunitensi stanno solo dicendo ciò che è sempre stato vero sulle armi nucleari: il loro valore di “deterrenza” sta nel loro eccesso, nel loro orrore, nel loro terrore, nella loro capacità di distruggere qualsiasi cosa abbiano costruito gli esseri umani, qualsiasi valore, qualsiasi amore. Le loro parole, e le scelte politiche che essi manifestano, chiamano in causa l’impegno degli Stati Uniti per i principi fondamentali del diritto internazionale, particolarmente quelli che limitano l’uso della forza a quello proporzionato ad un attacco armato e necessario per difendersi da questo, un principio che la Corte di Giustizia Internazionale ha considerato applicabile tanto alle armi nucleari quanto a qualsiasi altro tipo di arma:

“C’è una legge specifica per la quale l’autodifesa giustificherebbe soltanto misure che siano proporzionate all’attacco armato e necessarie per rispondere ad esso, una legge ben fondata nel diritto consuetudinario internazionale”.

Nella loro celebrazione delle armi nucleari e del loro potere, nascosta nel gergo freddo e distante sviluppato da generazioni di burocrati nucleari per negare a se stessi e al mondo ciò che è davvero in gioco, questi governanti statunitensi esemplificano anche quello che il mondo è diventato, visto chiaramente da Gandhi 60 anni fa:

“Per quanto io possa vedere, la bomba atomica ha indebolito il sentimento più puro che ha sostenuto a lungo il genere umano. C’erano le cosiddette leggi della guerra che la rendevano tollerabile. Ora sappiamo la verità. La guerra non conosce nessuna legge se non quella del più forte…”.

Non ci sono stati “sicuri”, “affidabili”. Come ha scritto nel proprio rapporto la Commissione sulle Armi di Distruzione di Massa guidata da Hans Blix, “I Governi che possiedono armi nucleari possono agire in maniera responsabile o avventata. I governanti potrebbero anche cambiare nel tempo. Ventisettemila armi nucleari non sono una teoria astratta”. In ogni stato con armamenti nucleari, vi sono interessi che traggono profitti direttamente dalle imprese di armi nucleari, ed ulteriori interessi che traggono profitti indirettamente da una politica della forza sostenuta in definitiva dalla minaccia dell’uso delle armi nucleari. Non dobbiamo più permettere a quei pochi potenti che hanno voce in capitolo nelle linee di condotta degli stati con armamenti nucleari di nascondersi dietro la retorica della “deterrenza” mentre essi usano le armi nucleari per mantenere o espandere il loro potere economico e politico. L’unico ostacolo a questo è un chiaro e preciso messaggio dalla gente comune, e dalle organizzazioni della società civile che sostengono di rappresentarla, che giocare a dadi per vincere con il futuro del pianeta è assolutamente inaccettabile. Dobbiamo richiedere la fine dell’era nucleare prima che sia essa a farlo con noi.

Traduzione: Emilia Maffeis

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