Solidarietà a monsignor Nogaro
Solo il coraggio del pensare è in grado di costruire “parole vere” in grado di realmente servire la causa della giustizia e della pace. Un “pensare” tanto più faticoso e coraggioso quanto più l’emotività è scossa da eventi che prendono il sopravvento sulla “nostra” ragione. Le vittime dell’attentato in Nassiriyah lo hanno abbondantemente dimostrato.
Impedire al dolore per un lutto tanto tragico quanto “vicino” di indebolire la capacità del nostro cuore di vedere quanto ha causato quella tragedia, è la vera sfida a cui siamo chiamati. Il merito di Mons. Nogaro è stato questo: ci ha aiutato a “fare memoria” delle vittime della guerra insieme a quanti muoiono perché cercano Terra promessa. E’ l’ingiustizia mondiale ad uccidere, ci viene ricordato da Mons. Nogaro. Non ha troppa importanza – di conseguenza – se si muore su un gommone nel tentativo di fuggire a condizioni di vita disperate o se si muore in un Paese in guerra perché inviati come forza militare nel difficile tentativo di imporre la Pace con ogni mezzo. Ciò che conta è che quelle vite umane sono state spezzate da logiche di ingiustizia.
Le lacrime agli occhi non devono impedirci di vedere perché si muore. Continuare a vedere – anche nel pianto – significa prendere coscienza del fatto che solo pratiche di giustizia internazionali possono fermare tanto l’inaccettabile terrorismo quanto la miseria che uccide milioni di persone.
Strumentalizzare le parole di Mons. Nogaro è tanto scorretto quanto usare le vittime di Nassiriyah per le proprie tesi a favore della presenza militare italiana in Iraq.
Ogni volta che si strumentalizza il sacrificio di una vita la morte viene data due volte. I nostri connazionali caduti sul suolo irakeno non possono morire due volte, non devono. Così come non possono morire anche nel nostro ricordo (perché ignorati, sconosciuti, dimenticati e abbandonati) quanti pagano con la vita il “sogno” di un riscatto che non approda a nulla.
Il fatto che la giornata delle migrazioni che la chiesa italiana celebra ogni anno in ogni diocesi (e parrocchia) del nostro Paese abbia coinciso con il rientro delle salme italiane vittime dell’attentato a Nassiriyah può essere interpretato, da occhi laici, come un caso. Per un credente nel Dio di Gesù Cristo è molto di più: la conferma che ciò che uccide è l’ingiustizia e che solo il contrastare le diseguaglianze mondiali con strumenti internazionali legittimi è premessa di Pace fondata sulla giustizia.
Mons. Nogaro ci ha proposto di vegliare sui nostri sentimenti perché emozioni e passioni non spengano il desiderio di verità e quel “fame e sete di giustizia” che – sola – è in grado di costruire vita beata per tutti.
Anche per questo motivo, come Libera, Associazioni nomi e numeri contro le mafie e Gruppo Abele, avvertiamo il desiderio di ringraziare Mons. Nogaro per aver proposto parole vere capaci tanto di incontrare il cuore di chi ascolta quanto la sua capacità di pensare, riflettere e cercare libertà nella verità.
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