Intervento di don Tonio Dell'Olio al Social Forum Europeo di Parigi
«On réfléchit sur l'Europe en tant que chrétiens:
la paix, le rapport Nord-Sud et l'économie de justice»
«Reflecting on Europe as christians:
peace, North-South relations, economy of justice"
«Nuestra reflexiòn sobre Europa:
la paz, las relaciones Norte-Sur y la justicia»
Un saluto affettuoso a tutti i partecipanti all’atelier. In particolare rivolgo il mio saluto a Etienne De Jonghe che conosco come persona attenta e appassionata nell’infaticabile costruzione di un mondo senza armi e senza ingiustizie. A tutti chiedo scusa per la mia assenza dovuta ad un sovraccarico di impegni che mi costringe ad essere presente in questo momento in Italia. Sono convinto che la discussione e l’approfondimento sul tema che abbiamo scelto sia importante non tanto per segnare la presenza dei cristiani nell’appuntamento di Parigi, quanto per non far mancare l’apporto dei cristiani in una riflessione che non può essere considerata esclusiva di nessuno. Ogni donna e ogni uomo di buona volontà sono chiamati a contribuire con il proprio sapere e la propria azione ad un mondo migliore che riconosca la prossimità degli altri e non interpreti mai i rapporti con gli altri sotto la categoria dell’inimicizia. D’altra parte il Cristo ci chiede di diventare “sale della terra” e nella nostra esperienza sappiamo bene che la condizione essenziale perché il sale possa svolgere la sua funzione di rendere salato il cibo, l’impasto e qualunque cosa… sia quello di scomparire, di confondersi, di non essere più visibile agli occhi. Pertanto siamo chiamati a scioglierci nel mondo, ad essere presenti efficacemente ma in punta di piedi, senza forti visibilità ma con il coraggio di chi sa stare accanto all’altro senza temere d’essere contaminato, senza volerlo colonizzare, vincendo ogni tentazione di assimilazione e avendo molta cura di non scivolare verso l’omologazione. In questo senso la nostra presenza al Forum Sociale Europeo diventa un momento privilegiato nel cammino che compiamo insieme a tante nostre amiche e amici, sorelle e fratelli, per rendere più fraterno questo mondo a partire dalla nostra casa che si chiama Europa.
Non vi nascondo che in questi giorni in Italia stiamo respirando un clima molto particolare. Il dolore per quanto è avvenuto a Nassirya e per le giovani vite stroncate accomuna tutti in una solidarietà molto profonda. Allo stesso modo si vede come la violenza del terrorismo e quella della guerra hanno lo stesso triste colore di sangue, di morte. Come sezione italiana di Pax Christi abbiamo preso posizione dicendo: “Le povere vite che aggiungono i loro nomi alle troppe vittime che questa guerra ha già mietuto, dimostrano dolorosamente ancora una volta che la violenza produce soltanto una violenza più efferata anche quando ci viene presentata come la via inevitabile per la soluzione delle crisi internazionali”. Ciò che è avvenuto in Iraq il giorno 12 novembre e ciò che avviene ogni giorno non è estraneo al tema che ci siamo dati per questo atelier. Il rischio di una forte contrapposizione tra culture, visioni religiose, economie… è molto alto. Sempre più frequentemente la volontà di potenza e di impero, così come la tirannia dei dittatori, cercano di utilizzare strumentalmente la religione per i loro fini. Da questo punto di vista direi allora che gli incontri dei rappresentanti delle grandi religioni ad Assisi sta a rappresentare la comune volontà di non offrire mai alcuna copertura alla violenza, alla guerra e al terrorismo. Con maggiore coraggio di quanto hanno fatto finora, le chiese cristiane, insieme alle grandi e nobili tradizioni religiose, devono essere capaci di gridare: “Non in mio nome”. Non c’è Dio per la violenza, non c’è divinità che possa giustificare o addirittura richiedere il sacrificio di una sola vita umana per affermare una verità, un valore, una visione del mondo… C’è molta differenza tra il credere e l’essere fanatici, tra l’avere fede e il fondamentalismo. Sono convinto che questa tentazione non sia insinuata in una sola tradizione religiosa ma purtroppo rappresenti una tentazione sempre attuale, accovacciata alle porte di tutti i templi. Nella costruzione della nuova Europa, noi siamo chiamati ad esorcizzare le nostre Chiese da questo demone. Dovremmo vegliare continuamente per poter discernere se stiamo cedendo all’illusione del fondamentalismo, se restiamo vittime ancora una volta di uno spirito di crociata, se ci sentiamo possessori esclusivi di una verità assoluta piuttosto che figli di una verità che ci genera alla vita. Il problema pertanto prima che nell’ordine dei mezzi, è in quello delle convinzioni. Abbiamo bisogno di rivisitare le nostre teologie per convertirle alla pace. E’ il punto di partenza essenziale perché poi possiamo “rendere salati” i rapporti Nord – Sud, l’economia e la legittima esigenza della sicurezza.
Nei giorni dal 9 all’11 ottobre a Perugia si è svolta la Quinta Assemblea dell’Onu dei popoli. Più di 250 persone rappresentanti della società civile per la maggior parte provenienti dal Sud del mondo, hanno partecipato ad una grande audizione sull’Europa. A loro abbiamo chiesto di riferire “quale Europa si attendono, quale Europa vogliono”. Ebbene l’attesa comune è che questo continente vecchio che ora si affaccia sulla scena mondiale come un soggetto nuovo, adotti politiche, metodologie e obiettivi diversi da quelli che gli altri soggetti che contano continuano a mostrare. Ci hanno chiesto che la pace sia un forte principio generatore ed ispirativo delle scelte dell’Unione Europea, che la vicinanza all’Africa e ai paesi poveri diventi una sua nota qualificante, che l’apertura e l’accoglienza diventino caratteristiche costanti della nuova Europa.
Si comprende allora che non potrebbe darsi in questo senso un esercito europeo che abbia tutte le stesse caratteristiche degli eserciti tradizionali e corra a difendere nel mondo i privilegi vacillanti dell’economia del Nord. Sarebbe coerente con un’Europa che sceglie la pace riuscire a costruire una Forza di Polizia Internazionale da mettere alle dirette dipendenze delle Nazioni Unite permettendo finalmente di mettere in pratica anche questa parte della sua Carta. Non è un mistero per nessuno che le politiche unilaterali degli Stati Uniti, la mancanza di contribuzione economica verso l’ONU e il sottrarre il consenso indispensabile alla creazione di questo Corpo di Polizia, hanno indebolito la presenza ed il senso stesso dell’ONU sul piano della sicurezza fino a farlo percepire come uno strumento inutile. Una Forza di Polizia equipaggiata ed esercitata per essere abilitata a ruoli propri di peacekeeping, di interposizione, di peacebuilding… composta anche da Corpi civili di pace, potrebbe costituire l’apporto innovativo dell’istituzione europea al mondo.
Sono convinto che se le Chiese cristiane unissero la propria voce nel richiedere la costruzione di questo nuovo soggetto, avremmo maggiori speranze di successo. Nell’incontro che il Centro Studi di Pax Christi ha avuto sabato 8 novembre per ben quattro ore con il Presidente della Commissione Europea Romano Prodi abbiamo compreso che questa proposta può trasformarsi in una scelta operativa della nuova Europa.
Coraggio allora perché il ruolo dei cristiani nell’Europa di oggi e di domani è indispensabile come il sale. Ci viene richiesto di dare sapore alla politica estera, e alle scelte per la sicurezza, alla visione dell’economia avendo nel cuore soprattutto gli ultimi, le vittime prodotte ogni giorno da un sistema di ingiustizia e di strapotere.
Tonio Dell’Olio – coordinatore nazionale di Pax Christi Italia
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