Le migrazioni in Europa

Contributo delle chiese in vista della III Assemblea Ecumenica Europea
(Sibiu 2007)


Le Chiese, di fronte al fenomeno migratorio che si fa sempre più vasto, irreversibile e pone urgenti interrogativi di natura storica, culturale, economica, sociale, politica, si richiamano allo spirito della “Charta Oecumenica”, la quale sollecita i cristiani a “contribuire insieme affinché
venga concessa una accoglienza umana e dignitosa a donne e uomini migranti, ai profughi e a chi cerca asilo in Europa”1.
Le Chiese, impegnate nell’accoglienza e nella integrazione dei migranti, spesso in sostituzione delle Istituzioni Pubbliche, non possono rimanere indifferenti di fronte all’urgenza di dare effettivo riconoscimento e pieno compimento ai diritti del migrante. Esse levano la propria voce in loro difesa per coerenza con il messaggio della Parola di Dio.
Oggi nell’Unione Europea risiedono oltre 24 milioni di migranti le cui condizioni di vita stanno diventando sempre più precarie e difficili. Cresce intorno a loro un diffuso senso di diffidenza e di sospetto, di intolleranza e di rifiuto che si esprimono anche in forme violente e xenofobe.
É constatazione comune che l’economia dei paesi di accoglienza ha bisogno della mano d’opera dei migranti, tuttavia ne consegue una politica ambigua che, mentre privilegia aspetti di ordine pubblico e di sicurezza, lascia anche spazio a forme irregolari di ingresso e di inserimento nel mercato del lavoro. I migranti diventano un semplice fattore di questo mercato senza che siano rispettati i loro diritti e le loro esigenze di partecipare attivamente alla vita sociale e culturale della società ospitante.
Per le Chiese la motivazione più autorevole per chiedere il rispetto e l’accoglienza dei migranti e dei rifugiati nella loro dignità di persone è costituita da precise affermazioni contenute nella Parola di Dio. Da Dio stesso infatti discende l’invito ad amare lo straniero: “Quando uno
straniero si stabilirà nella vostra terra, non opprimetelo; al contrario, trattandolo come se fosse uno dei vostri connazionali, dovete amarlo come voi stessi. Ricordatevi che anche voi siete stati stranieri in Egitto: Io sono il Signore vostro Dio”2.
Il Nuovo Testamento invita con insistenza all’ospitalità, all’accoglienza, al rispetto per la pari dignità di tutti gli esseri umani. La lettera di Paolo agli Efesini ci indica come rapportarsi con lo straniero :”Voi non siete più né stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio”3.
Di fronte ad affermazioni come queste noi cristiani, singoli e comunità, siamo chiamati a riconoscere il nostro peccato. Infatti i messaggi biblici in favore dello straniero hanno avuto scarsa applicazione nella catechesi e nella prassi. Si può addirittura ravvisare nella poca attenzione data
a questi testi biblici una delle ragioni per cui l’Europa è stata ed è così cedevole ai nazionalismi e alle chiusure xenofobe. La presenza di migranti in mezzo a noi ci ricorda che, dal punto di vista biblico, libertà e benessere sono doni e come tali possono essere mantenuti solo se condivisi con
chi ne è privo.
“Dal momento che noi valorizziamo la persona e la dignità di ognuno in quanto
immagine di Dio, ci impegniamo per l’assoluta eguaglianza di valore di ogni essere umano”4.
La luce di questo messaggio biblico si fa strada in una situazione complessa e induce i cristiani ad assumere con rinnovato impegno le proprie responsabilità all’interno delle comunità nazionali e delle istituzioni Europee e a “promuovere la giustizia sociale all’interno di un popolo e
fra tutti i popoli ed in particolare superare l’abisso che separa il ricco dal povero”5.
Le Chiese, pur consapevoli della crisi socio-economica e occupazionale che attraversa l’Europa tutta, come pure del faticoso cammino dell’Unione Europea, contestano la chiusura dell’Europa che tende a salvaguardare il proprio benessere e a difendere un'idea di identità esclusiva. Sottolineano invece l’ esigenza di aprirsi alle sfide che porta il fenomeno
dell’immigrazione nell’ottica dell’integrazione, a beneficio dei migranti e dell’intera società ospitante.
Le Chiese intendono affermare la cultura del rispetto, dell’uguaglianza e della
valorizzazione delle diversità, capace di vedere i migranti come portatori di valori e di risorse. Per queste motivazioni invitano a rivedere politiche e norme che compromettono la tutela dei diritti
fondamentali, come quello dell’unità familiare, della stabilità del progetto migratorio, dell’accesso alla cittadinanza. Esprimono inoltre un forte dissenso rispetto alla prassi sempre più restrittiva in merito alla concessione dello status di rifugiato e al ricorso sempre più frequente alla detenzione ed espulsione dei migranti.
Conclusioni
Le Chiese, sul fondamento della fede cristiana, intendono contribuire alla costruzione di un'Europa umana e sociale in cui si facciano valere i diritti umani e i valori basilari della pace, della giustizia, della libertà, della tolleranza, della partecipazione e della solidarietà”6.
Le Chiese, consapevoli delle tragedie passate, sanno che l’integrazione piena di ogni minoranza è essenziale per il mantenimento della pace e della democrazia. Esse richiamano in particolare l’attenzione sulle necessità di un maggior rispetto delle persone e dei diritti delle popolazioni rom, sinti e viaggianti. Tra i più antichi popoli d’Europa, queste popolazioni richiedono
oggi una solidarietà particolare che li aiuti a collocarsi in un mondo nuovo ed in rapida mutazione.
Le Chiese fanno appello alle pubbliche istituzioni e alla società civile perché siano combattute tutte le forme di illegalità di cui i migranti stessi sono spesso vittime, quali il traffico clandestino di manodopera, lo sfruttamento del lavoro, la discriminazione.
Le Chiese continueranno a impegnarsi affinché siano intensificati gli incontri e il dialogo interreligiosi e si adopereranno perché le legislazioni sulla libertà religiosa siano improntate a uno spirito di correttezza e di reciproco rispetto. Continueranno altresì ad accogliere con fraternità i
migranti che provengono da Chiese sorelle, a condividere con loro la ricchezza della diversità e ad “annunciare insieme il Vangelo attraverso la parola e l’azione”7.
Le Chiese, infine, si appellano ai cristiani delle loro comunità affinché, condividendo e facendo proprio il presente messaggio, contribuiscano all’adozione, da parte delle Istituzioni competenti, di corrette politiche in materia di immigrazione e vigilino sulla loro efficace attuazione.
Roma, 29 maggio 2006

Il documento è stato approvato dai delegati al terzo Convegno ecumenico nazionale
di Terni (5 – 7 giugno 2006) , tappa italiana del percorso della Terza Assemblea Ecumenica Europea

Il presente messaggio è stato redatto da:

ACLI, Associazione Centro Welcome. Comunità di Sant’Egidio, Centro Astalli, Federazione Chiese
Evangeliche in Italia (FCEI), Fondazione Migrantes – CEI.

Aderiscono:

ACSE, ADRA, Caritas Italiana, Pax Christi, USMI – Ufficio Mobilità etnica, CISM (Conferenza
Italiana Superiori Maggiori), CIPAX – Centro Interconfessionale per la pace.

Note
1 Charta Oecumenica 2001, III, n° 8
2 Levitico 19, 33s
3 Efesini, 2, 19
4 Charta Oecumenica 2001, III, n° 8
5 Charta Oecumenica 2001, III, n° 8
6 Charta Oecumenica 2001, III, n° 7
7 Charta Oecumenica 2001, II, n° 2

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