Armi nucleari ed Etica Una Posizione inequivocabile
Discorso alla conferenza (consiglio) dei vescovi cattolici
“Etica, politica e proliferazione delle armi di distruzione di massa”
Washington DC 11novembre 2005
Quando le prime bombe atomiche distrussero Hiroshima e Nagasaki nel 1945, difficilmente si sarebbe potuto immaginare che sessant’anni più tardi più di 30.000 armi nucleari sarebbero esistite. La Guerra Fredda è finita da molto tempo ma metà della popolazione mondiale vive ancora sotto un governo che brandisce armi nucleari. Sino ad ora, sono stati spesi più di dodicimila miliardi di dollari per questi strumenti di assassinio di massa e questo è un furto a danno dei popoli più poveri del mondo. L’attuale crisi delle armi nucleari ha in effetti condotto alla seconda era nucleare.
Prima di tutto, dobbiamo comprendere le dimensioni della crisi. Gli storici stati che dispongono di armi nucleari –Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia e Cina – stanno rendendo le armi nucleari strumenti permanenti delle loro dottrine militari. L’India, il Pakistan ed Israele si sono uniti al “club nucleare”. La Corea del Nord ha cercato di entrarvi. Si sospetta che l’Iran stia tentando di acquisire la capacità di convertire energia nucleare per scopi pacifici in armi nucleari. La NATO sta mantenendo armi nucleari americane sul territorio di sei nazioni europee e gli Stati Uniti stanno preparando testate a “sostituzione affidabile” con nuove potenzialità militari.
Gli USA e la Russia hanno posto una nuova enfasi sul ruolo di combattimento delle armi nucleari. Gli stati con armi atomiche rifiutano di rinunciare ai loro arsenali nucleari e fingono di stupirsi che altre nazioni, vedendo che le armi nucleari sono diventate la valuta di scambio del potere nel mondo moderno, stanno cercando di ottenerle. Così stanno facendo i terroristi. Nessuna delle città più importanti del mondo è sicura dalla minaccia di un attacco nucleare. Il rischio di incidenti si sta moltiplicando ogni giorno. Sono queste le caratteristiche della Seconda Era Nucleare.
Pensando che il problema delle armi nucleari fosse sparito alla fine della Guerra Fredda, la maggior parte dell’opinione pubblica si dimentica dei nuovi pericoli nucleari. Il Segretario Generale dell’ONU Kofi Annan sta cercando di avvertire i governi e l’opinione pubblica ma pochi stanno ascoltando. Nel caso di molti politici essi non sanno neppure di non conoscere la più grande minaccia alla sicurezza umana che il mondo abbia mai conosciuto. Essi non riconoscono l’esistenza prolungata di enormi scorte di armi nucleari, la maggior parte delle quali con un potere distruttivo maggiore di quello della bomba atomica che distrusse Hiroshima e Nagasaki.
Le armi nucleari sono strumenti di pura malvagità. Un’esplosione nucleare, sia essa pianificata o frutto di un incidente ucciderebbe un enorme numero di persone, creerebbe caos internazionale e danneggerebbe l’economia mondiale.
Le armi nucleari sono prive della benché minima traccia di legittimità morale. Importanti giuristi considerano illegale il loro uso in qualsiasi circostanza possibile. Gli stati con arsenali nucleari stanno deliberatamente mettendo a repentaglio le regole stabilite dalla legge nel mantenerli.
E’ sconcertante considerare quanto le enormi somme spese in armamenti nucleari avrebbero potuto fare in termini di educazione, salute ed altri necessità per lo sviluppo dei popoli ovunque. Gli Stati Uniti spendono 110 milioni di dollari ogni giorno nel mantenimento delle proprie potenze nucleari e domandando denaro dal Congresso per altre. Questo porterà la spesa militare mondiale, che superava i mille miliardi di dollari nel 2004, ad un aumento del 20% in due anni.
I governi hanno buttato dalla finestra la democrazia nel loro zelo per gli armamenti. In nessun luogo i cittadini hanno chiesto a gran voce le armi atomiche. Al contrario, o i governi le hanno imposte o hanno manipolato l’opinione pubblica per fare in modo che l’opinione pubblica le accettasse silenziosamente. Un sondaggio effettuato nel 2002 su cittadini di undici paesi, Stati Uniti e Canada compresi, ha mostrato che l’86% della gente è d’accordo fortemente (72%) o in buona parte (14%) sul fatto che tutte le nazioni dovrebbero firmare un trattato ber bandire tutte le armi nucleari. I Governi stanno ignorando tale parere; l’opinione pubblica, fatta eccezione dello zoccolo duro di alcuni gruppi di attivisti, non sta chiedendo in modo attivo che i governi si muovano in direzione di un simile trattato. Al contrario, l’opinione pubblica sta dicendo che dovremmo occuparci degli aspetti peggiori della povertà e risanare l’ambiente.
In questa nuova era nucleare, quando l’attenzione pubblica è fiaccata dalle ripercussioni degli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, compresi gli attacchi terroristici sui sistemi di trasporto di massa di Madrid e di Londra, l’intera struttura del disarmo nucleare rischia di essere spazzata via. La Conferenza sulla revisione del Trattato di Non Proliferazione del 2005 è finita in un punto morto tra coloro che possiedono armi atomiche e coloro che non le possiedono.
Questa impasse è così seria che, dal documento prodotto dai leader mondiali al summit che ha segnato il sessantesimo anniversario delle Nazioni Unite, è stato tagliato qualsiasi riferimento al disarmo ed alla non proliferazione a causa dell’ostinazione di un esiguo numero di Stati.
Intanto, il Trattato sul bando totale degli esperimenti nucleari rimane fermo. Le riduzioni delle armi strategiche tra USA e Russia, che insieme possiedono il 96 per cento di tutte le armi atomiche, si sta atrofizzando. I lavori in corso della Conferenza sul Disarmo a Ginevra sono paralizzati. Un tentativo da parte di alcuni paesi al Comitato sul Disarmo delle Nazioni Unite per dare inizio ai negoziati è stato fatto naufragare, ancora, ad opera di pochi potenti.
Il tempo sta scadendo . La Conferenza di Pugwash su Scienza e Affari Mondiali, che ha vinto il Nobel del 1995 per il proprio lavoro sul disarmo nucleare, fa notare:
Le difficoltà e addirittura la possibilità di un collasso del regime di non proliferazione nucleare, l’indebolimento in corso dei tabù sull’uso delle armi nucleari a partire dal 1945 sono andati di pari passo con i pericoli rappresentati da un gruppo terroristico che può far esplodere un dispositivo esplosivo nucleare: tutto ciò si combina per produrre una ricetta per un disastro assoluto.
Benché la voce della religione si sia alzata contro le armi nucleari, il volume di quella voce ha bisogno di essere alzato alla luce degli sviluppi della Seconda Era Nucleare. Le religioni del mondo hanno bisogno di proclamare che le armi atomiche e la sicurezza umana non possono coesistere.
L’insegnamento cattolico definitivo sulla deterrenza nucleare è fondato sul Vaticano Secondo e sulle successive dichiarazioni di Giovanni Paolo II. Così insegnava il Concilio Vaticano Secondo:
Qualsiasi atto di guerra mirato indiscriminatamente alla distruzione di intere città o di aree estese insieme alla loro popolazione è un crimine contro Dio e lo stesso uomo. Merita una condanna chiara e decisa. (Costituzione Pastorale sulla Chiesa nel Mondo Moderno, N° 80).
Il Catechismo della Chiesa Cattolica, pubblicato nel 1992 in occasione del trentesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano, affermava la validità permanente della legge morale durante il conflitto armato. Dichiarava: “Il semplice fatto che la guerra sia purtroppo scoppiata non significa che tutto diventi lecito tra le parti belligeranti”. Lo stesso mette in guardia contro la guerra moderna con le occasioni che offre ti commettere crimini contro Dio e l’uomo attraverso l’uso di armi atomiche, biologiche e chimiche. Il Catechismo richiama anche l’attenzione ad una “considerazione rigorosa” che deve essere data alle richieste di legittima difesa, dichiarando: L’uso di armi non deve produrre mali e disordini più gravi del male che si intende eliminare. La potenza dei moderni mezzi di distruzione grava pesantemente nel valutare tale condizione”.
Anche se svilupparono l’interesse per la realizzazione di una autorità pubblica universale per mettere la guerra fuori legge, i Padri del Vaticano II accettarono piuttosto malvolentieri la strategia della deterrenza nucleare. L’accumulo di armi, dissero, serve “come deterrente ad un possibile attacco nemico”. Così “una specie di pace” viene mantenuta, anche se l’equilibrio che risulta dalla corsa agli armamenti minaccia di condurre alla guerra non di eliminarla. Papa Giovanni Paolo II riaffermò la posizione Cattolica sulla deterrenza nucleare in un messaggio alla Seconda Sessione Speciale sul Disarmo delle Nazioni Unite nel 1982:
Nelle attuali condizioni, la “deterrenza” basata sull’equilibrio, certamente non come una fine in sé ma come un passo sulla strada verso un disarmo progressivo, potrebbe ancora essere giudicata moralmente accettabile. Ciò nonostante, per assicurare la pace, è indispensabile non sentirsi soddisfatti del minimo, che è sempre suscettibile al pericolo reale di un’esplosione.
In questa dichiarazione, si vede immediatamente che la deterrenza, per essere accettabile, deve condurre a misure di disarmo. Di conseguenza, la deterrenza come unica politica permanente non è accettabile. La Lettera Pastorale dei Vescovi Americani del 1983 su Guerra e Pace sollevò questo tema. Anche se i vescovi espressero un forte “no” alla guerra nucleare, dichiarando che una risposta nucleare ad un attacco convenzionale è “moralmente ingiustificabile”, ed erano scettici rispetto al fatto che nessuna guerra nucleare potesse evitare l’uccisione massiccia di civili, i vescovi diedero una “accettazione morale rigorosamente condizionata della deterrenza nucleare”.
In un seguito della loro lettera cinque anni dopo, i vescovi stabilirono i criteri da adottare per continuare questa base moralmente giustificabile per la deterrenza. Per esempio, i Vescovi dissero che, per essere accettabile, la deterrenza nucleare non si sarebbe potuta basare sull’avere come obiettivo popolazioni urbane. I vescovi si opposero anche ad armi che univano portata, precisione testate multiple in una posizione credibile per poter sferrare il primo colpo. Un seguito successivo del 1993, “Il raccolto della Giustizia viene seminato in Pace”, ripeteva che “la deterrenza nucleare potrebbe essere giustificata soltanto come un passo sulla strada verso il disarmo progressivo”. I vescovi sostennero che “la sicurezza sta nell’abolizione delle armi nucleari e nel rafforzamento della legge internazionale”.
Nel prosieguo degli anni novanta, divenne chiaro che la politica statunitense non si stava movendo verso il disarmo nucleare. Anche prima dell’arrivo dell’Amministrazione Bush nel 2001, gli Stati Uniti rifiutarono una politica “no-first-use” ed adottarono strategie di obiettivi flessibili per l’uso delle armi nucleari o in modo preventivo o in risposta ad attacchi chimici o biologici. La Nuclear Posture Review dell’amministrazione Bush ha giustificato il mantenimento delle armi nucleari con strategie di combattimento.
Nel 1998, vedendo realizzarsi l’istituzionalizzazione della deterrenza nucleare, 75 vescovi cattolici firmarono una dichiarazione che criticava gli Stati Uniti per il fatto di andare oltre le politiche originarie di deterrenza nucleare “alle quali abbiamo dato malvolentieri la nostra approvazione nel 1983”. I vescovi dissero di essere dolorosamente consapevoli che molti uomini politici credono che il possedere armi atomiche sia vitale per la sicurezza nazionale. “Siamo convinti, tuttavia, che non sia così. Al contrario, esse rendono il mondo un luogo più pericoloso”.
Non possiamo rimandare ulteriormente. La deterrenza nucleare come politica nazionale deve essere condannata come moralmente ripugnante perché è la scusa e la giustificazione per il possesso continuo e lo sviluppo ulteriore di queste armi terrificanti.
Nel 1997, il Rappresentante Permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite, l’Arcivescovo Renato Martino, si muoveva nella stessa direzione quando, parlando al Comitato sul Disarmo delle Nazioni Unite, disse:
Le armi nucleari sono incompatibili con la pace che cerchiamo per il ventunesimo secolo. Non possono essere giustificate. Meritano una condanna. La salvaguardia del Trattato sulla Non Proliferazione Nucleare richiede un impegno chiaro per la loro abolizione. …Questa è una sfida morale, una sfida legale e una sfida politica. Tale sfida multipla deve essere affrontata dalla cura per la nostra umanità.
Nel suo discorso dell’anno successivo, l’Arcivescovo Martino dichiarò:
Tra tutti i presupposti che la vecchia Guerra Fredda ha portato nella nuova era, il più pericoloso è credere che la strategia di deterrenza nucleare sia essenziale per la sicurezza nazionale. Mantenere la deterrenza nucleare nel 21° secolo non aiuterà ma ostacolerà la pace. La deterrenza nucleare impedisce il vero disarmo nucleare. Mantiene un’egemonia inaccettabile sullo sviluppo non nucleare per metà delle più povere popolazioni del mondo. E’ un ostacolo fondamentale al raggiungimento di una nuova era di sicurezza globale.
Il portavoce della Santa Sede, di nuovo richiese “l’abolizione degli armamenti nucleari attraverso un bando universale, non discriminatorio con un’ispezione da parte di un’autorità universale”.
Alla Conferenza di revisione del Trattato sulla Non Proliferazione del 2005, la Santa Sede ha fatto chiarezza rispetto al fatto che la deterrenza nucleare, nel contesto moderno, non può rivendicare nessun tipo di legittimità morale. L’Arcivescovo Celestino Migliore, Rappresentante Permanente della Santa Sede all’ONU, dichiarava:
Quando la Santa Sede espresse la sua accettazione limitata della deterrenza nucleare durante la Guerra Fredda, era alla chiara condizione che la deterrenza fosse solo un passo sulla strada verso il progressivo disarmo nucleare. La Santa Sede non ha mai approvato la deterrenza nucleare come misura permanente e non lo fa neppure oggi, quando è evidente che la deterrenza nucleare conduce allo sviluppo di armamenti nucleari sempre più nuovi, impedendo così un vero disarmo nucleare.
L’Arcivescovo Migliore ammoniva che alla nuova minaccia del terrorismo globale non deve essere permesso di minare i precetti del diritto umanitario internazionale. Inoltre, “le armi nucleari, anche i cosiddetti armamenti “low-yield” (a basso raggio), mettono in pericolo i processi della vita e possono portare ad un’estensione del conflitto”.
Le armi nucleari aggrediscono la vita del pianeta, aggrediscono lo stesso pianeta e, così facendo, aggrediscono il processo di sviluppo permanente del pianeta. La salvaguardia del Trattato di Non Proliferazione richiede un impegno chiaro ad un autentico disarmo nucleare.
Interpreto tutte queste dichiarazioni per intendere che la posizione della Santa Sede possa essere specificata come segue:
Poiché gli Stati che possiedono armamenti nucleari hanno decisamente mostrato che considerano le armi nucleari come strumenti permanenti nella loro dottrina militare, la Santa Sede ha ritirato l’accettazione limitata (condizionata) che diede agli armamenti nucleari durante la Guerra Fredda. Agli occhi della Chiesa Cattolica, le armi nucleari sono cattive e immorali e devono essere eliminate come pre-requisito per ottenere la pace.
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Spero che le mie osservazioni abbiano dato una risposta al problema posto a questo consiglio: “Quali atteggiamenti moralmente responsabili si dovrebbero assumere per prevenire la proliferazione nucleare?”. La mia risposta, in breve, è: l’unico atteggiamento moralmente responsabile è l’eliminazione di tutte le armi nucleari. Com’è possibile, in nome della moralità, per alcuni Stati ingrandire al proprio interno il diritto di mantenere armamenti nucleari e allo stesso tempo bandire la loro acquisizione da parte di altri? Non ho tempo in questa sede di discutere l’assenza di logica e l’impraticabilità di tale proposta. Piuttosto, mi concentro sull’aspetto etico della questione. Un mondo a due classi, quella di chi “ha” e quella di chi “non ha” il nucleare, oltre a non essere sostenibile è totalmente immorale. Spero che i Vescovi cattolici americani, che hanno dimostrato una grande leadership nel passato, lo dichiareranno presto in maniera inequivocabile.
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