Nuovo Parlamento e nuovo governo si impegnino a reperire i fondi e ad attuare le leggi del ’98 e quella del 2001 E ORA I DECRETI NON POSSONO PIU’ ATTENDERE

Diego Bona
Fonte: AVVENIRE


Dunque, come dimostra l'annuale Rapporto della Cnesc presentato ieri a Roma, il servizio civile nel nostro Paese è ancora vivo. Sì perché nonostante le tante trappole burocratiche, le difficoltà di gestione e il clima generale di disinteresse. cresce il numero di giovani che sceglie di “servire la Patria” senza armi e cresce anche il numero di organizzazioni pubbliche e private che accolgono obiettori.
Trappole burocratiche, si diceva. Come quelle che nei mesi scorsi hanno permesso a migliaia di giovani di restarsene a casa, senza svolgere il servizio civile per il quale avevano optato e lasciando vuoti gli enti che li avrebbero impiegati. Ci auguriamo che la tanto annunciata semplificazione amministrativa e la delegificazione facciano sentire il loro positivo influsso anche sulla pratica del servizio civile in modo da promuoverne lo sviluppo.
Difficoltà di gestione. Quella attualmente in vigore è una legge “nuova”, del 1998, ma in molte parti non ancora applicata. Decreti e regolamenti che dovevano essere emanati entro qualche mese dall’entrata in vigore, a distanza di tre anni giacciono ancora su qualche scrivania in attesa d’essere esaminati. E il rischio concreto è che quando saranno emanati sarà ormai troppo tardi.
Non dimentichiamo, infatti, che nel frattempo il parlamento ha decretato la sospensione della leva obbligatoria a partire dal 2006. Il rapporto della Cnesc parla di una sorta di “rompete le righe!”: è indubbio che serpeggi un senso di sfiducia e di sconforto tra i giovani e tra le organizzazioni che in questi tre decenni hanno realizzato e sviluppato l’obiezione di coscienza e il servizio civile e che costituiscono quasi l’ultimo avamposto sul campo di una battaglia di esito incerto.
In questo non brillante panorama, non manca fortunatamente qualche luce di speranza. Anzitutto ci sono le migliaia di obiettori che decidono di impegnare dieci mesi della loro vita a servizio dei poveri, degli anziani, degli immigrati, dei minori, dei disabili, a difesa del patrimonio storico, culturale, artistico e ambientale della nostra nazione. Ad essi credo che l’Italia debba essere grata, quanto lo è con chi sfila in divisa il 2 giugno a Roma in via dei Fori imperiali.
E se accanto a queste migliaia di giovani ci sono altrettanti enti, organizzazioni e associazioni che li accolgono e li valorizzano, significa che temi quali la pace, la solidarietà, la partecipazione alla costruzione del bene comune, la cittadinanza attiva e responsabile ancora resistono e fondano il tessuto delle nostre comunità. In fondo, anche la mobilitazione nonviolenta contro il vertice dei G8 di questi giorni testimonia di questo spirito e tensione ideale.
Al nuovo Parlamento e al nuovo Governo il compito di non far morire il servizio civile che, come dimostrano i dati del Rapporto Cnesc, non ha un particolare colore politico. Anzitutto, assicurando nella prossima finanziaria i fondi necessari a farlo funzionare in maniera dignitosa e facendo in modo che i nuovi decreti di attuazione della legge del 1998 e di quella nuovissima di qualche mese fa siano finalmente emanati.
Solo così si eviterà che un’esperienza costruita dal basso e sul territorio in tre anni vada dispersa e con essa il sogno e le speranze di molti giovani che chiedono semplicemente di rendersi utili agli altri.

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