La Terza Assemblea Ecumenica Europea e la Pace Analisi, prospettive e strumenti

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Alla vigilia della Terza Assemblea Ecumenica Europea desideriamo condividere alcune riflessioni con gli organismi delle Chiese europee CCEE e KEK, con tutti i delegati che vi prenderanno parte e con tutti coloro che seguiranno con attenzione e nella preghiera questo appuntamento. Siamo infatti convinti che solo condividendo i propri carismi e le proprie originalità e aprendosi al confronto reciproco l’Assemblea potrà davvero essere un “evento dello Spirito”.

Il percorso ventennale delle Assemblee Ecumeniche Europee e più in generale il cammino ecumenico mondiale ci pare di poter decisamente affermare che abbiamo avuto origine dalle domande e dalle urgenze che la storia del 900 ha posto nella vita e nella riflessione delle Chiese sparse in tutto il pianeta. Se fattori storici nei secoli passati hanno radicalizzato le differenze generando ferite profonde e lacerazioni nella comunione dei fedeli in Cristo Risorto, i “segni dei tempi” della storia dell’ultimo secolo hanno quasi obbligato ad affrettare il passo nella direzione dell’unità. Tra questi “segni”, indubbiamente i principali sono stati :
- le due guerre mondiali e la successiva guerra fredda;
- gli squilibri, le ingiustizie e la disperazione di milioni di uomini, donne e bambini causati dallo sviluppo economico incontrollato del nord del mondo a discapito del sud sottoposto ad una nuova forma di colonizzazione attraverso lo sfruttamento indiscriminato delle risorse economiche e naturali;
- la sempre più grave crisi dell’ecosistema.

Il cammino ecumenico è nato dalla consapevolezza che alle sfide generate da questi segni i cristiani dovevano dare una risposta profetica e tale risposta non si poteva dare se non insieme. In particolare, si è intuito che la riconciliazione tra le Chiese era ed è il segno e il discriminate della suprema testimonianza che le Chiese sono chiamate a portare al mondo: la testimonianza cioè che il Regno è “in atto” e ha il volto della pace, cioè di una vita piena condivisa nella giustizia e nella fraternità tra le persone e tra queste e il creato.

Questa è stata l’intuizione originaria che ha permesso di iniziare a “camminare insieme” e intorno a questo percorso si è raccolto, negli anni, un vero e proprio “popolo ecumenico”. Si sono così creati quell’humus e quella fiducia reciproca che hanno portato le Chiese a compiere grandi passi anche nel dialogo teologico e nel confronto delle proprie visioni ecclesiologiche.

Ci pare di poter dire che, pur tra grandi passi fatti, tanti ne devono ancora essere fatti! Su alcuni dei grandi temi citati si è lavorato molto, mentre su altri a parole profetiche spesso non sono seguite le necessarie azioni. In tal senso viviamo con grande speranza l’appuntamento di Sibiu 2007 perché siamo certi che lo Spirito, anche in quest’occasione, saprà dare elementi di discernimento concreto e di conversione per le Chiese.

La Charta Oecumenica, che sarà il cuore delle giornate di Sibiu, è senza dubbio il documento ecumenico più significativo degli ultimi anni e impegna le Chiese europee reciprocamente in un cammino di unità che attraversa tutti i livelli della loro vita e in una diaconia che si focalizza su alcuni temi centrali nella società europea: il dialogo con le grandi religioni, la salvaguardia del creato, la giustizia sociale.
Senza alcuna esitazione affermiamo l’importanza della Charta Oecumenica e anche noi, come movimento cattolico internazionale per la pace, ribadiamo il nostro impegno nel farla vivere ed applicare nelle nostre Chiese locali.

Tuttavia non possiamo non sottolineare che la Charta Oecumenica manca, secondo noi, di una adeguata riflessione su uno dei temi generatori del cammino ecumenico: l’impegno per la pace.

La Charta Oecumenica è stata firmata nell’Aprile del 2001 e, dopo pochi mesi, la situazione globale è mutata profondamente. Dall’11 settembre 2001 sono emersi con forza e forma nuova fenomeni drammatici e di grande gravità:
- le azioni e le guerre del terrorismo fondamentalista;
- la dottrina della guerra preventiva e le conseguenti drammatiche scelte politiche unilaterali statunitensi e di alcuni paesi europei (guerre in Afganistan e in Iraq);
- la fatica (o la crisi?) del multilateralismo imputabile alla mancanza di solidità delle istiuzioni internazionali (ONU, Corte penale internazionale, ecc ) con la conseguente urgenza della loro riforma (democratizzazione ONU);
- il nuovo ruolo delle vecchie alleanze militari (NATO);
- una nuova e forte corsa al riarmo con l’aumento delle spese militari e il rischio di una nuova proliferazione nucleare che non si riconosce più nei vecchi trattati internazionali di controllo e di non proliferazione;
- il tentativo di oscurare la portata profetica e costruttiva della scelta di obiezione di coscienza alla guerra e alla violenza;
- il fallimento della “forma di pace” costruita con la sola presenza di eserciti con ruoli di “peacekeeping” che si interpongono con le armi senza ricostruire ponti tra i belligeranti;
- la mancanza di processi reali di riconciliazione;
- le politiche di difesa fondate sulla paura e determinate dai bisogni di sicurezza, anche a scapito delle libertà e del rispetto dei diritti umani;
- un flusso intensificato di profughi dai territori di guerra, che in condizioni disperate, cercano approdo nel continente europeo.

Tutti questi temi attraversano in profondità la vita sociale europea e mondiale di questi anni e hanno atteso e attendono un’Europa capace di portare un decisivo passo in avanti nelle relazioni internazionali e nella costruzione della pace.

La Charta Oecumenica manca di un’analisi e di un impegno concreto delle Chiese nell’ottica della costruzione della pace in questo nuovo contesto europeo e mondiale. Nella Charta si parla di “servizio della riconciliazione”, ma la “riconciliazione” è solo uno dei nomi della pace. Nella Charta si parla di “impegno per un ordine pacifico fondato sulla soluzione non violenta dei conflitti”, ma cosa vuol dire questo oggi? Noi crediamo che la sfida della pace è uno dei “segni di questi tempi” e che le Chiese devono approfondire di più cosa significhi impegnarsi per la pace oggi alla luce del Vangelo; e soprattutto siamo convinti che le Chiese, oggi più che mai, sono chiamate a camminare insieme verso una conversione radicale allo stile e alla forma di vita che Gesù ha insegnato nella sua vita: la nonviolenza attiva. Uno stile e una forma di vita che scrutano in profondità le dinamiche personali e sociali e smascherano e denunciano i meccanismi che generano la violenza e la guerre.

Le domande che si aprono nel pensare alla “Luce di Cristo che illumina tutti” e in particolare questa Europa sono tante. Che cosa vuol dire vivere la luce e la pace di Cristo davanti al progetto di creazione di un esercito europeo e al tentativo di potenziare e rendere sempre più competitiva l’industria bellica europea? Come interpretare, da cristiani, il concetto di “sicurezza” che oggi viene utilizzato sia per politiche di difesa-offesa sia per giustificare, anche in alcuni Stati europei, violazioni dei diritti umani? Come ripensare al ruolo dell’Europa nel mondo perché questa sia strumenti di speranza nel contesto delle guerre attuali: Afghanistan, Iraq … Israele-Palestina?

Le domande sono tante! Su di esse il grido del Pastore Bonhoeffer del 1935 rimane oggi più che mai valido. La pace va osata, e va osata per fede!

Perciò ancora una volta chiedo: come si avrà la pace? Chi è in grado di rivolgere un appello alla pace, in modo che il mondo l'ascolti, sia costretto ad ascoltarlo? In modo che tutti i popoli debbano esserne lieti? Il singolo cristiano non lo può; può certo far sentire una voce quando tutti tacciono e fare una testimonianza, ma le potenze del mondo possono passar oltre senza nemmeno una parola. Anche la singola Chiesa può testimoniare e soffrire - almeno lo facesse! - ma anch'essa è soffocata dalla forza dell'odio. Solo il grande e unitario congresso ecumenico della Santa Chiesa di Cristo da tutto il mondo può dirlo in modo tale che il mondo, sia pur digrignando i denti, debba accorgersi della parola della pace, e che i popoli siano lieti per questa Chiesa di Cristo che toglie di mano ai propri figli le armi in nome di Cristo, impedisce loro la guerra e invoca la pace di Cristo sul mondo impazzito.
(Bonhoeffer - 1934)

Così come valido rimane il suo sogno di un Concilio Ecumenico delle Chiese sulla Pace; un luogo in cui le Chiese si incontrino per dire una parole chiara sulla pace di fronte al mondo in guerra.

Alla luce di queste riflessioni, CHIEDIAMO che l’Assemblea ponga una speciale attenzione, particolarmente nel Forum 9, ad un’analisi più ampia possibile di che cosa significhi costruire la Pace secondo la nonviolenza evangelica nell’attuale contesto storico. Riflettere solo sulla linea proposta della schede di preparazione del Forum 9 che centra la riflessione sulla pace prevalentemente sul tema della “riconciliazione”, ci pare fortemente riduttivo ed elusivo dei “segni dei tempi” su cui il popolo di Dio è chiamato ad incontrarsi e a discernere.

Infine, crediamo che sia necessario “dare gambe e braccia” oltre che “testa e cuore” a queste riflessioni. La gravità del momento storico richiede che le Chiese europee si dotino di “strumenti permanenti” con cui discernere insieme costantemente e con una puntuale e aggiornata conoscenza delle dinamiche sociali e politiche. Strumenti in cui si possa anche far convergere e rilanciare la ricca riflessione della base delle Chiese e in cui si possa sperimentare un percorso ecumenico che è "prassi quotidiana di vita" piuttosto che disciplina di esperti.

In particolare, nell’ottica del delicatissimo momento internazionale che viviamo, PROPONIAMO che venga istituita, in sede europea, una “Rete delle Chiese sui temi della Pace” che riunisca delegati delle Chiese e dei movimenti confessionali ed ecumenici impegnati. Uno strumento che possa produrre analisi, promuovere riflessioni e campagne nelle Chiese, essere voce profetica e dialogare con le istituzioni europee sulle politiche di pace, sul disarmo nucleare e convenzionale, sul rifiuto della guerra, sulla difesa popolare non violenta … Uno strumento che concretizzi una “diaconia ecumenica delle Chiese per la pace”. Uno strumento promosso dal KEK-CCEE e aperto a tutti i soggetti cristiani attivi. Un luogo di cui sentiamo il vivo bisogno e che incarnerebbe il sogno di Bonhoeffer.

Offriamo a tutti le Chiese e a tutti i delegati queste riflessioni e proposte. Certi che a convocarci a Sibiu sia lo Spirto che continua a soffiare, accompagnamo nella preghiera la preparazione dell’Assemblea e il percorso di tutti i delegati che vi parteciperanno e ringraziamo il Signore per l’immenso lavoro che le Segreterie del CCEE e del KEK stanno facendo per la riuscita di questo incontro.

SHALOM

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